Creato da MarianneWerefkin il 26/10/2007

Il mignolo

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Messaggi di Ottobre 2014

Quel che resta dell'invisibile.

Post n°218 pubblicato il 27 Ottobre 2014 da MarianneWerefkin

Ci vuole davvero uno stomaco di ferro per cacciare giù con forza la ribellione di alcune immagini, che ignorando il matematico oblio della memoria guizzano sino all'iride infiammandola. E tutto si scioglie in pochi secondi.

Quella buon anima di Kurt canta " love buzz", mentre ascolto la sua voce inizialmente suadente e stuzzicante vedo staccarsi una foglia da un ramo, lei dondola a terra lentamente e mentre tocca il suolo parte l'urlo del cantante e una schitarrata che spalma di sabbia dorata la freschezza dell’attimo, il brivido del momento.

Riparto. Perché la mia inquietudine si placa solo con la conoscenza e l’analisi. Poi , con le vibrazioni sprigionate dall’attrito di ruote sull’asfalto pronte a spiccare il volo, si spoglia di tormento.

 
 
 

Ricordo filtrato.

Post n°217 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da MarianneWerefkin

Il giorno prima avevo riattaccato all'asta il microfono, emozionata e disfatta, forse esaltata, ma anche svuotata. A 36 anni non avrei mai pensato di sentire così tanta serenità nel manifestarmi al mondo, in realtà forse sono sempre stata un'egocentrica "cristiana" che si cammuffava timidamente ad un angolo in ogni spazio quadrato. Ho sempre osservato, ammirato, ed in alcuni frangenti ora sono io ad essere guardata, magari scrutata.
La sera dopo mi aspettava un concerto, il concerto di Morrissey, per intenderci, quello di cui ho già parlato in altre sedi.
Ma io lo ricordo anche così: senza parentesi pensierose.
-Fumo l'ultima sigaretta prima del concerto. Salgo i gradini facendo attenzione a non cadere, mi appoggio alla ringhiera e mi faccio forza, una forza fisica oramai scontata, interiore forse inaspettata. Regalo la mano al mio partner, un ex batterista, forse non tanto ex visti i commenti e gli occhi illuminati alla sola visione di braccia che ritmicamente percuotono i tamburi. Mi fa strada fra la gente, finalmente troviamo i nostri sedili. Al mio fianco si trova una ragazza il triplo di me: una montagna; allora mi incantono verso la spalla familiare, attendo smarrita, non so dove guardare, osservo la cupola del pala Dozza e per un attimo, senz'aria, vorrei sparisse per aprire la visione di un cielo stellato. Non dirigo il mio sguardo, lo butto a caso nella folla esperta, frazionando la tempistica per completare con tante immagini la panoramica della scena. Mi sento acerba, in realtà vorrei essere cieca.  Sono in quel posto per ascoltare e sentire, non vorrei guardare.
Parte un video dei Ramones, qualcuno esulta e nel manto nero sotto di noi si accendono piccole stelle, tanti schermi di cellulare che alla prima nota esplodono in tanti flash. - Che gli si bruciassero tutti in mano...- sussurra l'ex batterista, sempre più lontano dall'essere ex. Lo guardo meravigliata. In quel momento sono una spugna senza giudizio. - Ma che facciano quel cazzo che gli pare no?-  la mia risposta. Io la chiamo l'anarchia del " chi se ne frega".
Una carrellata di video, interviste, foto ci attende per i quindici minuti successivi: andiamo, inizio a sentire sintonia con il suo egocentrismo e ascolto in paziente attesa chi esprime il proprio ego senza permesso: l'essenza dell'audacia di chi ha il coraggio di stare su un palcoscenico. Mi sento intenerita.
Il sipario crolla, cala, lui entra. Sono disturbata dalla "montagna" che mi ritrovo al fianco destro, ma ad un certo punto si alza e con non curanza lascia il suo compagno solo e non ritorna più. Mentre fluttuo con i pensieri attraverso lo spazio cullati dalla sua potente voce, guardo la figura sconosciuta che sino a qualche istante prima era oscurata dall'Everest. Lui ha gli occhi chiusi ed il suo profilo sembra proteso verso Morrissey. Inclino la testa e socchiudo gli occhi ammaliata, forse da lui o forse dalle corde vocali di chi ci sta inebriando la mente, la sua voce pare un pennello che disegna lo spazio e toglie confini.
Non esiste più il Pala Dozza e forse neppure la cupola che lo ricopre e magari anche il cielo e le stelle.
Esite il necessario, l'essenziale e l'energia che sale dentro  e si espande fuori, al di la di tutto, ed abbraccia singole anime. Che potenza e che estensione, rifletto divertita. 
Ritorno per un istante sulla punta del naso di chi sente ad occhi chiusi e vedo il filo immaginario che lo collega al palco, c'è solo lui. Ho quindi la conferma che non sono solo io a viverla così.

Forse oggi non avremo la sua voce, forse neppure la nostra, ma di sicuro abbiamo qualcosa in più. Abbiamo la sensazione che non esistono confini e che anche con le mani legate il pensiero è libero e il nostro spirito gli è grato.-

 
 
 

Frangenti.

Post n°216 pubblicato il 08 Ottobre 2014 da MarianneWerefkin

L'abbandono del quotidiano per brevi viaggi mi aiuta a tenere alti i riflessi verso ciò che la vita mi offre, mi offro, durante giornate scandite da una routine ritmica e vibrante. A tratti non ci sto più dentro. Delego ad un'agenda la materia dei momenti, forgiando il mio spirito del significato degli stessi. È necessario dire che mi sento fortunata, lavorare con persone che provengono da altre fette di terra, anche lontane, mi fa percepire ogni distanza percorribile, ogni emozione tramutabile, ogni muro abbattibile. Osservo la quercia ingiallita di fronte a me. Mi calo con l'immaginazione fra i suoi rami, incontro perle trasparenti di resina, sciolgo pensieri e li espando a ventaglio lungo le sue foglie. Mi svuoto temporaneamente dell'imminente. Mi dondolo un po', poi mi accoccolo appoggiata ad un braccio indifferente alla mia presenza, che non chiede nulla, ma regala immagini leggere e volanti sino alla sommità della sua chioma.

 
 
 

Nessuna pietà.

Post n°215 pubblicato il 02 Ottobre 2014 da MarianneWerefkin

Questa mattina l'ennesima dimostrazione che esistono lacrime che è giusto asciugare, altre che meritano di cadere a terra nel silenzio e nella più totale indifferenza. E son solo questioni di lavoro. Mi coccolo nella mia meritata poltrona, cancello ogni minima remora, taglio le gambe ad ogni piccolo slancio ancestrale di solidarietà e osservo la tempesta da lontano con sguardo impassibile e labbra serrate.

 
 
 

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