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Messaggi del 31/03/2007

M.

Post n°113 pubblicato il 31 Marzo 2007 da Kaos_101
 

M prova un sottile senso di inquietudine e una serpeggiante paura.
E’ sola, nuda, ha le mani legate dietro la schiena, una ballgag, tappi di cera nelle orecchie e un cappuccio scuro la isolano dal mondo esterno.
Avverte solo le fitte che le procurano le mollette ai capezzoli e il sordo dolore delle ginocchia sul pavimento. Il dolore finisce per diventare rassicurante in quella totale deprivazione sensoriale.Ma come cazzo ho fatto a finire in questa situazione?
La domanda è del tutto retorica: sa benissimo come è arrivata a quel punto.
Tutto era cominciato parecchi mesi prima in una chat qualsiasi.
Un contatto come tanti, forse appena appena più originale, un paio di messaggi e il dialogo era scaturito in modo sorprendentemente facile.
Ricorda ancora la sensazione di stupore misto a delusione che aveva provato nel leggere il suo profilo: separato 50 anni.

Cazzo!!! Ha l’età di mio padre.
Eppure, contro ogni logica, quel vecchiaccio le piaceva, non sbavava su di lei le sue porcate come tutti gli altri e la faceva incazzare per l’ironia e la sufficienza con le quali la trattava
Girando per il web, poi, M lo aveva ritrovato in un sito molto meno innocente di quello dove si erano conosciuti.

Senza pensarci due volte lo aveva contattato.

Sei lo stesso Oscuro di XP?
Sì, certo, quanti Oscuri pensi ci siano in giro?
Ma tu chi sei?Il tuo nick non mi dice nulla.
Perché mi conosci come *****: ti dice niente?
Ah si: la ragazzina! Certo che mi dice solo che come facevo a sapere che eri te?
E così da chiacchiere sul tempo e la cucina, si era passati a discorsi molto più personali.
Ti ho beccato vecchiaccio!

Aveva pensato con un sogghigno.
Adesso ti cucino a puntino, voglio proprio vedere se mi snobbi ancora!

Vedrai come ti faccio venire l’acquolina in bocca e poi ti lascio con un palmo di naso!
Così, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, avevano continuato a sentirsi prima in chat e poi al telefono.
Mano a mano che il tempo passava, quello che era cominciato come un semplice gioco si era trasformato in qualcosa di molto più serio e complicato.
M non lo avrebbe mai ammesso, ma, poco alla volta, quel vecchietto era diventata una presenza costante nella sua vita e nonostante continuasse a ripetersi:
Tanto smetto quando voglio
In realtà doveva ammettere che non aveva la minima intenzione di farlo.
Per molto tempo si era illusa di poter confinare quel rapporto nel mondo virtuale, ma via via che il tempo passava, le fantasie che il vecchiaccio risvegliava in lei diventavano sempre meno controllabili e poco propense a rimanere tali.
Aveva provato in tutti i modi di rompere quel legame.
Aveva tentato di farlo incazzare, di ingelosirlo, aveva scatenato risse verbali nella speranza di liberarsi di lui, ma, immancabilmente, aveva finito per tornare a cercarlo.
Il vecchietto sapeva il fatto suo, non si spazientiva, le dava ordini a cui lei opponeva dei no ripetuti all’infinito, ma che entrambi sapevano benissimo avrebbe finito comunque per obbedire; come quando le ordinava di tenere le gambe aperte o quando le sussurrava oscenità che odiava sentirsi dire ma che la eccitavano enormemente.
Sapeva che stava diventando ogni giorno più sua, ma continuava a rassicurarsi dicendo che in fondo non si erano mai visti e che, sicuramente, non si sarebbero mai incontrati.
Il tarlo della curiosità però continuava a roderle il cervello.
Devo vederlo almeno una volta; si magari in mezzo alla gente, così non potrà farmi niente.
Così quando un gruppo di amici le aveva proposto un pomeriggio in fiera avevano deciso di incontrarsi in incognito tra gli stand.
Non ti azzardare a far capire che mi conosci!
Gli aveva intimato.
Ci vedremo in giro per i padiglioni e basta!
Anche quella volta però le cose non erano andate come previsto.
Lui l’aveva sommersa di SMS fino a che, con una scusa, aveva lasciato gli amici e lo aveva raggiunto.
Il cuore le batteva all’impazzata,
no no no no Non voglio non voglio non devo…
Niente da fare! Quando il vecchiaccio le si era parato davanti col suo sorriso ironico M si era sentita morire dall’agitazione e dall’imbarazzo.
Avevano camminato fianco a fianco per qualche minuto senza che lei avesse il coraggio di alzare gli occhi e di guardarlo e quando lui, all’improvviso, le aveva afferrato un polso stringendolo nella sua grande mano, M aveva provato una scossa violentissima che aveva fatto crollare le residue convinzioni su chi avesse il controllo della situazione.
Da quel momento il desiderio di vederlo e la paura di essere travolta da quell’esperienza, diventarono per lei quasi un’ossessione.
Decine di volte si era convinta ad accettare i sempre più pressanti inviti del vecchiaccio, ma tutte le volte la paura aveva finito per bloccarla.
Quello è grande, ci sa fare, se sono con lui non ce la faccio a resistergli.
E se poi mi fa male? So benissimo che cosa vuole farmi.
Si, è vero che lo voglio anch’io, ma se poi non mi piace. E se mi piace più di quanto credo?

Pensieri, desideri, paure, la turbavano, la attraevano, la eccitavano
Alla fine aveva vinto lui.
Menomale che ero io ad avere il coltello dalla parte del manico
Pensa M mentre il dolore alle ginocchia si fa più forte.
Improvvisamente sente una mano che le sfiora la schiena.
Istintivamente si irrigidisce e si inarca leggermente.
La mano scende, le dita le sfiorano l’attaccatura delle natiche facendola sobbalzare e procurandole un brivido. Ora le mani sono due le sfiorano i fianchi, risalgono e si fermano sui seni, li afferrano e cominciano a stringere progressivamente.
Le sfugge un gemito prima di paura, poi di piacere, infine di dolore quando la stretta non si arresta e comincia a martoriarle i seni.
Poi di colpo il cappuccio viene tolto e la luce improvvisa la fa sobbalzare.
Il vecchiaccio è lì in piedi davanti a lei che le sorride ironico.
Le toglie la balgagg e i tappi dalle orecchie.
STRONZO!
E’ il modo abituale con cui lo chiama.
M sa che lo stronzo ha capito perfettamente che quell’insulto è solo un modo per dirgli
Ti odio mi hai fregata
Difatti lo stronzo gongola ogni volta che glielo dice.
Perché stronzo mia piccola cagna? Non è forse quello che hai sempre sognato?

NO NO NO NO! Sei uno stronzo e basta!

Lui sorride, le infila un piede tra le ginocchia e la obbliga a divaricare le gambe, poi si accuccia vicino a lei e le infila una mano nella fica.
Strano! A giudicare da quanto sei bagnata si direbbe che la cosa ti piace parecchio stronzetta.

Sei un BASTARDO!
Non mi piace un cazzo è solo una reazione fisica

Appunto
Proprio perché non ci puoi fare nulla sono sicuro che sei eccitata davvero. Tanto lo so che non mi dici mai cosa provi: se avessi dovuto credere alle tue parole non ti avrei mai incontrata.
La mano è ancora tra le sue gambe e gioca col clitoride procurandole brividi e ondate di piacere.

All’improvviso le dita afferrano quella pallina di carne e la stringono con forza.Replica lui.
Ahi, ahi ahi! Mi fai male!
M tenta di divincolarsi ma lui le afferra i capelli alla nuca e la tiene ben ferma.Allora, piccola cagna di chi sei?
NO NO NO NO! Non sono di nessuno! SONO MIA!
La stretta si fa sempre più forte, oramai il dolore le ghermisce le viscere e si conficca nel cervello!
Allora troietta di chi sei?
Sono tua Bastardo!

Le parole le escono come un sibilo, odia doverlo ammettere anche solo a se stessa, ma le piace immensamente sentirsi trattata in quel modo.
Leccami la mano piccola troia,
e le porge la mano da leccare.
Lei non se lo fa ripetere due volte, addenta la mano e comincia a mordere con rabbia.
Lui non si scompone, aumenta la stretta della mano sui capelli e le sussurra,
Mi stai cominciando a fare male, ti conviene smettere prima che mi arrabbi e te la faccia pagare. M percepisce chiaramente che non sta scherzando, la voce è suadente ma determinata e le procura una fitta al basso ventre.
Sebbe di malavoglia allenta la pressione dei denti e
comincia a leccargli il dorso della mano
 
Brava la mia cagna! Così mi piaci!
Toglimi le scarpe e le calze.
NO! Se vuoi te le levi tu!
Non ho capito bene tesoro?
Vuoi ripetere?

Il ceffone arriva senza preavviso e la lascia senza fiato: lacrime di rabbia le scorrono lungo la gote.

M. gli sfila calze e scarpe.
Il viso dello stronzo è gentile e sorridente ma la voce taglia come una lametta.

Ora lecca i piedi tesoro.
Non le lascia nemmeno il tempo di ribattere.
Le tira violentemente i capelli costringendola a chinare il capo fino ai piedi di lui.
Lecca cagna, non fartelo ripetere.
NO NON TI LECCO UN BEL NIENTE!
Che carattere di merda che ho! Ho una voglia matta di farlo eppure non riesco a non dirgli di no!
Inaspettatamente non succede nulla: nessun commento nessuna reazione.
M si preoccupa un poco. La preoccupazione aumenta quando lo sente armeggiare con qualcosa che produce un suono metallico.
Solleva leggermente la testa per sbirciare tra i capelli, ma in quel mentre lui si sposta alle sue spalle e con una manata la fa cadere prona, si siede sulla sua schiena, le afferra un polso torcendole il braccio.
Il contatto col cuoio le fa capire di che si tratta, tenta di divincolarsi ma la presa è forte e non ha alcuna possibilità di avere la meglio. Così si rilassa cercando di conservare le energie per un momento più propizio.
Brava cucciola è molto meglio non resistere.
In pochi attimi le allaccia polsiere e cavigliere, poi la afferra per i capelli e con uno strattone le ordina:
Vieni con me troietta.

Si muove velocemente senza lasciarle il tempo di alzarsi e costringendola a gattonare a quattro zampe dietro di lui.

La spalliera!
E’ da quando hanno scoperto di avere qualche perversione in comune che le parla della mitica spalliera.
Sai ho montato a casa una spalliera! Si sai una si quelle che si trovano nelle palestre. Però sono troppo pigro per usarla per farci ginnastica e così…

M ha sempre saputo che quel tono scherzoso e bonario nascondeva una realtà molto meno amichevole ed ora è arrivato il momento per lei di sperimentare quell’improbabile attrezzo.
Lui la fa alzare la schiaccia col suo peso contro le sbarre della spalliera e le immobilizza con gambe e braccia divaricate.
Adesso ti spiego perché è più prudente che tu obbedisca quando ti do un ordine tesoro mio.
Come sempre quando lui usa quel tono di voce M è percorsa da un brivido di piacere e paura, ma questa volta sa che ha molti più motivi di avere paura.
Cosa preferisci che usi per insegnarti le buone maniere piccola cagna?
Le mani? La frusta? La cinghia dei pantaloni?
M. ha la bocca secca il cuore le batte all’impazzata nel petto e la voce proprio non ce la fa a venir fuori.
Allora? Preferisci che scelga io? Benissimo allora cominciamo….
Lo stronzo si sposta fuori dal suo campo visivo e armeggia con qualcosa.
M è tesa, ma nello stesso tempo si sente eccitata, ha paura ma ha voglia che lui la punisca, vuole scoprire cosa vuol dire essere frustata.
Il primo colpo non è troppo forte, le colpisce la parte superiore delle natiche e le procura un dolore sordo.
Ho deciso di usare la cinta dei pantaloni tesoro mio. Per la frusta c’è tempo.

Il secondo colpo le toglie il fiato. Le segna il culo come una striscia di fuoco e le strappa un gemito.
Allora piccola cagna di chi sei?
Prima che lei possa rispondere arriva il terzo colpo più forte del precedente.
Stavolta le lacrime non sono di rabbia ma di dolore.
Lui le afferra i capelli le tira indietro la testa e la bacia con una certa brutalità
Sarebbe ora che ti rassegnassi: che non hai modo di tenermi testa piccola cagna.
Puoi raccontarmi tutte le balle che vuoi, ma io so benissimo che tu sei mia e che non vuoi altro che di essere trattata come ti sto trattando ora.
Lei risponde al suo bacio con una timida passione: non può non volerlo baciare ma non vuole nemmeno che lo stronzo capisca quanto le piace.
Mentre la bacia la colpisce di nuovo ripetutamente. Prima le natiche poi la schiena poi di nuovo le natiche.
La sua lingua la fruga senza sosta e lei apre la bocca per accoglierla quasi la stesse scopando.
Lui si stacca le schiaccia il viso contro la spalliera e riprende a frustarla.
Questa volta il dolore è diverso e più intenso perché inaspettato.
La cinghia ha colpito in pieno la fica una, due, tre volte.
Il dolore è forte, ma ancora più del dolore quello che turba M. è il senso di assoluta impotenza e di totale esposizione che quella punizione le fa provare.
Si rende conto di essere eccitatissima e di desiderare che lo stronzo la colpisca ancora.
E’ bello sentire i colpi sulla pelle, è bello aspettare che arrivino, è eccitante il tempo infinito che a volte lui fa passare tra un colpo e l’altro. La mano destra è scivolata fuori dalla polsiera troppo larga, ma lei continua a restare attaccata alla spalliera senza provare nemmeno a liberarsi: non vuole liberarsi, non vuole che lui smetta di colpirla.
Lui però smette.
STRONZO! SEMPRE IL SOLITO STRONZO!

Pensa M. Ogni volta che mi piace una cosa lui smette!
Lui la slega dalla spalliera, la fa entrare in un’altra stanza e la spinge sul letto!
NO NO Sul letto NO!

Le è sopra in un attimo, la blocca col suo peso e le assesta due sonori sculaccioni
La devi piantare di dire no scema!
Cosa credi di ottenere a dirmi di no?

Faccio lo stesso quello che voglio e ti becchi pure la punizione!
Ti pare ne valga la pena?

Le afferra i polsi e li immobilizza nella mano sinistra mentre con la destra la fruga tra le gambe.
Beh per essere la prima volta che ti frustano sei molto più bagnata di quanto avrei immaginato. Evidentemente ti è piaciuto molto.

M si sente avvampare, sa di essere completamente priva di protezione, del tutto esposta, alla mercè di quell’uomo che la ispeziona senza il minimo ritegno e che commenta con ancor minor tatto.
NO! Non mi è piaciuto un cazzo, STRONZO!

Lui sorride e la sua mano comincia a carezzarla, le fruga tra le labbra le titilla il clitoride.
M avverte il piacere che sale, cerca di resistere, tenta di divincolarsiNO! NO! NO! NO! Devo resistere, non posso dargli anche questa soddisfazione non voglio venire!

Tutto inutile, le dita la carezzano, la aprono la pentrano, la allargano.
Sente il calore che le accende il ventre, gli umori che la bagnano; non ha più voglia o forza per resistere:
Fottimi, ti prego! Scopami per piacere!
Eh no piccola cagna!
Mi hai fatto promettere che non ti avrei scopato e io mantengo i miei impegni!
Ma cazzo ho voglia! Dai non fare lo stronzo: vienimi dentro per piacere!
Mi dispiace M se do la mia parola la mantengo!

Le sue dita entrano ed escono sempre più velocemente, M non si controlla più, inarca la schiena chiude gli occhi e si lascia andare a quella carezza fino a che l’orgasmo non la travolge.
Lo stronzo la bacia e la stringe a sé!
M è confusa, turbata, non le capita spesso che un uomo le resita e men che mai se lei gli chiede di scoparla.
Lo stronzo con una mano gioca coi suoi capelli mentre con l’altra le carezza il viso.
Improvvisamente M si rende conto che la sua lingua, incurante di tutte le sue convinzioni e del suo maledetto orgoglio, sta leccando dolcemente quella mano e che vuole continuare a leccarla per molto tempo ancora.
Brava piccola mia, sono sicure che la prossima volta mi incontrerai senza porre condizioni.

 
 
 
 

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