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Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

I NOSTRI LIBRI

- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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I LIBRI DI DANIELA

- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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Messaggi di Dicembre 2012

Più disoccupati, meno pensioni Questa l’eredità della Fornero

Post n°1383 pubblicato il 29 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Dal 1° gennaio le sciagurate riforme della ministra produrranno i primi effetti. Tutti validi motivi per tenere fuori Monti e i suoi “tecnici” da Palazzo Chigi

di Andrea Accorsi

 

Tre “tweet” in rapida successione uniti da un filo comune: mettere la parola fine ai danni procurati ai cittadini dalle politiche economiche del Governo Monti. Ieri Roberto Maroni ha condiviso sul web tre articoli, tratti da quotidiani e da un blog di leghisti, che messi insieme mostrano con chiarezza perché sarebbe bene che Monti e i suoi “tecnici” non mettessero più piede a Palazzo Chigi.
Dal lavoro alle pensioni, dalla casa ai bilanci delle famiglie, nulla è stato risparmiato, nei loro tredici mesi di governo, dal Professore e dai suoi complici. Tra pochi giorni, dal 1° gennaio, entrerà in vigore la riforma Fornero sulle pensioni, che allungherà la permanenza di lavoratori e lavoratrici in ufficio o in fabbrica e ridurrà drasticamente la rivalutazione delle rendite per quanti ne hanno già diritto. Mentre milioni di italiani hanno già verificato sulla propria pelle gli effetti delle politiche sulla casa, a partire dalla reintroduzione della tassa sugli immobili che era stata abolita dal precedente governo, e che ha contribuito non poco a prosciugarci le tasche in questo disgraziato 2012.
Danni e mazzate di fronte alle quali Maroni rilancia lo slogan “prima il Nord”, che traccia la direzione da seguire nei mesi a venire, a cominciare dalla campagna elettorale in corso per le Politiche e per il rinnovo dell’amministrazione regionale lombarda.
In queste pagine diamo conto di alcune notizie che il Segretario federale ha ripreso e divulgato via web. A queste si aggiunge un articolo tratto da iltalebano .com, blog «diversamente padano» di «militanti, sostenitori o semplici simpatizzanti della Lega Lombarda», che fa il punto sulle «macerie» lasciate dietro di sé dalla riforma Fornero del mercato del lavoro.
Da gennaio 2013, ricorda l’autore Luca Frabboni, ci saranno oltre centomila nuovi disoccupati. Si tratta di lavoratori con contratti di collaborazione a progetto o contratti a termine che nella maggior parte dei casi non saranno rinnovati dalle aziende. «Merito della ministra - attacca Frabboni - che con la sua riforma del lavoro ha voluto tra le altre cose disincentivare i contratti di lavoro flessibili, e pertanto precari, per incentivare dall’altra parte le assunzioni a tempo indeterminato». Ma l’effetto concreto della riforma sarà passare da un lavoro pur precario alla disoccupazione o a un lavoro ancora più sfruttato e in nero.
«I tempi e i modi in cui la riforma Fornero colpisce il lavoro, ma soprattutto i lavoratori con contratto atipico, sono quanto di peggio si poteva fare - si legge su iltalebano.com -. Prima di tutto i tempi. Siamo ancora nel bel mezzo della più grave crisi economica e finanziaria dalla Grande Depressione. Piccole, medie e grandi imprese stentano e cercano di sopravvivere in un Paese con una pressione fiscale record al 55%, chi non ce la fa chiude. Come si può pensare che in una tale situazione un’azienda possa permettersi di assumere un lavoratore dipendente a tempo indeterminato, con un costo che raggiunge anche il doppio di quanto percepito dal dipendente? Passando alle modalità, allungare il tempo tra un contratto a tempo determinato e il successivo da 10 a 60 giorni per i contratti di durata inferiore a 6 mesi (da 20 a 90 giorni oltre 6 mesi) comporterà per l’azienda non l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore, ma semplicemente la scelta di un lavoratore differente, lasciando a casa il primo. Vengono poi considerate finte le partite Iva e pertanto si presume un lavoro dipendente a tutti gli effetti al persistere di almeno due delle seguenti tre condizioni: postazione presso l’azienda del committente, oltre l’80% del reddito da un unico committente, lavoro per oltre 8 mesi per lo stesso committente. Risultato: in strada o con riduzione della collaborazione tanti professionisti che lavorano prevalentemente per un solo cliente. Per non parlare dell’inasprimento dei contributi Inps della gestione separata, che passerà dal 27,72% attuale al 33,72% al ritmo di un punto percentuale di innalzamento all’anno: una mazzata pesante per i lavoratori autonomi con partita Iva».

 

dalla Padania del 29.12.12

 
 
 

RINCARA TUTTO In arrivo nel 2013 stangata da 1.500 euro a famiglia

Post n°1382 pubblicato il 28 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Pedaggi, bolli, bollette, banche, assicurazioni, imposte vecchie (come il canone Rai) e nuove (la Tares): attesa nel nuovo anno una raffica di aumenti

di Andrea Accorsi

 

Pronti alla stangata del nuovo anno? Dal mini ritocco del canone Rai al maxi aumento della tariffa rifiuti, dalla Rc Auto a bolli francobolli, pedaggi, biglietti di treni, aerei e perfino multe per gli automobilisti indisciplinati, è lunga la lista dei rincari che si profila per l’anno in arrivo.
A fare i conti in tasca alle famiglie italiane sono Adusbef e Federconsumatori, secondo le quali a partire dal 1° gennaio si abbatterà l’ennesima stangata su prezzi e tariffe a colpi di ritocchi più o meno salati, ma sempre all’insù.
IL BALZELLO PIÙ ODIATO. L’immancabile aumento del canone Rai è quasi impercettibile: +1,5 euro, con il tributo più odiato dagli italiani che arriverà così a 113,50 euro l’anno. Il tutto per avere in cambio una Televisione di Stato faziosa e lottizzata, romanocentrica e assai poco attenta ai disagi e alle sofferenze di famiglie e imprese, tutta presa com’è a occultare i reali effetti delle manovre economiche recessive introdotte dal governo negli ultimi tredici mesi.
MANTERREMO FIUMICINO. Andrà già peggio con gli aumenti delle tariffe per i trasporti, a cominciare da quelle aeroportuali: +8,5 euro a biglietto che serviranno per finanziare, a spese dei passeggeri, investimenti degli aeroporti di Roma che daranno profitti privati. Se questo non è colonialismo finanziario...
Entro la fine dell’anno il Consiglio dei ministri varerà poi gli aumenti dei pedaggi autostradali per l’anno venturo. Gli aumenti interesseranno in particolare le autostrade venete e della Valle D’Aosta. Il pedaggio del passante di Mestre crescerà nella misura del 17%, mentre costerà tra l’11 e il 13% in più percorrere la A4 tra Venezia e Trieste, la A23 (Palmanova-Udine Sud), la tangenziale di Mestre e la A28 (Portogruaro-Pordenone-Conegliano).
L’elenco dei rincari imminenti prosegue con gli aumenti delle tariffe postali, che andranno da un minimo di +15% fino a +40% per la posta prioritaria. Da martedì prossimo spedire una cartolina costerà 70 centesimi e non più 60, l’affrancatura di una lettera media standard passerà da 1,40 a 1,90 euro (+35%), una raccomandata da 3,30 euro a 3,60.
COLPO DI MANO DELL’AGCOM. Impennata per il canone annuo del bancoposta (l’aumento sarà ben del 58,3%), destinato a salire da 30,99 a 48 euro, e per il costo degli assegni, prima gratuiti e ora portati a 3 euro (già a luglio i bollettini erano rincarati del 18%, passando da 1,10 a 1,30 euro). Previsti rincari anche per i bonifici. Tutte decisioni «firmate sottobanco dall’Agcom - denuncia Federconsumatori - nel clima prefestivo per contenere la rabbia dei cittadini-utenti».
BANCHE STROZZINE... Continuano a rincarare sottobanco anche i servizi bancari, con oneri e balzelli fantasiosi e con tanto di “taglia” sui mutui i cui tassi, pari ad una media del 4,88%, hanno un differenziale di ben 139 punti sulla media Ue che si traduce in un costo superiore in Italia di ben 72 euro al mese, 864 euro l’anno, pari a 25.920 euro per un mutuo trentennale di centomila. Un autentico strozzinaggio legalizzato.
Per depositi e conti correnti, gli aumenti non riguardano le persone fisiche ma società e aziende che, per avere un conto corrente ad esse intestato, dovranno pagare 100 euro al posto degli attuali 73,8 (+26,2 euro). Sui titoli e strumenti finanziari l’imposta aumenterà invece dello 0,05%: dallo 0,10 allo 0,15%. Idem per i buoni fruttiferi postali.
...E ASSICURAZIONI SANGUISUGHE. Non potevano mancare all’appello le assicurazioni sanguisughe, con la Rc Auto (obbligatoria per legge) che rappresenta ormai una voragine fissa per i bilanci delle famiglie, arrivando a coprire il 5% di un reddito totale di 30 mila euro.
Per non parlare della Tares, la nuova tassa sui rifiuti e sui servizi, che a partire dal 1° aprile aumenterà del 25%. Con tanti saluti ai bilanci già in crisi di milioni di famiglie e imprese.
PESANO ANCHE IMU E IVA. L’Osservatorio nazionale Federconsumatori ha calcolato le previsioni di aumento di prezzi e tariffe in arrivo nel 2013 in base ad alcuni parametri: fra questi, mantenimento o aumenti contenuti dei costi energetici dopo quelli elevati del 2012, aumenti dei prezzi internazionali delle derrate alimentari, pesanti ricadute su prezzi e tariffe derivanti dall’Imu applicata sui settori produttivi e malaugurato aumento Iva da luglio.
Dai carburanti, dalle bollette di luce e gas - anche se con aumenti più contenuti rispetto al 2012 -, dalla nuova tariffa dei rifiuti, questa sì, in forte aumento e, ancora, dall’ulteriore incremento dell’Iva previsto, il risultato anche per l’anno alle porte si preannuncia drammatico. La stangata complessiva stimata per le famiglie sarà intorno ai 1.500 euro in più. Tutti soldi che serviranno per sostenere le stesse spese e necessità affrontate nel corso dell’anno che sta per morire.
«Si tratta di aumenti insostenibili che determineranno nuove e pesantissime ricadute sulle condizioni di vita delle famiglie, già duramente provate, e sull’intera economia, che dovrà continuare a fare i conti con una profonda e prolungata crisi dei consumi - lamentano Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, presidenti di Adusbef e Federconsumatori -. Le parole d’ordine per risollevare le sorti delle famiglie e dell’intera economia sono: ripresa della domanda di mercato, liberalizzazioni, nonché investimenti per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico per il lavoro, che rimane il problema fondamentale del Paese. In assenza di un serio progetto che vada in questa direzione - avvertono Lannutti e Trefiletti -la fuoriuscita dalla crisi si farà sempre più lontana e improbabile».
MULTE IN ROSSO ACCESO. Un discorso a parte meritano le multe per le infrazioni al codice della strada. Il divieto di sosta passerà da 39 a 41 euro, l’eccesso di velocità (tra i 10 e i 40 km/h oltre il limite) da 159 a 168 euro. Tutto previsto dallo stesso codice della strada, il quale dispone che ogni due anni si proceda all’adeguamento automatico delle contravvenzioni. Aumento che il governo potrebbe però far slittare. Peccato che finora si sia ben guardato dal farlo, o forse non ci abbia neppure pensato.
Nel 2013 l’aumento delle multe sarà pari al 6% rispetto all’anno precedente. Dal 1993 si sono susseguiti nove aumenti, pari ad un incremento medio del 59%. Ma il vero divieto di sosta è per i soldi che dovessero passare dalle nostre tasche.

dalla Padania del 28.12.12

 

 
 
 

Spese e regali, il 2012 è stato il Natale peggiore degli ultimi 10 anni

Post n°1381 pubblicato il 27 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

di Andrea Accorsi

L’ultimo Natale ce lo ricorderemo per un pezzo. Ma non per i regali trovati sotto l’albero, o le mangiate fatte coi parenti. Il Natale 2012 sarà ricordato come il peggiore degli ultimi dieci anni sul fronte dei consumi. Le vendite non sono mai andate così male, arrivando a registrare un crollo del 20 per cento. Parola del Codacons, che ha monitorato gli acquisti fatti fino alle ultime ore di apertura dei negozi. E le previsioni per il nuovo anno sono tutt’altro che rosee: il 2013 si candida ad essere un altro annus horribilis sul fronte dei consumi, con pesanti ripercussioni sul commercio.
Chi sperava in una impennata delle vendite grazie agli acquisti dell’ultim’ora è rimasto deluso. «Le famiglie - spiega l’associazione - hanno fortemente tirato la cinghia, riducendo il numero di regali e la loro entità, e tagliando anche sulle spese per la casa, sempre più spesso riciclando gli addobbi degli scorsi anni. Tendenza inversa, invece, per gli alimentari: le tavole rimangono imbandite, a dimostrazione di come le famiglie siano disposte a ridurre i consumi su altre voci di spesa, ma restino fedeli alla tradizione del cenone e del pranzo di Natale».
Analizzando le spese per il Natale 2012, secondo il Codacons le principali riduzioni dei consumi si sono registrate nel settore regali, con cali drastici degli acquisti fino al -20% per abbigliamento, calzature, arredamento e oggetti per la casa. Malissimo anche i comparti viaggi, ristorazione e cultura (-15%). Le vendite possono ritenersi soddisfacenti unicamente nel settore giocattoli, informatica e hi-tech, mentre si è speso addirittura più dello scorso anno (mediamente il 5% in più) per gli alimentari.
«Il calo delle vendite di Natale - osserva il presidente del Codacons, Carlo Rienzi - è il segno evidente della crisi che investe il nostro Paese e di una politica economica sbagliata che finora ha preferito aumentare la pressione fiscale anziché salvaguardare le tasche delle famiglie e incentivare i consumi. In assenza di una inversione di tendenza, il 2013 si candida ad essere l’annus horribilis, con pesanti ripercussioni per milioni di attività che, alla luce dei pessimi dati di Natale, rischiano l’imminente chiusura».

dalla "Padania" del 27.12.12

 
 
 

M. contro Bersani? Nel PD esplode la “sindrome Occhetto”

Post n°1380 pubblicato il 15 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

L’investitura del premier ad opera di Berlusconi scompagina i piani dei democrat. D’Alema: mossa illogica e immorale

di Andrea Accorsi

 

Avrà anche colto tutti di sorpresa. Ma con la mossa di candidare Monti a leader dei moderati (a suo dire, con l’appoggio della Lega) Berlusconi un risultato lo ha già conseguito. E che risultato: scompaginare i piani del Pd, Bersani in testa. I democratici, anche sulla scia dei sondaggi che li danno nettamente in testa, si apprestavano a condurre una campagna elettorale da favoriti, sicuri della vittoria. Ma ora molto, se non tutto, potrebbe cambiare.
Lo spettro che agita i pidini è l’indesiderata “sindrome di Occhetto”. Nel 1994 l’allora segretario Achille (nella foto) sembrava sicuro al cento per cento di portare prima al traguardo la sua «gioiosa macchina da guerra». Spazzati via da Tangentopoli gli storici partiti rivali della Prima Repubblica, l’ascesa a Palazzo Chigi sembrava scontata. A sbaragliare Occhetto, tagliandogli la strada, intervenne la discesa in campo del Cavaliere.
Oggi come allora, dopo l’esito delle primarie di coalizione Bersani già si fregava le mani al pensiero di occupare la poltrona di Monti. Senonché potrebbe sbattere proprio contro il premier uscente, che ha sempre sostenuto ma che potrebbe vedere candidato dagli avversari. Ecco allora levarsi voci entusiaste dal Pdl, cui non sembra vero essere tornato in partita dopo il suo annus horribilis. E D’Alema erigere prontamente le barricate contro il Prof, fino a ieri amico e ora d’improvviso guardato con sospetto e timore.
«L’iniziativa di Berlusconi sgombra il campo da ogni equivoco - gongola il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto -. Il presidente Monti può aggregare tutti i moderati, dai centristi al centrodestra». Gli fa eco Franco Frattini: «I moderati sono ancora la maggioranza del Paese, se davvero Monti si mettesse alla loro guida la partita sarebbe riaperta».
Ma dal Pd arriva lo stizzito altolà di Massimo D’Alema. «Monti sta logorando la sua immagine» afferma l’ex premier e presidente del Copasir in un’intervista al Corriere della Sera, per poi invita espressamente il presidente del Consiglio a non candidarsi. «Sarebbe illogico e in qualche modo moralmente discutibile - argomenta D’Alema - che il Professore scenda in campo contro la principale forza politica che lo ha voluto e lo ha sostenuto nell’opera politica di risanamento. Avendo grande stima di lui, spero che non lo farà. Ad ogni modo, non si può andare avanti con questa incertezza sul suo futuro: è meglio che chiarisca al più presto».
Pronta, da Bruxelles, la replica del diretto interessato. «I consigli, soprattutto quando vengono da persone autorevoli e che stimo molto, li prendo sempre in considerazione» ha detto Monti. Che poi ha tagliato corto: «Non ho letto quest’intervista e non intendo oggi entrare nell’argomento della mia candidatura».
Per l’ex segretario del Pd Walter Veltroni «Monti deciderà lui quello che vorrà fare». Il problema, per Veltroni, semmai è un altro: il programma. «Mi auguro che ci sia un programma riformista e che attorno ad esso ci sia una convergenza ispirata dal merito delle cose da fare e non dallo stare assieme contro qualcuno». E c’è perfino chi nel centrosinistra guarda con favore all’ipotesi di Monti candidato dei moderati. «Farebbe meglio e sarebbe anche più elegante se restasse super partes - scrive sulla sua pagina Facebook il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi - ma se decidesse di scendere in campo non sarebbe poi così male perché finalmente si confronterebbero una destra e una sinistra europea. E nulla escluderebbe che dopo le elezioni si trovassero anche le necessarie convergenze e accordi per riformare il Paese». Nei sogni di qualcuno, gli inciuci non muoiono mai.

dalla Padania del 15.12.12

 

 

 
 
 

Altra barzelletta di Berlusconi «Monti guidi moderati e Lega»

Post n°1379 pubblicato il 14 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Il Cavaliere a ruota libera al vertice dei leader Ppe a Bruxelles: «Il Prof ha solo continuato il mio lavoro, riavrò tutti i voti del 2008»

di Andrea Accorsi

 

Tutto e il suo contrario. Silvio Berlusconi prosegue il valzer di dichiarazioni a ruota libera. Dopo aver sparato a zero su Monti e il suo operato, lo blandisce al punto da “candidarlo” al suo posto come leader dei moderati e accostarlo perfino alla Lega. Lo stato confusionale del Pdl si riflette nelle uscite del suo demiurgo che dall’attuale governo all’Europa, fino all’ipotesi di scendere in campo in prima persona, insiste nello smentire se stesso nell’arco di poche ore.
Emblematica la giornata di ieri. Berlusconi era a Bruxelles, al pranzo dei leader del Partito popolare europeo. Per rendere un’idea del clima che lo attendeva, basti dire che il capogruppo del Ppe all’Europarlamento, Joseph Daul, l’aveva accolto con questi toni: «Il Ppe è unito contro ogni forma di approccio populistico e antieuropeo e contro chiunque cerchi voti attraverso vuote promesse populistiche». Nei giorni scorsi Daul aveva definito «un grave errore» la decisione di far cadere il governo Monti.
«Non abbiamo sfiduciato Monti - ha replicato Berlusconi -. Abbiamo fatto delle critiche verso di lui e detto che avremmo consentito di far passare anche altri provvedimenti, ma senza il nostro voto favorevole». Il Cavaliere ha quindi assicurato di essere «un europeista convinto» e ha dato la colpa ai media di aver male informato il Ppe sulle reali posizioni del Pdl riguardo l’euro e l’Europa.
Invitato a sorpresa al vertice, iniziato alle 13 e durato quattro ore, nella sala dell’Accademia reale delle Scienze è apparso Mario Monti, che in precedenza non aveva mai partecipato all’evento. La reazione, secondo fonti del Ppe, è stata di «shock totale». Forse anche per questo, Berlusconi ha iniziato una sviolinata senza precedenti nei confronti del premier. Leggete qua: «Ho riproposto a Monti di candidarsi alla guida dei moderati, perché sono convinto che se lui scende in campo insieme a tutte le forze moderate, compresa la Lega, può vincere». Ma non basta. Berlusconi, raccontano alcuni presenti all’incontro, avrebbe ribadito di essere pronto a fare un passo indietro qualora Monti decidesse di scendere in campo per guidare la fantomatica coalizione dei moderati, leghisti inclusi.
Monti pare aver apprezzato la proposta di Berlusconi. Come il Ppe: «È chiaro che a noi piacerebbe se Monti si candidasse» ha detto l’europarlamentare tedesco del Ppe Elmar Brok, che ha parlato di «buon feeling» tra Silvio e il Professore.
«Il Ppe - ha assicurato Berlusconi - è preoccupato dal possibile ritorno della sinistra in Italia». Quanto a Monti, «le nostre due visioni sullo stato dell’Italia si sono sommate, senza differenze importanti. Monti - è la convinzione del Cavaliere - non ha fatto altro che continuare il mio governo».
Sulla sua candidatura alla presidenza del Consiglio, Silvio prende tempo: «Vediamo cosa succede e poi decido». Secondo il Cavaliere, i sondaggi che ha in mano dicono che «se io sono in campo e guido il mio partito, posso riprendermi tutti i voti del 2008. Quando sento snocciolare tutti i programmi dei vari partiti e partitini politici, anche nuovi - ha aggiunto -mi viene da ridere».
Dopo aver ribadito la necessità di cambiare la Costituzione per snellire l’iter dei provvedimenti di governo, ecco un’altra piroetta, fatta di critiche al governo Monti: «Non è vero che il nostro debito è eccessivo - ha detto Berlusconi -, abbiamo 9 mila miliardi di attività rispetto a solo 2 milioni di debiti»; «durante il governo Monti il debito cresceva di 87 milioni al giorno, durante il mio ultimo esecutivo è cresciuto di 46 milioni al giorno»; «con i tecnici è andato tutto peggio».
Neanche l’Europa si salva dalla schizofrenia verbale del Cavaliere. Se si va avanti così, ha detto parlando dell’euro, «nel giro di tre anni si rischia di tornare alla moneta nazionale».
Sull’ipotesi di una ricandidatura di Berlusconi a premier, dalla Lega arrivano i “no, grazie” di Maroni via web e del capogruppo alla Camera, Gianpaolo Dozzo, ospite a Unomattina. «Noi gli abbiamo fatto una proposta: faccia un passo indietro, poi si vedrà - ha detto Dozzo -. Attendiamo la risposta. Lunedì abbiamo il Consiglio federale e decideremo cosa fare».

dalla "Padania" del 14.12.12

 

 

 
 
 

Altro che TECNICI Monti & C. in corsa per tenersi stretta LA POLTRONA

Post n°1378 pubblicato il 13 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Pochi lo ammettono, molti ci pensano: i professionisti “prestati” alla politica sognano un reincarico al governo o, almeno, uno scranno in Parlamento E studiano con attenzione le prossime mosse del Capo

di Andrea Accorsi

 

Saranno anche tecnici. Ma quanto ad attaccamento alla poltrona, si comportano come politici di lungo corso. Altro che professionisti prestati alla politica, esperti (di chissà cosa poi, visti i risultati) super partes, con un incarico a tempo eccetera. Monti e la sua squadra hanno già fiutato l’aria: tra pochi mesi si vota, meglio prepararsi per tempo a scendere in campo, scegliendo i modi giusti e gli alleati vincenti.
Il Professore preferisce schermirsi con le battute («il mio eventuale futuro in politica? Non capisco questo interesse per il futuro di una persona ormai anziana»). Il fido Andrea Riccardi, ministro per l’Integrazione, gli dà corda («non credo che Monti si presenterà alle elezioni») ma sarebbe ben lieto di un bis. E intanto prepara il suo possibile programma, ripartendo da tutto quello che - per fortuna, aggiungiamo noi - questo governo non è riuscito a fare. Sta di fatto che la discesa di Mario Monti nell’agone politico è più di un’ipotesi. Naturalmente, sempre che non lo attenda il Quirinale, «a prescindere» - come direbbe Totò - dai (disastrosi) risultati collezionati dal suo Esecutivo in poco più di un anno di (mal)governo.
«Non credo che si presenterà - ha detto Riccardi - ma lui e la sua agenda restano in queste elezioni un riferimento». Tracciando alla trasmissione Rai Radio Anch’io un bilancio dell’azione del governo Monti e dei provvedimenti non approvati, lo stesso ministro ha ammesso che «c’è molto rammarico sulle liste pulite, come sul taglio delle Province e su tante altre cose. Ma in un anno non si poteva fare tutto». E ha tenuto a sottolineare che «quel che ha fatto questo governo, con iniziativa propria, è stato sempre concordato con il Pd, il Pdl e l’Udc. Il presidente Monti ha fatto bene a dimettersi, perché non bisogna essere attaccati alla poltrona e se non c’è più maggioranza è giusto rassegnare la propria responsabilità al Capo dello Stato, per far sì che le urne decidano».
Ma se il bocconiano farà il grande passo, almeno metà dei suoi ministri sono pronti a seguirlo. Il primo a fare outing è stato il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania: «Comincerò a pensarci», ha ammesso. Ed è un segreto di Pulcinella che lo stesso pensiero percorra da tempo la mente del suo collega dello Sviluppo economico, Corrado Passera.
Ancora più esplicito è il titolare della Farnesina, Giulio Terzi di Sant’Agata, che al Corriere della Sera ha confidato: «Il rapporto con la politica c’è sempre stato. È difficile che un diplomatico e ancor più ambasciatore non abbia maturato questo rapporto con intensità». Sentimento condiviso da Enzo Moavero, ministro delle Politiche Ue, il cui coinvolgimento al fianco di Monti nella prossima tornata elettorale viene dato per certo se il premier romperà gli indugi.
Punta invece a uno scranno di Montecitorio il ministro alla Salute, Renato Balduzzi, per il quale già si profila una candidatura nelle liste del Pd. La stessa ambizione - ah, l’irresistibile richiamo della poltrona in Parlamento - altri due ministri dell’attuale Esecutivo: Francesco Profumo (Istruzione) e Corrado Clini (Ambiente). Ma il più corteggiato sembra essere Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale: secondo La Stampa c’è chi lo rivorrebbe ministro, chi parlamentare, chi (il Pd) candidato alla poltrona di sindaco di Roma. Non è escluso che Bersani, in caso di vittoria, lo chiami a un ministero di peso, come l’Economia.
Gli unici ad aver fatto il gran rifiuto sono i ministri Filippo Patroni Griffi (Pubblica amministrazione), che ha espresso la volontà di tornare a fare il magistrato, Anna Maria Cancellieri (Interno) e Paola Severino (Giustizia). Almeno loro, comunque vada, ce li toglieremo di torno.

dalla "Padania" del 12.12.12

 

 

 
 
 

Il decreto sull’ILVA? Un motivo in più per mandare a casa MONTI

Post n°1377 pubblicato il 11 Dicembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

 

Fava (Lega): «Scelte sbagliate più nel metodo che nel merito. In arrivo un provvedimento ad aziendam, insufficiente e che ha creato un conflitto tra organi dello Stato»

 

di Andrea Accorsi

 

Governo e imprese in cima all’agenda della Lega nella manifestazione di oggi a Genova. E Il pensiero non può che correre al caso del giorno: l’Ilva di Taranto.
Venerdì il Governo ha approvato un decreto che non ha ancora svelato, ma sul quale la Procura di Taranto ha già annunciato che farà ricorso alla Corte costituzionale. Ieri il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha detto che il decreto «è costituzionale», «recepisce le richieste della magistratura», «costringe l’azienda a fare i lavori» attraverso «meccanismi non solo sanzionatori ma di forzatura», come il possibile ricorso all’amministrazione straordinaria. «Ma se il testo passato in Consiglio dei ministri è lo stesso presentato dal ministro dell’Ambiente Clini, siamo molto critici»: così riassume la posizione del Carroccio l’on. Gianni Fava, responsabile del dipartimento Sviluppo economico del Movimento.
Che cosa non va nel decreto, Fava lo spiega punto per punto. «Primo, si ipotizza di fare un provvedimento ad aziendam, dopo decenni di dibattito sull’inopportunità di leggi ad personam. Sull’Ilva molti soggetti che sostengono il Governo, il Pd su tutti, hanno un evidente conflitto di interessi: i rapporti di Bersani con la famiglia Riva sono noti a tutti.
«Secondo, il decreto è una misura insufficiente perché non affronta nel suo complesso la tematica più articolata e generale della produzione di acciaio nel nostro Paese. Manca una politica industriale: il Governo si limita a rincorrere le emergenze e non ha neanche detto se ritiene quella produzione strategica per il Paese.
«Altro elemento critico, lo strabismo del Governo. In tutto il Nord si vivono ogni giorno emergenze di tipo imprenditoriale e aziendale nell’assoluto disinteresse del Governo. Ad oggi si è ragionato sull’Ilva come se fosse un’emergenza locale, mentre ha ripercussioni negative su tutto il mercato interno e anche per gli stabilimenti del Nord.
«Poi c’è il conflitto che si è venuto a creare tra organismi dello Stato. Il Governo ha scelto di normare non per sanare un deficit legislativo, ma per inibire gli effetti di una sentenza dell’autorità giudiziaria e ha così creato un conflitto tra Governo e magistratura.
«Ancora, per la prima volta un provvedimento del Governo eleva un’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) a strumento legislativo. E le migliaia di imprese che da anni attendono che vengano sbloccate procedure di Aia e superate difficoltà che derivano da atti amministrativi locali? Il Governo ci dovrà dire se le deroghe di fatto attuate nei confronti dell’Ilva saranno o meno efficaci anche per tutte le altre aziende, se non vogliamo creare un’altra discriminazione».
In definitiva, per Fava «la strada scelta dal Governo è sbagliata più nel metodo che nel merito. Siamo pronti a ragionare su un allentamento dei limiti ambientali, ma le regole devono valere per tutti. Abbiamo passato una intera estate, compreso Ferragosto, a parlare del nulla e a illudere i cittadini che ci fossero soluzioni legislative a una questione figlia di un grande conflitto tra la necessità di fare impresa e l’altrettanto giusto diritto alla salute dei cittadini».

dalla "Padania" del 2.12.12

 

 
 
 
 
 

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