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Mondo Jazz

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DO JAZZ CRITICS NEED TO KNOW HOW TO PLAY JAZZ ?

Post n°1933 pubblicato il 06 Settembre 2011 da pierrde

La domanda l'ha posta Rosanna Forman, autrice del Boston Jazz Blog, e subito l'incendio è divampato sui blog e sui siti americani. Moltissime le risposte, da musicisti e dagli stessi critici, ma anche da semplici lettori o bloggers.

Patrik Jarenwattananon di A Blog Supreme ne ha fatto un post che ha raccolto molti e interessanti interventi e al quale rimando i lettori interessati: 

http://www.npr.org/blogs/ablogsupreme/2011/08/26/139980583/what-you-said-about-jazz-critics

Molti hanno sottolineato la non congruenza della domanda, posto che difficilmente i critici d'arte sono a loro volta degli scultori, quelli cinematografici non sono dei registi o quelli di danza dei ballerini. Altri hanno sottolineato come prima ancora di saper suonare, un critico che volesse recensire dovrebbe avere competenza anche nella scrittura.

La risposta nella quale mi riconosco maggiormente è però quella di Tim del blog Music and More, che dice testualmente: 

I have no technical knowledge of music whatsoever, so if you catch me using musical terms in the wrong context please forgive me. Music, for me, is a purely emotional response, and I use this blog as a musical diary, to write about the music I listen to and enthuse about the music I like.

Ed è cosi' anche per me, non sono un critico, non suono e non leggo la musica, sono solo un appassionato che esprime il proprio amore per la musica scrivendone e cercando di trasmettere la stessa passione.

E' il motivo per il quale parlo esclusivamente di album che mi sono piaciuti e mai di quelli che non ho apprezzato. Credo sia  anche una forma di rispetto verso il lavoro del musicista, perchè a nessuno piace essere criticato indipendentemente dai toni e dalle valutazioni.

L'ultimo esempio di quello che dico lo leggo proprio oggi sul sito di Gerlando Gatto: una recensione di un album di musicisti italiani ha provocato la reazione di uno di loro. I toni di Gatto non erano offensivi ne particolarmente critici, si limitava a dire quello che pensava, giusto o sbagliato. La reazione è più veemente, lascio ai lettori interessati il giudizio e rimando al link.

Anche a me è capitato tempo fa di avere una reazione da parte di un musicista italiano. Il bello è che ne avevo parlato in toni più che lusinghieri, si trattava del concerto dal vivo di un noto pianista e del suo gruppo, e nel commento dicevo che il set era stato molto coinvolgente anche se l'album appena uscito con lo stesso progetto si avvaleva di grandi maestri americani (mica nomi di secondo piano, si trattava di di Haden, Motian e Potter), e di conseguenza il livello era ancora più alto. 

Apriti cielo, accusato di esterofilia e di poca considerazione verso i musicisti italiani ho pensato bene di pesare al massimo le parole e le valutazioni e di evitare il più possibile qualsiasi forma di polemica gratuita.

Tutti i link:

http://jazzandblues.blogspot.com/search/label/commentary http://www.bostonjazzblog.com/2011/08/21/do-jazz-critics-need-to-know-how-to-play-jazz/

http://www.online-jazz.net/wp/2011/07/16/i-nostri-cd-43/?page=3

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
rodolfo il 06/09/11 alle 14:34 via WEB
Il critico d'arte, sia essa figurativa, cinema, musica o altro dir si voglia, non è un semplice fruitore. La critica ha la valenza della letteratura, della filosofia e anche della scienza. Una critica è un testo che fa da riferimento anche per l'artista stesso. Il critico d'arte, per esempio, deve avere solide conoscenze della Storia dell'Arte, deve sapere come si fa l'arte, deve conoscere i materiali e anche il lavoro dello scalpello, le difficoltà dello scultore rispetto alle varie pietre usate. Insomma, una professione complessa e totalizzante. Anche il critico musicale, ovviamente, ha le stesse incombenze, conoscere le leggi dell'armonia, la storia dell'evoluzione musicale, gli strumenti, i materiali. Ho recentemente parlato di Adorno che era un filosofo che, prima di scrivere di musica, ha fatto studi serissimi di armonia e composizione. I critici seri hanno poi l'umiltà di dedicarsi a situazioni parziali, si legano a un artista o un gruppo di artisti, vivono in simbiosi, vedono come suonano, che tipo di strumenti, che difficoltà incontrano. E dulcis in fundo, spesso i critici sono artisti essi stessi poichè la verità è che ognuno conosce i propri simili. Poi ci sono i critici da quattro soldi, i parvenù ecc. Il bravo reporter di guerra sta sul fronte non sulla scrivania. (scritto di getto, perdono)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
zauberei il 07/09/11 alle 15:47 via WEB
Alcune considerazioni. 1. La qualità della recensione e il rispetto per il lavoro non la fa il dirne bene al posto del dirne male, ma tenere il rispetto per lo sforzo e la fatica e quello per la professionalità nel modo di scrivere. Se si fa una critica attenta e costruttiva si è molto più rispettosi del lavoro che se si sviolina e basta. 2. La rete è libera e io non ho pretese verso la rete- ma un certo tipo di pubblicistica del jazz scambia la recensione per una sequela di aggettivi entusiastici, cazzeggi giovanilistici orde di punti esclamativi. Questa è per me carta per i cessi. Un blog si scrive per se, ma un articolo no - si scrive per me! Che me frega a me di pagare per sapere che t'è piaciuto tanto? Per via delli ricordi tui? dell'emozioni tue? del gusto tuo? Si voglio competenze, si voglio cognizione di causa, che si parli di libri, di quadri, di musica - perchè le emozioni grazie me bastano le mie. 3. Questo non vuol dire essere necessariamente trombettisti se si esaminano trombe, e romanzieri se si esaminano romanzi - un pochino però certamente aiuta. Da quello sguardo che serve, e la competenza è l'unica gerarchia tollerabile - se no cadiamo nel baronato puro. Ciao:) Zauberei http://zauberei.blog.kataweb.it
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 07/09/11 alle 17:51 via WEB
Per fare il critico musicale in modo serio bisognerebbe sviluupare oltre all'ascolto costante e una lettura nel campo anche una infarinatura tecnica di base. Non so se è indispensabile, ma è necessario per tante ragioni. Basta anche aver suonato in modo dilettantesco o aver studiato un po' di musica e uno strumento, ma qualcosa bisogna fare, altrimenti sarebbe meglio limitarsi ad essere dei melomani e far parte del pubblico dei fruitori. Più se ne sa nel merito e meglio è. Come minimo aiuta. Detto qiesto, però aggiungo che le critiche che leggo specie dei jazzisti italiani in Italia sono per lo più (e da decenni ormai) un'autentica presa per i fondelli non solo e non tanto verso il musicista, ma anche e soprattutto verso chi legge, perché tutti nell'ambiente sanno che l'amor proprio e l'ego dei ns musicisti esce persino dalle loro mutande essendo in perenne erezione priapica e la soluzione che i critici hanno trovato è semplicemente quella di non parlarne o di parlare e scrivere bene di tutto e di tutti, sorta di sei politico generalizato, così si evitano problemi (coi musicisti perché dei lettori poco importa perchè non appartengono a quel patetico ambiente ristretto, anagraficamente per lo più vecchio e quel che più conta mentalmente chiuso e stantio che è quello intorno al jazz nel ns paese, un po' come tutto il resto). Chiudo citando il mitico Arrigo Polillo che ai tempi quando ebbe problemi del genere con alcuni musicisti italici suggeri: "Se non vi va bene quel che si scrive esibitevi davanti alle vostre mamme".
 
pierrde
pierrde il 07/09/11 alle 19:01 via WEB
Grazie per i tre interventi, diversi per toni e temi, ma tutti stimolanti per idee. Convengo anch'io che un critico di professione (e cioè, pagato) dovrebbe avere un minimo bagaglio musicale, con un adeguato retroterra culturale, e che non si dovrebbe fare problema di parlare chiaro se necessario a costo di avere qualche problema o, peggio, ritorsione, da musici e festival.Nei fatti mi pare però prevalere una linea molto diversa, più accomodante fino ad essere spesso imbarazzante. Ormai scomparse le recensioni sui maggiori quotidiani rimangono quelle sui magazine, ma anche li' di solito prevalgono prudenza e diplomazia. Non conosco e non frequento jazzisti italiani ma la loro suscettibilità è cosi' proverbiale che perfino uno sconosciuto blogger come me, mai pagato da nessuna collaborazione e senza ricavo alcuno dal blog, preferisce evitare problemi, autocensurando pareri negativi e semplicemente ignorando album o concerti che non mi sono piaciuti. Se c'è buona musica da ascoltare perchè perdere tempo con la cattiva ?
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 08/09/11 alle 10:51 via WEB
Vorrei aggiungere che, perlomeno a mia esperienza, gli attacchi alle competenze di chi recensisce avviene solo e soltanto se la critica è parzialmente o totalmente (di queste ultime non ricordo di averne mai lette a dire il vero...) negativa. Allora ci si lancia a discutere le competenze di chi scrive, in una sorta di processo di delegittimazione della persona più che nel merito di ciò che scrive. E' la tipica tecnica che usano anche certi giornali quando devono attaccare qualche avversario politico. La deleggittimazione è ormai diventata prassi in diversi ambiti. Quando invece la critica è molto, spesso anche troppo, positiva, allora non si discutono le competenze del recensore, anche se si sa magari che chi ha scritto dice un po' di cavolate nel merito, semplicemente perché in questo caso risulta utile alla causa e si sta zitti. E sto parlando di cose che ho osservato anche direttamente e diverse volte, non parlo per sentito dire, chiarisco. Se penso che artisti geniali come Davis , Jarrett e altri ancora di primo livello hanno subito per anni denigrazioni di ogni genere, anche a sproposito, da chicchessia senza battere ciglio, forse l'osservazione che viene da fare è che chi sa il fatto suo, crede in quello che fa e ha fiducia in ciò che sta facendo se ne frega altamente dei critici e delle loro critiche e va avanti per la propria strada. Se si teme che la propria professionalità sia messa in discussione e dipenda da critiche ricevute da qualsiasi parere raccolto sulla rete o sui giornali, significa che si è messi molto male, non credete? L'esibizione pubblica comporta in se il rischio (o l'opportunità) del giudizio altrui. Se non si è in grado di accettarlo si deve cambiare mestiere e forse fare quello che suggeriva Polillo.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniela floris il 11/09/11 alle 11:44 via WEB
A questo proposito posto una piccola discussione avvenuta tra un artista recensito neanche troppo negativamente da Gerlando Gatto sul sito (al quale collaboro) "A proposito di Jazz", al quale sia Gerlando Gatto che io abbiamo risposto. http://www.online-jazz.net/wp/2011/07/16/i-nostri-cd-43/comment-page-1/#comment-5229 Capita a volte di fare recensioni negative. Oppure capita di non recensire un cd che non ci ha convinti, facendo cadere il silenzio. O magari facendo un freddo resoconto di ciò che è contenuto all' interno del cd. Soprattutto, quando si scrive si è consapevoli che il proprio è un parere, più che un giudizio, e che è lungi dall' essere un parere che abbia un valore assoluto. Inoltre spesso l' incompetenza di un critico viene sollevata (come in questo caso) anche se una recensione è positiva: molti si piccano di questo, o la attribuiscono allo scarso coraggio di dire una presunta verità, o, nel caso chi scriva sia una donna, ad altro (secondo il noioso scontato ed offensivo adagio già citato in altro mio commento che recita "alle donne piacciono i jazzisti e non il jazz". Daniela Floris
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniela floris il 11/09/11 alle 11:47 via WEB
Pierrde, mi scuso tantissimo per aver ripostato la discussione su a proposito di jazz: non mi oriento ancora in questo tuo spazio e sto facendo un po di confusione tra post! Ora ho letto tutto, e vedo che siete molto avanti, già, rispetto a ciò che io ho scritto. Complimenti perchè questo blog è interessante, e io vi ho inseriti tra i nostri siti amici
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 11/09/11 alle 14:02 via WEB
Ho letto il botta e risposta al link. Che devo dire? E la solita storia che peraltro conferma quel che avevo scritto con tutta una serie di sedicenti(!)jazzisti italiani che hanno una visione di sé che corrisponde poco o nulla con la realtà. Sempre la solita autoreferenzialità in cui solo loro capiscono, solo loro sanno etc. etc. E quindi, conseguentemente, suonano loro, organizzano concerti loro, fsnno i direttori artistici loro, giudicano loro, ascoltano loro. Se la cantano e se la suonano.Tutti gli altri è meglio stiano zitti per incopetenza dichiarata. Pubblico e critica sono cioè solo una massa di incolti musicali che non sono in grado comprendere la loro arte. Mi domando allora cosa publicano a fare i loro lavori, perchè si esibiscono?Semplicemente patetici. Vedo poi, che ci si vanta di essere da alcuni decenni sulla breccia nel pieno riscontro professionale e di pubblico. Io sono 35 anni che ascolto intensamente il jazz di tutti i generi e neanche conosco chi sono costoro e francamente non credo che rappresentino una grave lacuna nella mia cultura jazzistica. Ho fatto a meno sino ad oggi e credo di poter sopravvivere musiclmente parlando e di poter a suo tempo morire senza certi rimpianti. Boh! Posso solo suggerire di lasciar perdere di recensire certi lavori e occuparsi di musica e musicisti di altro livello e soprattutto di altra dignità professionale. L'oblio in questo casi è la miglior scelta. Con tutta la buona musica e l'arte musicale che c'è da ascoltare e sicuramente mi sono perso, perché perdere altro tempo?
 
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