Creato da MuseoDeiRicordi il 25/05/2005
L'età favolosa dell'infanzia, la scoperta del mondo...quando le cose, le parole i gesti non erano tutti uguali...I ricordi dei blogger

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mamma nunzia

Post n°55 pubblicato il 10 Gennaio 2006 da MuseoDeiRicordi

Una delle sorelle di mia madre abitava con mia nonna, vicino casa nostra. Non era sposata allora, e noi eravamo la sua famiglia. La chiamavo mamma Nunzia, per tutto l’amore che sentivo nei suoi abbracci e per quei sorrisi complici che sfoderava per coprire qualche marachella. Era una zia molto speciale, lo è tuttora, quando arriva con la borsa piena di regali per le mie bambine e mi bacia chiamandomi "gioia".

I suoi occhi verdi diffondevano allegria e s’inondavano di lacrime ad ogni mia lacrima e di tenerezza ad ogni mio sorriso. Tutti i giorni veniva a casa ad aiutare mamma con noi bambini ed io l’aspettavo come si aspetta un giorno di festa.

Non sapeva nuotare zia Nunzia, e paradossalmente quando andavamo al mare io mi attaccavo a lei perché mi sentivo al sicuro. Ci rotolavamo sulla battigia e ridevamo per ore. Sono cresciuta tenendola per mano e seguendola ovunque. Quando si presentò a mia nonna l’uomo che sarebbe diventato il marito della zia e quindi mio zio, provai come un morso allo stomaco. Non era solo gelosia, ma un cambiamento radicale, uno stravolgimento delle mie certezze, dei miei punti di riferimento. Mi ci volle un po’ per accettare la sua scelta e considerarla legittima.

Si sposò in un giorno di piena estate nel santuario di Tindari. Ricordo ancora il suo abito da sposa e il mio vestito blu e bianco a piccoli fiori. Ero in quell’età particolare che precede l’adolescenza. Né grande né piccola. Sensibile a tutto quello che mi accadeva intorno, come un’unica ferita aperta che bruciava al solo passaggio dell’aria. Guardavo quella sposa in uno stato misto all’adorazione e al rifiuto. Non riuscivo ad immaginare come sarebbe stata la mia vita da quell’istante in poi.

La madonna nera del Tindari mi colpì moltissimo, come la storia del miracolo per il quale era stato costruito il santuario. Una donna, vedendo il viso della madonna e del bambino che portava in braccio aveva proferito parole di disprezzo per il colore della sua pelle. Allora un’onda enorme aveva inghiottito il suo bimbo che giocava ignaro sulla spiaggia. Alle suppliche della madre pentita e straziata dalla perdita del figlio, la madonna rispose con un miracolo, prosciugando una lingua di terra e restituendo il bambino sano e salvo.

I toni di quella storia che mia zia mi aveva raccontato m’inquietarono e mi riempirono di domande. Una madonna dispettosa, vendicativa…non è possibile. Al catechismo avevo studiato che la madonna è la mamma di Gesù. Una mamma. Come poteva una mamma essere così spietata? Il giorno delle nozze di mia zia fui tormentata da questo dubbio, la cui eco si sovrapponeva alla gelosia e al senso di perdita nel vedere "mamma Nunzia" in abito bianco. E alla fine della festa mi avvicinai timidamente a quella sposa raggiante, che probabilmente non indovinava i miei pensieri, e le chiesi se sarebbe tornata a casa con noi. Lei mi guardò intenerita e abbracciandomi mi spiegò che adesso aveva un compagno e che sarebbe rimasta con lui; che sarebbero partiti per la luna di miele dopo pochi giorni. Inaspettatamente il mio viso s’illuminò e saltellando felice le risposi "bene, quando partiamo?".

uforobot ,
sicilia anni 70

 
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Pupi di zuccaru

Post n°54 pubblicato il 02 Gennaio 2006 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi




Il 2 novembre in Sicilia non è la Commemorazione dei defunti , da noi e' "La Festa dei Morti".....
E tutti i siciliani verso il finire di ottobre , si preparano a festeggiare i cari defunti. I genitori fanno credere ai loro bambini , che se sono stati bravi riceveranno dei doni.

E' una usanza strana assai , da ogni parte del mondo i regali arrivano da ogni parte , ma , non certo dai morti.... ma e' poi cosi' strano ?.

E quindi tutti i bambini, io le mie due sorelle e mio fratello compresi, attendevamo quel giorno, eh si, perche da noi non arrivava mai Papa' Natale, a volte la befana. Ma loro, i morti, portavano sempre dei doni.

La mattina del due, era sempre un fermento e sul tavolo grande, trovavamo sempre cose tipiche di quella festa.

Una in particolare..: "LI PUPI DI ZUCCARU", c'erano poi frutta martorana e i TOTO' che altro non erano che dei biscotti a forma di ossa.
Capitava a volte, che i cari morti, si divertivano a nascondere altri regali, in genere vestiti e scarpe, e noi dovevamo andare a cercarli nei posti piu' assurdi.
Essendo in quattro fratelli il fermento era tanto e cosi' aveva inizio la "caccia al tesoro", non senza aver recitato prima queste parole....."Armi santi, armi santi,Iu sugnu unu e vùàtri síti tanti: Mentri sugnu 'ntra stu munnu di guai Cosi di morti mittitimìnni assai."
Dopo aver trovato tutti i doni, si andava in cimitero per accendere un lumino di ringraziamento. Nessuno piangeva, perche' era una festa dedicata ai cari morti che venivano a trovarci.
Nei paesi venivano allestite delle fiere e le luminarie erano accese a festa.

Questo rito si rinnovava di anno in anno.




Parfumprive63

 
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Post N° 53

Post n°53 pubblicato il 27 Dicembre 2005 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi

La mia è una famiglia meridionale, la classica famiglia meridionale con tanti zii e tanti cugini. Il mio ricordo risale ad un natale di tanti anni fa, quando per la prima volta tutti i parenti siamo riusciti a ritrovarci insieme a festeggiare nella casa di mia zia.
C'erano i nonni, le sorelle anziane della nonna che non si erano mai sposate e poi una nuvola di cugini e cuginetti vari.
Quel Natale rappresenta la foto mentale che racchiude la mia infanzia. Ricordo tanti sorrisi e tanta voglia di giocare, ricordo una tombola in cui bisognava unire più scatole di gioco perchè non bastavano cartelle per tutti. E poi il primo distacco generazionale tra le zie anziane che volevano le cartelle a 25 lire e noi ragazzini che parlavamo già di cento lire, per poi arrivare al compromesso finale del costo della cartella a 50 lire. Soltanto dopo molti anni scoprìì che non sempre erano veri quei sorrisi, che c'erano liti in corso, nell'altra stanza, per chi aveva dovuto cucinare e ospitare i parenti, piccoli screzi tra fratelli sul modo di educare i figli e varie piccole questioni che fanno parte della vita normale di una famiglia. Nonostante ciò, è rimasto in me quel ricordo di un'infanzia perduta, quell'idea di famiglia, che mi ha sostenuto negli anni e a cui ogni tanto mi ispiro per superare le difficoltà e andare avanti

Natale 1980
Reggio Calabria
mrkrip

 
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Post n°52 pubblicato il 26 Dicembre 2005 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi

Ed è proprio a Natale che i ricordi la fanno da padrone…

La casa della bisnonna Carolina...casa grande con i camini accesi…in campagna…isolata…ma accogliente come i suoi sorrisi.

Noi bambini andavamo nella sala grande, dove solo gli uomini mangiavano… a nascondere le letterine di auguri e promesse sotto il piatto del bisnonno e l’attesa era sempre premiata dalle sue esclamazioni di sorpresa nello scoprirle, ma solo dopo aver mangiato tutti i tortellini...lui alzava il piatto…lo allungava alla nonna…rimaneva col piatto a mezz’aria ed usciva quel fischio che simulava la sorpresa…segnale che faceva riprendere i battiti ai nostri cuori…

Apriva una ad una le buste e le leggeva ad alta voce…poi ci abbracciava e ci donava la “sabadina” la stessa cifra a tutti, mai una lira di più o una di meno…

L’altro grande incanto era il presepe che occupava l’androne…ci passavo le ore a perdermi tra stradine e casupole …enorme ai miei occhi bambini…ricco…con tante parti in movimento…con le luci che simulavano il giorno e la notte…e la mia fantasia che animava tutti i personaggi e li muoveva e li faceva parlare…fino a che la nonna Carolina veniva e prendendomi per mano mi riportava a tavola a mangiare…

anni60
bassa modenese
wings.of.fire

 
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Post n°51 pubblicato il 15 Settembre 2005 da MuseoDeiRicordi

il battesimo delle bambole

nel palazzo molte cugine ... e alle bambole si davan nomi , si mimavan le feste dei grandi pei loro battesimo ... i litigi per la scelta dei nomi , a me piaceva daniela , per una stampa di daniele manin , e flora per la mia maestra ... i dolci , piccole frittelle fatte con i rimasugli della sfoglia dei dolci o dei ravioli , sempre ingrigite dalle nostre mani , le sedie in circolo con panni sullo schienale ... le bimbe composte , sedute su sedioline con le bambole sulle ginocchia , rassettavano la gonna e i capelli affettando i gesti e le movenze delle lor madri e le chiacchiere udite < signora , mi fa disperare...> < signora , non vuole mangiare mai...> ... la cerimonia dove io ero prete continuava tra chi porgeva il vassoio con le 'pastarelle' , le mie evoluzioni davanti alle sedie , il chiacchiericcio ...

occhiodivolpe , napoli fine anni '50

 
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              A V V I S O

Post n°50 pubblicato il 21 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

si chiude per ferie estive , si ritorna a settembre , vi avviseremo con una visitina ... intanto mandateci i vostri ricordi ... ciao ...

 
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AL CAMINO

Post n°49 pubblicato il 21 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi


quando non si giocava a carte di sera dopo cena ci si metteva intorno al camino , le due cassapanche ai lati e le sedie che chiudevano il quadrato , sul camino la panoplia e lo specchio ... io su una sediolina piccola e i grandi seduti che ascoltavano da uno di loro , a turno durante la serata , leggere qualcuno dei grandi romanzi dell '800 ... dickens , balzac , hugo ... le parole lette diventavan immagini , scene , che ancora barbagliano nel ricordo ... la serata fluiva nello scorrere lento delle trame , tra gli sguardi e qualche commento sommesso , fin che zia enza , una mia prozia , non cominciava a sciogliersi il ' tuppo' ...era il segno irrevocabile , muto e mai discusso della chiusura della serata ... le sedie si smuovevano , si chiudeva il libro col segno , si riprendeva la sera successiva ...

occhiodivolpe

cilento, fine anni '50

 
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LA SCORTA

Post n°48 pubblicato il 18 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

Agosto era sempre dedicato al mare, a casa dei nonni a Francavilla.. dove l’umido ti bagna i vestiti ed entra nelle ossa.
Abitavamo a quattro chilometri dalla base logistica del gruppo di amici… la compagnia si trovava allo stabilimento sotto casa dei nonni: Lido Nautica.
Frequentavo la compagnia di mia sorella, un gruppetto abbastanza eterogeneo: i ragazzi tutti più grandi di me di almeno 3 o 4 anni e le ragazze coetanee o più piccole. I componenti arrivavano da tutta la penisola… foggiani, romani, bresciani, aquilani, imolesi…
Ah… c’erano anche Claude e suo fratello Marc, due ragazzi francesi di madre italiana che riscuotevano discreto successo per il loro modo di fare molto poco “italiano”, ma anche per l’abbigliamento piuttosto “strano”.

Io, ragazzetto implume, studente delle scuole medie [in classe maschile fino alla 3° media], incominciavo ad adocchiare le prime ragazzine, le sorelle minori degli amici di mia sorella … quelli che continuavano a ronzarle attorno… ma a quell’età la regola è che le coetanee non ti si filano neanche di striscio.

La sera ero utilizzato di scorta… mia sorella più grande di 19 mesi aveva bisogno di un accompagnatore che vigilasse su di lei [e riferisse tutto a casa alla mamma!! ;)))], soprattutto durante le festicciole organizzate a turno dai maschietti per trovarsi la ragazzetta.

La festa partiva ed io non potevo che finire sul divano a guardarmi in giro mentre gli altri si davano da fare con in sottofondo strugentissimi lenti come “Time” degli Alan Parson Project, “Stairway to Heaven”, o “Nobody Home” e “Comfortably Numb” dei Pink Floyd…

Mi ricordo ancora Astryd, ragazzina bresciana, per cui avevo perso la testa… due occhini blu grandissimi. Il corpo era stupendo, ma quegli occhi così grandi ti colpivano, ti lasciavano senza parole… per fortuna c’era lei per ballare qualche lento… e che lento ragazzi!! Chissà cosa farà adesso…

Giorgino11
Francavilla al mare
Agosto 1979

 
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UN GIORNO CONFUSO

Post n°47 pubblicato il 16 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

Ricordo un giorno confuso... i miei genitori avevano mandato me e mia sorella a dormire da mia
zia...quella sera, in campagna..li vedevo agitati, erano tutti agitati...io non capivo molto bene,
potevo aver avuto 10 anni...la sera si chiuse nei volti preoccupati e dubbiosi dei componenti a
tavola.
Mi svegliarono presto, mio nonno era morto. Il mio unico nonno che abbia mai conosciuto.
Viveva a casa nostra da sempre, io ero nata con lui in casa e mi aveva accompagnato per tutti
quei pochi 10 anni. Ricordo la mattina quando trovavo in cucina la colazione pronta e quando,
tornando da scuola, mi aspettava alla fermata dell'autobus per riportarmi a casa.
E poi ricordo quanto ho pianto al suo funerale, abbracciai la bara in chiesa, mio padre mi dovette
prelevare con forza.
Ricordo mio nonno ed il suo sorriso. E non voglio dimenticarlo.

nonsonounasignora0

 
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LA VOLPE

Post n°46 pubblicato il 15 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi


Chissà perché tutti i cani rabbiosi della contrada venivano a crepare da noi. Nell'estate dell '88 la doppietta di mio padre lavorò a pieno regime. Lavorò a pieno regime anche mia madre. Quando un cane ammalato si busca una cartuccia in fronte il suo cranio si apre come un pacco delle Brigate Rosse e il suo contenuto arriva a distanze inimmaginabili. Il sangue infetto andava pur lavato via.

I cani ammazzati da mio padre non erano animali: erano simboli. Un cane randagio è una creatura che ha perso il suo scopo nella vita e non ha cosa più sensata da fare che andare a farsi sparare tra i filari di Sangiovese. Qualche anno dopo mio padre buttò giù i filari. I cani sparirono e cominciarono a venire i maiali.

Anche la volpe era un simbolo, ma un simbolo più cazzuto. Il fatto che se ne parlasse solo al singolare era indicativo. Già le dava una dignità diversa. Mio padre mi chiamò in disparte e fece cenno al campo del vicino. "La vedi ?" C'era solo il grano che s'alzava e s' abbassava lento come il petto d'un dormiente. Con una certa esitazione risposi di no. "Guarda". Raccolse un sasso e lo lanciò dritto in mezzo al grano. Mio padre era un eroe. Una bestiola fulva schizzò fuori dalle spighe. Come cacchio aveva fatto a vederla?

La volpe era la bestia stronza. Estranea ad ogni possibile legame civile, preoccupata soltanto dei suoi appetiti, col suo finissimo ingegno rivolto unicamente alla loro soddisfazione. La volpe non aveva padroni, come i cani randagi. Solo che lei se ne fregava e viveva felice. Non si poteva far ragionare la volpe: alla volpe si sparava e basta. Però non vidi mai mio padre pigliare la doppietta contro di lei. I cani invece crepavano come mosche. "Bisognerà sgozzare le galline", disse in ultimo.

ULFSTEINN
Puglia, anni '80

 
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UNA  ROSA

Post n°45 pubblicato il 14 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

... le trecce bionde , l’incarnato di miele, la strana ciocca nera tra i capelli, non so se fosse realmente bella... quando bambini siamo confusi sui nostri desideri ma sappiano bene cosa non volere ...

... lei era il mio amore infantile, intenso, ingenuo, di quelli che offuscano la vista per la potenza dell’ingenua passione che anela al grande, l’irraggiungibile……quando non esistono manuali che t’insegnino ad amare, dove per invadenza della passione la ragione non ha posto, esiste quello che vedi .... 

 ciò che ho nella memoria è il gesto di cogliere un fiore : nelle mattine di quell’estate passavo con la bicicletta vicino a ville con giardini profumanti di rose carnose che strabordavano fitte oltre la ringhiera, il loro profumo nella mattina mi colse nel naturale gesto di pensare donata a lei una rosa dall’acceso profumo di rugiada, dal colore intenso della schiusa. posata la bicicletta m’avvicinai deciso, senza pensare, tolsi veloce le spine , la ruppi e corsi via con il fiore, posato sul manubrio.

ero certo trovarla al campo dei giochi, arrivai ansimante, sudato e la vidi sull’altalena intenta a parlare, le sue amiche mi guardarono e lei voltandosi di scatto colse la ragione del loro improvviso mutismo, mi guardò sorridente cogliendo la natura della mia presenza, esitai immobile sui suoi occhi vivi, sul suo sorriso e le porsi la rosa. - E’ per me? - Non risposi, sorridendo allungai il braccio verso di lei e poi scappai come ero venuto.

Ancora oggi d’una donna mi piace cogliere lo sguardo stupito, il sorriso di fronte a un mio gesto ...

Semfim . 1978

 
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LA  BOMBAROLA

Post n°44 pubblicato il 13 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

Da Trastevere, dove abitavamo, mamma papà ed io arrivavamo a piedi a piazza del Pantheon per un appuntamento fisso: la granita di caffè del famoso Caffè Tazza d’oro.
Io cominciavo a scalpitare già alla vista dell’insegna,ma non certo per il caffè. Alla Tazza d’oro regalavano ad ogni bambino un grosso palloncino legato ad una bacchetta. Come ogni volta esco di lì raggiante con il mio palloncino e con il braccio fuori dal passeggino lo batto allegramente a terra: tump tump tump. Ecco che entriamo nel Pantheon… grande,grandissimo… alzo gli occhi verso il foro al centro da dove gli antichi romani osservavano gli astri, guardo le nuvole e ... tump tump tump…

c’è molta gente al Pantheon nelle domeniche di primavera, un allegro chiacchiericcio risuona rimbalzando sulle pareti tonde tump tump tump… c’è un’ottima acustica all’interno del Pantheon (forse troppa!) tump, tump, tump….

BOOOOOM !!!!  Aaaaaaah .... aiutooooooo!!!   La folla di gente presa dal panico fugge convulsamente in ogni direzione. Ma io non mi accorgo di nulla. Non potevo sapere che quelli erano i giorni delle stragi e delle bombe. Imbronciata, guardo la mia nuda bacchetta e scoppio a piangere:
“Buuuuuh! Ne voglio un altroooooo!”.


Roma, metà anni 70


polystyrene

 
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Post n°43 pubblicato il 12 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

AVEVO  DODICI  ANNI ...

Avevo dodici anni. Ed era primavera. Un tardo pomeriggio di primavera. Lo ricordo perché in casa c’era una luce rada, ma c’era luce. Io ero vicino al cantonale dei miei bisnonni. Non so bene cosa stessi facendo, ma ero li. Il luogo era quello. All’improvviso qualcosa scende dal mio corpo.

Subito vado in bagno, l’agitazione, la paura rendono tutto strano: devo fare alla svelta, capire cosa succede e, soprattutto, non far capire nulla ai miei fratelli più piccoli, che stanno giocando correndo da una stanza all’altra. E’ tutto rosso. Mi vengono le lacrime agli occhi. Che cosa ho fatto? Non capisco…non ho fatto nulla…come mai mi succede quasta cosa? Stò morendo? Ho solo dodici anni, diamine, non posso morire! Mi tocco per capire, non mi succede spesso di toccarmi, anzi, le suore mi hanno spiegato che non ci si tocca, e poi lì fai solo pipì…i bambini escono dall’ombelico..

Dio mio, devo dirlo a mia madre. Corro in camera mia, ho le lacrime agli occhi, e un peso enorme che mi schiaccia il cuore: come faccio a dire a mia madre che sto morendo ? La chiamo ancora, arriva trafelata, è insolito che io la chiami, più spesso è lei che chiama me, e le faccio vedere che il sangue esce da me … piango … ma , più che altro , sono stupita! Lei, invece di agitarsi e preoccuparsi di portarmi all’ospedale, chiama subito mia nonna, sua madre, e insieme cominciano a muoversi per la camera tiranto fuori da cassetti pezzuole di stoffa di cui non avevo sospettato l’esistenza: da oggi sei una donna…; ricordati che non puoi fare il bagno … nemmeno lavarti i capelli … e soprattutto stai lontana dai tuoi fratelli, cerca di non farti scorgere in queste condizioni … mi raccomando cambiati spesso ….

Io le seguo, non capisco nulla, (negli anni saranno pochi i precetti dettati in quei minuti che osserverò scrupolosamente), l’unica domanda che mi rimbomba nella mente è: ma quanto durerà? Sono ancora convinta che duri un giorno, una volta soltanto nella vita…

invece arriva il verdetto. E’ mia nonna a darmi la notizia, detta da lei non può essere messa in discussione: dureranno per molti anni , e quando non le avrò sarà perché sono incinta. E a un certo punto finiranno. E io non resterò più incinta.

Quel cantonale è sempre stato il cantonale del mio sbocciare. Mia nonna e mia madre, colpevoli del silenzio, del non dire, mi hanno comunque aiutato ad attraversare il guado. E sono diventata donna.

MAGDALENE57

Parma, primavera del 1970

 
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I TRAGHETTI

Post n°42 pubblicato il 11 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi


Siamo nell’anno in cui all’età di sette anni, per la prima volta i miei genitori mi fecero vivere il fascino del viaggio in Traghetto.

In quegli anni, dal porto della città s’imbarcavano sia treni che persone, che per lavoro, o per le loro vacanze, vi transitavano. Per me, piccolo, era attraente seguire le manovre, svolte per introdurre i treni sulle navi, respiravo così l’odore del treno che si confondeva con quello che il mare faceva salire, a seconda la stagione con il  profumo dell’estate o il salmastro, delle onde agitate del nostro inverno.

L’attraversamento durava circa un’ora e non sempre l’orario di partenza e quindi di arrivo veniva rispettato,causa ritardo dei treni a cui la nave faceva da coincidenza, e che portavano soprattutto d’estate i tanti emigranti che facevano rientro alla loro terra.

Oltre l’incanto della navigazione, il compiacimento di solcare il mare,il seguire con gli occhi estasiati la scia di schiuma che i motori lasciavano dietro, la magnificenza dei toni delle acque, che da trasparenti assumevano sempre più nell’andare il blu profondo, era piacevole, per me ragazzino, seguire le manovre di sbarco o d’imbarco, infatti una passerella veniva attraccata per poter transitare, manovra che a seconda della forza del mare richiedeva un certo tempo, interminabile per chi doveva subito sbarcare, per me avvincente seguire queste operazioni manuali dei marinai, che il mio tempo riuscivano ad ingannare

In entrambe le stazioni scoprivo le carrozze, che i cocchieri usavano come il taxi di oggi, carrozze che si differenziavano da quelle scoperte a quelle folcloristiche, a quelle chiuse ed eleganti, trainate da cavalli ammantati di drappi dai colori particolari, da piume che ornavano le loro criniere, che sostavano nei pressi di queste stazioni

Mi incupisce considerare che si perda questo loro tranquillo cullarti e finanche il loro ondeggiare su onde stranamente impetuose, lo spazio di sensazioni, che si fondono su questo mare ancora cristallino, nell’assaporare il bacio di questo sole, sui sedili delle stesse navi, il respirare l’aria di casa nel momento stesso in cui vedi apparire come saluto ai suoi stessi figli, la madonnina che con la sua mano alzata benedice chi intorno le passi. 

dirck

reggio calabria,1964

 
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CATERINA

Post n°41 pubblicato il 09 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi
Foto di MuseoDeiRicordi



Caterina entrò in casa nel 1958 poco prima del televisore , era una 1400 FIAT blu.
Caterina e noi bambini a lavarla , il sidol sulle cromature , i tre posti davanti ed il cambio al volante.
Caterina con il suo impianto a gas gpl ma con la bombola , quella che si usa per cucinare una attaccata ed una di scorta da cambiare al volo.
Caterina a Gallipoli , Caterina a Parigi , Caterina al mare 13 adulti più bambini.
Caterina con le trombe sul tettino e le plance “Vota Comunista” e noi bambini a tirare dai finestrini i volantini delle preferenze , all’epoca si poteva.
Caterina e i comizi volanti nell’agro pontino , spesso accolta a fucilate.
Caterina uccisa da un autoambulanza nell’agosto del ’63.
Caterina nelle foto piccole in bianco e nero ormai ingiallite dal tempo a ricordare frammenti di una famiglia felice che di lì a pochi anni si sarebbe dissolta.


a_lucky_man
 

Roma, fine ’50 inizio ‘60

 
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FERRAGOSTO

Post n°40 pubblicato il 08 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

Il ferragosto era Cortino.

 Era lo scalpiccio degli zoccoli di mia nonna alle 6 e mezza del mattino, già in piedi per preparare il grande pranzo. Era il suo grido allegro e il battito di mani “Svegli” “Svegli che c’è un sole magnifico”. Era la colazione speciale con ricotta fresca, pane senza sale e zucchero. Erano i botti del mattino che spaventavano il povero Junior, rintanato sotto la vecchia poltrona in soggiorno uggiolante, sperando che “La Grande Guerra” finisse. Era l’odore di trementina, quando mio nonno decideva, come sempre proprio quel giorno, di armarsi di pennello e ridipingere il cancello. Era il ritmato rimestio di nonna e Mariella che preparavano la pasta per i ravioloni ricotta e spinaci e le crepes per il timballo. Era la voce in dialetto della sig.ra Elsa quando ci portava a visionare l’agnello da sacrificare per quel giorno di festa. Era il suono delle campane che annunciava la messa. Era la fuga mia e di mio fratello per non doverci andare. Era la tirata d’orecchi della nonna che ci richiamava all’ordine, che ci ripuliva, “gattini selvatici”, e ci portava alla celebrazione. Erano le voci stridule delle vecchine del coro, delle veterane della Cortino della tradizione - 71 anni la più giovane - che cantavano con trasporto gli inni sacri. Era Don Arduino, il più amato prete dei Monti della Laga, che sapeva rapirti dai pensieri annoiati di fedele d’obbligo. Era la fuga finale verso casa al termine del supplizio e l’attesa del pranzo, trascorsa nella vecchia scuola abbandonata rincorrendo il maiale rinchiuso in una delle stanze. Era il pranzo che ci vedeva per una volta almeno riuniti tutti: mamma, Stefano e papà, Dorina e Fausto, gli amici di una vita, Mariella e Rinaldo, “don” Vito e Elisa, e - sempre - qualche ospite di passaggio.

di molti di loro è rimasta solo una fotografia seduti al vecchio tavolo di legno in festa. Si parlava, si raccontavano stupide storielle, si faceva onore alle cuoche e alle tante portate abruzzo-emiliane. E via con l’antipasto di funghi raccolti da don Vito, e la coratella, su cui si litigavano famelici papà e Rinaldo, i tortelloni al sugo e il timballo. E poi agnello al forno,e impanato, e torta e dolcetti e caffè e ammazzacaffè... un ultimo salto fuori tutti insieme a veder passare la processione con la Madonna e la banda e tutti i bambini in festa…

e poi dentro per un ultimo saluto prima della siesta sonnacchiosa al frinire delle cicale e lo stormire degli alberi…

Cortino (te), 1988

 
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LA SCUOLA

Post n°39 pubblicato il 07 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi


'' Domani prende la cartella e va a scuola! "

Il tono del padre è di quelli che non ammette repliche. La madre non ribatte e si ritira in cucina. La ragazzina sa che stanno parlando di lei. Nel pomeriggio un messo comunale aveva portato una lettera ed era a causa di quella che i genitori stavano discutendo : era una ingiunzione perché ‘’ chi esercita la patria potestà ottemperi all’obbligo di istruzione nei confronti del minore, che la legge fissa fino a 14 anni, pena una multa di lire...." Così dice la legge, ma in paese si sa di più d ’ una famiglia che a quella legge non si è adeguata.

La regola , non scritta ma unanimamente accettata , è che prima ci sono le esigenze della famiglia e poi le aspirazioni dei singoli e le norme di legge .

La madre ha cinque bambini da curare , e nessuno che l’aiuti , anche una ragazzina di dieci anni può far comodo per guardare i piccoli , fare piccoli servizi , fare la spesa ... Quella figlia serve a lei, non può cederla alla scuola. Ma di fronte alla prospettiva di una multa e di un contenzioso con le autorità comunali , il marito ha deciso diversamente e lei sa che deve adeguarsi anche se non è d’accordo.

Il giorno dopo la ragazzina uscì di casa e si presentò a lezione.

Dopo le vacanze di Natale però risultò assente ingiustificata fino alla fine dell’anno...

il padre aveva pagato la multa.

 

Lilith_0404 ,

Lombardia, 1969

 
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La MiA pRiMa gUeRrA

Post n°38 pubblicato il 06 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi




Credo fosse stato il ’90 , avevo 8 anni circa.
I grandi parlavano solo di guerra in Kuweit, quella del Golfo, se la memoria non m' inganna ...
Ricordo la tombola che la parrocchia organizzava ogni anno per S.. Antonio.
Io vinsi proprio la tombola.
Era un cesto pieno di cose da mangiare. La mommy mi disse “se verrà la guerra il tuo cesto ci tornerà utile…”.
Ero fiera di essere stata utile.
La mommy, la mattina, mentre mi aiutava a vestirmi guardava accanita il tg. Era terrorizzata dalla guerra, dal fatto che potesse venire qui. Continuava a controllare il valore della £ira, finché un giorno le chiesi perché le interessava tanto. “Può succedere che un giorno ci svegliamo e i soldi che abbiamo non valgano più niente…”.
Paura. Saremo diventati poveri, la guerra ci avrebbe investiti e saremo morti tutti…
A distanza di anni, comprendo la preoccupazione di mia madre, ma mi rendo anche conto che forse la cosa non sarebbe dovuta esser vista in modo così grave da una bambina di 8 anni.

jolie_inlove

 
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IL PRIMO, GRANDE DOLORE

Post n°37 pubblicato il 05 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi


Due giorni dopo Natale…notte d’inverno…in un silenzio assoluto.
Solo il rumore della lampada che oscillando, sospesa al centro della piazza, lascia ombre mobili
sulla spessa coltre di neve.
E quello ripetitivo del galletto di ferro, sul tetto della chiesa, che il vento fa roteare ritmicamente
in un verso…poi nell’altro.
Difficile dormire…qualcuno impietosito, abbracciandomi e tentando di rassicurarmi, mi permette
di guardare fuori dalla finestra.
Il viso appiccicato al freddo vetro…nessuno in strada.
“Dov’è la mamma? Dov’è papà? Dove sono tutti?”
“Mamma e papà sono in chiesa.”
Oltre i finestroni della chiesa di fronte, illuminati da una fioca luce, la veglia per il mio fratellino
di dieci anni.
E con lui, i miei familiari, per il più triste dei saluti.
Piccola bimba di fronte ad un dolore incolmabile…impossibile comprendere perché, nei giorni
futuri, lui non sarebbe stato più con me.


amoildeserto

Alto Molise…fine anni ‘50

 
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UNA PRIMAVERA DI VENTI ANNI FA

Post n°36 pubblicato il 04 Luglio 2005 da MuseoDeiRicordi

All’imbrunire l’atmosfera si fa magicamente tranquilla, frizzante e meditativa.

I rumori della città si allontanano.

Papà mi prende con se e stesi sul letto con una dolce brezza che ci accarezza,

nell’età in cui tutto è ancora sereno se solo domani non c’è scuola,

comincia il racconto che finisce sempre nello stesso modo

ma porta con se ogni volta un’emozione nuova

solo perché siamo felici di essere insieme, vicini.

JackFollet

Calabria, anni 80

 
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