Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Febbraio 2017

Mortara

Post n°2057 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da namy0000
 

“Mortara ha una storia familiare drammatica. Ha 29 anni. È fuggito dalla guerra afghana, nella quale ha perso la moglie e i figli. L’Italia gli ha riconosciuto lo status di rifugiato tre anni fa. Aveva bisogno di vivere in un contesto familiare dove si sentisse a casa, e una famiglia lo ha accolto, offrendo ospitalità e lavoro al ragazzo, aderendo al progetto Caritas “Rifugiati a casa mia”.  ‹‹Mortara si è stabilito subito in Cascina insieme a noi. Pasti e uscite di festa condivisi, ma anche il quotidiano passato insieme, cercando di far elaborare a Mortara la tragedia che aveva sopportato. Ha funzionato: piano piano il ragazzo era diventato uno di famiglia. Il programma Caritas richiedeva una convivenza molto stretta, più concreta, anche perché l’integrazione della persona nel tessuto sociale dove vive e lavora è l’obiettivo del progetto. Fino a un paio di mesi fa, Mortara faceva progetti per il futuro. Immaginava di comprare un’automobile, una casa, cominciare un’esistenza nuova, dopo tanta sofferenza. Era bello sentirlo parlare di sogni. Poi, all’improvviso, qualcosa è cambiato, si è come spezzato. Mortara ha cominciato a rivivere la rabbia di quello che gli è accaduto. Oggi ce l’ha con tutto il mondo. È caduto in una depressione a tratti profonda. Noi gli siamo vicini, e lui continua a vivere con noi. ma rifiuta ogni contatto umano e sociale, e non riesce a farsi aiutare. Non vuole reagire. Abbiamo provato a dirgli che ha bisogno di un percorso terapeutico, ma non ne vuole sentire parlare. Noi stiamo aspettando, sperando che si lasci aiutare. Pur con le grandi difficoltà di questi ultimi mesi, dico che non ci si deve affidare solo al buon cuore nell’accoglienza. I problemi ci sono, una famiglia viene destabilizzata, niente deve ritenersi scontato. Occorre una lunga e meditata formazione, che noi abbiamo affrontato con il Consorzio Farsi Prossimo. È molto utile anche la condivisione con le famiglie che hanno già accolto per non sentirsi soli se insorgono problemi. Il bene non s’improvvisa, anche perché si può far del male alla propria famiglia, ma anche alla persona che viene accolta››” (Daniela P., Scarp de’ tenis, dic.2015-genn.2016).

 
 
 

Ruggero e Mariarosa

Post n°2056 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da namy0000
 

“Ruggero faceva il muratore e Mariarosa la casalinga. Si sono sposati nel 1979 e ‹‹nel 1986 è arrivato nostro figlio Christian››. Ma pochi anni dopo, Mariarosa conosce un altro uomo con cui ha altri due figli. Anche dopo il divorzio, i rapporti con Ruggero restano tuttavia sempre buoni. Gli anni passano, il nuovo compagno muore e i figli avuti da lui emigrano in Germania, dove va a lavorare anche Christian. Così Mariarosa si ritrova sola, con una pensione da 270 euro al mese, a vivere in una catapecchia infestata dai topi. E lo scorso settembre 2015 scopre di avere un tumore al seno in uno stadio già avanzato. Aveva un immediato bisogno di soldi. Ha bussato a tante porte, ma nessuno le ha aperto. L’ha fatto Ruggero: ‹‹Me la sono vista spuntare sulla porta. Cosa dovevo fare, buttarla fuori? Mi è andata bene tanti anni fa quando era sana, mi va bene anche adesso che è malata. Io sono un tipo taciturno. Ma sono anche uno che non si tira mai indietro››. Peccato che fuori da questa casa le cose siano un po’ più complicate. Ruggero informa il Comune e scopre che non è possibile concedere la residenza negli alloggi popolari a persone che non siano parenti dell’intestatario. In pratica: Mariarosa non è più sua moglie da 25 anni e quindi deve andarsene. Che problema c’è? Ruggero si dichiara subito disposto a sposarla per la seconda volta. Gli sono bastate poche settimane trascorse di nuovo insieme, ritrovare quei piccoli gesti che lui pensava perduti per sempre, per capire che quella fiamma che si era accesa tanti anni fa non si è mai spenta. Ce lo conferma la tenerezza dei suoi sguardi e la sua richiesta quando viene il momento di scattare una foto insieme: ‹‹Posso abbracciarla?››. Mariarosa gioca a fare un po’ la “preziosa”. ‹‹Prima devo pensare a curarmi. Per i matrimonio vedremo, anche se so benissimo che Ruggero ha compiuto un grande gesto d’amore. E so bene che finché la nostra posizione non sarà regolarizzata, potrebbero impormi di andare via o togliere la casa a Ruggero››. ‹‹Perché non ci provano a venire qui e a dirmi di mandarla via?››, scatta lui stringendo le mani tormentate dall’artrosi. ‹‹Mi piacerebbe andare a Roma. Non ci siamo mai stati››” (FC n. 2 del 10 genn. 2016).

 
 
 

La forza materna

Post n°2055 pubblicato il 27 Febbraio 2017 da namy0000
 

“L’intervento che la mamma del 16enne Gio’ ha fatto nella chiesa di Lavagna, il giorno del funerale del figlio, deve arrivare fino alle radici del nostro cuore…

Il mondo dei nostri adolescenti è tanto meraviglioso quanto misterioso e imprevedibile… Sono saltate tutte le regole, le relazioni. ‹‹Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da tempo. Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma (Gio’ era stato adottato) e che l’abbraccio sia tale da realizzare quel miracolo che io invano ho sperato e tentato di realizzare quaggiù››.

Donna straordinaria, decisa nel cercare ogni mezzo per convincere il figlio a smettere di farsi le canne e fumare spinelli. Le aveva provate tutte, come tante altre madri fanno.

La disperazione è infinita ma, ciononostante, la forza materna ha vinto trasformando la tragedia straziante in un messaggio capace di trapassare l’anima di ciascuno di noi. nel silenzio spaventato di una chiesa strapiena di giovani e di adulti, sono risuonate parole che solo una maternità ferita può suggerire.

‹‹Vi vogliono far credere che è normale fumare canne fino a sballare. Qualcuno vuole soffocarvi. Imparate a diventare protagonisti della vostra vita. Amate la bellezza, spegnete i cellulari e guardatevi negli occhi. Chiedete aiuto. Per mio figlio è troppo tardi, ma potrebbe non esserlo per molti di voi. Fatelo! E noi genitori dovremmo capire che la sfida educativa non si vince da soli, nell’intimità delle nostre famiglie. Uniamoci, invece, e facciamo rete››. Cosa rimarrà di questa tragedia, oltre il dolore e l’inquietante “perché”?

 

Forse l’invito del padre di Gio’ al mister della squadra di calcio in cui Gio’ giocava. ‹‹Fabio, ora voglio che tu dica ai ragazzi che ogni papà, ogni mamma, tu stesso, tutti gli allenatori e il nostro parroco sono persone che non sono lontane da loro. Persone con cui possono, devono aprirsi e confidarsi in ogni momento. Digli che si accorgano di quanto amore c’è attorno a loro››. Vorrei ribadirlo anch’io, mettendomi in prima persona: ci sono anch’io. E vi assicuro che vi amo più di me stesso! Parlate, vi supplico, parlate. Non tenetevi dentro il vostro assassino!” (don Antonio Mazzi, FC n. 9 del 28 febbr. 2017). 

 
 
 

Soccorso dal suo cane

Post n°2054 pubblicato il 26 Febbraio 2017 da namy0000
 

"Senza l'aiuto intelligente del suo cane, Bob sarebbe morto congelato. E' la rocambolesca avventura di un uomo che era uscito in giardino per prendere della legna in pantaloncini, maglietta e ciabatte. a un certo punto, scivola sulla neve e non riesce più a rialzarsi né a chiedere aiuto ai vicini, distanti qualche chilometro. In suo soccorso arriva il suo cane, Kelsey, che si è disteso su di lui per oltre 20 ore, lo ha tenuto al caldo evitando l'assideramento, fino a quando non sono arrivati i soccorsi" (FC n. 9 del 26 febbr. 2017)

 
 
 

In una fattoria

Post n°2053 pubblicato il 26 Febbraio 2017 da namy0000
 

“Poco dopo l’uccisione dei tre giovani israeliani, sono andata, circa un mese, in Palestina, per un progetto di volontariato. Ho lavorato in una fattoria sulla collina di Nahalin, un paesino a sud di Betlemme interamente circondato da insediamenti israeliani. Durante la mia permanenza, i coloni ci hanno più volte attaccato, distruggendo circa 900 alberi di fico, meli e peri, i cui frutti erano quasi pronti per la raccolta, togliendo l’acqua e l’energia alla fattoria e bloccando perfino l’unica strada (di proprietà palestinese) che conduce a Betlemme, per affidarla poi al controllo di due giovani armati. Tutti questi fatti mi hanno portata a chiedermi se questo non sia un altro modo di uccidere lentamente un popolo che da anni cammina a testa bassa sperando in un futuro diverso che chissà quando verrà. Mi sono chiesta come si possa vivere con la costante presenza dei razzi, delle bombe, delle sirene che la notte svegliano e terrorizzano le famiglie. Mi sono chiesta perché dopo poche settimane fosse diventato normale anche per me la sera “godermi” lo spettacolo dei fuochi d’artificio – purtroppo sono razzi – lanciati l’uno contro l’altro, per poi leggere, il mattino dopo, il numero dei feriti o dei morti. Ho trovato poche risposte. Ma forse è proprio attraverso questa esperienza che ho conosciuto la forza e la speranza di tanti palestinesi, quella macchia di colore che si fa coraggio nel nero della guerra. Elena G.” (Lettera pubblicata, Internazionale n. 1061, 25 luglio 2014).

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Febbraio 2017 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

ULTIME VISITE AL BLOG

namy0000alfredo.marianonorise1altrocondominiovitaslimanimasugVizio_Galanteper_letteranehadasmisteropaganoBornsickScricciolo10elodem0rningstarfporciel1
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963