Messaggi di Luglio 2012
Post n°415 pubblicato il 21 Luglio 2012 da das.silvia
ora che i voli più reconditi si posano sul trepidante sfiorarmi Silvia De Angelis tutti i diritti riservati febbraio 2011 |
Post n°414 pubblicato il 21 Luglio 2012 da das.silvia
I capelli scarmigliati; la voce roca, dal timbro inconfondibile; lo sguardo insieme languido e penetrante, sempre vivace, prensile, sottolineato dalla grossa riga di matita, da una passata energica di mascara, agli inizi dalle ciglia finte , poi da ombretti fumosi e polverosi dietro gli occhiali; in fine gli abiti, invariabilmente con qualcosa, anche solo un piccolo dettaglio, non esattamente a posto. Monica Vitti, diva riluttante, lontana mille miglia dallo stereotipo della star, e in particolare dal cliché pneumatico e voluttuoso della stella italica – quella genìa nazionalpopolare di matrone carnali e seducenti, intoccabili sul loro piedistallo, cementate nell'immaginario collettivo in un impasto di glamour e polvere di stelle, che dalla Lollo e dalla Loren arriva, ridotta a formula, al burro gallico della Bellucci – è l'epitome dell'antidiva. Quel prefisso "anti" lei lo ha fatto suo, con naturalezza e senza fanfara, assai prima che opporsi diventasse l'ennesima posa studiata a tavolino da publicist, per le case di produzione. Essere attrice ed essere donna non sono mai state qualità, men che meno attività, antitetiche per questa romana nata nel 1931 sotto il segno dello scorpione, fosca e complessa, solare e sensuale: Maria Luisa Ceciarelli – questo il nome all'anagrafe – ha regalato tutte la propria verve, la propria carnalità, ma anche i propri difetti – umani, troppo umani – e le proprie nevrosi a Monica Vitti, creando una icona sfaccettata e raggiungibile, perfettamente imperfetta perché, fuori dallo schermo, la perfezione è solo una opprimente utopia, un ideale paralizzante. Lontano dai vitinidi vespa, dalle tette generose, dalle mise infiocchettate nelle torri d'avorio degli atelier di Piazza di Spagna, la Vitti ha portato un soffio di realtà nell'Olimpo della settima arte, sparigliando le carte. Non ultime, quelle dello stile. Non a caso, ci fu molto invidiata, all'estero, negli anni Sessanta dei primi dubbi e delle prime crepe che incrinavano il sogno del boom a colpi di incomunicabilità ed esistenzialismi, diventando una icona di italianità nuova. Con la stessa leggerezza che le ha consentito di passare dalle parti tormentate e problematiche nei film di Michelangelo Antonioni – memorabile la Giuliana di Deserto Rosso, nevrotica fino al midollo, dai capelli mogano al golfino nero – al ruolo di mattatrice della commedia all'italiana, la Vitti ha attraversato mode e modi portandosi dietro un'aura tutta sua: il glamour del tinello, la capacità leggiadra di apparir domestica anche nelle mise e nelle situazioni più splendenti. Una qualità concessa a poche, che le dive di oggi, sempre in posa, sconoscono del tutto. Mai in posa, invece, la Vitti ha sempre conservato la sciatteria garbata e travolgente della donna che non spende troppo tempo davanti allo specchio, che non si mira e rimira cesellando la propria beltà, ma che semplicemente vive, accettando errori, falli, capitomboli come parte del processo; come elemento eccitante, mai sminuente, del gioco delle parti. Sarà forse per quei capelli ribelli, proprio incapaci di stare a posto, o per quella maniera svagata di portare le collane di turchesi e gli orecchini di corallo con le bluse di seta e le giacche maschili; sarà per le sue gonne al ginocchio, di quella lunghezza infingarda che fa sempre scappar fuori un lembo di sottoveste; sarà, soprattutto, per quella sana e rara capacità di non prendersi affatto sul serio. (WEB)
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Post n°413 pubblicato il 20 Luglio 2012 da das.silvia
In quei rauchi sibili frammentati evanescenti nelle anse del pensiero riemerge forte l’aspirazione quasi a un indennizzo sulle filigrane di chiglie saccheggiate ove pastelli ridestati diano colore alla coscienza immalinconita Si imbibisce di lucidità l’iride nell’attesa dello schiudersi d’esilaranti dettagli in quel colare avvincenti vernici sui polpastrelli Carezzano un suadente amplesso di docili onde rincorrenti in quel bisbiglio che si fa verbo forte nel brivido sfiorato Silvia De Angelis tutti i diritti riservati |
Post n°412 pubblicato il 20 Luglio 2012 da das.silvia
Come tutte le stelle, anche il Sole è destinato a spegnersi quando terminerà il suo ciclo evolutivo, tra circa 5 miliardi di anni. Il Sole appartiene alle stelle della “sequenza principale”, cioè quelle stelle che sono fatte prevalentemente di idrogeno e bruciano grazie alla reazione di fusione nucleare che partendo dall’idrogeno produce elio. Il tempo necessario per stelle di massa pari a quella del Sole, circa 333 mila volte la massa della Terra, per uscire dalla sequenza principale è circa 10 miliardi di anni. Poiché il Sole si è formato circa 5 miliardi di anni fa, continuerà a esistere ancora per un tempo almeno altrettanto lungo. Quando una stella esce dalla sequenza principale, nel suo nucleo, ormai privo di idrogeno, cominciano ad avvenire nuove reazioni di fusione che usano l’elio come combustibile. Questa fase ha inizio con il cosiddetto brillamento dell’elio durante il quale si ha una perdita di circa il 30 per cento della massa. La stella comincia poi ad aumentare notevolmente di dimensioni trasformandosi progressivamente in una “gigante rossa”: poco densa ma più grande di tutto il sistema solare. Quando anche l’elio sarà esaurito, il Sole terminerà la sua esistenza contraendosi e raffreddandosi fino a diventare una “nana bianca”: cioè una stella molto densa e poco luminosa, dalle dimensioni inferiori a quelle della Terra. (W E B) |
Post n°411 pubblicato il 19 Luglio 2012 da das.silvia
Nella galassia sparuta traggo il solco indeciso dedito intravedere squarci d’intensa linearità Mi sorprendi tu nell’intuizione di un fremito sanguigno volto scomporre gravide impronte di disamore Si dilegua l’assillo di memorie nella proiezione di un cantico che scolpisce emozioni Interrompe dense quote di silenzio in uno squarcio d’impeto su fragili tempie mentre il ciacolare di sensi inclina la schiena su dolce deriva…. Silvia De Angelis tutti i diritti riservati luglio 2012
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Post n°410 pubblicato il 19 Luglio 2012 da das.silvia
Spesso sono definiti empirici ma dovrebbero essere definiti "pratici": sono metodi che classificano fenomeni naturali senza strumenti ma basandosi sull'osservazione degli effetti. Tali metodi permettono di classificare e inquadrare rapidamente la rilevanza e la pericolosità di fenomeni quali ad esempio i terremoti valutando ciò che accade intorno. Questi metodi sono sufficientemente precisi se l'osservatore è in grado di stimare correttamente quanto vede evitando valutazioni soggettive ed emozionali e permettono di valutare e comunicare ad altri rapidamente l'intensità di un fenomeno senza l'ausilio di strumenti quasi sempre indisponibili. Ne sono esempi la scala Mercalli per la valutazione dei terremoti e quella realizzata dall'ammiraglio Beaufort nel primo '800 per stimare le condizioni del vento e del mare. Come è noto sono le correnti marine a determinare i grandi spostamenti di massa nei mari, ma ai fini della navigazione è il vento e il moto ondoso superficiale da questi determinato ad essere rilevante. I due fenomeni sono talmente connessi che nell'uso comune si tende a confondere "forza del vento" e "forza del mare" identificandoli come un fenomeno unico: in effetti ai fini pratici è proprio così e fu proprio Beaufort a mettere in relazione in modo accurato le condizioni del mare con la velocità del vento. Naturalmente allora, in un epoca nella quale la navigazione a vela era fondamentale l'elemento vento era prioritario mentre oggi lo è di più la componente mare e anzi si tende ad inserire nella scala originaria elementi di valutazione terrestri ( W E B) |
Post n°409 pubblicato il 18 Luglio 2012 da das.silvia
frullano luci e ombre Silvia De Angelis tutti i diritti riservati aprile 2011 |
Post n°408 pubblicato il 18 Luglio 2012 da das.silvia
Il termine è improprio: dovremmo parlare di ruota ad acqua, o, con termini più moderni, di turbina ad acqua. Il dispositivo era noto già ai romani, che però incominciarono ad occuparsene solo nell’ultimo secolo dell’Impero, quando gli schiavi cominciavano a scarseggiare, essendo le guerre di conquista terminate da tempo. Era troppo tardi. Ma è facile arguire che, da quegli impareggiabili ingegneri che erano, i romani avrebbero di certo trovato il modo di impiegarla su vasta scala e di migliorarne sensibilmente l’uso, estenderne le applicazioni e aumentarne le prestazioni. Se ne persero le tracce per secoli. Poi, fra il X e l’XI secolo, riapparvero in Europa. In un censimento del 1086, nella sola Inghilterra si contarono oltre 5600 mulini ad acqua. Una cifra impressionante, vista la perifericità del paese e l’arretratezza rispetto ad altre regioni continentali. Per la prima volta, e su larga scala, si sostituiva, sulla terraferma, alla forza animale e umana, una fonte di energia molto maggiore e per giunta “rinnovabile”. Fonte che si presentava disponibile su una scala relativamente ampia, e, quel che più conta, piuttosto stabile dal punto di vista della potenza utilizzabile. Ancor più impressionante fu l’avanzamento “tecnologico”, anche in settori collegati. Furono costruite le prime dighe, per rendere regolare il flusso d’acqua, e dunque regolare la produzione associata, e calcolabili i suoi costi. Furono costruiti mulini con due, tre, o più, “stadi”. Cioè ruote in linea che continuavano ad usare la forza residua dell’acqua. Un’invenzione fu, però, cruciale: la trasformazione del moto rotatorio della ruota in uno alternativo. Ciò rese possibile l’applicazione della potenza non solo alla macinazione del grano e degli altri cereali. Fu possibile avere martelli per forgiare il metallo (il fabbro meccanizzato). Stampi per le stoffe. Macchine che piegavano, arrotolavano e filavano sia metalli che vegetali. Macchine che mescolavano i malti per le birre. Macchine che permettevano di preparare la polpa per la fabbricazione della carta. Scoperta e fabbricata per mille e più anni a mano da arabi e cinesi, giunta in Europa la carta fu quasi da subito prodotta meccanicamente. Le basi per una supremazia europea, basata sulla “potenza” dell’acqua e dunque sul lavoro non animale, furono gettate tra l’anno 900 ed il 1400. La tecnologia non è solo invenzione: è, soprattutto, miglioramento continuo. Fare ciò che si faceva prima, certamente; ma più rapidamente, meglio, e a costi inferiori. (W E B)
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Post n°407 pubblicato il 17 Luglio 2012 da das.silvia
Dolci nevralgie d’amore insoluto lasciano sottintendere un’inedia svelata nell’inclinazione dell’anima intorpidita da un esile sussurro Indenne all’avvenenza di un’emozione si fa grande un gelido sentore lacerando ebbrezze d’ipotetico sentimento inarrivabile a un eccitante orgasmo della mente
Silvia De Angelis tutti i diritti riservati Luglio 2012
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Post n°406 pubblicato il 17 Luglio 2012 da das.silvia
L'invidia è un sentimento negativo (quello positivo è l'ammirazione) che si prova nei confronti di una o più persone che hanno qualcosa che noi non possediamo (in quanto sentimento negativo tendiamo quindi a portarle, momentaneamente o stabilmente nel nostro mondo dell'odio). Può essere diretta (quando si vorrebbe ciò che l'altro ha) oppure indiretta (quando si desidera che l'altro perda ciò che ha).
alla superbia, in quanto un soggetto invidioso può essere anche superbo, quando in lui la personalità violenta non è ben controllata e si verificano situazioni in cui è spesso vincente, cioè in cui arriva a possedere l'oggetto del desiderio. Se il soggetto ha una componente violenta bassa o comunque controllata, può alternare momenti di grande affabilità e disponibilità (quando il risultato gli è favorevole) a momenti di invidia che lui stesso comunque avverte come peggiorativi della qualità della sua vita.
si basi sui risultati (l'oggetto dell'invidia è sempre raggiunto o perso con un'azione propria o altrui), anziché provenire dal "dentro di sé". Non a caso l'invidioso tende a stilare classifiche, a vedersi in competizione. Anche di fronte a una persona eccezionale, il soggetto equilibrato non è invidioso per il semplice fatto che sa che dentro di sé ci sono qualità uniche, non confrontabili, né classificabili con altri, i suoi valori. Non è detto che nell'invidioso l'autostima sia bassa (come nel debole) e, a prescindere dal livello di essa, possono esserci ampi periodi di remissione dall'invidia se i risultati esistenzialmente interessanti per il soggetto sono positivi. La saltuarietà di comportamenti invidiosi può portare a credere che tutti possano essere soggetti a questo sentimento negativo, quando invece si rileva che chi ne è immune ha semplicemente un'autostima indipendente dal risultato. ( W E B)
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Post n°405 pubblicato il 16 Luglio 2012 da das.silvia
'sta casa che me so' costruita mattone su mattone Silvia De Angelis tutti i diritti riservati giugno 2011
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Post n°404 pubblicato il 16 Luglio 2012 da das.silvia
Turismo culturale, gli italiani riscoprono le bellezze di casa Veneto e Lazio le regioni più gettonate grazie al traino di Venezia e Roma. Il patrimonio culturale del Belpaese esercita da sempre una forte attrazione per i turisti stranieri, ma negli ultimi anni anche gli italiani stanno riscoprendo il le bellezze artistiche di casa, tanto che il turismo culturale interno ha registrato una crescita del 20% in soli due anni. Il dato proviene dall’Osservatorio CartOrange, che traccia una mappa delle regioni più amate dai turisti esteri e nostrani. Nel primo semestre del 2011, dei 15,6 milioni di italiani in viaggio il 38,6% ha scelto località di interesse storico-artistico, sia interne che estere, mentre nelle città d’arte italiane il 60,2% delle presenze nel periodo più caldo, ossia tra luglio e settembre, è italiano, e il 39,8% straniero. I “turisti culturali” italiani preferiscono il Veneto (16,5% delle presenze nel 2010), seguito a poca distanza da Lazio (15,8%) e Toscana (15,2). Degli stranieri, invece, uno su tre sceglie il Lazio, uno su quattro il Veneto e il 17% punta sulla Toscana. Molto amata, soprattutto dagli italiani, anche l’Emilia Romagna, che prima del terremoto si collocava al quarto posto con il 14% per gli italiani e al quinto (4,3%) per gli stranieri. Le destinazioni più gettonate sono quelle “classiche”, con Roma e Venezia in testa, spiega Gianpaolo Romano, amministratore delegato di CartOrange. “Quello che sta cambiando nel settore è proprio il modo di viaggiare: il turista culturale non vuole più visitare tutto quello che c’è da vedere – dice Romano – ma è più selettivo e preferisce un approccio più slow. Si focalizza solo su quello che gli interessa davvero, magari anche in una destinazione già nota, ma intende capirla e contestualizzarla”. Nel complesso, osserva ancora Romano, il turismo culturale negli ultimi 10 anni è quello che è cresciuto più di tutte le altre tipologie. Nelle località di interesse storico e artistico, infatti, le presenze italiane sono aumentate del 17% e quelle straniere del 54%. (W E B)
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Post n°403 pubblicato il 15 Luglio 2012 da das.silvia
Nell’occhio ponderato all’avvento di maestrie calpestate nel tempo s’inebria una rara lucentezza distante da un silenzioso eremo Si appropria di spazi invisibili dispersi nel gioco sottomuro temprato da velate certezze consapevoli d’un giro d’emisfero tratto in inganno dal baciarsi del sole mentre scavalca eterei fiordi di luna Silvia De Angelis tutti i diritti riservati luglio 2012
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Post n°402 pubblicato il 15 Luglio 2012 da das.silvia
Per coloro che nutrono ancora dubbi sull’esistenza degli extraterrestri, sarebbe oltremodo produttivo consultare le dichiarazioni fatte in un simposio della NASA in cui hanno partecipato sia Neil Armstrong sia Edwin "Buzz" Aldrin, in qualità di ex astronauti dell’Apollo 11.
canale preferenziale, ma ugualmente captate da un radioamatore statunitense, Armstrong disse a chiare note che non poteva entrare nei dettagli su quanto successe in quello storico giorno del 21 Luglio 1969. Egli chiamò gli enormi dischi volanti con il nome in codice di "babies", e confermò che le due navi extraterrestri erano enormemente superiori sia per dimensioni sia per tecnologia. Egli ha detto esattamente: "Ragazzo, erano grandi e minaccianti!".
per non creare panico sulla Terra. L’interlocutore, un professore che non ha voluto rivelare il suo nome, gli fece altre domande piccanti. Armstrong confermò che la storia era vera e disse di nuovo che non poteva assolutamente rivelare altri particolari, poiché la CIA aveva già messo tutto nel più assoluto silenzio. Il dialogo, del resto, è anche qui su Nonsoloufo. Fatta questa precisazione, affrontiamo il discorso della conquista lunare dall’altra parte. Ci sono stati dei messaggi chiari ed evidenti, i quali sono finiti pure nelle mani dei dirigenti NASA dell’epoca e non solo, fatti recapitare dal contattista Eugenio Siragusa ai vari responsabili proprio nel periodo cruciale delle missioni lunari.
necessario sapere come, ma è vero, che qualcuno ha visto e visitato le meraviglie di una tecnica e di una scienza superiore ad ogni immaginazione fantascientifica umana. Ritengo che non sia facile , nemmeno per le menti più evolute della terrena scienza, immaginare le strutture su cui poggia la fantastica opera che solo una mente divina può edificare. Le opere più moderne e tecnicamente più progredite della scienza terrestre, sono, nei loro confronti, insignificanti espressioni di una mente preistorica. Se è vero che gli astronauti terrestri sarebbero destinati a visitare, dico visitare, il satellite del pianeta che abitano, credo fermamente che rimarrebbero incapaci di superare, psicologicamente, il trauma di quanto sarebbero costretti a costatare. Se tale ambita meta sarà concessa agli uomini di questo mondo, e se potranno raccontare quello che i loro occhi potranno vedere, l’umanità dovrà ricredersi in tantissime cose: dovrà disimparare tantissime concezioni sino ad oggi operanti alla base della loro esistenza, dovrà riconoscere quella che realmente è stata e sarà. Dovrà, infine, imparare ad essere una microscopica parte operante di una infinita, grande famiglia abitante il Cosmo. Ma è ancora vero che l’umanità dovrà necessariamente conquistare una verità se vuole rientrare nel consesso di questa grande e pacifica famiglia cosmica: una verità che è stata illuminata, divulgata, ma purtroppo erroneamente interpretata e resa malamente operante. Ancora la maggior parte degli uomini ignora la realtà che li sovrasta e crede a quello che ha toccato con le proprie mani e ha visto con i propri occhi. Ma sono certo che il giorno si approssima e gli eventi, che vi forniranno tangibile prova di quello che non avete voluto mai credere, sono pronti a mostrarsi con tutta la loro titanica potenza celeste. Sul satellite della Terra, vi è ancora la stessa forza che edificò gli eventi del grande passato: vi è la Milizia di Dio, pronta a manifestare il suo volere ed i suoi disegni. Non sono spirit i folletti o quant’altro si possa di simile credere: sono creature viventi, animate da un solo e grande amore, di una sola e grande giustizia, da una sola e grande pace, da un solo e grande fraterno bene universale. Sono, nei confronti del Creatore, quello che gli uomini avrebbero dovuto essere e non sono: 'I Figli della sua Fiamma', l’espressione vivente della sua eterna saggezza, la potenza immortale della sua divina Intelligenza Cosmica. Sulla Luna, da 175.000 anni queste creature ci sono e ci rimarranno sino a quando gli uomini della Terra non si saranno per sempre risvegliati ne i valori immortali della loro vera origine. ( W E B) |
Post n°401 pubblicato il 14 Luglio 2012 da das.silvia
E’ quel volo per così dire “tarpato” da una friabile sfinitezza d’opinioni trasecolate nel raro palpito di luna morente Si dileguano oggettività di vita frementi disperse in un non senso stucchevole spronato da attese interrotte e il cadere di piogge gelate… mentre mi inarco alla ricerca di fessure violate da un vezzo d’ardore Silvia De Angelis tutti i diritti riservati luglio 2012 |
Post n°400 pubblicato il 14 Luglio 2012 da das.silvia
L’energia è una delle risorse più importanti dell'economia mondiale, indispensabile per garantire maggiori opportunità di sviluppo economico e sociale. Già oggi il consumo mondiale di energia, prodotta per l’80% da fonti fossili, la cui combustione genera anidride carbonica e altri gas a effetto serra, equivale a oltre 12 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente. La domanda è destinata a crescere, l’aumento stimato è del 40% in 20 anni, per l’incremento della popolazione e dei processi di industrializzazione, soprattutto nei Paesi emergenti. Per quanto riguarda più specificamente l’energia elettrica, il tasso di crescita annuo della domanda fino al 2030 è del 2,5%, per arrivare a un aumento della capacità totale di 4800 GW cioè quasi cinque volte la capacità attuale negli USA. Le sfide sono quindi molteplici: rispondere a una domanda di elettricità importante e contemporaneamente fronteggiare l’esaurimento delle risorse fossili e implementare misure per contrastare il cambiamento climatico. Per raggiungere questi obiettivi è certamente necessario economizzare l’energia elettrica, sviluppare sistemi di cattura e sequestro di anidride carbonica e utilizzare al massimo le fonti rinnovabili,. Ma nessuna fonte, rinnovabili incluse, basta da sola a coprire la domanda di elettricità. La risposta più efficace è quindi un mix di generazione equilibrato che includa fonti fossili, rinnovabili e nucleare. Il nucleare infatti assicura una produzione di elettricità stabile e permette di ridurre le emissioni di anidride carbonica: in un anno una centrale nucleare può far risparmiare emissioni pari a 9 milioni di tonnellate di anidride carbonica. E’ come togliere dalle strade 4 milioni e mezzo di automobili. (W E B)
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Post n°399 pubblicato il 13 Luglio 2012 da das.silvia
Nel tuo approssimativo dedalo che schiude mani indecise alla gestualità avvolgente saggi d’amore ho tracciato illogico cammino sfiorando con la punta dei piedi tratti emotivi della tua persona Sa dilatare strati di neve convogliando enfasi d’imprendibile ardore ed io come foglia accartocciata riprendo a respirare nell’eco di un tuo sussurro…
Silvia De Angelis tutti i diritti riservati luglio 2012
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Post n°398 pubblicato il 13 Luglio 2012 da das.silvia
Il fascino di Bonaparte, gran seduttore d' intellettuali " camaleonti" - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Due quadri tra i tantissimi altri hanno la forza di rappresentare . e dimostrare . quel che realmente fu Napoleone Bonaparte, l' immenso potere e la incommensurabile popolarita' che ebbe durante il suo breve dominio sulla Francia e sull' Europa. Uno e' quello in cui Jacques Louis David, nel 1812, lo ritrae in piedi nel suo studio; l' altro e' quello in cui Jean Auguste Dominique Ingres lo immortala assiso sul trono d' imperatore, nel 1806. Nel primo, il Grande Comunicatore usa tutti i mezzi per mostrare ai sudditi quel che loro da lui si aspettano. "Mentre voi dormite tranquilli", sembra dire l' imperatore, "io vigilo, sono qui a lavorare, a pensare alla mia e alla vostra grandezza": Napoleone e' , infatti, nel suo studio quando l' orologio dietro di lui segna le 4 e 13 minuti (e non del pomeriggio, si badi bene, ma del mattino, prova ne sia la candela accesa a rischiarare le carte dell' Insonne). Nel secondo, c' e' il fasto che si addice a un dio terreno, il cui sguardo esprime indicibile serenita' e, insieme, indomabile volonta' , irraggiungibile potenza. La grandeur bonapartista e' qualcosa di unico, e' la parossistica celebrazione di un mito che, nella Francia del primo Ottocento, su tutto ha impresso la "N" di Napoleone. Dall' urbanistica all' architettura, dalla pittura alla scultura, dalla moda al designer, dall' oggettistica all' editoria, come ben sanno i collezionisti di cose napoleoniche. Tutto doveva servire ad alimentare il mito del Grande Conquistatore, dispensatore di una civilta' nuova, leggi nuove, una nuova politica. Per raggiungere lo scopo, Napoleone studio' con profitto da massmediologo, mettendo in moto una macchina del consenso che ancor oggi stupisce. In questo seppe servirsi degli intellettuali, degli influenti figli della Rivoluzione, i quali finirono con l' appoggiarlo (per poi farne le spese, in molti casi) nel suo disegno autoritario. (W E B) |
Post n°397 pubblicato il 12 Luglio 2012 da das.silvia
rintocca dolcemente il rumore dei tuoi passi avanzano nella salita brulla del mio essere donna scivolano suoni stantii capaci sradicare vellutate egemonie d'un sentimento calpestato
aumenta di spessore il pensiero significato da solinghe sfumature d'inconscio traggono luci e ombre di corallo negli zigomi translucidi d'empatie
avanza la coscienza nella strada bianca senza suoni nel contrasto arido del cemento attanaglia sintonie sbiadite barattano intenzioni taciute diseredate da ragioni sciolte nel solco d'una ruga... capace incatenare l'anima al tempo
Silvia De Angelis tutti i diritti riservati |
Post n°396 pubblicato il 12 Luglio 2012 da das.silvia
La pesca di frodo e la pirateria ittica rappresentano da anni un business plurimiliardario che sta distruggendo i mari del globo. Secondo la stima di David Agnew, responsabile della ricerca ittica all’Imperial College di Londra, il volume complessivo mondiale della pesca di frodo va dai due ai quindici miliardi di dollari. Alcuni dei pesci “rubati” dai mari possono avere un valore commerciale che arriva a toccare cifre altissime: il tonno blu, ad esempio, può costare anche 50.000 euro. Il rischio più grave che si corre è quello della completa estinzione di alcune razze, tra cui – solo per fare un esempio - il merluzzo della Patagonia. Il cuore di queste attività illecite è Las Palmas de Gran Canaria (Isole Canarie) dove passa quasi tutto il pesce di frodo che arriva nel continente europeo: centinaia di migliaia di tonnellate all’anno che si disperdono successivamente su troppe rotte di contrabbando per essere rintracciate. Secondo gli esperti questa tipologia di criminali, i “pirati globalizzati” del pesce, è una conseguenza dello smaltimento del comunismo sovietico. Lo sfruttamento ebbe inizio negli anni ’50 con la costruzione delle flotte di pescherecci sovietiche; negli anni ’70, arrivarono quelle giapponesi, dei paesi europei e degli Stai Uniti. È con la caduta del sistema sovietico però che il fenomeno diventa mondiale, quando la criminalità organizzata si impossessa della flotta mercantile dell’URSS. Quelle stesse flotte hanno già distrutto il Mar Baltico. (W E B) |
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