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"PIU' DEL CLAMORE DEGLI INGIUSTI TEMO IL SILENZIO DEGLI ONESTI"

 

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CORSI E RICORSI A PASSO DI MARCIA

Post n°370 pubblicato il 02 Dicembre 2006 da bargalla

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Un'altra marcia su Roma!
Ufficialmente convocata per protestare contro la Legge di Bilancio del governo Prodi, contro una Finanziaria che fra tasse e tagli, purtroppo, è la più draconiana degli ultimi anni.  Logica conseguenza, è sempre bene rammentarlo, di cinque anni di malgoverno Berlusconi, durante i quali il tricofilo minor ha pensato più ai cazzi suoi e a quelli di una sparuta minoranza. Le famigerate "leggi ad personam" stanno lì a dimostrarlo, insieme all'aumento del deficit e del debito pubblico, con una crescita zero che è la vera eredità del malgoverno Berlusconi.

Ai signori che sfilano a Roma contro il Governo Prodi "contro il regime e per la libertà" consiglio di fare quattro passi anche a Taranto, città ridotta allo sfascio dalla dissennata gestione di una giunta di destra che ha fatto precipitare la patria di Archita, nel baratro del dissesto finanziario. Emblema di quello che potrebbe diventare l'Italia se dovesse nuovamente affidarsi alle cure del "cavalier menzogna".
Se avessero un minimo di pudore, dovrebbero recitare un "mea maxima culpa" e invece marciano allegri e giulivi, per protestare, in definitiva, contro se stessi nel tentativo paradossale di scaricare su altri, colpe che gli sono proprie.
La "terza marcia su Roma" a dispetto di ogni logica protestataria, è stata scientificamente organizzata per essere un plebiscito per l'ex presidente del consilvio, prossimo ad essere osannato e proclamato santo, protettore dei furbi saprofiti riccastri e dei loro lacchè, un'apoteosi populista tributata al bisunto signore di Arcore "risorto" dopo tre giorni di ricovero nel reparto solventi (paganti) dell'ospedale di don verzè.
Quella di oggi pomeriggio è stata solo una sfilata di spocchiosi burattini destrorsi pavesati a festa, chiamati in piazza dai gerarchi delle destre e dal loro burattinaio per celebrare il ritorno sulle scene di un rognoso "leone della libertà" che pretende di continuare a ruggire anche per chi, come me, lo vedrebbe volentieri rinchiuso in qualche gabbia, messo finalmente in condizioni di non nuocere da quella Giustizia che lui ha cercato con ogni mezzo di svilire, di avversare e di irridere con provvedimenti, atti e comportamenti che de facto hanno cancellato in questo Paese, il sacro principio dell'Uguaglianza e la certezza delle pene.
In un Paese normale, ad un bovaro dissennato che ha fatto strame di quel poco che restava dello Stato di Diritto, avrebbero già tolto le mandrie, non così accade però nel Belpaese, dove un popolo bue, fra una porcata e l'altra, si lascia ancora irretire e soggiogare da un imbonitore che da par suo interpreta il peggio del fariseume imperante.
"Leone della libertà" lo hanno spudoratamente chiamato, ma cribbio, compro volentieri una consonante per rettificare un sostantivo col quale mi pregio etichettare nel modo più corretto possibile, un personaggio che incarna in sé le infime caratteristiche del vero "lenone" di colui cioè che con lusinghe e allettanti blandizie circuisce chi si lascia plagiare svendendo con un voto la propria libertà al peggior piazzista che sproloquia di "libertà" pensando esclusivamente a come incrementare la sua e quella di un patriziato tronfio e arrogante a discapito naturalmente di quella dei plebei e dei servi della gleba.

E' storicamente sbagliato fare dei parallelismi con le precedenti "marce" di marca più o meno destrorsa, ma lo faccio en passant, confortato dalla memoria scolastica e dalla fortuna di aver avuto al liceo un professore di storia e filosofia, figlio di un gerarca fascista del ventennio, che parlava malvolentieri e con sofferta partecipazione di quel periodo e della seconda marcia su Roma, quella del 29 ottobre del 1922, che regalò purtroppo l'Italia a Mussolini e fece poi di lui, del compianto prof. uno dei tantissimi orfani che rimasero senza un padre.
Benito, altro sciagurato esempio di megalomane concupiscenza e di debordante personalità che seppe coagulare intorno a sé la massa informe di una piazza che lo proclamò "duce" di un popolo che ha sempre bisogno di qualcuno che gli metta la mordacchia, la cavezza e lo guidi a colpi di bastone e carota per portare sul groppone un branco di parassiti imborghesiti e imbolsiti dal potere e dall'arte di infinocchiare.
Ma anche la "prima marcia su Roma" quella del 19 agosto del 43 a. C. offre degli spunti di riflessione perché segnò uno dei momenti più cupi e sofferti dell'Urbe e presenta delle inquietanti analogie con l'attualità più o meno recente che la rendono per così dire paradigmatica di una Storia che si ripete senza purtroppo riuscire a insegnare qualcosa. 
Ottaviano, figlio adottivo di Cesare ucciso nelle idi di marzo del 44 con la complice partecipazione di Bruto, altro figlio adottivo e degenere, dopo aver sbaragliato i "cesaricidi" e le truppe di Antonio, a diciannove anni, marcia su Roma facendosi attribuire la massima magistratura.
Il "Divo Augusto" elimina o fa eliminare gli oppositori, armi in pugno atterrisce il Senato, imponendogli di avallare la presa di un potere in modo sfacciatamente eversivo, un vero e proprio colpo di stato.
Pure in questo caso non mancano le liste di proscrizione e fra i nomi condannati all'ostracismo c'è anche un certo Marco Tullio Cicerone che con le sue Filippiche si scagliò da par suo contro i potenti che con l'inganno e la congiura "uccisero la democrazia" e presero il potere, quello stesso potere che poi armò la mano dei sicari per eliminare uno dei suoi più lucidi oppositori, fra i quali, è da annoverarsi anche un certo Tito Livio, quello della monumentale "ab Urbe condita libri" per pubblicare compiutamente la quale senza rischiare di fare la fine di "Cicero" il buon Livio Tito dovette attendere proprio la morte dell'avversato e discusso Ottaviano.

Non è certo il caso di paragonare gli omuncoli dell'era contemporanea a quelli tramandati dalla Storia, rimane però la consapevolezza che i metodi adottati sono sempre i soliti, magari saranno meno cruenti e violenti di quelli annotati con pathos e lirismo da Tucidite e dagli altri Insuperabili Maestri che nel corso dei secoli ne hanno fatto memoria.
Ma restano sempre, immutabili, l'inganno, il sotterfugio, la demagogia, la "captatio benevolentiae" (col tempo divenuta mediatica) il "panem et circenses" profusi a volontà per rincretinire ancor più il popolo bue, e quella che gli specialisti dei nostri giorni chiamano "character assassination" ovvero la distruzione sistematica della reputazione, l'annientamento più o meno subdolo della credibilità e della dignità personali, in definitiva l'assassinio di una persona non nel suo corpo, ma nella sua identità morale, professionale e sociale.
L'attuazione pratica di quest'ultimo assunto la sia trova nei dossier fabbricati ad arte da un certo piopompa e compagnia pompando e liberamente impastati con farina e trucioli di betulla.
E ancora la si ritrova nell'affaire Telekom-Serbia e in quello sulla commissione Mitrokhin, spie e spioni collusi con settori deviati dei "servizi" in cui difetta grandemente quell'Intelligence che dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto ma abbondano grandemente proprio i cessi, forse non a caso definiti "servizi" nei quali sarebbe ora che andasse a finire tutta quella merda che continua ad ingorgare e a condizionare il corretto funzionamento del sistema democratico italiano.

 
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Commenti al Post:
ossimora
ossimora il 02/12/06 alle 18:02 via WEB
Questo post merita molta visibilità...ciao mon ami
(Rispondi)
 
bargalla
bargalla il 02/12/06 alle 19:07 via WEB
Grazie. Ciao
(Rispondi)
zefiro749
zefiro749 il 04/12/06 alle 08:02 via WEB
grazie .Finalmente un po di storia lucida da divulgare.Vedrai metteranno in bocca al russo cose non dette.Morto non puo disconoscere.
(Rispondi)
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