Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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19 Agosto. Levana
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Io nacqui un 19 di agosto, anniversario della morte di Augusto e della intuizione del ‘Cogito’ (padre della Ragione oggettivante, infausta per le sorti della Ragione partecipativa) da parte di Renato delle Carte. Era mezzogiorno, il solleone picchiava sulle case del borgo, le cicale frinivano sui platani della Peschiera, le pecore ammusavano negli stazzi, l'oistros non dava tregua alle giovenche distese all’ombra dei salici delle ‘Vagli’ e una calma panica posava sulle cose. Raccontano che il mattino seguente, se non lo stesso giorno, il gigantesco mio padre, afferratomi con una sola delle sue vaste mani (così ripentendo, forse inconsciamente, il rito antichissimo del riconoscimento paterno ufficiale del neonato, al cospetto della invisibile Levana), col braccio levato mi portasse al poco distante Comune e mostrandomi all’impiegato esterrefatto esclamasse : eccolo, è nato, e si chiamerà Giulio Cesare Augusto Francesco, poiché in esso rivivranno le spirito del fondatore dell’Impero e della sforzesca Signoria milanese. Aveva le idee chiare, mio padre! Avesse solo immaginato di aver messo al mondo un altro innocuo, superfluo, inutile ‘poeta’!
L’episodio è credibile. Mio padre era aduso ad atti del genere e sicuramente sognava, per quello che avrebbe dovuto essere il sesto dei suoi nati (e presumibilmente l’ultimo, ma così non fu) un futuro di gloria. Immagino mia madre subisse tra le lacrime l’ennesima rodomontata del marito, cui era abituata, e non si placasse che riavutomi tra le braccia per coprirmi di baci (anche di quelli di cui presto per il mio lunghissimo esilio mi avrebbe privato) nel vasto e prezioso letto della mia concezione e della mia nascita, sotto lo sguardo benedicente di Sant’Anna. Saranno miei commensali, alla mia festa, fra i tanti, di sicuro Augusto, che morendo nella per me fatidica Nola (acta comoedia est, le sue ultime parole) mi diventò famiglio, il buon Delle Carte, Goethe e Luigi Volpicelli mio maestro che a Goethe mi iniziò e come lui concluse il suo ciclo terrestre a ottantatre anni, quanti io me ne appresto a compiere. Inviterò naturalmente anche Ludwig e, per far dispetto al geloso Francofortese, ne intonerò il Wie herrzlich leuchtet mir die Natur, che ho per gioco adattato alle note del Canto di ringraziamento dei contadini dopo la tempesta della Sesta Sinfonia alle quali così bene s’adatta da sembrare essere stato per esse concepito.
*
Ho sognato me principe, prigioniero di in una casa scura, scavata in una roccia tufacea dai mille cunicoli labirintici, senza finestre ma dalle mille feritoie minuscole come di fortezza, dalle quali osservavo con animo placato, senta lacrime e senza lai, la Liza turgeneviana del Diario di un uomo superfluo(sì, proprio lei) fuggire da me, attraverso boschi e radure, presa da un borghesuccio danaroso (nel racconto del russo avviene il contrario).
Il curioso è che, placato nel sogno, il mio animo al risveglio è turbato ed irato. Come, si chiede, può accostarsi a un omuncolo chi toccò Zarathustra?
Cose da vanesii, a dir poco.
Questo messaggio, pubblicato su fb, ha suscitato varie reazioni. Cito quella, esagerata, di Alberto Marchetti: “Se intendi superfluo per non omologato tu sei allora il loro, me compreso, comandante. E di Liza ne hai raggiunte così tante nella vita che forse sarebbe giusto iniziare un tuo diario, la tua Recherche, quel viaggio di studi infiniti, di amori infuocati, di lotte ideali, di sguardi febbrili e di bellezze abbracciate, che ti hanno reso il Maestro assoluto che sei. Sei la misura, inarrivabile per me nelle tue sorprendenti qualità, delle divine e infinite potenze di un uomo”.
Troppo buono, Alberto! Non sono superbo e luciferino a tal punto da credere di meritare le tue, un poco anche birbone, parole. Da lodare sei tu per la tua purezza, la tua sagacia, il tuo ingegno e il tuo impegno civile di combattente indefesso per le cause che ritieni giuste. In quanto alle Lize…quelle reali (ché infinite, sì, furono le agognate, ‘che nella mente e nel cuor mi finsi’), si contano sulle dita di una mano. L’evità è stata da me celebrata in ogni modo, in versi e in prosa, ma poco nel…talamo (ricordi? “La femme / j’en sors / la mort / dans l’ȃme…). E in quanto alla Recherche…mai se ne avrà da me una sistematica: sono bruniano e nicciano, non sono amante, forse perché incapace, di sistemi. Ma chi è davvero interessato alla mia vita in ogni suo aspetto (intellettuale, morale, estetico, politico, affettivo), ne avrà ad abundantiam ricomponendo i frammenti di tutta la mia opera “scientifica” o letteraria, che è tutta, per principio, autobiografica. Soprattutto le ormai migliaia di pagine di questo mio diario virtuale altro non sono che minutissima e dettagliatissima autobiografia, lo ho già scritto qualche post fa rispondendo a una richiesta simile. Se una ricerca dovessi, ma è ormai troppo tardi, intraprendere, dovrebbe essere quella dell’abisso del mio cuore, destinato a rimanere insondato, forse perché insondabile.
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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