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Messaggi di Settembre 2016

Proverbi jesini

Post n°3173 pubblicato il 26 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

In pillole, alcuni proverbi della Vallesina, pubblicati su FB da Marco Bordini

Dàje dàje, la cipolla diventa àjo
(portare le cose per le lunghe alla fine stanca)
De fame n’ c’è morti mai nisciù
(per dire che è difficile morire di fame)
Donna baffuda, donna piaciuda
(per il riscatto delle donne con una leggera peluria)
D’estade guarda ’l monte, d’inverno la fonte
(per capire il tempo che farà, guardare d’estate verso la montagna e d’inverno verso il mare)
Dopo Natale è sempre Carnevale
(dopo il Natale inizia il periodo del Carnevale)
El riso fa bon sangue
(vivere in allegria dà buona salute)
È ’na ròda che gira
(la vita passa per tutti)
El cà che ’bbaia, no’ mosca (la persona che grida, difficilmente passa dalle parole ai fatti)

El giogo è bello quanno è curto, quanno è lungo è piagnerello
(per tutte le cose è meglio non tirare troppo per le lunghe)
El letto è come ’na rosa, sci n’ se dorme se riposa
(il letto è sempre un ristoro dopo una giornata di duro lavoro)
El male no’ s’agura mango ai cà
(il male non si augura neanche al peggior nemico)
El medigo piedoso fa la piaga puzzolente
(a volte è meglio intervenire decisi)
El peggio è pe’ chi mòre
(i parenti poi si consoleranno)
El peggio ha da venì
(il futuro ci riserva sempre cose peggiori)
El più brutto a scortigà… è la coda
(il difficle è la parte finale di un lavoro)
El Signore manna ’l freddo segondo i pagni
(il Signore manda le prove secondo le possibilità di ognuno)
El somaro m’ha ditto recchió
(ognuno dovrebbe guardare i propri difetti)
El tempo è lungo e galantomo
(alla fine la verità viene sempre fuori)
El troppo, struppia
(voler far troppo può essere controproducente)
El vi’ cià du’ virtù: prima va giù, eppo’ va sù
(prima va nella pancia, poi alla testa)
Febbraro dal corto culo, sci s’arvolta è peggio de ’n mulo
(il mese di febbraio è breve, ma se il tempo è brutto diventa il mese peggiore)
Faccia róscia… trippa móscia
(chi è timido mangia poco)
Fidasse è be’, n’ fidasse è mejo
(sempre molta prudenza nei rapporti con le persone)
Finché c’è vida, c’è speranza (anche se molto ammalato, c’è sempre una speranza di guarigione)

Febbrarolo, ogni gallina porta l’ovo
(a febbraio le galline ricominciano a deporre le uova)

 
 
 

La Pattuja (7,8)

Post n°3172 pubblicato il 26 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

La Pattuja

(seguito)

VII.

Er sole oprì quer celo nuvoloso
e portò un razzo de malinconia
tra li sordati, in mezzo 'sta famia
che aveva perso un fijo generoso!

Da la trincera, que' la compagnia,
guardava que' l'eroe silenzioso,
uno diceva: si, pare che stia
dormenno, come ar tempo de' riposo!

Fulvio Cipriani co' le mano gionte
stava in faccia a quer Sole, che nascente
je sfiorava le labbra co' la fronte!

Er foco de le nostre artijerie
se concentrava intanto più insistente
su la dollina e su le retrovie.

VIII.

Fu fatta l'avanzata e la dollina
cascò in un modo più che mai felice,
furono presi più de 'n'ottantina
de prigionieri e sei mitrajatrice.

Dietro 'na roccia, sopra le radice
d'un cipresso, innaffiato 'na mattina
da un sangue pieno de bontà latina
se fu trovato un povero infelice.

Era un còre de fero, era Cipriani
che morì pe' la madre, senza vede
er successo e l'onore d'un domani!

Morì quanno che l'aria mattutina
renne un còre più forte e je concede
l'ebbrezza de la pace divina.

Peppino Nunzi
Dvor (Plezzo), 25 aprile 1917
Da: Ricordi de guera - versi in dialetto romanesco, Roma, Tip. Coop. Sociale, 1918, pag. 13, 14

(segue)

 
 
 

Cacabbicchieri e altro

Post n°3171 pubblicato il 25 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Cara, dovremmo risparmiare.
Se tu imparassi a cucinare potremmo licenziare il cuoco.
Si' caro, e se tu imparassi a scopare,... anche l'autista e il giardiniere!!

=====================

L' appuntato al maresciallo :
'per fare un po' di spazio in archivio possiamo bruciare i fascicoli più
vecchi di 10 anni?
Il Maresciallo: 'Ottima idea, ma per sicurezza fai prima le fotocopie....'

=====================

Sciagura aerea nei pressi di Roma.
Si e' schiantato un elicottero in un cimitero.
I carabinieri hanno già estratto 685 corpi e stanno ancora scavando.....

=====================

Un giorno non ce l'ho fatta più, ho preso la mia ragazza e le ho detto:
'Cara, io sto con te perché mi accontento.'
E lei mi ha risposto: 'Io invece non mi accontento: sto anche con un altro.'

=====================

Adamo va dal Signore.
Adamo: 'Posso farti una domanda?'
Dio: 'Dimmi pure figliolo.'
Adamo: 'Perché hai fatto Eva così bella?'
Dio: 'Perché tu la potessi amare.'
Adamo: 'E allora perché l' hai fatta così stupida?'
Dio:
'Perché lei amasse te.'

======================

Un tipo domanda:
'Come ti chiami?'.
L'altro 'Dodododomenico ..'
'Ah.
sei balbuziente?'
'No. Mio padre è balbuziente e quello dell'anagrafe è un bastardo!'

======================

Mi hai portato in un ristorante all'aperto, ha cominciato piovere e ci
ho messo 3 ore per finire il brodo!!!

======================

Manda queste barzellette alle 5 persone che ritieni più simpatiche.
Vedrai che dopo 3 giorni ...non succederà un cazzo, come sempre, ma almeno avrete riso un pochino! finalmente una catena seria :-D

 
 
 

A'n angioletto de cinque mesi

A'n angioletto de cinque mesi
(mentre dorme)

I


Quanto sei bella! quanto sei grazziosa!
Cusì, co' la manina lì appoggiata
A quer visetto tonno, color rosa...
Me pari un'angeletta addormentata!

Dorme, tesoro mio, dorme, ariposa,
Sognete er paradiso 'gni nottata,
Sogna l'amore e poi, sopra ogni cosa,
Sognete mamma tua che t'à creata

La madre tua che te vo tanto bene!
Che prega sempre Cristo benedetto
Che te scampasse da disgrazzie e pene.

Core de mamma sua!... Ridi? amorosa!
Dorme e soride! Viso d'angioletto.
Quanto sei bella, quanto sei grazziosa!

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 59

II

In de' sto monno boja ingannatore
Io nun possiedo gnente, bella fia:
Possiedo solo a te, gioja der core,
Fiore pieno de grazzia e poesia.

Tu sei un tesoro e tenghi un gran valore
Che supera qualunque maravìa:
Sei 'na stelluccia piena de sprennore
Che brilla su 'st'affritta anima mia.

Quell'occhi belli tui color de mare
Que' la boccuccia ch'è 'n'arco d'amore
Pe' me so' le ricchezze le più rare.

Sei tanto bella! E quanno fai er soriso
Me sento de sparì' quarsia dolore
E godo tanto!... Godo er paradiso!

Roma, 1904.

Antonio Camilli
Tratto da: Poesie Romanesche, Roma, Tipografia Industria e Lavoro, 1906, pag. 60

 
 
 

Le fiere de San Settì

Le fiere de San Settì

’L ventidue settembre, è risapudo,
a Jesi se festeggia San Settì
’N’appuntamento fisso, più voludo,
da quelli nadi o trapiantadi chì

E ’no richiamo forte muntobè
ndo se riscopre gusti e tradizió
Nigò, de tutto quanto poi vedé,
è tramannado da generazió!

Tre giorni, Jesi, n’ se ’rconosce più!
Girà pe’ strada? Mejo che n’ ve ’l diga!
Se camìna...solo a forza de spintù
N’è ’na passeggiada è...’na fadìga!

’N vesparo de gente da no’ crede!
Parlà, se sente, co’ tutte le ’nflessió
Pure ’l contado tutto se rivede
sfruttanno de ’sta festa l’occasió

Nte ’no scenario, rmasso sempre quello,
rtrôà, ce pòi i sapori del passado
Dolce, è sprofonnà nte ’n mónno bello,
Ciài l’impressió che ’l tempo s’è fermado!

Bangarelle, sgaggi, musighe, colori!
Odori de croccante... cioccolada!
La tromba del Chirichindo, che viè fori,
è... ’l rituale pe’ la tombolada!

La conclusió? É sempre questa chì!
Siccome ’n pensierì, la gente s’è comprada,
Dopo le fiere, grazie a San Settì,
Jesi... se rtrôa tutta ’ngiojellada!

Marco Bordini

 
 
 

Uno pe' sera (20)

Post n°3168 pubblicato il 24 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961, pag. 20.

Pag. 20

Ar seconno sgrullone
la cicala penzò: - Che monno infame! ...
Si nun me dò da fa' cor formicone,
qui se more de fame! -

Quanno la verità la dichi in faccia,
passi pe' 'na linguaccia.

L'amore è come er vino:
assaggene un tantino,
poi vedi si te pija
la voja d'attaccatte a la bottija!

La donna, come l'onna, se la spassa
a fatte arivà in celo, e poi te lassa.

 
 
 

La Pattuja (4-6)

Post n°3167 pubblicato il 23 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

La Pattuja

IV.

La pattuja sortì! 'St'eroi guidati
da un còre generoso e da un destino
ispezionò que' li reticolati
composti da paletti e filo spino.

Dar nemico veniveno lanciati
li razzi, che cascaveno vicino
a que' l'eroi, che come pietrizzati
giraveno lo sguardo 'gni tantino.

Durante que' la luce artificiale
Fulvio Cipriani aveva visto tutto,
portanno a fine un compito speciale.

Ma ne' ritorno, pe' combinazione
er nemmico sparò, portanno un lutto
ne la brava pattuja d'ispezione!

V.

Ta-pum, ta-pum, ta-pum (1), co' 'sto rumore
s'intese echeggià 'n'urlo maledetto,
Fulvio Cipriani fu corpito in petto,
un centimetro propio sotto er còre!

Mamma! ... strillò, che strazio, che dolore
dovè morì lontano da que' letto!
Spirerò tra la quiete d'un boschetto,
senza 'n'abbraccio, 'na parola, un fiore!

Pe' due o tre vorte richiamò un compagno,
che striscianno per tera piano piano
arivò fino 'ndo' partiva er lagno.

Fulvio je disse co' 'na voce fioca:
ariva  lì, dar nostro capitano ...
... o Dio, sento un so che ... che me soffoca!

Nota: (1) Scoppio di pallottola autriaca.

VI.

Dije che a destra, in mezzo a que' le piante ...
dove ce sta ... er passaggio ... 'gni mattina ...
ce se trova ... niscosta .. 'na dollina ...
che de ... mitrajatrice ... ce n'ha ... tante ...

De dietro a la ... trincera ... a 'na decina ...
de metri ... ce sta ... un ... lancia asfis...siante!...
E poi cascò! ... cascò co' que' la brina,
su que' l'erba odorosa e verdeggiante!

Ricordeje ... de mam...ma! ... Solamente
queste parole pronunziò quer forte
ner mentre se spegneva dorcemente!

Er vento intanto de que' la nottata
straportava er dolore co' la morte
su que' la roccia tutta insanguinata!

Peppino Nunzi
Dvor (Plezzo), 25 aprile 1917
Da: Ricordi de guera - versi in dialetto romanesco, Roma, Tip. Coop. Sociale, 1918, pag. 10, 11, 12

(segue)

 
 
 

Autunno

Post n°3166 pubblicato il 22 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 

Autunno

Indove ve n'annate,
povere foje gialle,
come tante farfalle spensierate?
Venite da lontano o da vicino?
da un bosco o da un giardino?
E nun sentite la malinconia
der vento stesso che ve porta via?
Io v'ho rivisto spesso
su la piazzetta avanti a casa mia,
quanno giocate e ve correte appresso
fra l'antra porcheria de la città,
e ballate er rondò co' la monnezza
com'usa ne la bona società.

Jeri, presempio, quanti mulinelli
ch'avete fatto in termine d'un'ora
assieme a un rotoletto de capelli!
Èreno forse quelli
ch'ogni matina butta una signora...
Je cascheno, così, come le foje,
e, come (1) a voi, nessuno l'ariccoje
manco in memoria de li tempi belli!

Forse quarche matina,
fra l'antre cose che ve porta er vento,
troverete le lettere amorose
che me scriveva quela signorina,
quela che m'ha mancato ar giuramento.
L'ho rilette e baciate infìno a jeri:
oggi, però, le straccio volentieri
e ve le butto... Bon divertimento!

Nota:
1 Come accade.

Trilussa

 
 
 

La Pattuja

Post n°3165 pubblicato il 22 Settembre 2016 da valerio.sampieri
 
Foto di valerio.sampieri

La Pattuja

I.

Er capitano fece entrà in baracca
li quattro comannanti de protoni
e lesse co' 'na voce fiacca fiacca
l'ordine che arivò a li battajoni.

Poi disse: Scejerete sei campioni;
s'intenne che nun ci'abbino la cacca ...
e tutti quanti insieme, appena spacca
'n'ora, usciranno da 'ste posizioni.

La pattuja dovrà rientrà in orario,
e sarà comannata, ben'inteso
se c'è, da un caporale volontario.

Ar caporale, pe' riconoscenza
de 'sto servizio, si ritorna illeso
ce stanno dieci giorni de licenza.

II.

Cipriani, que' la faccia assai serena
se presentò co' tanta indifferenza
dar capitano, ar quale dette piena
prova d'avè coraggio e inteligenza.

Fece: Lo fo pe' mamma, 'sta sirena,
arischierò la vita, 'mbe' pazienza!
o che io arivo a scioje 'sta catena
o spezzerò pe' sempre 'st'esistenza!

La vojo ribacià, risentì sbatte
quer core suo, e riabbraccià quer petto
'ndo' presi er primo friccico de latte.

E prese la consegna der momento;
er capitano suo j'aveva detto:
ispezioni, evità combattimento.

III.

Ci'ammancava mezz'ora e poi sortiva!
Quer core de leone già sognava
mamma sua bella, mamma che j'apriva
le braccia e che più vorte lo baciava!

Arivedeva un treno che sbuffava,
la campagna odorosa che fioriva,
la contadina bella che cantava,
er fiume che 'gni tanto j'appariva!

Nu se credeva più de sta in caverna,
co' l'occhi de la mente arivedeva
li primi lumi de la Roma eterna.

Rivedeva la casa sua adorata
che in mezzo a tante e tante arisprenneva,
battuta da la luna inargentata.

Peppino Nunzi
Dvor (Plezzo), 25 aprile 1917
Da: Ricordi de guera - versi in dialetto romanesco, Roma, Tip. Coop. Sociale, 1918, pag. 7, 8, 9

Nota [VS]:
Friccico, oltre che brivido, fremito piacevole [Roberti - Sntì come un friccico ar core], vuol dire anche, come in questo caso, briciolo, piccola quantità [Zanazzo - Nun cià da esse un friccico de svago].

Il volumetto di Peppino Nunzi è di 38 pagine contenenti 32 poesie; quelli qui sopra riportati sono i primi tre della serie iniziale di dieci sonetti, intitolata "La Pattuja.

 
 
 

Uno pe' sera (19)

Post n°3164 pubblicato il 22 Settembre 2016 da valerio.sampieri

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961, pag. 19.

Pag. 19

La donna, tal'e quale a la sarciccia,
è bona si cià er pepe ne la ciccia.

Dice che, pe' varcà Cinecittà,
ce vo' la chiave che te faccia entrà;
ma si nun sciacqua ne la seratura,
er produttore mica te scrittura! ...

La zitellona, quanno pìa 'na cotta,
diventa peggio assai de 'na mignotta.

Li libbri più vennuti?
Parleno de puttane e de cornuti.

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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