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Poesie varie (di Cesare Pascarella, Nino Ilari, Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio)

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Osservazioni sulla tortura e singolarmente sugli effetti che produsse all'occasione delle unzioni malefiche alle quali si attribuì la pestilenza che devastò Milano l'anno 1630 - Prima edizione 1804 (di Pietro Verri)

Picchiabbò (di Trilussa)

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Il Dittamondo, Libro Primo

Il Dittamondo, Libro Secondo
Il Dittamondo, Libro Terzo
Il Dittamondo, Libro Quarto
Il Dittamondo, Libro Quinto
Il Dittamondo, Libro Sesto

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OPERE COMPLETE: POESIA

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Rime inedite del Cinquecento (di vari autori)
Rime inedite del Cinquecento Indice 2 (di vari autori)

 

POETI ROMANESCHI

C’era una vorta... er brigantaggio (di Vincenzo Galli)

Er Libbro de li sogni (di Giuseppe De Angelis)

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Foji staccati dar vocabbolario di Guido Vieni (di Giuseppe Martellotti)

La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877 (di Luigi Ferretti)

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Li promessi sposi. Sestine romanesche (di Ugo Còppari)

Nove Poesie (di Trilussa)

Piazze de Roma indice 1 (di Natale Polci)
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Poesie romanesche (di Antonio Camilli)

Puncicature ... Sonetti romaneschi (di Mario Ferri)

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Sonetti Romaneschi (di Benedetto Micheli)

 

 

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Messaggi del 21/02/2017

"Misdea"

"Misdea"

Stava poco più su der "Bottegone" (1)
a la "Piscina de li Porci" (1), e stava
drent'a 'na casettuccia ch'abbitava
senza pagà piggione.

Se chiamava "Misdea". La vita sua
era quela casetta e l' orti in fiore.
Je chiedevi un favore?
Se spaccava pe' dua.
Chi passava de là nun era raro
che nun sostasse da Misdea, sicuro
da nun trovallo mai cor grugno amaro.

Anni fa fu trovato
(dove principia er "Fosso de Ponente") (1)
tra l'erba e la mollaccia, un ammazzato.
Un omicidio? Una disgrazia? Gnente.
Fu un mistero, così, come è restato.
"Misdea", che stava là, venne inquisito
e messo drento. Poi, fu scarcerato.

E seguitò a sta lì, 'n quela casetta
solo, co' l'ombra sua, senza un conforto,
a pochi passi da la colonnetta,
ch' esiste ancora, p' un ricordo ar morto.
E quanno me parlava me diceva:
"Se fussi stato io, chi ciabbitava
dove 'isso veneva
a trovamme ogni vorta che cacciava?"
E je scegneva sempre, je scegneva
quarche lagrima amara. E sospirava.

Un giorno che pioveva a più nun posso
me trattenni de più. Se fece sera.
Era tardi p' annà a Pontegalera.
E, poi, 'ndò annavi co' quer zuppo addosso?
"Assèttete - me fece - 'n' antro poco ...
Qua po' mancà glio pa', ma no glio foco".

Me convinse. Restai. Stetti benone.
A le cinque già stamio a colazione.

"Che t' ò da da'?" - je feci - "pe' l' incommodo?"
Nun vorse un sordo.
Anzi me vorse da' 'na caciottella:
"Piglietella" - me disse. - "Piglietella ...
Domani parto. Accèttela. È u' ricordo".

"Parti? E 'do' vai?" - "Passato Campi Jemmini,
da 'no vergaro che arrecerca un omo: ...".
E, doppo un po': "Ma che s' arrecordàsseno
che parte un galantomo.
Misdea nun è mai stato un assassino ...".
E sbottò a piagne come u' regazzino.
.............
Quanno tornai co' "Lea",
la bracca mia, doppo tre giorni, giù,
cerca e ricerca nun trovai "Misdea" ...
Era partito, e nun l' ò visto più.

Nota: 1 Località in territorio di Maccarese.

Romolo Lombardi
Strenna dei Romanisti, 1958, pag. 286

 
 
 

A 'na caffettiera

A 'na caffettiera

Vengo sempre da te matina e sera
Perchè er negiozzio tuo proprio me piace,
Si tu sapessi bella caffettiera
Quanno nun vengo quanto me dispiace!

Sei troppo bella: ciài grazia e magnera.
E ner vedette sento 'na fornace
Che m'arde ar core, e nun me fò capace
Si sei 'na donna o un fior de Primavera.

M'hai fatto cascà proprio in de la rete,
Quanno che me presenti er gabbarè,
Ner vede a te più bevo e più ciò sete.

E pe' levamme tutta quest'arsura
Invece de 'na tazza de caffè
Me ce vorebbe er cucchimo addrittura!

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 87

 
 
 

Er Culiseo 1

Er Culiseo



Quest'era pe la ggiostra e li fochetti
come se fa oggiggiorno da Corea. (1)
C'ereno attorno ccqui ttutti parchetti,
lassú er loggiato, e immezzo la pratea.

Eppoi fàtte inzeggnà da Mastr'Andrea
er butteghin de chiave e dde bbijjetti,
er caffè pe ggelati e llimonea,
e scale, e rrimessini, e ttrabbocchetti.

Oh, la viacrusce l'hanno messa doppo,
perché li Santi martiri ccqui spesso
c'ebbero da ingozzà ccerto ssciroppo.

Co un po' de sassi e un po' de carcia e ggesso,
lassa che jje se dii quarche arittoppo
e un'imbiancata, e ppô sserví anc'adesso.

Note:
1 Anfiteatro Corèa (annesso al palazzo della famiglia di questo nome) fondato sulle sostruzioni del mausoleo d'Augusto.

Giuseppe Giaochino Belli
Terni, 4 ottobre 1831 - De Pepp'er tosto
(Sonetto 169)

 
 
 

Epigrammi romani

Epigrammi romani

Primavera sul Campidoglio


La primavera il Campidoglio ascende
e fiorita di storie e di leggende
fa palpitare il marmo ed il metallo.
In groppa al suo magnifico cavallo
che s'impenna e che scopre in oro matto
il saggio Marco Aurelio se ne sta
come in procinto o, meglio ancora, in atto
di galoppar verso l'eternità.

L'alba al Gianicolo

Il Gianicolo all' alba si colora
di rosea luce sopra i verdi spaldi
però è sempre dal cuor di Garibaldi
che risorge per gli uomini l'aurora,
quella vera che ovunque porterà
giustizia indipendenza libertà.

Estate sull'Aventino

D'estate, anche se manca il ponentino,
sul colle antico che di piante abbonda
fa sempre fresco ché sull'Aventino
spira un perpetuo venticel di fronda.

Il giorno al Palatino

Visita al Palatino, obbligatoria.
Ci vanno in comitiva i forestieri,
sbadiglian molti innanzi a tanta storia.
Cosa vuoi farci? Sono nati ieri!

Autunno a Monte Mario

A Monte Mario, sotto il pergolato
d'un' osteria rimasta ancora in piedi
tra palazzoni di cemento armato,
l'Autunno non è in vena d' epicedi,
ma mette sia nell'aria che nel vino
tanta spensieratezza che perfino
un meneghin, scordando il proprio idioma,
alza il bicchiere e canta l'Inno a Roma.

La notte al Celio

La notte al Celio ispira tanta pace
che tutto s'addormenta e tutto tace.
Nel sonno la marmorea Navicella
si riempie dei raggi d'ogni stella
e sogna, col suo carico d'argento,
di navigare in mezzo al firmamento.

Inverno al Pincio

Se nella metamorfosi io credessi
rinascere lucertola vorrei
e felice sarei se rinascessi
nel posto più conforme ai gusti miei
ossia sul Pincio in margine al piazzale
ch' è un belvedere che non ha l'uguale
e dove anche nel cuore dell'inverno
ti riscalda di Roma il Sole eterno.

Luciano Folgore
Strenna dei Romanisti, 1958, pag. 74, 75

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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