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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Messaggi di Luglio 2017

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Post n°711 pubblicato il 29 Luglio 2017 da enodas

 

 

1-3 Giugno

 

“Sono arrivate delle nubi bianche e hanno adombrato la trincea;
Si è alzata della polvere gialla e ha oscurato il cielo.
Valichi e monti sono interrotti da ogni lato,
E il mio paese a quante migliaia di li si trova?”

(Liu Chang)

 

 

In qualche modo, posso solo immaginarle, dopo averle cercate a lungo, oltre una coltre di nebbia che inghiotte il paesaggio a pochi metri di distanza. E così, quelle linee disegnate ai fianchi di montagne e colline rimangono nascoste, surreali, un’ombra forse, in questo mondo d’acqua; quella in cui è impregnata l’aria, le nuvole cariche di pioggia, fini lamelle a fendere un’aria immobile e densa di umidità, e quella che colma ogni terrazza, contiene, modella, sostiene questa terra. Il rumore della pioggia si fonde con quello dei rivoli e spezzano un silenzio assoluto fatto di lavoro umile e semplicità. Tutto, o quasi, rimane avvolto nel mistero dell’invisibile.

 

“Dal pendio dei monti vedo venire della nebbia,
Nel mezzo del bambù intravedo il sole che cala.
Gli uccelli dal bordo del tetto si levano e prendono il volo,
Le nubi che arrivano escono fuori dalle finestre.”

(Wu Jun)

 

 

"Da solo rimango per due notti a Nanpu:
Ho atteso di separarci per poi navigare verso ovest;
Finora un sorriso è stato l'addio,
Ma poi anche l'estate si farà autunno"

(He Xun)

 

 

Sono andato verso sud. Da solo. Un saluto, breve o lungo che sia, rischia sempre di mettermi in crisi. Questo percepire le distanze, questa distanza, ancora, mi stringe allo stomaco nei miei pensieri. Questo è anche l’ultima parte di un viaggio che, in qualche modo, mi riporta pienamente su binari differenti, alle pagine di un racconto tralasciato anni prima e ad un altro viaggiare. Ancora, non so bene cosa attendere, mentre osservo e saluto il paesaggio che dal finestrino di un treno scorre via ad alta velocità. Penso solo al mio saluto, alle distanze, e al rimettersi per strada.

 

 

Sempre più verso sud. Lungo i meandri di un fiume che con i colori delle sue acque e la forza del suo movimento ha disegnato paesaggi di bellezza inenarrabile. Acquerelli di verde e d’azzurro, o forse semplici inchiostri di china, per narrare ogni forma del terreno che si intravede all’orizzonte, laddove il fiume stesso sembra terminare, prima di avvicinarsi, ergersi ed infine scorrermi accanto. Profili curiosi ed ombre che si sovrappongono, quasi come fossero un gioco di immagini che emergono e riaffondano, dietro ogni curva che il fiume nasconde e disegna, così come ha deciso nel tempo, così come si intravedono, in ogni direzione, oltre ciò che riesco solo a sfiorare con gli occhi, come se questo paesaggio fosse qualcosa di assoluto, uno di quelli che per qualche motivo senti di conoscere da sempre, silenzioso ed impenetrabile ai miei occhi. Senza confini.

 

"Non vedo l’uomo dell’antichità,
non vedo alcuno che lo seguirà.
L’infinità di cielo e terra sento,
e spargo lacrime solo e sgomento."

(Chen Ziang)

 

 

 

 
 
 

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Post n°710 pubblicato il 29 Luglio 2017 da enodas

 

 

31 Maggio


“I salici sono gialli, non hanno ancora messo le foglie;
L'acqua è verde, c'è muschio nel mezzo.
Intorno alla muraglia, alla frontiera, iniziano i colori della primavera:
Il forestiero pensa che vengano dal suo paese.”

“…Ecco una scala che si arrampica in alto come a raggiungere il cielo;
ganci metallici infissi nella roccia ne sorreggono i  gradini di legno.
In cima, un’insegna che indica la vetta: sei draghi muovono il sole…”

(He Xun)

 

 

Non potevo non scrivere oggi. Tra gradoni interminabili che si arrampicavano verso il cielo, fino a scomparire in una nube diffusa densa di acqua e mistero. Del resto, questa scalata appartiene ai guerrieri, così come narra la tradizione, e così come è scolpita nelle pietre stesse, a volte letteralmente. Sia questa la spina di un drago o il movimento sinuoso di un serpente, non lo so, ma già immagino che condurrà ad un passaggio per l’infinito. Come infinito è il tempo cui essa appartiene. Immagino questo mio Deserto dei Tartari oltre la muraglie del sud, un deserto fatto di verde brillante e campi di riso. Questa è la “Small Wall”, in contrasto con la “Great Wall” che serpeggia migliaia di chilometri più a nord, e qui la separazione dell’impero era pensata per proteggerlo da alcune di quelle minoranze che fanno parte di questo universo presente e che da sempre hanno cresciuto questa terra. Ad ogni modo il valore del guerriero non conosce latitudini, e la definizione di ogni dimensione è sempre molto relativa, in un Paese enorme e travolgente sotto molti aspetti. Passo dopo passo, questa sarà la mia avventura e, in qualche modo questo sarà almeno un frammento del mio deserto.

 

 

"...Aspetta sempre l’uomo che non torna,
l’amarezza la muta in nuda pietra.
Da mille anni oramai dura l’attesa,
ma il primo sguardo rimane d’allora..."

(Liu Yuxi)

 


 
 
 

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Post n°709 pubblicato il 26 Luglio 2017 da enodas

 

 

30 Maggio


“La partenza adesso è arrivata;
Ma le note dalle corde del qin e del se si fanno malinconiche.
La bella si comporta con molto disappunto:
Sono di nuovo tristi le sue lunghe ciglia.”

(He Xun)

 

 

Sono leggende quelle che risalgono queste acque, gli argini, le mura, i ponti arcuati che si perdono nella foschia in lontananza. Un poeta, un drago, un traghettatore e la figlia, selciati scritti nel fiume e palafitte sospese sull’acqua. Ancora una volta, non so se entrare consapevolmente nella realtà, in bilico su un limite troppo bello, lontano ed affascinante, per essere in grado di considerarlo vero. Perché il tempo, innanzitutto, sembra un’altra dimensione, fermo ad un ticchettio che rallenta, eternamente immobile, come se stessi leggendo un racconto, nelle persone, nelle strade che mi sommergono di vita e di silenzi, di sensazioni e di passi, nelle mura, alte e spazzate dal vento, quando si leva, sotto un cielo che rimane grigio e si perde sui fianchi delle montagne circostanti, nei legni portanti che affondano nelle acque verdi e pastose, quasi miracolosamente sostenendo una città come arriva sul fiume, quasi a volerlo conquistare da ogni lato, e legarlo con ponti dai profili arcuati e passaggi che sono passi affioranti sull’acqua. Per poi perdersi nell’ombra di un’imbarcazione che scompare, a valle, inghiottito dalla nebbia sospesa a filo dell’orizzonte.

 

 

“Una legenda fa risalire la festa ad un episodio legato alla nobiltà d’animo del poeta Qu Yuan. Si tramanda che dopo l’occupazione della regione di Chu da parte dei nemici, il poeta in segno di ribellione e indignazione decise di suicidarsi nel Fiume Miluno.
Gli abitanti del villaggio portarono allora le loro barche al centro del fiume e tentarono disperatamente di salvarlo, ma non ebbero successo. Per tenere i pesci e gli spiriti maligni lontani dal suo corpo, fecero rumore battendo i tamburi e percuotendo l'acqua con i remi.
Una notte a tarda ora, lo spirito di Qu Yuan apparve davanti ai suoi amici e disse loro di essere morto a causa di un drago di fiume, e chiese quindi di avvolgere il loro riso in fagotti di seta con tre angoli per allontanare il drago…”

 

 

Così sono nate le imbarcazioni a forma di drago. Colpo su colpo, di remi nell’acqua,: è una competizione che sembra non terminare mai, e le cui regole, ad un certo punto mi sfuggono. Non è molto importante. Poche centinaia di metri, percorse tutte d’un fiato, inghiottito nelle urla della gente, sulle sponde, nei suoni di tamburi e sonagli, nel ritmo persistente impresso dai timonieri, si fondono in una marea umana, affacciata sul palcoscenico, colma di quei suoi piccoli dettagli  che sono ogni gesto di normalità, l’attenzione costante per il cibo, gli zongzi che compaiono ovunque, un frammento di stoffa colorata che ondeggia nel vento, ed il viso a tratti assonnato di un bambino.

 

“…Time rolls ever forward without a pause,
The seasons cycle through spring and autumn.
As I watch the green fade all around me,
I fear the setting of my youth. …”

(Qu Yuan)

 

 

Forte risuona quella sensazione che mi faceva parlare di strada, anni fa, ogni attimo vissuto al riflesso del selciato. Sono bastati pochi passi ed una svolta, al primo vicolo. Cammino parallelo all’acqua, ritrovandomi in un nuovo labirinto di lanterne rosse, attività di ogni tipo che lambiscono la strada come le rive di un fiume, ed ondate di suoni e sapori che ritornano, scompaiono, riaffiorano. Come delle parole scritte su inchiostro, lo immagino, dietro una porta di legno, sospinte da una folata fresca di vento, lontano dal frastuono di ogni giorno, voci e rumori, versi e riflessioni abbandonate ad una nota, una corda che vibra o forse magari ad un nuovo sospiro dell’aria.

 

 

 
 
 

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Post n°708 pubblicato il 23 Luglio 2017 da enodas

 

 

29 Maggio

 

 

“Con il cuore accompagno le nubi che vanno a sud,
Mentre cammino seguendo le oche selvatiche che vengono da nord.
Nel mio paese, tra i crisantemi, sotto la staccionata di bambù,
Oggi quanti sono i fiori che sbocceranno?”

(Jiang Zong)

 

 

Sento che oggi inizierà un nuovo viaggio. Sempre più in profondità, sempre più alla scoperta di un profilo e di una pennellata dell’anima. Ho lasciato alle spalle i picchi della montagna incantata come se l’avessi ricordata da un sogno, le sue nubi sparse ed il cielo sereno, in direzione di villaggi nascosti e strade poco battute. Là dove la vasta terra cinese lascia spazio alle minoranze etniche che la compongono, questa è una storia complicata da ricostruire, tra luci ed ombre. Quello che per me si traduce in colori, costumi, racconti, racchiude in realtà anche un dialetto diverso, un altro paesaggio, ma anche scontri feroci, una tradizione che rischia di risultare confezionata e sfruttata da entrambe le parti. E’ giusto o sbagliato, difficile da giudicare, senza comprendere, conoscere la profondità delle acque nelle quali ci si trova in navigazione, posso solo scivolare, osservando, magari quella parte brillante e colorata, che si è depositata sulla Storia.

 

 

La storia è che questo era un luogo di corsari. Pirati del fiume, contrabbandieri, avventurieri. Incastonati in una roccia che a picco precipita come l’acqua di una cascata, in un fragoroso silenzio, come si addice a questo mestiere. Non resta che arrampicarsi su, dalle sponde del fiume, sgusciando sotto gli spruzzi dell’acqua, verso case aperte al vento, i fumi dei cibi ai lati di vicoli che sono come ruscelli da risalire e le lanterne appese agli stipiti. Ho pensato ancora a quella parola, strada, nelle variazioni di questo Paese enorme, ed alle sue variazioni, in angoli nascosti, nell’antro di una roccia scavata da un fiume, o in quello nascosto all’ombra di una valle. Sento la distanza aumentare, entrare in un mondo lontano che è rimasto nascosto ad occhi occidentali, ed allo stesso assaporare il fascino di questa scoperta.

 

 

Ci sono arrivato quando ormai era quasi tramonto, e la vista soltanto ha potuto sfiorarla. Il silenzio della valle era scosso soltanto da improvvisi colpi di roccia che altrove echeggiavano per lavori in corso, ma nulla toglieva al quel senso di pace che sale a fine giornata. Saliva, ondeggiando su quello strato di verde e riflessi sull’acqua diffusi che era il paesaggio, ed accompagnando il lento incedere di una madre con il figlio avvolto in fasce sulle spalle. Dopo aver attraversato distese continue che alternano vegetazione tropicale e distese d’acqua, fango e germogli di riso, non potevo aspettare di vederle, le terrazze. Ed alla fine, per la prima volta, vi sono giunto: uno di quei luoghi sconosciuti che in qualche modo sono immagine impressa nel subconscio, per affiorare in realtà quando si rivelano come luoghi reali. Forse, anche per questa sensazione, questo punto sfiorato rimarrà un po’ luogo dell’anima.

 

 
 
 

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Post n°707 pubblicato il 20 Luglio 2017 da enodas

 

 

Mercoledì 12 Luglio 2017

Sto osservando queste gocce d’acqua che lentamente scendono sul finestrino, si sciolgono, uniscono, si muovono a zigzag. Mi separano dal grigiore di una mattina di traffico. Piove copiosamente, ma è come se tutto rallentasse, una volta che ognuna di queste gocce si forma sulla macchina e lentamente inizia il suo percorso incontrollato. Ascolto le note di un violino, un fiddle come si direbbe da quelle parti, muoversi su percorsi acrobatici. Forse sarà una coincidenza. So solo che questa musica mi sta portando lontano, in un angolo colmo di voci legno alle pareti, luce abbozzata e vetrate colorate. In qualche modo so che, dall’altra parte di quelle finestre, scendono lente senza tempo le stesse gocce di pioggia. So che si affacciano su un verde smeraldo. Curioso sentirmi così legato ad una terra che non ho mai conosciuto. Eppure voglio rimanere lì, tra le pareti annerite di un pub colmo di voci e di una birra scura e saporita. Cavalcando virtuosismi e melodie semplici da memorizzare all’ascolto. E la luce dei semafori, ed il grigio di questa strada sulla quale mi trovo, mi lasciano quasi indifferente come fossero prive di significato e di interesse, una deviazione casuale osservata da lontano.

 

 
 
 

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Post n°706 pubblicato il 19 Luglio 2017 da enodas

 

 

Venerdì 14 Luglio 2017

Giorni senza scrivere. Sono passati in fretta, con quella velocità con cui si riempivano ed io esausto non sono riuscito a fare che una frazione di quanto avrei voluto. Se avevo remore ad evocare ricordi di trasloco, di certo ne escono ingigantite. Ho spostato quanto mai avrei immaginato, avuto sbalzi impressionanti di febbre, altalenandomi tra lavoro mio e quelli da decidere, e guidato in continuo. Questi ultimi, poi, sono scorsi così, rapidi, sicuramente anche per la compagnia che ho avuto, il supporto con dei lavori che non saprei fare, e la presenza che mi hanno fatto sentire non solo. Ieri, tornando indietro, già immaginavo che qualcosa era cambiato di nuovo. E a me è rimasta la bellezza di una luce riflessa, colori, e l’eco di una presenza data col cuore, che oltre ad avere già questo luogo, lo hanno reso profondamente più personale.

 

 
 
 

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Post n°705 pubblicato il 03 Luglio 2017 da enodas

 

 

Un’altra immagine, oggi, dipinta su una parola. Verhuizing. Trasloco. Così avevo scritto, proprio qui, anni fa, e molti post. Mi trovo seduto in una stanza vuota, svuotata. Un fotogramma che ritorna. Come le parole di un post. Vi sono arrivato stremato, punito forse da me stesso e dal mio aver pianificato questa cosa in un arco di tempo estremamente breve. Sono state questa parola e questa stanza vuota a riportarmi a quel post, di cui difficilmente ricordo le parole ma molto più in dettaglio lo stato d’animo. Per un attimo soltanto, forse, sono sfogliate dal vento anche le pagine de L’Alchimista. Oggi non ci sono coincidenze, non ci sono date, solo la mia stanchezza, arrivata in curva, e le mie stanze vuote. Il resto, l’ho costruito momento per momento, complice anche queste quattro mura - che negli ultimi tempi per una serie di avvenimenti sopportavo con difficoltà – sulle quali ho appeso ricordi, aggiunto oggetti più o meno reali, associato persone e, alla fine, un’altra frazione rilevante della mia vita. Forse allora, complice tutto quanto, questo distacco sarà meno complicato ed un po’ più leggero, raccolto negli sforzi degli ultimi giorni e nelle mie scatole, più o meno vuote, nelle quali ho raccolto la mia storia.

 


 
 
 
 
 

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