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Messaggi di Agosto 2016

19 Agosto. Levana

Post n°919 pubblicato il 17 Agosto 2016 da giuliosforza

Post 848

Io nacqui un 19 di agosto, anniversario della morte di Augusto e della intuizione del ‘Cogito’ (padre della Ragione oggettivante, infausta per le sorti della Ragione partecipativa) da parte di Renato delle Carte. Era mezzogiorno, il solleone picchiava sulle case del borgo, le cicale frinivano sui platani della Peschiera, le pecore ammusavano negli stazzi,  l'oistros non dava tregua alle giovenche distese all’ombra dei salici delle ‘Vagli’ e una calma panica posava  sulle cose. Raccontano che il mattino seguente, se non lo stesso giorno, il gigantesco mio padre, afferratomi con una sola delle sue vaste mani (così ripentendo, forse inconsciamente, il rito antichissimo del riconoscimento  paterno ufficiale del neonato, al cospetto della invisibile Levana), col braccio levato mi portasse al poco distante Comune e mostrandomi all’impiegato esterrefatto esclamasse : eccolo, è nato, e si chiamerà Giulio Cesare Augusto Francesco, poiché in esso rivivranno le spirito del fondatore dell’Impero  e della sforzesca Signoria milanese. Aveva le idee chiare, mio padre! Avesse solo immaginato di aver messo al mondo un altro innocuo, superfluo, inutile ‘poeta’!

L’episodio è credibile. Mio padre era aduso ad atti del genere e sicuramente sognava, per quello che avrebbe dovuto essere il sesto dei suoi nati (e presumibilmente l’ultimo, ma così  non fu) un futuro di gloria. Immagino mia madre subisse tra le lacrime l’ennesima rodomontata del marito, cui era abituata, e non si placasse che riavutomi tra le braccia per coprirmi di baci (anche di quelli di cui presto per il mio lunghissimo esilio mi avrebbe privato) nel vasto e prezioso letto della mia concezione e della mia nascita, sotto lo sguardo benedicente di Sant’Anna. Saranno miei commensali, alla mia festa, fra i tanti, di sicuro Augusto, che morendo nella per me fatidica Nola (acta comoedia est, le sue ultime parole) mi diventò famiglio, il buon Delle Carte, Goethe e Luigi Volpicelli mio maestro che a Goethe mi iniziò e come lui concluse il suo ciclo terrestre  a ottantatre anni, quanti io me ne appresto a compiere. Inviterò naturalmente anche Ludwig e, per far dispetto al geloso Francofortese, ne intonerò il Wie herrzlich leuchtet mir die Natur, che ho per gioco adattato alle note del Canto di ringraziamento dei contadini dopo la tempesta della Sesta Sinfonia alle quali così bene s’adatta da sembrare essere stato per esse concepito.

*

Ho sognato me principe, prigioniero di in una casa scura, scavata in una roccia tufacea dai mille cunicoli labirintici, senza finestre ma dalle mille feritoie minuscole come di fortezza, dalle quali osservavo con animo placato, senta lacrime e senza lai, la Liza turgeneviana del Diario di un uomo superfluo(sì, proprio lei) fuggire da me, attraverso boschi e radure, presa da un borghesuccio danaroso (nel racconto del russo avviene il contrario). 
Il curioso è che, placato nel sogno, il mio animo al risveglio è turbato ed irato. Come, si chiede, può accostarsi a un omuncolo chi toccò Zarathustra?
Cose da vanesii, a dir poco.

Questo messaggio, pubblicato su fb, ha suscitato varie reazioni. Cito quella, esagerata, di Alberto Marchetti: “Se intendi superfluo per non omologato tu sei allora il loro, me compreso, comandante. E di Liza ne hai raggiunte così tante nella vita che forse sarebbe giusto iniziare un tuo diario, la tua Recherche, quel viaggio di studi infiniti, di amori infuocati, di lotte ideali, di sguardi febbrili e di bellezze abbracciate, che ti hanno reso il Maestro assoluto che sei. Sei la misura, inarrivabile per me nelle tue sorprendenti qualità, delle divine e infinite potenze di un uomo”.

Troppo buono, Alberto! Non sono superbo e luciferino a tal punto da credere di meritare le tue, un poco anche birbone, parole. Da lodare sei tu per la tua purezza, la tua  sagacia, il tuo ingegno e il tuo impegno civile di combattente indefesso per le cause che ritieni giuste. In quanto alle Lize…quelle reali (ché infinite, sì, furono le agognate, ‘che nella mente e nel cuor mi finsi’), si contano sulle dita di una mano. L’evità è stata da me celebrata in ogni modo, in  versi e in prosa, ma poco nel…talamo (ricordi? “La femme / j’en sors / la mort / dans l’ȃme…). E in quanto alla Recherche…mai se ne avrà da me una sistematica: sono bruniano e nicciano,  non sono amante, forse perché  incapace, di sistemi. Ma chi è davvero interessato alla mia vita in ogni suo aspetto (intellettuale, morale, estetico, politico, affettivo), ne avrà ad abundantiam ricomponendo i frammenti di tutta la mia opera “scientifica” o letteraria, che è tutta, per principio, autobiografica. Soprattutto le ormai migliaia di pagine di questo mio diario virtuale  altro non sono che minutissima e dettagliatissima  autobiografia, lo ho già scritto qualche post fa rispondendo a una richiesta simile. Se una ricerca dovessi, ma è ormai troppo tardi, intraprendere, dovrebbe essere quella dell’abisso del mio cuore, destinato a rimanere insondato, forse perché insondabile. 

_______________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 
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Puzzle di Goethe. Jean Paul. Stefan George

Post n°918 pubblicato il 05 Agosto 2016 da giuliosforza

Post 847

Circa un ritratto goethiano trasformato in puzzle.

Non è l'immagine che preferisco di Goethe, un Goethe ormai "vecchio", compassato, medagliato, olimpico, venerato e osannato in tutto il mondo come una icona vivente. Ma trattandosi di un puzzle creato da allieve del mio corso 2015-2016 sui Wanderjahe, che mi ha permesso di ricomporre forse per la prima volta in vita mia un puzzle, questa immagine finirà per essermi particolarmente cara. In più l'avervi inserito tre strofe di una delle più belle e "ingenue" liriche del Francofortese (che abbiamo cantato sulle note del ‘Canto di ringraziamento dei contadini dopo la tempesta" della Sesta Sinfonia beethoveniana) celebrante la primavera, l'amore, e l'universale risorgente Vita, la rende particolarmente originale, unica e dunque preziosa. Grazie, fanciulle, e...Chàirete!

Ecco le tre strofette:

Wie herrzlich leuchtet / mir di Natur! / Wie glänzt die Sonne, / Wie lacht die Flur!

Es dringen Blühten / Aus jeder Zweig, / Und tausend Stimmen / Aus dem Gesträuch:

Und Freud’ und Wonne / Aus jeder Brust: / O Erd’ o Soinne, / O Glück o Lust!

Come magnificamente risplende per me la Natura, come irraggia il sole, come tutta la vegetazione sorride!  Spuntano fiori da ogni ramo e mille voci si levano da ogni cespuglio. E gioia e tripudio da ogni cuore. O Terra, o Sole, o Felicità, o Voluttà!

Dedico all’alba di questo 5 di Agosto canti voci gioie tripudi felicità e voluttà della Natura alla Vergine Illuminata, splendidior Sole, che il mio popolo oggi festeggia, commosso omaggio d’un panico all’Iside cristiana.

*

I miei Libri per le vacanze.

Oltre al Bandello (Novelle) e a Zola (Rome, troppo bello e troppo cristiano  per non finire nell’Index librorum prohibitorum dell’ Inquisizione romana) mi faranno compagnia l’ancora fresco di stampa Mundus furiosus di Giulio Tremonti (un’analisi lucidissima della crisi del mondo occidentale, soprattutto dell’Europa, il cui declino ricorda nei tratti e nelle caratteristiche quello dell’Impero romano d’Occidente) e Levana e altri scritti di Jean Paul Richter in una vecchia edizione  UTET curata da Clara Bovero e introdotta da Egli Becchi. Questo grande spirito rousseauiano, contemporaneo e pressoché coetaneo di  Goethe  Schiller Herder Heine Novalis,  Fichte Hegel Schelling, il filosofo a lui più spiritualmente affine, Haydn Mozart Beethoven  Schubert... (che avreste dato per nascere nell’epoca e nella patria della più alta epifania dell’Assoluto nel suo autoporsi come supremi Pensiero poetante e Arte pensante?) animerà il mio prossimo corso accademico, se mi sarà richiesto, e me ne sentirò l’animo, di proseguire nell’insegnamento. Spirito tra i più elevati della Germania a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, romanziere filosofo pedagogista fra i più liberi,  academico di nulla academia, pecora di nessun gregge, fedele di nessun tempio, adepto di nessuna sètta, inappigionato e inappigionabile, supremamente “religioso” epperciò alieno da gabbie dogmatiche, riproporre Jean Paul a una gioventù cui tocca vivere in  una delle epoche più buie aride e meno feconde (se non di ferina violenza e di bellum omnium contra omnes) della storia, non immotivatamente perciò tentata di disincanto se non di disperazione, può essere utile per tentarne un recupero alla speranza, il cui fiorire in questo deserto di visioni e di valori è più insensato attendersi, direbbe Marcel, che dall’asfalto di un marciapiede fosse solo un fil d’erba.

Altro libro, impegnativo nel suo simbolismo, per il mio vacare, le Poesie  di Stefan George, altro spirito supremamente libero,  tradotte, con testo originale a fronte, da Leone Traverso, il tanto celebrato Traverso che per me possiede l’arte di rendere complicate le cose semplici, oscure quelle chiare, per il suo intestardirsi nel tradure (tradire l’originaria musicalità) in rima e ritmo. Tra le cose che amo di George è  il suo affetto per Eliogabalo, come Nerone Caracalla Caligola  sognatore di un impero “estetico”, e perciò bistrattato dai soliti storici moralisti e acrimoniosi, non necessariamente o solo cristiani.

 

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Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 

 
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