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Euro Cannabis: legalizzare conviene

Post n°6 pubblicato il 02 Febbraio 2011 da PePpEkEy
 
Foto di PePpEkEy

Gli strumenti fiscali per contenere il consumo, favorire la casse statali e rilanciare l’economia

La cannabis, nel 1937, diventa praticamente illegale negli Stati Uniti con la Marihuana Tax Act. La tassa fiscale introdotta dalla legge non proibiva direttamente la coltivazione, la compra-vendita o il consumo, ma rendeva di fatto l’utilizzo della cannabis improponibile. Introduceva una tassa di un dollaro per qualsiasi transazione commerciale riguardante la marijuana e un sistema burocratico molto complesso che scoraggiava i coltivatori e i possessori.

A discrezione della corte, qualsiasi tentativo di evasione veniva punito con 5 anni di prigione o 2000 dollari di multa, oppure entrambi. La legge fu emanata dal Congresso degli Stati Uniti su richiesta Harry Anslinger, allora ispettore della Federal Bureau of Narcotics (FBN).

Anslinger riuscì pure a convince lo zio acquisito, allora Ministro del Tesoro Andrew Mellon, a far delegare al FBN le competenze e il potere di polizia per far rispettare la legge in questione. Solo 5 anni dopo, durante Seconda Guerra Mondiale, il dipartimento di Agricoltura statunitense produsse il film “Hemp for victory”, al fine di rincoraggiare gli agricoltori a riprendere la coltivazione della canapa per produrre le gomene delle navi da guerra.

Nel 1961 l’Onu ha proibito ufficialmente la cannabis classificandola come stupefacente, con pressioni determinanti da parte degli Stati Uniti capitanati dall’intramontabile Harry Ansilnger, nei panni del rappresentante nazionale per gli stupefacenti. Nel 1969 gli Stati Uniti sostituiscono la Marijuana Tax Act con il Controlled Substances Act.

A mezzo secolo dalla proibizione della cannabis, la produzione mondiale annua di hashish è stata stimata in 6000 tonnellate, mentre quella di marijuana si aggira invece sulle 41.400 tonnellate (UNODC, 2007). Calcolando che il prezzo al dettaglio tipico per la marijuana e l’hashish varia tra i 2 e i 14 euro al grammo, stupidamente vengono lasciati ogni anno nelle mani della criminalità diverse centinaia di miliardi di euro.

Nel mondo si stimano 166 milioni di consumatori di cannabis, il 3,9 % della popolazione tra i 15 e i 64 anni. In Oceania la media è del 14,5%, in Nord America 10,5% e in Africa 8%. Anche l’Italia contribuisce ad alzare la media con 4,5 milioni di consumatori, l’11% della forza lavoro, risultando seconda in Europa, dietro solo a Cipro. Il consumo legale di fatto in Olanda coinvolge invece il 6,5 percento della popolazione tra i 15 e i 64 anni, meno della media europea che si attesta attorno al 6,9 percento della popolazione.

In Europa hanno consumato cannabis nell’arco dello loro vita almeno 70 milioni di persone, un adulto su cinque, mentre l’hanno utilizzata durante l’ultimo anno circa 23 milioni di adulti e più di 13 milioni negli ultimi 30 giorni.

Recentemente, a più di 70 anni dalla Marijuana Tax Act, si è iniziato a parlare di utilizzare gli strumenti fiscali per contenere il consumo di stupefacenti. Secondo diversi studi la tassazione è in grado di contenere meglio il consumo di droghe rispetto a una legislazione proibizionista con normative che vanno dai vincoli sulle massime quantità scambiabili, fino al divieto totale.

Una tassazione, insomma, non volta a proibire, come nel 1937, ma un’imposta come quella applicata sui beni comuni o su altre sostanze legali quali tabacco e alcol. Così come avviene in Olanda, dove il consumo di cannabis è regolarmente tassato e il governo incassa annualmente circa 400 milioni di euro in tasse dai Cannabis Bar.

I 730 coffe shop vendono all’incirca 265.000 kg di cannabis, la maggior parte dei quali coltivata in Olanda, riuscendo così a allontanare lo spaccio internazionale. I coffe shop non pagano l’Iva, ma un’imposta al livello più alto, il 52 percento, presumendo che il prezzo di vendita sia 2 volte quello d’acquisto.

Ad Amsterdam, dove la vendita ai turisti rende il prezzo poco coscienzioso, l’ufficio delle tasse applica margini sui profitti lordi anche del 150-180 percento. Semplice e pratico. E nelle altre nazioni?

Uno studio del 2005 svolto dal professor Jeffrey A. Miron – economista americano professore all’Harvard University – “The budgetary Implication of marijuana Prohibition” (Le implicazioni di bilancio della proibizione della cannabis) mostra come sostituire un sistema di tassazione e regolamentazione al proibizionismo genererebbe ogni anno per il governo degli Stati Uniti un risparmio di 7,7 miliardi di dollari (quasi 5,2 miliari di euro) sulle spese del proibizionismo (polizia, magistratura e carcere) e produrrebbe entrate fiscali di 2,4 miliardi (1,6 miliari di euro) se la marijuana fosse tassata come la maggior parte dei beni di consumo o di 6,2 miliardi (più di 4 miliardi di euro) se fosse sottoposta a una imposizione fiscale pari a quella del tabacco o dell’ alcol.

A seguito di questa e altre ricerche, in California, a fine ottobre, i deputati dello Stato hanno iniziato la discussione sulla legalizzazione della cannabis. Il governatore Arnold Schwarzenegger ha acceso un dibattito forte sull’argomento, ben consapevole che alle bisognose casse statali frutterebbero entrate fiscali pari 1,4 miliardi di dollari (quasi un miliardo di euro).

Analogamente in Italia, Marco Rossi, dell’Università degli Studi di Roma, in “Il costo fiscale del proibizionismo: una simulazione contabile”, ha calcolato, ipotizzando una tassazione del mercato della cannabis al pari di quella del tabacco (75,5%), quale sarebbe stata l’implicazione per l’Erario nazionale nel periodo 2000-2005. Ebbene, il beneficio ammonterebbe ogni anno a circa 6,4 miliardi di euro all’anno (38 miliardi dal 2000 al 2005), grazie ad un risparmio di 880 milioni sulle spese del proibizionismo e ad un incasso di 5,5 miliardi sulla tassazione delle vendite.

Calcoliamo che la finanziaria italiana nel 2008 si articolava su un dato complessivo di 16,3 miliardi lordi.

Uno studio del Governo Inglese ci aiuta, invece, a farci un quadro del valore del capitalismo legato alla cannabis, cioè il giro d’affari determinato dal suo consumo. Le persone che hanno provato la cannabis nel Regno Unito sono 15 milioni e 6 milioni la usano abitualmente, più dei fedeli che vanno regolarmente in Chiesa (1,7 milioni), di chi pratica jogging o gioca a calcio nella Sunday League.

Sempre nel Regno Unito si stima che ogni anno la vendita di cannabis abbia un valore di circa 5 miliardi di sterline (più di 5,5 miliardi euro) e che altri 6 miliardi di sterline (quasi 6,7 miliardi di euro) sono spese dai consumatori per questioni legate alla coltivazione e al consumo di cannabis. Secondo The Research Business International, il fatto che il fumo di cannabis aumenti l’appetito fa spendere ai consumatori inglesi ben 120 milioni di sterline (quasi 134 milioni di euro) a settimana a favore di fornitori di cibo d’asporto come Domino o Pizza Hut o per l’acquisto di snack come le barrette di Mars.

La situazione d’illegittimità della marijuana fa inoltre passare molto tempo in casa ai consumatori che per lo svago optano per noleggio-acquisti video e, per la gioia di produttori di console, acquistano la Play Station o la Nintendo.

I fumatori di cannabis spendono discretamente anche per incontrarsi e mangiare fuori casa decine di milioni di sterline, preferendo posticini con illuminazione soffusa e un menù semplice a posti luminosi, rumorosi e con una grande scelta come i McDonald’s.

Analizzando i trend risulta che i consumatori di cannabis non sono amanti dei pub dove c’è un forte consumo di alcol, trascurano quasi completamente i super alcolici e preferiscono, se devono, le birre leggere.

Anche i programmi televisivi e radiofonici risultano influenzati dai consumatori di cannabis che preferiscono canali d’approfondimento come Discovery Channel ad altri più generalisti.

Se la cannabis fosse legalizzata vedremmo inoltre alcuni marchi riconoscere il loro business e l’Imperial Tabacco ammettere finalmente che le Rizla King Size non sono solo per il rullaggio delle sigarette.

Ovviamente se la legge si rilassasse e le persone fossero più disponibili all’assunzione in pubblico assisteremmo anche a uno spostamento dei consumi.

Esattamente come succedeva con l’alcol durante il proibizionismo, le sostanze vengono “allungate” per garantire migliori profitti ai criminali. La cannabis di strada è infatti generalmente inquinata con sostanze pericolose, come il lucido da scarpe e la parafina, a danno della salute dei consumatori.

Con la legalità, una miglior qualità della marijuana in commercio significherebbe pure minori spese sanitarie per lo Stato. L’introduzione dell’utilizzo terapeutico della canabis abbassere ulteriormente costi per la sanita, essendo il costo di produzione della marijuana molto inferiore a quello di molti farmaci.

L’abbattimento delle barriere all’utilizzo industriale della canapa porterebbe altri notevoli vantaggi all’economia. Dal Terzo al Primo Mondo, semi, olio, tessuti, carta, tavole, materiali plastici e carburanti ecologici contribuirebbero all’economia per uscire dalla recessione, verso un mondo più verde.

In sostanza legalizzare la cannabis conviene.

Davide Calabria

Legalizziamolacanapa.org Team

http://www.legalizziamolacanapa.org

 
 
 

La società civile con la Fiom: "Sì ai diritti, No ai ricatti". Firma l'appello di Camilleri, Flores d'Arcais e Hack

Post n°5 pubblicato il 07 Gennaio 2011 da PePpEkEy
 

Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.

Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti.

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack

Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa.

(4 gennaio 2011)

Questo è il link per firmare l'appello di micromega:

http://temi.repubblica.it/micromega-appello/?action=vediappello&idappello=391202


 
 
 

Armati sì, ma di Costituzione (Da Il Fatto Quotidiano del 21 dicembre 2010)

Post n°4 pubblicato il 21 Dicembre 2010 da PePpEkEy
 
Foto di PePpEkEy

http://www.ilfattoquotidiano.it/

 

Massima gratitudine ai noti statisti Alfano, Maroni, La Russa, Mantovano e Gasparri per avere spiegato agli studenti anti-Gelmini che cosa il governo si aspetta dalla loro manifestazione di martedì: il sangue. Il regime ha bisogno di violenze e feriti (e se ci scappa il morto, pazienza), per portare a termine il suo disegno incostituzionale sull’Italia. Il mercato dei deputati è bastato per la striminzita fiducia del 14 dicembre, ma per conservare le poltrone e approvare le leggi vergogna ancora in cantiere (tra cui la Gelmini) ci vuol altro. Bisogna costringere l’Udc a rimpiazzare Fli, restituendo al governo quella maggioranza di 50-60 deputati necessaria a rimetterlo in sicurezza a Montecitorio.

Il Vaticano si sta molto prodigando in tal senso, ma occorre un 11 settembre all’italiana per simulare un clima da emergenza democratica che aiuti B. a gabellare per interessi nazionali i suoi affaracci penali, a farsi scudo delle istituzioni in pericolo per perpetuare la sua voglia d’impunità. Il nemico è alle porte, stringiamoci a coorte. Per questo la banda soffia sul fuoco con proposte impraticabili: vietare le piazze a persone incensurate con provvedimenti da stadio, minacciare i tribunali per cambiare le sentenze a proprio uso e consumo, arrestare preventivamente qualcuno perché Gasparri pensa che potrebbe commettere reati, cazzate così. Roba che una persona normale si vergognerebbe non dico di enunciarla, ma pure di pensarla. Però utilissima a soffiare sul fuoco, nella speranza che domani si scateni il caos, magari con l’aiuto di qualche reduce di quella manovalanza della violenza da sempre pronta a “destabilizzare per stabilizzare”.

Ora, grazie a Gasparri & C., chi domani sarà in piazza (speriamo tanti) sa cosa si attende da lui il regime: che sfasci tutto, crani, ossa, bancomat, automobili. La violenza è l’ultima speranza di un governo disperato. Chi gli farà questo regalo sa fin d’ora che non solo la porcata Gelmini, ma altre e ancor peggiori porcate verranno grazie a quella violenza. Chi invece vuole contrastare il regime sa quel che deve fare: il contrario di quel che si aspetta il regime. Una manifestazione oceanica e pacifica, addirittura beffarda nella sua imperturbabile legalità. Un corteo dove non solo non si lancia nulla, ma magari si raccattano cicche e cartacce per gettarle nel più vicino cassonetto. L’ideale sono migliaia di giovani che sventolano la Costituzione in faccia a chi la calpesta.

Per questo domani Il Fatto sarà avvolto da un inserto con i principi fondamentali della nostra democrazia. Pensate che smacco, per i tifosi della guerra, vedere gli studenti sbandierare non il libretto rosso di Mao, ma la Carta costituzionale: come l’aglio per i vampiri, la corda per l’impiccato. “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. “Tutti i cittadini… sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, di religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali”. “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca”. “L’Italia ripudia la guerra…”. “Ogni cittadino può circolare… liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” senza “nessuna restrizione per ragioni politiche”. “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente…” e “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…”. “La responsabilità penale è personale…”. “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”, sì alle scuole private ma “senza oneri per lo Stato”. “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione… sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa”. “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale… e la dignità umana”. “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. “Vietata… la riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Questa è la vera rivoluzione.

Da Il Fatto Quotidiano del 21 dicembre 2010

 
 
 

OGGI MI SENTO UN Pò RAPACE...

Post n°3 pubblicato il 02 Dicembre 2010 da PePpEkEy

oggi sono così, con lo sguardo basso perso in mille colori, e mi sento così come un rapace.. forse perchè sono andato a mutilare la pace nel cuore di qualcuno..

 
 
 

Oggi tutti davanti alla tv per l'ultima puntata di "Vieni via con me"

Post n°2 pubblicato il 29 Novembre 2010 da PePpEkEy

 intanto per iniziare una chicca della scorsa puntata, che ahimè anch'io mi sono perso!

----Messaggio originale----
Da: newsletter@micromega.net
Data: 29/11/2010 4.27
A:
Ogg: Oggi tutti davanti alla tv per l'ultima puntata di "Vieni via con me"

      Newsletter
      29 novembre 2010

 

Oggi tutti davanti alla tv per l'ultima puntata di "Vieni via con me"

 

Gira sul web questo appello, che più “moderato” non si può. Non sappiamo chi lo abbia lanciato, ma siamo felici di diffonderlo.
MicroMega

In tutta Italia sta partendo una iniziativa eccezionale, un gigantesco flash mob:

TUTTI davanti alla televisione lunedì 29 novembre, a guardare l'ultima puntata di VIENI VIA CON ME.

E' una importante occasione per fare un piccolo gesto, che può diventare un grande segnale:

- per dire che questa Italia non è completamente assopita e indifferente al suo degrado e vuole dire basta
- per dimostrare alla Rai, con un picco di audience, che questi programmi vanno incentivati, che la cultura in tv è possibile e seguita
- perché Fazio e Saviano e gli altri autori e chi ha partecipato ci ha messo la faccia
- per dire a loro che il loro sforzo è condiviso e apprezzato
- per dire a chi spera che tutto torni nel silenzio che gli italiani vogliono continuare, anzi ricominciare, a prendersi cura del proprio paese
- per dire ai politici che gli italiani ne hanno abbastanza delle loro beghe di casta, che esigono un rinnovamento

Se saremo 15, 20 milioni davanti alla tv, avremo dato un grande segnale alla politica

E' un piccolo gesto, ma Fazio e Saviano se lo meritano. E se lo merita anche l'Italia che vuole fermare il degrado.

Se credi in questa iniziativa, diffondi questo messaggio a tutti i tuoi contatti.

 


La prepotenza totalitaria del movimento pro-vita

 

di Paolo Flores d'Arcais

 

La pretesa del movimento cosiddetto “pro-vita” di avere nella trasmissione “Vieni con me” uno spazio riparatorio per quello dato alla signora Welby e a Beppino Englaro è una mostruosità dalle molte facce, emblematiche dell’oscurantismo e dei rovesciamenti semantici orwelliani in cui il regime ha precipitato il paese.

Prima indecente manipolazione: il movimento cosiddetto “pro-vita” finge di chiedere una presenza da Saviano e Fazio per difendere il diritto dei malati in condizioni tragiche come quella di Welby, o di persone da anni in coma vegetativo permanente (come Eluana), di ricevere le cure e l’assistenza adeguate. Ma c’è qualcuno che abbia mai messo in discussione tale diritto? Se questo è il tema, gli “antagonisti” dei cosiddetti “pro-vita” non sono certo le famiglie Welby e Englaro, né Saviano e Fazio, ma semmai un’indecente politica del governo che sulla sanità ha tagliato a man bassa, e non fornisce ai malati terminali (e a molti altri) tutto il sostegno che sarebbe doveroso, quale che ne sia il costo.

Perché allora il movimento cosiddetto “pro-vita” pensa di aver diritto a uno spazio analogo a quello di Englaro e Welby, visto che tutti – tranne il governo – siamo d’accordo nell’esigere ogni genere di cura e assistenza per i malati terminali che ne vogliano fare uso? Perché il movimento cosiddetto “pro-vita” pretende che tali malati ne DEBBANO fare uso anche se non vogliono. Mentre Englaro e Welby hanno sempre e solo chiesto che ciascuno possa decidere in libertà e veda rispettato dal sistema sanitario la propria decisione di coscienza. Di questo si è occupato “Vieni via con me”: non della tragedia di una malattia e di una disgrazia terribile, nella quale sono accomunati Welby, Eluana e coloro che il movimento cosiddetto “pro-vita” dichiara di rappresentare. Ma delle vittime di una ulteriore tragedia, voluta dagli uomini e non dal caso: che, nell’orizzonte di una condanna a morte senza colpa alcuna (questa è una malattia terminale, o lo stato vegetativo permanente) viene anche condannato – per crudeltà degli uomini sani – a passare l’attesa dell’esecuzione nella ferocia della tortura inenarrabile.

C’è infatti una asimmetria assoluta tra la richiesta dei Welby e degli Englaro e le pretese dei cosiddetti “pro-vita”. I primi chiedono che sia rispettato la propria scelta sulla propria vita, senza sognarsi di imporla e neppure di suggerirla agli altri compagni di sventura. I secondi all’opposto pretendono di costringere tutti, con la forza del braccio secolare della legge, a condividere la propria. Se la decisione di ciascuno sulla propria vita fosse garantita, come dovrebbe essere in qualsiasi paese che si dichiari civile e che sbandieri il principio della eguale dignità fra le persone, Saviano e Fazio non avrebbero invitato nessuno in trasmissione, perché non sarebbero mai esistiti un “caso Welby” e un “caso Englaro”.

Welby chiedeva solo che sulla propria vita fosse lui a decidere, anziché il cardinal Ruini, Beppino Englaro chiedeva solo che sullo stato vegetativo di Eluana decidesse la volontà espressa da Eluana, anziché quella del cardinal Bagnasco. Saviano e Fazio avrebbero il dovere civile di invitare i cosiddetti “pro-vita” (e lo avrebbero certamente fatto) se ci fosse un movimento o una legge che pretende di imporre a tutti i malati terminali la scelta di Welby, l’obbligo – anziché la libertà – di staccare la spina. Ma una prepotenza del genere non è mai venuta in mente a nessuno. O meglio: potrebbe essere la conseguenza inattesa proprio della logica del movimento cosiddetto “pro-vita”. Perché se sulla mia vita o la tua, amico lettore, o la vostra, signori della cosiddetta “pro-vita”, non ha titolo a decidere esclusivamente chi la propria vita la vive, ma la maggioranza di governo del momento, quella maggioranza domani potrebbe imporre di staccare la spina a tutti, anche a chi non vuole, magari invocando motivi di budget. Una mostruosità totalitaria. Come qualsiasi pretesa che sulla tua vita decida il governo anziché tu stesso.

www.micromega.net

 
 
 

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