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Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

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- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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Messaggi di Ottobre 2012

Formigoni perde il controllo «Lega prepotente, meglio votare che fare le PRIMARIE»

Post n°1365 pubblicato il 30 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Il governatore lombardo: mai la Regione a chi ha un terzo dei nostri voti. La replica di Salvini: forse non gli hanno detto delle elezioni in Sicilia...

di Andrea Accorsi

Formigoni perde il controllo. Di se stesso, prima ancora della Lombardia. Il coordinatore regionale del Pdl, Mario Mantovani, lo sconfessa pubblicamente lanciando la proposta di scegliere il candidato del centrodestra per le Regionali il 16 dicembre, giorno delle primarie nazionali del partito. Manca solo l’imprimatur del segretario Angelino Alfano, atteso per domani. E il governatore lombardo va su tutte le furie.
Tra un tweet sull’uragano Sandy («siamo vicini alla popolazione americana») e un altro sull’incontro con i dipendenti della Regione («una squadra straordinaria»), Roberto Formigoni aggiorna così le sue grandi manovre: «Parlato al telefono con presidente Monti. Mi auguro che la Lombardia vada al voto il 16/12». E poi: «La scelta migliore è Albertini candidato con lista civica che sia appoggiata dal Pdl e dai partiti che si riconoscono nel Ppe».
Non contento, il senatore berlusconiano convoca la stampa per rimangiarsi la sua uscita di scena, sconfessare Mantovani e sparare a zero sulla Lega. «Non ho ancora sciolto la riserva - annuncia - ma sarò disponibile e candidarmi alle primarie del centrodestra nella misura in cui mi convincessi che questo giovi ad allargare il consenso al Pdl». Sulla data del voto, si conferma in rotta di collisione con il coordinatore regionale: «Se si votasse il 16 dicembre, come auspico, non si potranno fare le primarie, ma se si andasse al voto il 27 gennaio sarebbero possibili». Infine, l’attacco al Carroccio.
«La stragrande maggioranza dei nostri elettori ne ha piene le scatole di una Lega prepotente che ha rotto i patti con noi». La «prepotenza» della Lega starebbe nel candidare al suo posto Roberto Maroni, come indicato dai lombardi nelle primarie dell’altro fine settimana. «La mia posizione -ha sottolineato Formigoni -  che il candidato dello schieramento del centrodestra debba appartenere al Pdl perché non si può dare a un partito che ha un terzo dei nostri voti anche la Lombardia, dopo il Piemonte e il Veneto. Questo - ha aggiunto - non vuole dire che io sia contrario ad un’alleanza con la Lega. Siamo però il primo partito e mi auguro che la Lega possa condividere la nostra scelta».
Pronta la replica di Matteo Salvini: «La Lega ha un terzo dei voti del Pdl? Forse non gli hanno detto delle elezioni in Sicilia...» ironizza il segretario nazionale del Carroccio. Per la cronaca, in Sicilia il Pdl ha racimolato appena il 12,5% dei voti. Ma andate a spiegarlo a Formigoni, per il quale il suo resta «il maggiore partito del centrodestra anche nel Nord Italia».
Al voto nell’Isola Formigoni riserva le ultime sparate di giornata. A cominciare dal-l’astensionismo, vicino al 53%. «Chi non vota dà carta bianca senza alcuna garanzia» chiosa l’ex governatore. Quanto al risultato del Pdl, «deve essere un ulteriore motivo di riflessione per noi».
In precedenza il leghista Andrea Gibelli, vice presidente della Lombardia, aveva accolto con favore le opinioni di Mantovani secondo il quale l’alleanza con la Lega rimane «un percorso ineludibile». «Giusto - commenta Gibelli - per vincere in Regione Lombardia, come dimostrato in questi anni, c’è bisogno della Lega Nord, visto che i numeri non sono noccioline. Inoltre la Lega ritiene importantissimo che si tenga lontana la ’ndrangheta in Regione e che quindi ci sia un rigore nelle candidature. Noi abbiamo il nostro candidato che è Roberto Maroni, che da ministro ha combattuto meglio di chiunque altro tutte le mafie. Detto questo, vedremo se correre da soli o in compagnia di altri. In ogni caso non cederemo la Lombardia alla sinistra, come qualcuno vuole».

dalla "Padania" del 30.10.12

 
 
 

Zaia: dal Veneto sì all’Euroregione ma con veri poteri per uscire dalla crisi

Post n°1364 pubblicato il 29 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

«Prima di tutto dobbiamo essere solidali con i nostri cittadini: questa è la vera sfida. E poi, come dice il Capo dello Stato, il Federalismo non è una scelta ma una necessità. L’importante è essere uniti contro Roma»

di Andrea Accorsi

Presidente Zaia, come vede il Veneto il progetto di un “asse del Nord”, cioè di una Macroregione che ridisegni i confini e i poteri istituzionali delle Regioni padane e alpine?
«Noi veneti viviamo questo progetto con ancora più ansia e voglia di risultato che altrove. In questo momento nella nostra regione si sta parlando molto anche di indipendentismo e referendum per l’autonomia, temi che in Europa sono stati perseguiti con successo da altri popoli come catalani e scozzesi».
Ma così non si rischia di accavallare progetti in conflitto tra loro?
«Una cosa non elimina l’altra, non le vedo in contraddizione tra loro. Se un Veneto indipendentista partecipa con una squadra di Regioni del Nord in una comunità indipendente, potrebbe essere un bel viatico per l’Euroregione. Siamo in un periodo storico strano, dove il Nord continua a pagare per il Sud. Una Euroregione intesa come insieme di realtà di natura politica e giuridica sembra influente rispetto al nostro progetto. Se immaginiamo un’Europa di Regioni e di macroaree, sarebbe come un’Europa fatta di comunità che si mettono insieme perché condividono strategie comuni».
Ora però le attuali Regioni si devono difendere anche da Monti, che ha annunciato l’intenzione di sottrarre loro competenze importanti, dalle infrastrutture all’energia, dal turismo alle relazioni internazionali...
«Monti aveva due alternative: rieditare lo statalismo e il centralismo, o consegnare i libri in tribunale e dichiarare il fallimento tecnico di molte comunità del Paese. Ancora una volta è prevalsa la vecchia scelta».
Ma non le pare che il Nord, a differenza del passato, viva una grave crisi economica e non possa più permettersi di mantenere altri?
«La crisi ci sta mordendo forte. In Veneto ci sono 172 mila disoccupati. Un ragazzo su quattro sotto i trent’anni è senza lavoro e altri due sono precari. Alla luce di questi dati non abbiamo molto da fare sul fronte della solidarietà. Prima di tutto dobbiamo essere solidali con i nostri cittadini. Questa è la vera sfida».
Quindi, paradossalmente, la crisi in atto potrebbe rivelarsi un fattore per accelerare il percorso autonomista rispetto a Roma e all’Europa delle banche?
«Lo dice il Capo dello Stato: il Federalismo non è una scelta ma una necessità. È avere assunzione di responsabilità, da parte di tutti. Condivido l’idea fondamentale di una Macroregione. Ma che sia una Euroregione con poteri, se no ci facciamo ridere dietro. Il passo decisivo lo segnerà la crisi, il tempo. L’importante è che il Nord sia unito: più siamo coesi, e più Roma avrà difficoltà nel mantenere le sue posizioni di rendita».

dalla Padania del 19.10.12

 
 
 

Il Pdl smonta l’agenda di Formigoni: «Nessun voto a dicembre, sì a primarie con la Lega»

Post n°1363 pubblicato il 18 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

E sulle dimissioni molti consiglieri pidiellini ci ripensano

di Andrea Accorsi

Formigoni si sente già in campagna elettorale. Convoca il Consiglio regionale, annuncia di volerlo sciolto entro giovedì prossimo, intende dare vita alla nuova Giunta già lunedì, ribadisce che si voterà prima di Natale, annuncia il «probabile» sostegno di una lista Sgarbi e torna a respingere la candidatura di Maroni al suo posto. Ma il governatore uscente farebbe bene a sentire prima cosa ne pensano a casa sua, cioè nel Pdl. Perché sia La Russa che Mantovani, coordinatore nazionale e lombardo del partito, stroncano i suoi piani. Mentre molti consiglieri regionali pidiellini sembrano non gradire affatto la fretta di Formigoni di riaprire le urne.
«Formigoni vorrebbe votare al più presto, ma io sono contrario - gli tarpa le ali La Russa -. Di mezzo non abbiamo solo il Natale, ma anche la doverosa necessità di evitare scambi e rotture traumatiche con la Lega addebitabili a noi». Il coordinatore del Pdl «capisce» le ambizioni del Carroccio per la poltrona del governatore: «Sono legittime - afferma -. Le ho capite di meno per Veneto e Piemonte dove non avevano la maggioranza». Veramente in Veneto, alle Regionali del 2010 la Lega è risultata il primo partito con oltre il 35% dei voti, come ricorda il senatore veneto Luciano Cagnin. Che sbotta: «Se non è maggioranza questa!».
Tornando a La Russa, «io ovviamente sono per un candidato del Pdl - spiega -e vedrei bene Albertini (l’ex sindaco di Milano e attuale europarlamentare, nda). Ma è legittimo se la Lega proponesse un suo candidato». Il coordinatore Pdl ricorda poi di aver avanzato «tempo fa» al tavolo regionale del partito la proposta di primarie di coalizione. Proposta che è tornato a illustrare ieri per telefono a Formigoni e di persona a Maroni in un colloquio a Montecitorio.
«Veniamo da un’alleanza ormai di decenni con la Lega - sottolinea La Russa -e abbiamo il dovere di preservarla nell’interesse dei cittadini, senza baratti e do ut des, tenendo conto dell’ottimo lavoro, al di là delle inchieste di questo periodo, fatto dalle Giunte Formigoni». Ma se primarie del centrodestra ci saranno, dovranno avvenire «in un quadro di intesa della Lega Nord e del Pdl che non sia a spizzichi e bocconi. Non è che si fa, lì sì, a Brescia no, a livello nazionale sì... Serve un’intesa di prosecuzione a 360 gradi». E febbraio rimane la prima ipotesi di La Russa per le elezioni regionali in Lombardia.
Ma Formigoni deve rivedere l’agenda anche per il coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani. «Dicembre non è una data proponibile» taglia corto Mantovani, per il quale è importante prima di tutto fare la nuova Giunta e poi approvare la legge elettorale. «Questa è la decisione che è stata presa quando è stato chiesto ai consiglieri regionali Pdl la disponibilità a dimettersi». Una disponibilità che però qualche consigliere non ha dato, o ha ritirato. «Si è decisa un’accelerazione - ha spiegato Mantovani - e qualche consigliere si è legittimamente fatto venire qualche dubbio». Motivo: la volontà di Formigoni di sciogliere il Consiglio già il 25, legge elettorale pronta o no.
Anche Mantovani, come La Russa, non ha mai nascosto di considerare con favore le primarie del centrodestra per decidere il candidato presidente della Lombardia. Ma Formigoni non vuole neanche sentirne parlare. «Primarie di coalizione tra Pdl e Lega? Immagino sia uno scherzo, e che in realtà nessun dirigente del Pdl ci stia pensando veramente. Sarebbe la fine definitiva del Pdl»: è quanto appunta Formigoni sulla sua pagina ufficiale di Facebook. «E allora sto allo scherzo - prosegue - e dico: primarie sì, ma solo tra candidati pidiellini. Lasciare la Lombardia nelle mani della Lega, dopo il Piemonte e il Veneto significherebbe far scappare a gambe levate gli ultimi dei nostri elettori».
In precedenza, il governatore lombardo al tramonto ha ribadito il suo pensiero: «Non credo che il prossimo presidente della Regione Lombardia possa essere della Lega dopo ciò che è successo». Peraltro, «ritengo che la collaborazione possa continuare». Quanto a Maroni, «non ritengo che possa rappresentare l’unità tra Pdl e Lega dopo che il suo partito ha rotto l’alleanza che ha portato alla fine della legislatura. Il mio giudizio - sottolinea - non è contro la persona ma soltanto sull’opportunità politica. A me - conclude - non mi rottama nessuno».
E Berlusconi? L’ex premier e leader Pdl tace, ma in privato avrebbe ribadito la necessità di recuperare il Carroccio, visto che la Lombardia viene considerata il laboratorio per le future alleanze nazionali. «Per provare a vincere nel 2013 la Lega può tornarci utile, è sempre stato un alleato fedele», sarebbe il ragionamento del Cavaliere. Non a caso, l’ex premier avrebbe consigliato ai suoi di usare toni dialoganti con il Carroccio, senza dare indicazioni precise sulla data del voto.

dalla Padania del 18.10.12

 
 
 

TASSE E BALLE Il Governo “sbaglia” i calcoli: e a rimetterci siamo sempre noi

Post n°1362 pubblicato il 17 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Negativo il saldo tra riduzione dell’Irpef e aumento dell’Iva. Penalizzati i bilanci delle famiglie, a partire da quelle meno abbienti

di Andrea Accorsi

Spremuti e menati per il naso. Il nuovo sistema di detrazioni fiscali messo a punto dal Governo nella Legge di stabilità, e che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2013, si rivela già una solenne fregatura. L’ennesima. E a pagarne il conto saranno ancora una volta i cittadini.
«Nelle tasche degli italiani entreranno 5,5 miliardi in più» giurava il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. Tutte balle. Perché il ministro si è “dimenticato” l’aggravio dell’Iva, che da luglio prossimo aumenterà di un punto: l’aliquota del 10 per cento aumenterà all’11%, quella del 21% al 22%. Un aumento che rappresenta una sconfitta per il Governo, come messo in evidenza sul Corriere della Sera di ieri in prima pagina da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Per i due economisti «a un anno di distanza non si è neppure riusciti ad evitare un aumento dell’Iva che annullerà, soprattutto per le famiglie con reddito più basso, i benefici del timido taglio delle aliquote Irpef». Ed è significativo che questa stroncatura arrivi da Via Solferino.
A conti fatti, dunque, non solo nei bilanci familiari non entrerà un centesimo in più, ma gli stessi finiranno in rosso. «La legge, se non corretta, rischia di rappresentare l’ennesima stangata per le famiglie e i consumatori già spremuti e tartassati, che oltre al danno dovranno anche subire la beffa di un Governo che non sa neppure fare i conti con il pallottoliere». Così una nota sul sito di Federconsumatori, che ha corretto i calcoli fatti dal ministro.
«Il Governo - prosegue la nota - per bocca del ministro Grilli ha affermato che il taglio delle detrazioni vale un miliardo, quello dell’Irpef 6,5 miliardi, quindi ci sarebbero 5,5 miliardi che resteranno nelle tasche degli italiani. Chissà perché nel calcolo il ministro ha dimenticato l’aumento dell’Iva, che se non scongiurata dal 1° luglio, costerà 3,3 miliardi in sei mesi, 6,6 miliardi su base annua, deprimendo i consumi già deboli con fortissime ricadute sul potere di acquisto e sulla capacità di spesa».
Secondo i dati diffusi dal quotidiano il Messaggero sulla base della relazione tecnica al provvedimento, guardando agli effetti concreti della manovra su imprese e famiglie l’aggravio di tasse nel 2013, considerato anche l’aumento dell’Iva, arriva a 4 miliardi di euro. Dunque il saldo tra maggiori detrazioni fiscali da una parte e incremento dei prezzi conseguente all’aumento dell’Iva dall’altro sarà negativo. Con buona pace di Grilli.
Alcuni esempi pratici li ha fatti Paolo Manasse, docente di Economia politica all’Università di Bologna. «La questione è complicata - avverte Manasse - perché le famiglie più povere beneficiano da un lato dalla riduzione delle aliquote Irpef che accresce il loro reddito disponibile, ma sono allo stesso tempo le più danneggiate dall’aumento dell’Iva, perché spendono una frazione maggiore del proprio reddito disponibile in consumi, in particolare in beni alimentari (la cui aliquota subisce l’aumento percentuale maggiore, passando dal 10 all’11%)».
Il professor Manasse ha così ricostruito che cosa accade al bilancio di famiglie con reddito annuo pari a 10, 20 e 30 mila euro, quando si riducono le imposte sul reddito e nello stesso si aumenta l’Iva come nel ddl approvato dal Consiglio dei ministri. E in tutti i casi, come si può vedere nella tabella a fianco, le spese aumentano rispetto ai risparmi fiscali.
Ma non basta. «Il mix fiscale premia di più le fasce più abbienti e lascia inalterata la situazione di quelle meno abbienti». Quando si dice che quello di Monti è il Governo dei ricchi...
«La legge di stabilità - conferma Massimo Vivoli, vice presidente vicario della Confesercenti e presidente della Fipac, l’organizzazione dei pensionati della confederazione - sta aumentando sempre di più il senso di instabilità delle categorie più deboli, a cominciare dai pensionati, che faticano sempre di più ad arrivare a fine mese. L’aumento dell’Iva ha depotenziato il taglio dell’Irpef annunciato, portando un aggravio di circa 100 euro annui per le famiglia con reddito al di sotto dei 15 mila euro. Non c’è più spazio per altri prelievi fiscali, soprattutto a carico degli anziani e delle famiglie in difficoltà. Non si può più spremere chi ha già dato oltre il possibile - taglia corto Vivoli - mentre la politica continua a dare sfoggio di spreco a carico dei cittadini. È ora di restituire un po’ di ossigeno a chi è senza respiro puntando sui tagli alla spesa ed evitando che il conto finisca sempre sulla tavola degli stessi».

dalla Padania del 16.10.12

 
 
 

L’avvoltoio Monti si avventa su eroi, invalidi e cani guida

Post n°1361 pubblicato il 17 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

La Legge di stabilità vuole triplicare l’Iva sulle prestazioni sociosanitarie e tassare perfino i decorati con medaglie al valore militare

di Andrea Accorsi

Vogliono tassare perfino i cani guida dei ciechi e gli eroi di guerra. Pur di racimolare qualche spicciolo per tirare un po’ più in là l’agonia del bilancio nazionale, la Legge di meschinità, pardon stabilità prevede anche questo. E si rivela una mazzata per invalidi e onlus.
Dal 1° gennaio 2013 verranno tassate rendite finora protette quali le pensioni di invalidità, quelle di guerra e gli assegni mensili destinati a chi è stato decorato con medaglie al valore militare. Tutte queste prestazioni previdenziali saranno sottoposte all’imposizione Irpef, con un prelievo minimo del 23 per cento, per i contribuenti che denunciano più di 15 mila euro lordi. Ad esempio, chi aveva un assegno di accompagnamento per il figlio disabile (appena 400 euro al mese) se ne ritroverà quasi 100 in meno.
Alcuni invalidi staranno ancora peggio. Sono i non vedenti, che dovranno mettere in conto addirittura il loro cane guida. «Sarebbe allo studio l’introduzione di una tassa sui cani guida dei non vedenti - si legge sul sito dell’Ente nazionale protezione animali -. Sarebbe una mostruosità poiché, oltre a colpire gli animali, andrebbe a danneggiare una categoria sociale estremamente vulnerabile».
Non basta ancora. Una doppia stangata attende il terzo settore: da un lato, il mancato rinnovo del 5 per mille e dall’altro l’introduzione di una franchigia di 250 euro sulle detrazioni per le donazioni agli enti di volontariato. Secondo il Movimento difesa del cittadino (Mdc) «la norma affonderebbe solo le piccole realtà operative sul territorio, non interessando la deducibilità delle erogazioni nei limiti del 10% del reddito e fino a 70 mila euro. Solo le associazioni più grandi quindi, che generalmente ricevono donazioni maggiori, continueranno a godere di questa forma di incentivo».
L’aumento dell’Iva dal 4 all’11% per le prestazioni sociosanitarie, poi, «sarebbe un ulteriore, durissimo colpo a tutto il sistema di welfare»: parola di Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza. «Ci chiediamo - commenta l’on. Massimiliano Fedriga, responsabile Welfare e Lavoro della Lega Nord - come si possa solamente pensare che questo sia un Governo equo e indispensabile per il bene del Paese quando non ha fatto altro, dal giorno del suo insediamento avvenuto dall’alto, che rappresentare l’interesse delle potenti lobby che lo appoggiano».

dalla "Padania" del 16.10.12

 
 
 

LA CORTE DEI CONTI "CONDANNA" IL GOVERNO

Post n°1360 pubblicato il 15 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Spietata relazione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato: «Non ne ha azzeccata una»

di Andrea Accorsi

Costosa, inefficace, precaria, perversa. È la politica del Governo Monti nelle parole della Corte dei Conti. Roba da andare a nascondersi, altro che ricandidarsi.
I giudizi della magistratura contabile sono più spietati dei più spietati oppositori di Monti & C. Leggere per credere le parole del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel corso dell’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla nota di aggiornamento del Def, il Documento di economia e finanza predisposto dai “tecnici”.
«AUSTERITÀ INUTILE». Per Giampaolino la somministrazione di «dosi crescenti di austerità e rigore» è una «terapia molto costosa e, in parte, inefficace» in assenza di una «rete protettiva di coordinamento e di solidarietà e soprattutto se incentrata sull’aumento del prelievo fiscale. Si è di fronte - ha insistito - a evoluzioni contraddittorie: si realizzano risultati importanti nel controllo della finanza pubblica, ma i mercati li riconoscono solo in parte. Si continuano a inasprire le manovre correttive, ma l’economia reale non riesce più a sopportarne il peso».
La cura Monti «non offre neppure certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie». Si tratta di una spirale negativa che «è ben evidenziata dall’esame della situazione italiana. Ancorché obbligato, il pareggio di bilancio conseguito con queste modalità appariva alla Corte in equilibrio precario. Con un alto livello di entrate e di spese pubbliche, oltre che con un’inflazione in rapida risalita, la compressione del reddito disponibile di famiglie e imprese non può, infatti, non generare una caduta dei consumi e degli investimenti».
La magistratura contabile certifica quello che tutte le persone senza fette di salame sugli occhi sapevano da un pezzo: un fallimento su tutta la linea. A partire dall’andamento del Prodotto interno lordo.
«RISULTATI ECCEZIONALI: IN NEGATIVO». Per il 2012 la flessione del Pil è stimata al 2,4% «ma sorprende, soprattutto, la diminuzione dell’1% del prodotto anche in termini nominali», dice Giampaolino. «Un risultato eccezionalmente negativo che, storicamente, si era verificato solo nel 2009, l’anno centrale della “grande recessione”». Nel 2013, ricorda la Corte dei Conti, si registreranno minori entrate per oltre 21 miliardi rispetto a quelle previste in aprile. Di questi, poco più di 6,5 miliardi sono riconducibili al superamento dei previsti incrementi dell’Iva (almeno fino al giugno 2013), ma la flessione delle imposte dirette (-7,4 miliardi) e dei contributi sociali (-2,3 miliardi) è da imputare ad una caduta del Pil molto superiore al previsto.
Il negativo andamento delle entrate, sottolinea Giampaolino, «è compensato, almeno in parte, da una riduzione della spesa al netto di interessi, inferiore di circa 5 miliardi al livello previsto, anche se per oltre 2 miliardi dovuta ad un’ulteriore flessione di quella in conto capitale». Per il 2013 risultano, quindi, «molto meno favorevoli i risultati sia in termini di avanzo primario (inferiore di oltre 16 miliardi) che di indebitamento netto (superiore di quasi 17 miliardi)».
«CRESCITA IN CORTO CIRCUITO». L’urgenza delle misure di correzione dei conti pubblici ha portato a «effetti perversi di un corto circuito tra inasprimenti fiscali e crescita economica». L’approfondimento della recessione, secondo la Corte, «ha impedito di conseguire gli obiettivi di entrata, nonostante gli aumenti discrezionali di imposte con cui il Governo ha cercato di compensare la ciclicità del gettito fiscale».
E ancora. L’economia solo «difficilmente» potrebbe sostenere una nuova manovra di correzione dei conti pubblici che, comunque, «non dovrebbe rivelarsi necessaria». Secondo i magistrati contabili dal lato della spesa «si rilevano maggiori uscite al netto degli interessi per oltre 2 miliardi».
«SERVONO COSTI STANDARD». La Corte invita poi ad anticipare alcune misure previste dal Federalismo fiscale, come l’introduzione dei costi standard. Nelle parole dei giudici contabili, il processo di revisione della spesa degli Enti locali dovrà essere accompagnato a «verifiche che consentano non solo un ridimensionamento delle spese di funzionamento ma, soprattutto, la conformità a precostituiti parametri normativi». L’attività di controllo, aggiungono, dovrà «evitare che i tagli si concentrino, come nel recente passato, solo sugli investimenti pubblici o sui livelli dei servizi resi ai cittadini».
«VISTOSI PEGGIORAMENTI PER LE FAMIGLIE». A proposito di cittadini. «I dati di contabilità nazionale evidenziano come quello in corso sia l’episodio recessivo di massima intensità per i consumi delle famiglie». La magistratura contabile evidenzia i «peggioramenti vistosi» che si riscontrano per i consumi delle famiglie, stimati in riduzione del 3,3 per cento. Dati negativi interessano anche gli investimenti fissi lordi, che registrano una flessione superiore all’8%. Mentre per il settore delle costruzioni si registra una contrazione che va avanti da 19 trimestri consecutivi». I consumi pubblici, intanto, registrano la decima riduzione trimestrale consecutiva.
I risultati attribuiti al programma di riforme, secondo la magistratura contabile, hanno «una dimensione insufficiente per colmare il vuoto di domanda apertosi dal 2007. Siamo in presenza di un ridimensionamento della domanda aggregata che a metà 2012 aveva raggiunto queste cifre: -19% per gli investimenti in macchinari, -23% per le costruzioni, -4% per i consumi delle famiglie, -6,7% per le esportazioni». Si tratta di «fortemente negativi e presumibilmente destinati a peggiorare nella seconda parte dell’anno e nei primi mesi del 2013».
È dunque necessario, secondo la Corte dei Conti, «rafforzare la strategia per la crescita, affidando ad essa obiettivi più ambiziosi di quelli finora adottati». Gli interventi per la crescita sono solo in parte riforme senza spesa. «E sicuramente richiedono che si apra una prospettiva di riduzione della pressione fiscale».

dalla Padania del 3.10.12

 
 
 

CANER: «Basta tasse e aiuti a senso unico, subito interventi per le imprese del NORD»

Post n°1359 pubblicato il 07 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

«Vale la pena distruggere l’economia per abbassare il debito pubblico? Se ci sono risorse per le aziende decotte del Sud, allora che si trovino anche per quelle delle altre regioni»

di Andrea Accorsi

«Si sta verificando quello che come Lega avevamo già preventivato: tutto ciò che sta facendo questo Governo non ha nulla a che fare con la ripresa. Ci sono soltanto tasse su tasse, che stanno mettendo in ginocchio le nostre imprese. Di questo passo, il tessuto economico locale sarà annientato. E poi mi devono spiegare come potrà mai esserci una ripresa».
La scenografica protesta degli operai Vinyls di Marghera, saliti per alcune ore sul Campanile di San Marco a Venezia perché da mesi non ricevono lo stipendio, è solo l’ultima di una serie che, tra silos sardi e cupoloni romani, potrebbe proseguire all’infinito. Ma per Federico Caner (nella foto), vice segretario federale vicario del Carroccio e presidente del gruppo consiliare Lega Nord-Liga Veneta nel Consiglio regionale del Veneto, è un copione atteso. E che ha “autori” precisi.
Perché se è vero che c’è la crisi, e oggi forse anche più di un anno fa, è altrettanto vero che nessuna delle politiche fin qui intraprese dal Governo Monti ha sortito alcun effetto benefico per la nostra economia. Semmai, è vero il contrario.
Vice segretario Caner, come giudica le azioni del Governo per la ripresa economica del Paese?
«Vane e inadeguate. Si continua a sprecare risorse, e la dimostrazione l’abbiamo appena avuta con il finanziamento di 900 milioni alla Regione Sicilia per salvare la classica azienda decotta. Che guarda caso è esattamente in contrasto con quanto emerso negli Stati Generali del Nord, dove gli imprenditori avevano sollecitato la fine degli aiuti alle aziende decotte».
Come dovrebbero essere impiegate piuttosto quelle risorse?
«Per abbassare la pressione fiscale. Questa sarebbe stata una risposta positiva. Se no, per carità, salviamo 100-150 posti di lavoro, ma per farlo ne distruggiamo 10 mila nelle piccole e medie imprese. Che potrebbero essere salvate con meno tasse e maggiore liquidità a disposizione».
È un’impressione fondata che la situazione per le aziende sta peggiorando anziché migliorare?
«Stiamo perdendo migliaia di posti di lavoro e un sacco di aziende stanno chiudendo. Questa è la realtà».
Se fosse al Governo, che cosa farebbe?
«Urge un intervento velocissimo, non è questione di anni ma di mesi. Un intervento serio per abbassare la pressione fiscale e dare liquidità alle imprese. Difficilmente si riuscirà a ripartire senza il tessuto delle Pmi».
Ma come: Monti sostiene che sta mettendo a posto i conti del Paese...
«Anche l’opera di risanamento dei conti che Monti dice di fare rischia di essere vana, perché se si distrugge il tessuto economico del Paese, a che serve abbassare il debito pubblico? Vale la pena, per farlo, distruggere l’economia? Tra l’altro, per inciso, queste manovre non stanno abbassando il debito pubblico. Nonostante gli sforzi, le lacrime e il sangue che i nostri imprenditori stanno versando, il debito continua ad aumentare. Ma allora che senso ha fare uno sforzo simile, che comporta danni permanenti alla nostra economia, se così non si risana neppure il bilancio?».
Che cosa servirebbe piuttosto?
«Una politica diversa, anche a costo di avere un debito pubblico che sale e di un po’ di inflazione, com’è sempre stato con le classiche manovre economiche del passato. Ma il problema è che siamo in un’Europa nella quale non si può battere moneta, né immettere liquidità nel sistema. Ma la cosa più grave è stata un’altra».
Quale?
«Approvare il Fiscal compact (l’accordo europeo per l’equilibrio di bilancio, nda). Una politica fiscale e di bilancio che ci costerà 50 miliardi all’anno per i prossimi vent’anni per far rientrare il debito pubblico, obbiettivo peraltro irraggiungibile. Questa rigidità strutturale nelle politiche economiche ci costerà l’intero nostro tessuto economico locale. E in futuro come daremo da mangiare alla nostra gente?».
Non bastassero i diktat europei, il Governo sembra distinguersi per l’uso di due pesi e due misure tra aziende in crisi al Nord e al Sud. È così?
«È sempre così. È già accaduto per la Vinyls, per l’Alcoa, per altre aziende locali. Alle politiche e agli aiuti messi in campo per alcuni, non è mai corrisposto lo stesso trattamento da parte di Roma per aiutare le nostre aziende. Quindi diciamo basta ai finanziamenti alle imprese decotte, però nel momento in cui si fa un’eccezione per alcuni, la si faccia anche per le aziende del Nord. Perché questo razzismo al contrario?».
Ma i razzisti non eravamo noi?
«Dicono che noi ce l’abbiamo col Sud, ma se continuano a buttare risorse al Sud e in situazioni analoghe non si rispetta il Nord, è una questione di disparità che salta agli occhi. E fa arrabbiare i nostri imprenditori e anche i nostri operai. Mi aspetto che adesso, almeno per pareggiare la situazione, arrivino finanziamenti da Roma anche per le aziende del Nord».

dalla "Padania" del 6.10.12

 
 
 

Conto alla rovescia per i FRONTALIERI sulle indennità di DISOCCUPAZIONE

Post n°1358 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Da domani tremila lavoratori rimasti senza posto oltreconfine potrebbero non ricevere più un soldo

di Andrea Accorsi

Sos per i frontalieri rimasti senza lavoro. Da domani rischiano di non percepire più alcuna indennità di disoccupazione né dall’Inps né dalla Svizzera. A lanciare l’allarme è il senatore varesino Fabio Rizzi, che si definisce un «cattivo profeta» perché già nel giugno 2010 presentò un disegno di legge per prevenire questa eventualità. Ma «a distanza di oltre due anni - sottolinea Rizzi - il ddl giace come lettera morta, in virtù del fatto che a nessuno interessa il destino di poche migliaia di frontalieri, residenti in Insubria».
A farne le spese saranno in tremila, soprattutto comaschi e varesini, che non percepiranno più l’indennità di disoccupazione pur avendo versato regolarmente, come i loro datori di lavoro oltreconfine, le quote previste. Il buffo è che i soldi ci sono. Negli anni si è accumulato un “tesoretto” di ben 386 milioni di euro: molti di più di quelli che servirebbero, stimati da Rizzi in «30 milioni all’anno». Ma una circolare dell’Inps dello scorso 6 agosto ha bloccato il versamento delle indennità previste.
In realtà, si difende l’istituto di previdenza in un comunicato a firma del direttore regionale Giuliano Quattrone, è tutto «un equivoco». Per Quattrone «gli importi attualmente posti in pagamento sono inferiori a quelli pagati negli anni precedenti». Peccato che a molti (ex) frontalieri l’indennità di disoccupazione non sia stata ridotta, ma azzerata. E da domani, a due mesi dalla circolare, potrebbe essere così per tutti.
Per le autorità elvetiche è lo Stato di residenza, dunque in questo caso l’Italia, che deve farsi carico del pagamento dell’indennità di disoccupazione. Ma se l’Inps smetterà di versarla, i tremila frontalieri disoccupati resteranno senza un centesimo. Di franchi come di euro.
«L’avevamo previsto - lamenta Rizzi - e così nella totale indifferenza di Governo, sindacati e partiti nazionali, i lavoratori frontalieri disoccupati non percepiranno più la relativa indennità di disoccupazione né dall’Inps né dalla Svizzera. Fossimo stati a Taranto sarebbe stato diverso, dove questo schizofrenico Governo ha gettato dalla finestra gli ennesimi 336 milioni di euro, approvati in via definitiva dal Senato, con l’ovvio voto contrario della sola Lega Nord».
Rizzi si riferisce al “decreto Taranto” per risanare e rilanciare la città pugliese, che prevede la disponibilità, appunto, di 336 milioni di euro. Caso curioso, quasi la stessa cifra che risulta accantonata dai frontalieri nel loro fondo disoccupazione.
«Il fondo - spiega Rizzi -, istituito nel 1997 con una legge promossa all’epoca da Giancarlo Giorgetti, si incrementava al ritmo di 140 milioni all’anno, mentre ne venivano usati 10-12 milioni. Per questo, come Lega abbiamo sempre chiesto di utilizzarlo per altre iniziative a favore dei frontalieri, come il rifacimento di strade e dogane, ma ci hanno sempre risposto picche. Ora siamo rimasti senza capra né cavoli: i soldi ci sono, ma nessuno dà le indennità ai frontalieri». Rizzi ha presentato una interrogazione urgente ai ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, e del Welfare, Elsa Fornero , per sapere cosa intendono fare e per sollecitare «una calendarizzazione urgente e una conseguente rapida approvazione» del suo ddl di due anni fa, presentato anche alla Camera dall’on. Nicola Molteni. In sostanza, il ddl ripristina i princìpi di utilizzo del fondo previsti dalla legge del 1997, scaduta «per un meccanismo tecnico parlamentare - sbotta Rizzi - che non sono mai riuscito a capire. Un vero mistero di Palazzo».
Il timore è che i soldi del fondo siano già stati spesi per qualcos’altro. «In definitiva - taglia corto Rizzi - se i soldi ci sono, usiamoli. Se no, troviamoli. Oppure stabiliamo che i frontalieri sono cittadini di serie B e che non hanno diritto allo stesso trattamento di tutti gli altri. In questo momento, sono figli di nessuno».

dalla Padania del 5.10.12

 
 
 

BATMAN in manette Sotto la lente spese per 6 MILIONI

Post n°1357 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

L’ex capogruppo Pdl in Regione Lazio a Regina Coeli. «Sono sereno e assolutamente innocente»

L’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, Franco Fiorito (nella foto), noto nella capitale come “er Batman”, è stato arrestato per peculato ed è ora detenuto a Regina Coeli. Il provvedimento è stato eseguito su richiesta della Procura che aveva ottenuto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere dal gip.
«Sono sereno, sono tutti molto cortesi e sono sereno - ha detto Fiorito a Tgcom24 -. L’ordinanza l’ho letta velocemente e parla di una ipotetica fuga con mezzi veloci come barche e macchine e poi di una mia ancora permanenza in un ruolo che possa nuocere. Il Consiglio è sciolto - ha ricordato - e non sono più il capogruppo, mi sembra una discreta forzatura, però vedremo, io rispetto la magistratura. Di certo non me l’aspettavo e non è una cosa piacevole. Innocente? Assolutamente sì», ha concluso.
Al centro dell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex capogruppo Pdl ci sono 193 bonifici per complessivi 1.380.000 euro. Nell’indagine è emerso che Fiorito ha movimentato oltre 6 milioni, in parte mediante assegni, pagamenti in contanti e carta di credito. L’indagine della Gdf dovrà prendere in esame tutti questi movimenti per accertare dove siano finiti i soldi.
Gli accertamenti riguardano anche la rete di finanziamenti che Fiorito avrebbe attivato ricorrendo all’opera dei segretari del gruppo Pdl alla Regione, Pierluigi Boschi e Bruno Galassi. Anche per loro c’è l’ipotesi di reato di peculato, ma la loro posizione è ancora all’esame degli investigatori.
Fiorito, osserva il gip Stefano Aprile nell’ordinanza con la quale dispone la sua detenzione in carcere, ha messo in atto una «preordinata azione di spoglio dei conti del gruppo Pdl fin dalla data di assunzione della carica».
«In una sola giornata - evidenzia il giudice -, il 2 luglio 2012, sono stati compiuti da Fiorito ben 13 bonifici (di cui 6 nazionali e 7 all’estero) per un importo di euro 100.567. È evidente che questo rilevante movimento di denaro uscito dal conto del gruppo Pdl e a favore di Fiorito costituisca il capitolo finale di quella preordinata azione di spoglio posta in essere dall’indagato fin dalla data di assunzione della carica; l’accelerazione finale si spiega agevolmente con l’approssimarsi della discoperta delle ruberie e, quindi, con la necessità di completare, in maniera frettolosa e patente, il progetto criminale».
Ancora, per il gip «le indagini compiute hanno permesso di acquisire numerosi elementi per ritenere che Fiorito fin dall’inizio della consiliatura, abbia inteso le sovvenzioni pubbliche previste dalle leggi regionali per le realizzazioni di interessi e utilità pubbliche come proprio personale portafoglio». In questo «portafoglio» rientrerebbe anche l’acquisto di una caldaia per la villa del Circeo e di una jeep (del valore di 35 mila euro) per far fronte all’emergenza neve verificatasi a Roma lo scorso 13 febbraio.
Quanto al ritrovamento di documenti nel tritacarte e nella pattumiera dell’abitazione di via Micheli (frammenti di fatture destinate al gruppo consiliare del Pdl), il giudice afferma: «Tale ultimo aspetto merita un’attenta disamina poiché costituisce la “pistola fumante” del comportamento mistificatorio dell’indagato e della specifica azione di inquinamento probatorio». Il gip sottolinea che Fiorito «ha frapposto seri ostacoli» allo svolgimento delle indagini, facendo anche false dichiarazioni e confusione e alterando i fatti. Infine rimprovera a Fiorito lo spregiudicato uso di interventi presso i media. L’ex capogruppo è stato, tra l’altro, ospite pochi giorni fa di Porta a Porta.

A. A.

dalla "Padania" del 3.9.12

 
 
 

Gibelli: Euroregione, ora facciamo sul serio

Post n°1356 pubblicato il 01 Ottobre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

«La sfida sarà farci convergere in un percorso diverso da quello riformatore degli ultimi anni, che è fallito. Per questo non partiamo più dal livello parlamentare ma dal basso». Agli alleati: «Basta chiacchiere, serve risposta all’aggressività fiscale»

di Andrea Accorsi

Vicepresidente Gibelli, nel dibattito politico il progetto Euroregione sta soppiantando quello storico di Macroregione. C’è differenza tra i due progetti?
«Hanno un significato simile, ma non identico - risponde Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia -. Noi presenteremo un progetto molto preciso che sgombra il campo dalle definizioni di cui oggi tutti parlano. Su questo chiederemo ci sia una convergenza senza esitazioni: il tema è troppo fondamentale per non farlo passare dalle parole ai fatti. In realtà la Macroregione in quanto tale, come ha sottolineato il Segretario Roberto Maroni chiamandola Euroregione, è la dimensione politica di una nuova Europa costituita da entità che di fatto si candidano a sostituire gli Stati nazionali. Questo processo inoltre è perfettamente coerente con tutto quello che in Europa sta accadendo in risposta alla crisi dello Stato nazionale e della finanza come strumento di sviluppo, che è fallito miseramente».
Si calcola che l’Euroregione permetterebbe di trattenere gli 8/10 delle risorse sul territorio...
«In questo momento indicare cifre precise ha il sapore della provocazione. C’è la necessità politica di indicare una quota coerente con il Prodotto interno lordo che io definisco, in termini meno keynesiani, i sacrifici di chi lavora. A fare numeri ci si dimentica del sudore di chi li fa diventare fatti concreti. La sfida sarà far convergere scelte che mettano il Nord dentro un percorso diverso da quello riformatore che ha contraddistinto gli ultimi anni. Non a caso, la crisi economica che attraversa Paesi come la Spagna ha spinto solo ora due milioni di persone in piazza a invocare l’autonomia».
In che misura l’Euroregione è condivisa negli altri Paesi europei?
«Da più parti in Europa si è rilevato come, nonostante le risorse dei fondi di perequazione e di solidarietà, lo sviluppo non è mai omogeneo, per motivi non economici ma culturali. Al tavolo in cui si parla della strategia macroregionale alpina senti dire ai bavaresi che l’energia prodotta dalle Alpi è patrimonio del popolo delle Alpi e non dev’essere Bruxelles a decidere come disporne. Mentre Rhône-Alpes dice che attorno alle Alpi ci sono le terre dei produttori primi in artigianato, industria, servizi, turismo e agricoltura, e che tutti i prodotti di qualità che escono da questo insieme di 49 regioni devono avere un medesimo identificativo di qualità e tutela, denominato Alpin Space. Allora capisci quanto da altre parti siano avanti in questa presa di coscienza della tutela dei sistemi produttivi e dell’identità, laddove il lavoro è la modalità per riconoscersi in una società. Questo ritardo che l’Italia non ha voluto capire va affrontato non più da progetti riformatori a livello parlamentare, ma dal basso. Poi l’aggressività dell’attuale Governo nei nostri confronti ha portato alla coscienza di unire le forze delle regioni del Nord, a far convergere sensibilità diverse rispetto alla Lega: penso a Toldo, a Formigoni, all’unione tra Marche, Molise e Abruzzi. È la dimostrazione che l’aggressività fiscale e centralista sta cominciando a segnare passi importanti in termini politicamente e geograficamente inediti».
Ma quanto c’entra davvero un Formigoni con questo progetto?
«In politica spesso ha ragione chi alza la voce. Appropriarsi di queste battaglie è un inseguimento in toni maggiori. La politica è fatta anche di queste cose. Ma visto che di parole ne abbiamo sentite tante negli anni passati, soprattutto dal Pdl nostro alleato da dodici anni a diversi livelli, è il momento di gridare “carta canta” e lasciare il “verba volant” a Roma».

dalla Padania del 16.9.12

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: accorsiferro
Data di creazione: 04/03/2006
 

IL FILM CHE ABBIAMO VISTO IERI SERA

Il Prof. Dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionato con la mutua**

Legenda:

** = merita
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Andrea:

Kate Quinn

Fiori dalla cenere

(Nord)

 

I NOSTRI LIBRI PREFERITI

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Assassinio sull'Orient-Express di Agatha Christie

Cime tempestose di Emily Bronte

Dieci piccoli indiani di Agatha Christie

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Guerra e pace di Lev Tolstoj

Illusioni perdute di Honoré de Balzac

Jane Eyre di Charlotte Brontë

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Madame Bovary di Gustave Flaubert

Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov

Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse

Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

 
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