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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°550 pubblicato il 26 Maggio 2015 da enodas

 

 

 

"...Hebbero sempre di mira que' Principi gloriosi d'accoppiare assieme l'utile et il dilettevole... particolarmente nelle fortificazioni fatte da essi attorno le mura della città con tanta magnificenza e maestà... poche furono cosi' costruite e disposte, che non solo rendessero sicura e forte questa piazza, ma nello stesso tempo riuscissero vaghe... a questo scopo furono per la maggior parte ordinate in guisa che in se stesse contenevano e pianure, e colline, e montagne, e palazzi e giardini, et horti, e parchi, et uccelliere, e vivai e vigne..."

 

Mura spesse e buio intenso. Scendo, livelli di terreno, date della storia. Attorno ad una città illuminata dal sole, separato da un fossato colmo d'acqua. Qui non arriva niente, o quasi, in uno spazio separato dal tempo. Ora che é vuoto, che le segrete sono silenziose, ed i piani più alti rimangono solo illuminati di luce, che danza, quasi, come le immagini alle pareti. E qualche nota, qua e là, racconta la vita dei signori, uno per uno, la storia di una casata, della città di cui avevano preso possesso, le lotte per sopravvivere, i fasti e le grandi operazioni politiche, fino alla fine, fino a quando scomparve. Una galleria di personaggi, evocati da poche linee, in italiano arcaico, si sfogliano come pagine di un libro di storia, quasi udendo danze rinascimentali, tratti curiosi, patti e congiure quasi sussurrate, tra queste pietre squadrate, possenti e, infiine silenziose. Cosi', ho pensato che lascerò siano alcune di queste descrizioni, un po' curiose, un po' altisonanti, ad affiancare questi passi, quasi come se il Castello Estense rimanesse ancora loro, e si muovessero invisibili, di stanza in stanza, accostando arte all'arte, ciò che rimane, a distanza di secoli, di epoche, talvolta quella che era allora semplicemente vita e che ora si eleva a testimonianza delo spirito.

 

"Io vidi celesti dee, ninfe leggiadre e belle,
novi Lini ed Orfei; ed altre ancora,
senza vel, senza nube,
e quale e quanta a gl'immortali appar,
Vergine Aurora sparger d'argento
e d'or rugiade e raggi; e fecondando illuminar
d'intorno vidi Febo, e le Muse;
e fra le Muse Elpin seder accolto..."

(Torquato Tasso)

 

 

"...Borso era un uomo prestante, di statura superiore alla media, aveva bei caplli e un aspetto piacevole: loquace, stava ad ascoltarsi mentre parlava, anche perché la sua conversazione piaceva più a lui che agli ascoltatori. Sulle sue labbra molte lusinghe e insieme molte menzogne... Ovunque si recasse, fra i suoi sudditi, il popolo non aveva per lui che voci di plauso, ma in terra straniera il suo nome era disprezzato, nonostante egli usasse dire che Ferrara era la scuola in cui gli Italiani avevano imparato tutto ciò che sapevano, ed egli era il maestro che a quella scuola presiedeva..."

 

E' un tratto veloce che da solo crea, materializza e come un alito, lo stesso delle donne cui restituisce forma e vita, sfugge via. Si', lo stesso pittore, quello della Belle Epoque e delle donne eleganti ed impossibili. Scorre, via, tra i salotti, le strade di una città illuminata la sera, sulle acque in movimento della Laguna. Scorre, quasi fosse poesia, versi raffinati o volute che si sollevano, come segni veloci di matita su un foglio appallottolato.

 

"...Al cardinal Ippolito era stato detto da una donzella che valeva più gli occhi di Don Giulio che non valeva tutto lui, et per tal parole detto cardinale gli havea fatto cavar gli occhi con stecchi aguzzi nella campagna di Belriguardo... et era stato in prigione 53 anni, 6 mesi e 17 giorni, et chi non era vecchio o sapesse ben le cose della corte non sapeva la prigionea di questo signore. Et io per me non lo sentei mai nominare, come se non fosse mai stati a questo mondo: e quando fu liberato mi parse - come anco alli due terzi di Ferrara - ch'el venisse dalla più estrema parte del mondo..."

 

Ed era poeta, nel senso stretto della parola, Filippo De Pisis. Si tratti di una delle città vissute lungo una vita, una riflessione filosofica od un mazzo di fiori. Anche e quando scende la sera, scura e silenziosa là fuori, e quegli stessi fiori, quasi appassiti, sembrano ormai uscire dal vaso, distaccati da un mondo che si allontana, proprio come una falena, appoggiata al davanzale, un istante soltanto. Ed il rumore delle strade, ogni cosa in movimento, le persone, le carrozze, scompaiono dietro una linea di colore che già si fonde nel cielo.

 

"...[Leonello] Aveva un modo di parlare dolce, la fronte derena, gli occhi allegri, e si muoveva sempre con compostezza, avvenente com'era... Aveva un ingegno cosi' vivace da non tralasciare quasi nessuno degli esercizi intellettuali: sempre assorto nella scrittura e in pensieri elucubrativi in inverno, d'estate dopo i doveri di governo si dedicava volentieri alla lettura e alle dispute letterarie..."

 

 

"...[Ercole I] Lui s'é piato tuti li piaceri che li é parso, e con musiche e con astrologie e negromancie, con pochissima audencia al suo puopulo... più tirano che mai benché se mostrava esser grande helimoxiniero e chatolico: la mazore parte del tempo vestiva de pano de lana et in testa uno capello pelloso, hora de uno collore e hora de l'uno l'altro..."


"Eleganti ritratti di protagoniste della Belle Epoque tra sale rinascimentali fastosamente decorate, camerini segreti che fanno da scrigno a paesaggi e nature morte pulsanti di emozioni. La città estense conserva le più ricche collezioni di opere di Boldini e De Pisis: questi tesori sono rimasti celati in seguito al terremoto del 2012 e torneranno accessibili al pubblico grazie all’allestimento nelle sale del Castello previsto fino alla riapertura dei musei a Palazzo Massari.
Nel sontuoso appartamento di rappresentanza al piano nobile si svilupperà un racconto per immagini dell’intero percorso boldiniano, attraverso una vasta selezione di dipinti e opere su carta: dalle prime prove eseguite a Firenze accanto ai macchiaioli, ritratti che hanno l’immediatezza della pagina di un diario, alle brillanti invenzioni che evocano le atmosfere della vita moderna nella Parigi degli impressionisti, fino alle icone della pittura boldiniana, effigi di aristocratiche quali la contessa de Leusse o Madame Lydig, quando Boldini si era ormai imposto come interprete incontestato del ritratto della Belle Epoque.
Nei celebri Camerini di Alfonso I, il testimone passa a De Pisis, altro più giovane ferrarese attivo sul palcoscenico parigino. Il percorso restituisce un intenso ritratto della personalità artistica depisisiana, a partire dalle testimonianze del periodo giovanile, dense di memorie, sogni e speranze alla vigilia del trasferimento a Parigi, per concentrarsi poi sulle creazioni della maturità, quando l’artista ha assimilato il ricordo di De Chirico e della pittura metafisica e plasma un linguaggio del tutto personale, trascrizione pittorica delle emozioni vissute nella Ville lumière. A chiudere il cerchio saranno infine le opere dell’ultima stagione in cui la poesia delle immagini si spoglia fino all’essenziale."

 

"...[Alfonso I] Era di statura onesta, mente grande, di faccia lunga, di aspetto grave e  signorile, ma piuttosto malinconico e severo che liscio e giocoso... et peritissimo musico, ebbe grandissimo giudizio d'armi, d'uccelli e di cavalli, fu mirabil nuotatore e della maggior parte di quelle arti che son ad uso e necessità degli uomini sapea più che mezzamente parlare e di molte eziandio di propria mano lavorare non mediocremente né volgarmente; delle quali sendo poi anco duca si prese spasso ed esercizio, quando non avea occupazion d'importanza..."

 

 

"...[Alfonso II d'Este] Quand'é in Ferrara i giorni festivi tiene quasi sempre pubblica corte, né piglia godimento maggiore d'esser salutato e corteggiato con umilissimi inchini da corteggiani et gentiluomini suoi sudditi, per il mezzo de' quali passando per andare alla cappella dove ode messa alle riverenze spessissime che gli fanno si vede gonfiar apparentissimamente... Ha la pronuncia articolata; ma la voce viscosa e crassa, apre molto gli occi quando spiega il concetto suo; et gira molto spesso il capo: tutti gli altri gesti sono pieni di decoro e venusità. Nel procedere gentile  emanieroso, né é quasi possibile far con più garbo et con più destrezza cerimonie di quelle faccia egli..."


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