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Castelli in aria (per giunta antichi)

Post n°398 pubblicato il 03 Settembre 2014 da viburnorosso

Antico castello. C’è scritto sull’insegna del bar. Se sono fortunata ci parcheggio davanti la mattina, quando vado al lavoro. Oppure appena girato l’angolo, sul retro. 

Comunque, di lì, ci passo per forza, leggo l’insegna e poi scendo le scale del sottopasso che porta alla metro Rebibbia.

A quel punto, di solito, parte in automatico una visione che mi accompagna il più delle volte fino alla macchinetta obliteratrice: immagino che un tempo – o forse un mai, che però nell’immaginazione si dilata in un tempo antico, andato – immagino che un tempo, dicevo, lì c’era un castello.

Si tratta di una fantasia ricorrente, che passa agevolmente per i tornelli della coscienza senza manco venire notata.
Del resto siamo così pieni di pensieri pendolari che viaggiano a sbafo su e giù per i nostri ragionamenti da non riuscire a controllarli tutti.

In ogni caso è una bella cosa da immaginare. Il castello dico.
Mi piace pensare che alla periferia del bello, capolinea metro B, ci possa essere stato un tempo un castello.
Un castello che oggi sarebbe antico. Con il fossato, i merli e l’edera che si arrampica su per la torre, in cui la principessa prigioniera attende l’arrivo del suo cavaliere.

Costruisco questa fantasia mescolando in libertà un po’ di Lucrezia Borgia, un po’ di Crociate, un po’ di ciclo cavalleresco, un po’ di Scozia.
Ne viene fuori un quadro filologicamente scorretto, ma comunque adatto allo scopo.
Che poi è quello di allontanare per qualche istante pensieri più noiosi.
Soprattutto di mattina, soprattutto di lunedì, soprattutto di inizio settembre.

E così anche oggi ero lì che attingevo distrazione dal pozzo del mio castello, quand’ecco che d’improvviso l’occhio si è messo a guardare quello che si era sempre limitato a vedere.
L’insegna del bar intendo.
Era sempre la stessa, ovviamente, manco che fosse stata rinnovata o tirata a lucido.
Sbiadita quel tanto da giustificare la solenne vetustà dell’antico … CASELLO!

Sì, avete letto bene: CASELLO!
Capite?
Vuol dire che per anni avevo costruito castelli in aria, edificato palazzi su fondamenta inesistenti.
Perché laddove io vedevo un castello, c’era sempre stato un casello.

D’accordo, direte voi, era pur sempre un’immagine di fantasia, e una fantasia dovrebbe essere indifferente alla veridicità del presupposto che l'ha creata.
Lo so. E 
così dovrebbe essere in effetti.

Ma scoprire che la principessa non era rinchiusa nella torre del maniero ad attendere il suo amato, ma dentro un bussolotto della diramazione Roma Nord a riscuotere pedaggi autostradali, mi impedisce di continuare a praticare la sospensione dell’incredulità.
Perché è anche da scoperte del genere che si sacrifica la fede a favore del dubbio.
E poi si finisce col non credere più a nulla.

Per fortuna che Babbo Natale esiste ancora.

 
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