MySo-Called(un)Life

Trama: Cinque amici scalatori impegnati a esplorare le Highlands scozzesi scoprono una bambina, probabilmente croata, prigioniera in una cavità scavata nella terra. Dopo averla liberata, il team viene intrappolato in un gioco mortale con i rapitori, mentre tenta di portare in salvo la bimba. Liberarla sarà stata davvero la decisione più intelligente?

"A lonely place to die" è un film thriller/horror britannico di Julian Gilbey, con Melissa George (già vista in altri horror, come "Amytiville Horror", "Turistas" e "30 giorni di buio"), uscito nel 2011. Citando, Lucia, "In A Lonely Place to Die, si narra una storia molto semplice, quella di un gruppo di persone che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato, e che paga tutte le conseguenze di un atto di disinteressata compassione." A differenza di "The Woman", questo è un film diretto, come piace a me, dalla visione immediata e godibile, senza dover scomodare chili e chili di materia grigia per carpirne ogni significato più intrinseco. E' facilmente avvicinabile a "Eden Lake", altro horror britannico, per via del tema dell'inseguimento, delle vittime braccate all'interno di un ambiente isolato e ostile (lì un bosco, qui le montagne scozzesi), così che i 'mostri' da temere, qui, sono tanto gli spietatissimi rapitori/killer, quanto le montagne, con le loro ripidissime pareti rocciose, che mietono, da sempre, decine di vittime. Il film è veloce e molto scorrevole, con i primi brividi già dopo pochissimi minuti, quando uno degli scalatori rischia di precipitare nel vuoto, e prosegue così fino alla fine, tra inseguimenti nel bosco, arrampicate pericolose, immersioni nelle fredde acque del fiume, morti e tutto il resto, finché uno dei protagonisti arriverà a chiedersi se salvare la bambina fosse davvero la cosa giusta da fare. Bella anche la parte finale, in cui l'ambientazione si sposta in un piccolo paesino ai piedi dei monti, dove, nonostante la gente in festa, i protagonisti continuano ad essere soli, contro i killer che li inseguono. Un applauso va sicuramente alla fotografia, con riprese dei paesaggi montani che lasciano senza fiato. Molto buona anche la recitazione, che aiuta a rendere il tutto ancora più realistico. Il tono è drammatico, pessimista, anche se meno tragico di "Eden Lake" (qui c'è 'quasi' un lieto fine). Consigliato. 8/10