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Canzoniere petrarchesco 1

Post n°1638 pubblicato il 23 Maggio 2015 da valerio.sampieri
 

Rerum vulgarium fragmenta

1

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l core
in sul mio primo giovenile errore
quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

del vario stile in ch'io piango et ragiono
fra le vane speranze e 'l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sí come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me mesdesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.


2

Per fare una leggiadra sua vendetta
et punire in un dí ben mille offese,
celatamente Amor l'arco riprese,
come huom ch'a nocer luogo et tempo aspetta.

Era la mia virtute al cor ristretta
per far ivi et ne gli occhi sue difese,
quando 'l colpo mortal là giú discese
ove solea spuntarsi ogni saetta.

Però, turbata nel primiero assalto,
non ebbe tanto né vigor né spazio
che potesse al bisogno prender l'arme,

overo al poggio faticoso et alto
ritrarmi accortamente da lo strazio
del quale oggi vorrebbe, et non pò, aitarme.


3

Era il giorno ch'al sol si scoloraro
per la pietà del suo factore i rai,
quando i' fui preso, et non me ne guardai,
ché i be' vostr'occhi, donna, mi legaro.

Tempo non mi parea da far riparo
contra colpi d'Amor: però m'andai
secur, senza sospetto; onde i miei guai
nel commune dolor s'incominciaro.

Trovommi Amor del tutto disarmato
et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio et varco:

però al mio parer non li fu honore
ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l'arco.


4

Que' ch'infinita providentia et arte
mostrò nel suo mirabil magistero,
che crïò questo et quell'altro hemispero,
et mansüeto piú Giove che Marte,

vegnendo in terra a 'lluminar le carte
ch'avean molt'anni già celato il vero,
tolse Giovanni da la rete et Piero,
et nel regno del ciel fece lor parte.

Di sé nascendo a Roma non fe' gratia,
a Giudea sí, tanto sovr'ogni stato
humiltate exaltar sempre gli piacque;

ed or di picciol borgo un sol n'à dato,
tal che natura e 'l luogo si ringratia
onde sí bella donna al mondo nacque.


5

Quando io movo i sospiri a chiamar voi,
e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore,
LAUdando s'incomincia udir di fore
il suon de' primi dolci accenti suoi.

Vostro stato REal, che 'ncontro poi,
raddoppia a l'alta impresa il mio valore;
ma: TAci, grida il fin, ché farle honore
è d'altri homeri soma che da' tuoi.

Cosí LAUdare et REverire insegna
la voce stessa, pur ch'altri vi chiami,
o d'ogni reverenza et d'onor degna:

se non che forse Apollo si disdegna
ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami
lingua mortal presumptüosa vegna.

Francesco Petrarca

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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