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Messaggi di Ottobre 2016

La cecala rivoluzzionaria

La cecala rivoluzzionaria

Una Cecala rivoluzzionaria
diceva a la Formica:
- Povera proletaria!
Schiatti da la fatica
senza pensà che un giorno finirai
sott'a le zampe de la borghesia
che a le formiche nun ce guarda mai!
Ma che lavori a fa', compagna mia?
Pianta er padrone e sciopera
prima ch'arivi un piede propotente
che te voja fregà la mano d'opera!
Tu guarda a me: d'inverno nun fo gnente,
e ammalappena sento li calori
me sdrajo in faccia ar sole e canto l'Inno
de li Lavoratori!



Trilussa

 
 
 

Piazza Dante

Foto di valerio.sampieri

Piazza Dante

Prima che pîo la penna fra le deta
pe' descrive 'sto quadro raro e bello,
in segno de rispetto ar gran poeta
me vojo caccià tanto de cappello.

Che piazza! Che giardino! E' 'na pineta.
Chi la pô pitturà, caro fratello?
Pe' fa' 'na cosa artistica e compreta
sarebbe bôno solo Raffaello.



Quanti pupi ce so' si brilla er sole!
E ner vede' che córeno giôcanno
intorno intorno all'arberi e l'ajole,

te rivedi fanello puro tu,
e in quer momento pensi sospiranno
ar tempo bello che nun torna più!

Natale Polci
Piazze de Roma - Sonetti romaneschi - Roma, Editrice: Tipografia "Saturnia", 1929, pag. 42

 
 
 

De claris mulieribus, Indice 3

De claris mulieribus
di Giovanni Boccaccio

53. Veturia, donna Romana.
54. Tamiri dipignitrice.
55. Artemisia, Reina di Caria.
56. Virginia, figliuola di Virginio.
57. Irene, figliuola di Cratino.
58. Leonzia filosofa.
59. Olimpiade, Reina di Macedonia.
60. Claudia, vergine Vestale.
61. Virginia, moglie di Lucio Volumnio.
62. Flora, meretrice Romana.
63. Una Giovanetta Romana.
64. Marzia di Varone.
65. Salpieia, moglie di Fulvio.
66. Armonia, figliuola di Gelone.
67. Busa di Cariota.
68. Sofonisba, Reina di Numidia.
69. Teosena di Tessaglia.
70. Berenice, Reina di Cappadocia.
71. La moglie d’Orgigante Gallogreco.
72. Emilia, moglie del primo Scipione.
73. Dripetrua, figliuola di Mitridate.
74. Sempronia de’ Gracchi.
75. Claudia Quinta romana.
76. Ipsicratea, Reina di Ponto.
77. Sempronia Romana.
78. Delle Donne de’ Fiamminghi e dei Tedeschi.

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Vai a Indice 2
Vai a Indice 4

 
 
 

Er Diluvio, Noè a l'ômo, L'ômo

Post n°3266 pubblicato il 31 Ottobre 2016 da valerio.sampieri

Er Diluvio

Ner mentre diluviava a distruzzione
su tutta quela gente e la natura,
Noè chiamò pe' primo er più bestione,
o mejo, l'ômo, perchè cià curtura.

Doppo de l'ômo, poi, chiamò er leone,
e intanto, a uno a uno, pe' misura,
je dava er nome, er grado e la manzione
p'er monno nôvo, doppo la sciagura.

Così fece li re, l'imperatori,
ognuno cor un posto destinato
e 'na condanna bôna o de dolori ...

Ma prima de chiamalli, quasi stracco,
cacciò 'na scatoletta e un po' affannato
se face un par de prese de tabbacco ...



Noè a l'ômo

Dice:- Te faccio primo imperatore,
dànnote facortà su li colleghi ...
Cerca a domalli e quanno nu' li pieghi
faje soffrì' qualunque sia dolore.

Però sta' attenta: un giorno che l'amore
l'inferocisce, hai voja tu, che impreghi,
queli più forti, manco si li leghi
l'addomi co' la frusta o cor tortore!

Comannerai chi vola sotto er cêlo
e l'animali che scorazzeranno
su le montagne, o ar Polo in mezzo ar gelo!

Così nisun collega te pò nôce;
solo la donna te potrà fa' danno ...
perchè quella è la bestia più feroce! ...



L'ômo


-Io v'aringrazio assai de 'sto commanno
che voi me date sopra a tutti quanti
ma co' 'ste brutte grinte d'ignoranti
com'ho fa fà, si prima nu lo sanno? ...

Me spiegherete puro indove vanno
quelli cattivi che ce ne so' tanti
che si l'ho da pijà, p'annacce avanti,
bisognerà ch'adopro quarche inganno? ...

- Leggi 'sto libro: qui ce troverai
er modo pìacchiappà', senza paura
ogni collega tuo quanno vorrai.

E, poi mo te li chiamo, stacce attenta
mettete qui de dietro a 'sta sfissura
perchè sinnò, quarcuno se spaventa.

Mario Centi
L'Arca de Noè. A tutti l'animali raggionevoli, Stab. d'Arti Grafiche G. Nunzi, Via dei Volsci 77-a, Roma A.IX (1931), pag. 8, 9.

 
 
 

Ippo donna Greca

CAPITOLO LI.
Ippo donna Greca.


Ippo fu una donna greca secondo assai si vede manifesto per li libri degli antichi; la quale appena crederò essere stata volente per una sola opera: e perchè noi montiamo ad alte cose per gradi, perciò niuno diventa subitamente sommo sia poichè per malignità di smenticanza la schiatta sua, la patria e l’altre cose sono perite, acciocchè non perisca quello che è pervenuto insino a noi, e che non le sia tolto lo debito onore, vennemi in animo di farlo manifesto: Dunque dico che avemo trovato questa Ippo per caso essere stata presa da’ naviganti nemici; la quale a caso essendo bella, sentendo che quegli che l’avevano presa facevano consiglio contra a lei, e contro a sua onestà; stimò di tanto pregio l’onore della castità, che non vedendo poterla salvare se non con la morte, non aspettò d’essere sforzata, ma gittossi in mare, nel quale ella perdè la vita, e l’onestà fu salvata.

Chi non loderà sì costante deliberazione d’una donna? poichè ella con pochi anni, che ella poteva con dubbio allungare la vita, ricomperò la castità, e con acerba morte ella acquistò a sè perpetuale onore. La quale virtuosa opera non potè tenere nascosto lo tempestoso mare, nè lo deserto lido le potè torre che non le fusse servata in luce con suo onore in perpetua testimonianza delle lettere. Ma poi lo corpo, che per alcuno spazio fu sbattuto dalle onde, per modo, d’uno gioco fu gittata da quelle medesime sul lido Eritreo, dove da quelli del paese fu seppellito, come quelli che pericolano. Ma finalmente per nominanza detto dai nemici chi fusse stata quella e perchè ella fusse morta, fu fabbricato sopra lo lido con grande altezza dagli Eritrei, con somma reverenzia, una sepoltura, dove era era stata seppellita, acciocchè noi conosciamo, che la chiarezza delle virtù non si può oscurare per alcuna avversità di fortuna.

Giovanni Boccaccio

De claris muljeribus
VOLGARIZZAMENTO
DI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO
[ca. 1336 - fine secolo XIV]

 
 
 

Piazza Cavûre

Foto di valerio.sampieri

Piazza Cavûre

Te mostra l'arte, er genio, la ricchezza,
la luce, li profumi, li colori:
E' un quadro arilucente de bellezza
che appena che lo guardi t'innamori.

C'è un palazzo che pare 'na fortezza
e lì ce vanno poveri e signori ...
Poi c'è un giardino pieno de freschezza
ricco de verde e carico de fiori.

C'è sempre quarche serva e quarche balia,
poi c'è Cavure, Lui che fu lo scojo,
er piedistallo de 'sta bell'Italia!



Se trova 'i mezzo a un gruppo d'arberetti,
e ar posto indò' teneva er portafojo ...
je cianno fatto er nido l'ucelletti! (1)

Nota: (1) Osservando attentamente la statua, si vede realmente che dalla parte interna della giacca vi è un nido d'ucelli.

Natale Polci
Piazze de Roma - Sonetti romaneschi - Roma, Editrice: Tipografia "Saturnia", 1929, pag. 41

 
 
 

L'adunata

Post n°3263 pubblicato il 29 Ottobre 2016 da valerio.sampieri
 

L'adunata

Dunque ve dò 'na sorte, diferente
da quella che ciàvete avuta prima;
ma guai a chi facesse er prepotente,
o me mancasse de rispetto e stima! ...

Vedete? Er cêlo è nero! Cambia crima!
Sentite che terore fra la gente?!
Co' 'sta tempesta la più bulla cima ...
sarà allagata come fosse gnente.



Metteteve affilati tutti quanti,
che mó ve chiamerò uno pe' vorta
e a mano a mano me verete avanti.

Ma, come ho detto, er massimo rispetto,
perché si vedo quarche cosa storta
ve faccio sprofonnà' ner trabbocchetto".

Mario Centi
L'Arca de Noè. A tutti l'animali raggionevoli, Stab. d'Arti Grafiche G. Nunzi, Via dei Volsci 77-a, Roma A.IX (1931), pag. 7.

 
 
 

Tramonto

Post n°3262 pubblicato il 29 Ottobre 2016 da valerio.sampieri
 
Foto di valerio.sampieri

Tramonto

Er celo è un quadro a tinte porporine,
er sole è acceso tale e quale a un foco
e se ne va calanno a poco a poco,
danno l'urtimo bacio a le colline.

Guardando verso su... verso er confine,
quanti ricordi che rivanno in gioco!
cerco a scordalli, ma nun trovo loco
pe' potemme curà da tante spine!

Quanti dolori, quanti disinganni,
e quanto avvelimento provo in core
pensanno a li disagi de tre anni.



De que' li monti pieni de verdura,
de tanti sacrifici e un gran valore
nun c'è rimasta che 'na sfumatura.

Peppino Nunzi
Solignano (Modena), 8 dicembre 1917
Da: Ricordi de guera - versi in dialetto romanesco, Roma, Tip. Coop. Sociale, 1918, pag. 30.

 
 
 

Clelia

Foto di valerio.sampieri

CAPITOLO L.
Clelia, vergine Romana.


Clelia, maravigliosa vergine: romana; di che parenti ella s’avesse principio, o gli antichi non l’hanno lasciato a noi di drieto; o è venuto meno per l’antichità. Ma assai si può pensare, che ella nascesse di nobile gente, perchè così mostra la nobiltà del suo attimo; e perchè ella era data per ostatica di pace tra gli altri nobili Romani al tempo di Tarquinio Superbo a Porsenna, re de’ Toscani. È da lodare lo suo ardire in più parole, e da considerare, che essendo cacciato Tarquinio Superbo per iscellerato peccato di Sesto suo figliuolo in Lucrezia; e avendo effetto i suoi inganni di tornare, vennesi in manifesta guerra. Alle quale essendo venuto a Roma Porsenna, re di Chiusi, a’ prieghi di Tarquinio, e essendo rimossi i Toscani dal passare il Ponte Sublizio per la gagliardia d’Orazio Coclite, lo quale la difendeva, ed essendo impaurito Porsenna per l’audacia di Muzio Scevola, e per la congiurazione di quello, venne a concordia co’ Romani, e per salvare quella, tolse più ostatichi; e avvenne che con più altre vergini fu mandata Clelia. Alla quale forse perchè pareva men che onore della repubblica, che tante vergini fossero tenute prese appresso uno re forestiere; armò il petto di sè, che era una fanciulla, d’audacia d’uomo; e ingannate le guardie, montò in su uno cavallo, lo quale a caso ella trovò di notte pascere sopra la riva del Tevere, non essendo stato altra volta a cavallo: e avendo tratte fuori molte delle prese fanciulle, tornolle ai suoi, non temendo la profondità del fiume.

La qual cosa la mattina veduta da Porsenna, dolsesi; e fu comandato nel pieno Senato, che quella, che era stata guida di quelle che erano fuggite fosse restituita al re. Ma il re maravigliatosi della virtù della fanciulla, dilettandosi del suo ardire, non solamente concedè a lei, che ella tornasse a’ suoi, ma diedele arbitrio che ella menasse con seco degli ostatichi quegli che ella volesse; la quale di tutti tolse solo i fanciulli. La qual cosa parve laudabile onestà di quella vergine: e agli Romani fu grata simigliantemente, perchè avea liberati quegli che erano più atti a ritenere l’ingiuria. Per la qual cosa ella fu onorata da’ grati cittadini di una maniera di non usato onore, e fu conceduto a quella una statua di cavalleria, la quale posta al fine della Sacra via per lungo tempo stette salva.

Giovanni Boccaccio

De claris muljeribus
VOLGARIZZAMENTO
DI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO
[ca. 1336 - fine secolo XIV]

 
 
 

Noè e le bestie

Post n°3260 pubblicato il 28 Ottobre 2016 da valerio.sampieri
 

Noè e le bestie

Iddio mannò er Diluvio Universale
pe' casticà' quer popolo balordo:
Noè, cor Padreterno, già d'accordo,
volle sarvà' 'gni razza d'animale.

Prima se fece un'arca colossale
mettennoceli tutti quanti a bordo,
e lì je disse: "Prima che me ne scordo
bisogna che ve faccio la morale!

Mò se scatenerà 'na gran tempesta,
che quanno avrà distrutto er monno sano
arivedremo er sole e la foresta.



Però si a voi ve scampo da la morte,
ciò l'ordine dar Giudice Sovrano
de davve a tutti quanti 'n'antra sorte!

Mario Centi
L'Arca de Noè. A tutti l'animali raggionevoli, Stab. d'Arti Grafiche G. Nunzi, Via dei Volsci 77-a, Roma A.IX (1931), pag. 7.

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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