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Giancarlo Fabbri giornalista freelance
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Messaggi del 10/03/2018
San Lazzaro (Bologna)
Carta canta? Mica sempre! Tra i tanti misteri della Croara di San Lazzaro, dimezzata da una cartellonistica incongruente e infelice, ne è un esempio la via fantasma Plabusa, Una strada che c’è, negli stradari comunali, ma che non esiste se mera (anonima) appendice di via Croara che si trova di fronte al deposito dell’acquedotto. E a pochi metri dal cartello a valle dell’indicazione della località sanlazzarese che dovrebbe terminare al confine con il Comune di Pianoro (dove diventa via Ca’ Bianca) accanto al Monte Croara. Ma non è così con la frazione dimezzata, senza un perché, lasciando fuori anche l’antica chiesa parrocchiale dell’ex abbazia di Santa Cecilia della Croara. Ma questa è un’altra storia che racconteremo in seguito.
Come accennato in precedenza via Plabusa, bene indicata nel riquadro F/8 dello stradario comunale, è una via fantasma che non ha nemmeno una sua numerazione civica. Partendo da via Croara la cosiddetta via Plabusa a destra ha i numeri civici (solitamente pari) 7/A, 7/A1 e 7/B; a sinistra solo il civico 7/1. In concreto in questa appendice asfaltata di nemmeno cento metri prosegue la numerazione di via Croara. Infatti giunti al termine dell’asfalto la strada è sbarrata da una catena; poi prosegue con un sentiero sterrato che giunge fino al rio La Valletta dove sull’altra sponda, appena un po’ più a valle, c’è Casa Pebusa. L’assonanza dei due nomi lascia pensare che un tempo esistesse una strada bianca, o comunque una carraia, che congiungesse via Croara con via Martiri di Pizzocalvo tra Pontebuco e il Villaggio Martino. Ma saranno più di cent’anni che tale collegamento non esiste più se non sulla carta dello stradario comunale; e non se n’è accorto nessuno.
Per la storia di fronte all’inesistente via Plabusa, dove oggi c’è la cisterna deposito dell’acquedotto, prima delle distruzioni causate dalla seconda guerra mondiale, c’era la grande Villa Pallavicini, dove per alcune estati fu signorile luogo di vacanza del marchesino ferrarese, ma svogliato studente universitario a Bologna, Luigi Filippo Tibertelli molto più noto nel mondo come Filippo De Pisis, che qui scrisse le liriche raccolte nel 1916 nel libro “I canti della Croara”. E qui una delle sue liriche riportate dal compianto Werther Romani nel libro “San Lazzaro di Savena, la storia, l’ambiente, la cultura”.
«Oh dolci colline solate o ville o campi o alberi di fico, di melo, di pesco, d’alloro, o quercie, grandi, forti, ramose e verdi, o cipressi, verdi nel sole, neri sul cielo di contro alle stelle, o canti di grilli fortissimi a sera, o voci remote d’acqua che mormora e scende: cavedagne, cieli azzurri, tramonti, strade brillanti come diamanti dopo la pioggia per la polvere de la selenite, valli verdi e boschi e fiori e voci, addio: addio per ora o per sempre, non so».
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Inviato da: cassetta2
il 29/06/2023 alle 18:20
Inviato da: RavvedutiIn2
il 04/11/2019 alle 20:39
Inviato da: bettubettu
il 11/03/2019 alle 18:39
Inviato da: gesu_risortoannunz1
il 20/04/2016 alle 18:46
Inviato da: carlamieir19
il 10/04/2016 alle 20:47