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Messaggi di Marzo 2015

Su l'Adda

Post n°1418 pubblicato il 31 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Su l'Adda

Corri, tra’ rosei fuochi del vespero,
corri, Addua cerulo: Lidia su ’l placido
fiume, e il tenero amore,
al sole occiduo naviga.

Ecco, ed il memore ponte dilungasi:
cede l’aereo de gli archi slancio,
e al liquido s’agguaglia
pian che allargasi e mormora.

Le mura dírute di Lodi fuggono
arrampicandosi nere al declivio
verde e al docile colle.
Addio, storia de gli uomini.

Quando il romuleo marte ed il barbaro
ruggîr ne’ ferrei cozzi, e qui vindice
la rabbia di Milano
arse in itali incendii,

tu ancor dal Lario verso l’Eridano
scendevi, o Addua, con desio placido,
con murmure solenne,
giú pe’ taciti pascoli.

Quando su ’l dubbio ponte tra i folgori
passava il pallido còrso, recandosi
di due secoli il fato
ne l’esile man giovine,

tu il molto celtico sangue ed il teutono
lavavi, o Addua, via: su le tremule
acque il nitrico fumo
putrido disperdeasi.

Moríano gli ultimi tuon de la folgore
franca ne i concavi seni: volgeasi
da i limpidi lavacri
il bue candido, attonito.

Ov’è or l’aquila di Pompeo? l’aquila
ov’è de l’ispido sir di Soavia
e del pallido còrso?
Tu corri, o Addua cerulo.

Corri tra’ rosei fuochi del vespero,
corri, Addua cerulo: Lidia su ’l placido
fiume, e il tenero amore,
al sole occiduo naviga.

Sotto l’olimpico riso de l’aere
la terra palpita: ogni onda accendesi
e trepida risalta
di fulgidi amor turgida.

Molle de’ giovani prati l’effluvio
va sopra l’umido pian: l’acque a’ margini
di gemiti e sorrisi
un suon morbido frangono.

E il legno scivola lieve: tra le uberi
sponde lo splendido fiume devolvesi:
trascorrono de’ campi
i grandi alberi, e accennano,

e giú da gli alberi, su da le floride
siepi, per l’auree strisce e le rosee,
s’inseguono gli augelli
e amore ilari mescono.

Corri tra’ rosei fuochi del vespero,
corri, Addua cerulo: Lidia su ’l placido
fiume naviga, e amore
d’ambrosia irriga l’aure.

Tra’ pingui pascoli sotto il sole aureo
tu con l’Eridano scendi a confonderti:
precipita a l’occaso
il sole infaticabile.

O sole, o Addua corrente, l’anima
per un elisio dietro voi naviga:
ove ella e il mutuo amore,
o Lidia, perderannosi?

Non so; ma perdermi lungi da gli uomini
amo or di Lidia nel guardo languido,
ove nuotano ignoti
desiderii e misterii.

Giosuè Carducci

 
 
 

Davanti a San Guido

Post n°1417 pubblicato il 31 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Davanti a San Guido

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! -

- Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei -
Guardando io rispondeva - oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú;
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. - Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
- Ben lo sappiamo: un pover uomo tu se’.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;

E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. -

Ed io - Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Tittí - rispondea -; lasciatem’ire.
È la Tittí come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano! -

- Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? -
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia:

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

- Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. -

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero,
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.

Giosuè Carducci
(Da: Poesie di Giosue Carducci 1850-1900)

 
 
 

Er ventriloco

Post n°1416 pubblicato il 30 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Er ventriloco

Se credi a questo, sei 'no scemo, scusa:
pò sta' che un omo parli co' la gente
come se ne la panza internamente
ciavesse quarche machina arinchiusa?

Nun credo che in un'epoca che s'usa
d'aprì la bocca senza di' mai gnente
esista 'sto fenomeno vivente
che dice tante cose a bocca chiusa!

Parla cór ventre! Oh questa sì ch'è bella!
Sortanto er poveraccio che nun magna
se sente fa' glu-glu ne le budella.

Io stesso, speciarmente a fin de mese,
me sento che lo stomaco se lagna...
Ma sai ched'è? La voce der Paese!

Trilussa
1919 (Da: Robba vecchia 1890-1912)

Note:

Titolo: Il ventriloquo
Verso 2: Può essere?
Verso 14: Che cos'è?

 
 
 

Opera omnia di Trilussa

Post n°1415 pubblicato il 30 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 
Foto di valerio.sampieri

Stelle de Roma, versi romaneschi di Trilussa, con pref. e glossario di Francesco Sabatini, Roma, Cerroni e Solaro, 1889.

Er mago de Bborgo, lunario pe' 'r 1890, scritturato in der parlà romanesco da Padron Checco [Francesco Sabatini] e Trilussa, co' li pupazzi der sor Silhouette, (accidemmoni che nome indificile!), Ner castelluccio de Roma, a la stamperia der Cicerone, 1890.

Er mago de Bborgo, lunario romanesco pe' 'r 1891, scritturato da Trilussa e illustrato da Silhouetta, Ner castelluccio de Roma, a la stamperia der sor Lovesio, 1891.

Trilussa, Quaranta sonetti romaneschi, ill. di Gandolin [Luigi Arnaldo Vassallo], Roma, Voghera, 1895.

Trilussa, Altri sonetti, preceduti da una lettera di Isacco di David Spizzichino, strozzino, Roma, tip. Folchetto, 1898.

Trilussa, Caffè-concerto, Roma, Voghera, 1901.

Trilussa, Er serrajo, Roma, Voghera, 1903.

Trilussa, Favole romanesche, ill. di G. G. Bruno, Roma, Voghera, 1901.

Trilussa, Sonetti romaneschi, Roma, Voghera, 1906.

Trilussa, Nove poesie, I° migliaio, Roma, Voghera, 1910.

Trilussa, Le storie, I° migliaio, Roma, Voghera, 1913.

Trilussa, Le stelle de Roma (1886-1889), Poesie varie (1887-89), pref. di E. [paminonda] Prov. [aglio]. Roma, casa ed. M. Carra e C. di L. Bellini, 1913.

Trilussa,...a tozzi e bocconi (poesie giovanili e disperse), Roma, Carra e Bellini, 1913.

Trilussa, Ommini e bestie, I° migliaio, Roma, Voghera, 1914.

Trilussa, La vispa Teresa, allungata da T., disegni di V. Finoz-zi, Roma, Carra e Bellini, 1917.

Trilussa,...Le finzioni della vita, dis. di Trilussa, Tito, Gando-lin, Iìandre, Weber, Baldassarre, Yambo, Zanetti, Montani e note e aneddoti sul Poeta narrati da Edmondo Corradi, Rocca S. Casciano, Cappelli, 1918.

Trilussa, Lupi e agnelli, Roma, Voghera, 1919.

Favole di Trilussa, pref. di Ferdinando Martini, dis. e fregi di Duilio Cambellotti, Roma, soc. ed. di Novissima, 1920.

Trilussa, Lupi e agnelli, Milano, Mondadori, 1922.

Trilussa, Le favole, Milano, Mondadori, 1922.

Trilussa, Nove poesie, Milano, Mondadori, 1922.

Trilussa, Le cose, Milano, Mondadori, 1922.

Trilussa, I sonetti, Milano, Mondadori, 1922.

Trilussa, Le storie, Milano, Mondadori, 1923.

Trilussa, Ommini e bestie, Milano, Mondadori, 1923.

Trilussa, Picchiabbò ossia La moje der ciambellano, spupazzata dall'Autore stesso, coperta e fregi di Carlo Alberto Petrucci, Roma, edizioni d'arte Fauno, 1927..

Trilussa, La gente, Milano, Mondadori, 1927.

Trilussa, La porchetta bianca, ill. di Bruno Serpi, Milano, Mondadori, 1929.

Trilussa, Libro numero nove, Milano, Mondadori, 1929.

Er segreto der mago, favola di Trilussa, ill., Roma, Grafia, 1930.

Trilussa, Campionario, pref. di Ferdinando Martini, ili. di Guglielmo Wohlgemuth, A. F. Formiggini ed. in Roma, 1931.

Pulviscolo, aneddoti trilussiani [con molte poesie giovanili], A. F. Formiggini ed. in Roma, 1931.

Trilussa, Giove e le bestie, Milano, Mondadori, 1932.

Trilussa, Picchiabbò ossia La moje der ciambellano, ill. di Bruno Angoletta, Milano, Mondadori, 1933.

Trilussa, Cento favole, ill. di Guglielmo Wohlgemuth, Milano, Mondadori, 1934.

Trilussa, Libro muto, Milano, Mondadori, 1935.

Trilussa, Cento apologhi, ill. di Guglielmo Wohlgemuth, Milano, Mondadori, 1935.

Trilussa, Duecento sonetti, ill. di Trilussa, Milano, Mondadori, 1937.

Trilussa, Lo specchio e altre poesie, ill. di Trilussa, Milano, Mondadori, 1938.

Trilussa, La Sincerità e altre fiabe nove e antiche, ill. di Guglielmo Wohlgemuth, Milano, Mondadori, 1939.

Trilussa, Acqua e vino, Milano, Mondadori, 1944-45.

Trilussa, Acqua e vino, Omtnini e bestie, Libro muto: testo integrale, Milano, Mondadori, 1950.

Trilussa, Libro n. 9, Le cose, La gente: testo integrale, Milano, Mondadori, 1951.

La vispa Teresa allungata da Trilussa, dis. di [Filiberto] Scarpelli e Sto [Sergio Tofano], Nuova edizione ancora allungata, Roma, Carra e Bellini, s.d.

 
 
 

Metello e Cicerone

Post n°1414 pubblicato il 30 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

In una causa, Metello Nepote si scagliò con una certa acrimonia contro Cicerone rimproverandogli di essere un plebeo.

Di tanto in tanto Metello gli rivolgeva la domanda: "Chi è tuo padre?"

Cicerone per un po’ lo lasciò parlare, poi gli rispose: "A te non posso chiedere la stessa cosa, o Metello, perché tua madre ha reso questa domanda estremamente delicata".

 
 
 

L'illeggittima difesa

Post n°1413 pubblicato il 29 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

L'illeggittima difesa

Per me, quanno una femmina è sicura
d'esse una donna onesta veramente,
benché je zompa addosso un propotente
lo fa sta' a posto come una cratura.

Incomincia cór métteje paura,
mozzica, sgraffia, strilla, chiama gente:
ma difenne l'onore solamente
cór mezzo che j'ha dato la natura.

Ch'ha fatto invece quella? L'ha ammazzato
gnentedemeno co' la rivoltella...
Eh! me pare un pochetto esaggerato!

Defatti, la marchesa sai che dice?
— Se in vita mia facessi come quella
me ce vorebbe la mitrajatrice!

Trilussa
5 giugno 1914

 
 
 

Aneddoto su Scipione

Post n°1412 pubblicato il 29 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Un giorno Publio Cornelio Scipione Nasica si recò a casa del poeta Ennio, ma trovò la porta chiusa. Allora chiamò l’amico a gran voce, ma una serva gli riferì che il poeta non era in casa. Scipione, offeso, andò via.

Passato qualche giorno, Ennio andò da Scipione e lo chiamò. Scipione si affacciò alla finestra e rispose: "Non sono in casa!"

Ed Ennio controbbattè a lui: "Apri la porta! Ho riconosciuto la tua voce".
Al che Scipione rispose: "Sei sfacciato, amico mio. Io ho creduto alle parole della tua serva e tu ti rifiuti di credere a me".

 
 
 

Fede

Post n°1411 pubblicato il 29 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Fede

Credo in Dio Padre Onnipotente. Ma...
— Ciai quarche dubbio? Tiettelo per te.
La Fede è bella senza li «chissà»,
senza li «come» e senza li «perché».

Trilussa

 
 
 

Un carotone der sor...

Post n°1410 pubblicato il 29 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Un carotone der sor come-se-chiama

Spalanca la finestra, apri la porta,
sinnò qui nun ce cape sta frescaccia:
soffiatece che scotta! e chi le spaccia
'ste mifle, 'ste carote de 'sta sorta?

Si stavi più d'un mese tu, cazzaccia,
a denti asciutti nun saressi morta?
E tu dai retta ar fijo de la Storta,
a Nina, a Pietro e a Tuta la Zinnaccia?!

Fregnona, e ma la spacci? te, Crance,
fai come quer burino, sarvognuno,
che se ne va da tata e je fa, dice:

O ta' so' bollì i maccaroni cazze!
Gli si magnati? No me glià ditt'uno
che glià visti magnà da 'no rigazze.

Giggi Zanazzo
10 agosto 1880

Allusione a un tale dottore Tanner, che pare riuscisse a digiunare a lungo mediante alcune sue ricette. -
Nella terzina è contraffatto scherzosamente il dialetto ciociaro.

 
 
 

Un equivoco

Post n°1409 pubblicato il 28 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

Un equivoco

Visto che mi' marito nun veniva
uscii da l'osteria e me n' agnede .
ciavevo 'na pisciata da nun crede',
dico: intanto che piscio lui m'ariva.

Detto fatto montai sur marciapiede
e me messi a cambià l'acqua a l'oliva ;
quanto, perdio, sento strillà: « Chi evviva!,
io, come stavo, pijo e sbarzo in piede.

Me svorto e, a quattro passi, Nannarella,
fra e' lusco er brusco vedo un luccicore
e te trovo un sordato in sentinella.

La sbronza ce l'avevo tanto fitta,
ch' invece de piscià in d'un pisciatore,
m'ero mess' a piscià 'n d'una galitta .

Giggi Zanazzo
31 gennaio 1881

Fra il lusco e il brusco (modo di dire anche della lingua), alla luce incerta del crepuscolo.

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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