Creato da hermit6 il 14/07/2009
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Psicologia

Post n°60 pubblicato il 24 Luglio 2009 da hermit6
 
Tag: psiche

Il potere logora chi non ce l’ha… o no?

Bush

Chi credeva e sosteneva fermamente che il potere potesse logorare solo chi non lo detenesse si sbagliava così come si sbaglia oggi chi ritiene che stare ai vertici della politica o in altri posti di potere non si tramuti alla lunga in disagio o sofferenza….

La realtà è ben altra, lo dimostrerebbe un accurato lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Brain e condotto da uno psichiatra americano della Duke University nel North Caroline, il professore Owen che sostiene che la sindrome del potere è una vera e propria malattia professionale che andrebbe curata. Il motivo per cui ci si ammala, secondo Owen, è dovuto all’esasperazione derivante dalla necessità che la propria immagine sia curata all’inverosimile ed il mondo visto come una grande arena in cui esercitare il proprio potere e per di più, secondo il parere del clinico, più passa il tempo e più l’uomo o la donna di potere aggraverebbero il proprio stato psico-fisico.

 
Cosa eviterebbe tutto ciò? Secondo Owen ” una salutare percorso democratico che preveda decisioni assunte collegialmente; purtroppo però quest’ultima è una tendenza che va scomparendo. “.

 
 
 

Psicologia

Post n°59 pubblicato il 24 Luglio 2009 da hermit6
 

Mente: perché non sappiamo mantenere un segreto?

menteFra i misteri della mente e del suo funzionamento molti colpiscono perché ci fanno riflettere sulla complessità dei meccanismi messi in atto per portare avanti la straordinaria macchina costituita dal’essere umano, che non è affatto infallibile. Molte volte infatti ci capita di essere obbligati a mantenere un segreto, ma non ci riusciamo e per errore ci ritroviamo a rivelarlo magari in situazioni che si rivelano piuttosto imbarazzanti

Lo psicologo Daniel Wegner, professore alla Harvard University, in una ricerca pubblicata su “Science“, è riuscito a dimostrare perché ci comportiamo in questo modo. In particolare lo psicologo si è occupato di studiare i meccanismi psichici di difesa, che finiscono per fallire specialmente quando ci ritroviamo stanchi e che ci portano a rivelare segreti sui quali dovrenmmo invece tacere. 
 

Il tutto sembra essere dovuto proprio allo stress, che non ci permette di continuare a mantenere attive quelle difese, che cedono e lasciano emergere il nostro inconscio. Quest’ultimo, a differenza dalla parte consapevole di noi stessi, non segue percorsi lineari e improntati alla convenienza e all’opportunità sociale. Per questo tendiamo più facilmente a rivelare ciò che sarebbe stato più conveniente mantenere segreto. 
 

D’altronde la parte più profonda di noi stessi è sempre pronta a venir fuori quando per un attimo lasciamo che i nostri meccanismi di difesa non ci proteggano, ma non vuol dire che questo è sempre sbagliato, perché a volte è proprio l’intuizione o la rivelazione di un istante a far prendere alla situazioni la giusta piega che non ci aspettavamo di trovare. 

 
 
 

Psicologia

Post n°58 pubblicato il 24 Luglio 2009 da hermit6

adolescenti Adolescenti sono sensibili al giudizio degli altri

Gli adolescenti si trovano a vivere una fase della vita piuttosto difficile, nell’ambito della quale non è facile gestire i rapporti con gli altri. In particolare è stato provato che le giovani adolescenti si rivelano più sensibili rispetto ai loro coetanei del sesso opposto ai giudizi degli altri. Lo sostiene uno studio condotto da ricercatori del National Institute of Mental Health di Bethesda, nel Maryland.

Questa maggiore sensibilità delle adolescenti ai giudizi degli altri sarebbe dovuta secondo gli studiosi a dei cambiamenti dell’attività neurale che hanno luogo nel corso della crescita. Queste caratteristiche dell’attività dei neuroni farebbero in modo che le ragazze durante l’adolescenza siano più a rischio di incorrere in disturbi d’ansia e depressione. 
 

I ricercatori hanno preso in considerazione un gruppo di 34 adolescenti e li hanno invitati a partecipare ad una conversazione su internet per mezzo di una chat. I soggetti dell’esperimento dovevano dapprima osservare i volti dei loro compagni di chat e decidere in base a questo con chi parlare. Poi dovevano esprimere un parere su chi dei loro interlocutori avrebbe avuto il piacere di chattare con loro. 
 

Attraverso la risonanza magnetica funzionale i ricercatori hanno avuto modo di constatare che nelle giovani adolescenti, quando si trovavano impegnate a valutare l’opinione che gli altri avevano di loro, manifestavano a livello cerebrale una maggiore attività correlata alle aree dell’ipotalamo, dell’ippocampo, dell’amigdala, dell’insula e del nucleus accumbens, ossia a tutte le regioni mentali deputate al controllo delle emozioni. 

 
 
 

Psicologia

Post n°57 pubblicato il 24 Luglio 2009 da hermit6

linguaggio 

Linguaggio parole ed emozioni

 

Il linguaggio umano non è solo un insieme di parole che appaiono vuote alla nostra mente in grado di rielaborarle. Le parole esprimono delle emozioni che non è facile fingere, perché l’attività cerebrale rivela se determinati termini sono detti senza provare particolari emozioni. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra è riuscito a rintracciare le tracce cerebrali di parole pronunciate sotto la spinta della rabbia, della tristezza o della felicità

Gli studiosi sono riusciti in questo obiettivo attraverso un’analisi delle aree della corteccia uditiva condotta mediante l’osservazione di questa regione cerebrale vista nel suo complesso. Questo metodo ha consentito di arrivare ad una visione più chiara ed evidente dei meccanismi attivati dal nostro cervello. 
 

Come hanno dichiarato gli studiosi che hanno condotto la ricerca, il lavoro realizzato è stato come mettere insieme i pezzi di un puzzle per osservare meglio l’immagine da essi composta. D’altronde la capacità di capire l’emotività insita in un discorso è un’abilità fondamentale per gli uomini che intrattengono relazioni sociali con gli altri. La ricerca in questo senso ha cercato di spiegare molti dei meccanismi connessi con l’attività sociale degli individui. 
 

Comprendere le emozioni nascoste nelle parole e saperle esprimere è un processo fondamentale che sta alla base della socialità umana e che non può essere trascurata se si vuole comprendere a pieno quali i sono i processi che non vengono messi in atto da alcuni soggetti affetti da patologie come per esempio la schizofrenia, il disturbo bipolare e la depressione. 

 
 
 

Psicologia

Post n°56 pubblicato il 24 Luglio 2009 da hermit6

mente

Cervello la noia e la percezione temporale

Il meccanismo che suscita la noia nel nostro cervello potrebbe avere le sue radici in certi soggetti perennemente annoiati in una percezione del tempo piuttosto dilatata. E’ come se per alcuni il tempo non passasse mai. Si tratta d’altronde di una sensazione che tutti noi abbiamo sperimentato in determinate occasioni.

In alcuni individui questa percezione dilatata del tempo sarebbe la diretta responsabile del loro sentirsi continuamente in preda alla noia. Lo hanno dimostrato James Danckert e Ava-Ann Allman dell’Università di Waterloo. Gli studiosi hanno preso in considerazione 176 studenti, che sono stati sottoposti ad un test, per misurare la loro propensione alla noia. 
 

Dal test è risultato che c’erano degli annoiati cronici, studenti che non si annoiavano mai e altri individui che si collocavano in posizione intermedia tra questi due gruppi estremi. A questo punto i ricercatori hanno sottoposto gli studenti ad un esperimento. I soggetti dovevano osservare un punto che si muoveva in un cerchio e capire quanto durava il movimento
 

Gli annoiati cronici in genere tendevano a sovrastimare la durata del movimento, mente coloro che non si annoiavano mai erano propensi a sottostimarla. Questo dimostra come esiste un rapporto di stretta connessione tra la sensazione che il tempo non scorra e la noia. 
 

Gli studiosi hanno dichiarato che in generale se un individuo si accorge che un’esperienza richiede meno tempo rispetto a quello che si pensa che sia trascorso la percepirà di sicuro come meno noiosa. Tutto dipende da come il nostro cervello è predisposto alla percezione del tempo e delle situazioni ad esso collegate. 

 
 
 

Pillola anticoncezionale

Post n°55 pubblicato il 23 Luglio 2009 da hermit6

 insieme al pompelmo può essere pericolosa!

Pillola anticoncezionale

E’ l’ennesima riprova che ciò che è naturale non sempre fa bene, anche se in questo caso non possiamo criminalizzare un frutto delizioso come il pompelmo, semmai dovremmo sperare che qualcuno ci informi che l’associazione pillola anticoncezionale e pompelmo non sempre è un connubio felice, così come sarebbe auspicabile che nessuna donna decidesse in proprio di affidarsi ad una pillola contraccettiva senza aver prima sentito il parere del suo medico

Certo, il caso narrato dall’autorevole rivista scientifica, The Lancet, è raro; si discute di una donna che ha rischiato la vita a causa di una trombosi della gamba dopo essersi sottoposta ad un lungo viaggio in auto, ma sappiamo bene che lapillola ha un peso significativo sulla coagulazione del sangue, tant’è che alle donne che l’assumono è richiesto di non fumare e di sottoporsi ad accertamenti ematologici prima di iniziare a prenderla, tuttavia oggi sappiamo anche che in qualche caso, l’unione della ” pillola ” con il pompelmo, può avere effetti devastanti.

 
Nell’articolo pubblicato su The Lancet la donna non sapeva neanche di essere affetta da una mutazione del fattore V della coagulazione, una rara forma genetica che fa si che l’aggregazione delle piastrine sia tale che si aprano le porte alla trombosi o alla trombofilia, una condizione che causa ipercoagulabilità del sangue, condizione questa aggravata dal fatto che il succo di pompelmo, per la proprietà detenuta da alcune sostanze contenute nel succo,riesce ad inattivare l’enzima che è deputato a degradare gli estrogeni racchiusi nella pillola con la conseguenza che questi, rimasti per più tempo in circolo, hanno partecipato alla grave conseguenza clinica cui è andata incontro la donna.

 
Nessuna criminalizzazione della pillola anticoncezionale, sia chiaro, per il semplice fatto che il farmaco non è la causa della trombosi quanto invece una concausa, ma solo se esistono quei fattori predisponesti che tuttavia la medicina è in grado di accertare prima che si inizi ad assumere il farmaco.

Basterà dunque sapere che la pillola contraccettiva può essere miracolosa non soltanto perché evita gravidanze indesiderate ma perché si oppone a diverse patologie della donna e che solo quando siamo certi che non abbia effetti collaterali importanti possa essere assunta? Stessa cosa vale per il pompelmo, se ne può fare a meno, è vero, ma se non riusciamo a resistere al suo gusto sarebbe un peccato privarsene viste le proprietà organolettiche di questo frutto, a meno che, sulla base delle indagini mediche effettuate dalla donna in prossimità dell’assunzione della pillola, si accerti l’assoluta controindicazione ad alimentarsi anche con pompelmo.

 
 
 

Cos'è l'Autismo

Post n°54 pubblicato il 23 Luglio 2009 da hermit6

LA FAMIGLIA

La famiglia del bambino affetto da autismo si trova a dover affrontare una situazione più stressante di qualunque altra famiglia di bambino handicappato, a causa della scarsa conoscenza delle caratteristiche della sindrome non solo nella gente comune, ma spesso purtroppo anche d a parte di professionisti, terapeuti e insegnanti.

L’errata interpretazione risalente agli anni ‘50 e ‘60 della sindrome autistica come disturbo emotivo imputabile ad un errato rapporto del bambino con la madre o entrambi i genitori è infatti dura a morire malgrado le inequivocabili evidenze di danno biologico e l’attuale interpretazione ufficiale dell’autismo come disturbo generalizzato dello sviluppo, in parte anche per la difficoltà della famiglia stessa a d accettare che un bambino apparentemente perfetto, spesso bellissimo, sia portatore di un grave handicap mentale che lo accompagnerà per tutta la vita: meglio sperare di aver sbagliato qualcosa, e che cambiando il proprio atteggiamento tutto tornerà normale.

Ben presto tuttavia la disillusione si farà strada con il suo carico di disperazione e solitudine di fronte a un problema senza via d’uscita, aggravato spesso dall’incomprensione di parenti, amici e perfino dei professionisti cui ci si rivolge per chiedere aiuto ad alleviare le evidenti sofferenze del bambino e la propria inadeguatezza nell’affrontare le difficoltà del vivere quotidiano.

Le peculiarità della sindrome, e non viceversa, rendono infatti difficile e doloroso il rapporto della famiglia con il proprio bambino, e costituiscono una fonte aggiuntiva di stress che spesso minaccia la sopravvivenza dell’unità familiare.

 

PRINCIPALI FONTI DI STRESS PER LA FAMIGLIA DEL BAMBINO AUTISTICO

1) Mancanza di interazione.

Vera o apparente che sia, l’indifferenza del bambino autistico verso i familiari che già hanno investito amore e dedizione sulla loro creatura apparentemente perfetta costituisce precocemente una vera tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati da un bambino che non corrisponde ai loro sentimenti e che tuttavia non possono nè vogliono lasciare.

Non tutti i bambini autistici sono incapaci di dimostrare affetto verso i familiari: alcuni, considerati in passato in come affetti da Psicosi Simbiotica, possono mostrare un attaccamento perfino eccessivo.

Tuttavia anche in questo caso, pur meno drammatico, il senso di responsabilità verso una creatura che capiscono indifesa di fronte al mondo e di cui ben presto intuiscono la sofferenza li sprona a cercare in tutti i modi di aiutarla, senza riuscire a tradurre l’attaccamento affettivo in partecipazione emotiva alla vita di famiglia o in apprendimento.

2) Problemi di comportamento.

La vita familiare è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento tipici del bambino autistico, soprattutto dagli episodi di auto o etero aggressività: nulla è più doloroso che assistere impotenti al dramma del bambino che si morde, si graffia a sangue, si picchia o batte la testa contro il muro, o che, portato con il cuore colmo di speranza tra i suoi coetanei li allontana a morsi e calci.

La paura e l’angoscia che generano questi episodi apparentemente incomprensibili portano spesso alla rinuncia di una qualunque regola o coerenza educativa, precipitando ancor di più il bambino nell’incertezza e la famiglia nell’isolamento sociale.

Anche problemi di comportamento meno gravi, come pianto o riso irrefrenabili e apparentemente immotivati, grida o lancio di oggetti, e così via generano sconcerto e angoscia, e contribuiscono fatalmente all’isolamento sociale del bambino e dell’intera famiglia.

3) Incomprensione sociale

Le stranezze del comportamento del bambino autistico nel migliore dei casi vengono interpretate nell’ambito sociale come espressioni di maleducazione di cui il genitore è responsabile; anche la famiglia più unita e agguerrita si trova così a dover affrontare, oltre alle difficoltà di convivenza col proprio bambino, il giudizio, le critiche e l’insofferenza di vicini, parenti e amici della cui solidarietà avrebbero invece enormemente bisogno.

Per lo più tuttavia la gente comune conosce dell’autismo la credenza errata che il comportamento autistico sia imputabile al cattivo rapporto con la madre; anche nella famiglia più consapevole e più preparata si insinua il dubbio, si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e peggiora fatalmente il già difficile rapporto con il bambino.

Ancora più drammatica è l’incomprensione che spesso la famiglia incontra al momento dell’inserimento del bambino nella scuola materna e più tardi nella scuola dell’obbligo: ì pregiudizi sull’autismo e la scarsa preparazione in materia degli insegnanti, la scarsa disponibilità a collaborare o l’ignoranza da parte delle strutture sanitarie ne fanno ben presto un piccolo intruso da tollerare per il minor tempo possibile, accampando ogni scusa per ridurre il tempo di frequenza scolastica.

La fonte principale di stress per la famiglia non è più l’isolamento o il comportamento del bambino, ma il rifiuto sociale: i genitori stessi si sentono rifiutati nel loro bambino, ancora una volta soli contro tutti.

4) Incertezza per il futuro.

Quand’anche la famiglia abbia superato la fase della disperazione, e sia stata correttamente informata sulle cause e le caratteristiche della sindrome autistica, resta tuttavia perennemente angosciata dall’incertezza per il futuro del proprio bambino, e non solo dallo spaventoso ma ancora relativamente lontano momento della vecchiaia e della morte ("chi si occuperà di lui, chi lo capirà quando noi non ci saremo più?"), ma anche dal futuro più prossimo ( "sarà accettato a scuola? avrà un insegnante preparato? otterrà le ore di sostegno necessarie a svolgere un programma speciale? ") o addirittura dell’indomani ("andrà tutto bene o mi chiameranno ancora una volta d a scuola pregandomi di portarlo a casa?").

Quando poi si sia raggiunta una vera consapevolezza sulla gravità della sindrome autistica, e sull’inesistenza di soluzioni dignitose per il futuro di un adulto affetto da autismo, lo stress diventa disperazione, e non esiste genitore di bambino autistico che non speri di poter sopravvivere al proprio figlio pur di non doverlo abbandonare ad un futuro di emarginazione, con un ulteriore carico di sensi di colpa e di impotenza.

5) Fatica e impossibilità a svolgere una vita normale.

La vita con un bambino autistico è estremamente faticosa: spesso ai problemi di comportamento, difficili da gestire, si aggiungono iperattività, problemi di sonno e di alimentazione.

L’iperattività del bambino, per lo più inconsapevole del pericolo, non dà tregua, e spesso la casa diventa una prigione spoglia in cui barricarsi, porte e finestre sbarrate da chiusure di sicurezza, ogni oggetto fragile ancora integro fatto sparire, cibo e bevande lontano dalla portata del bambino; e ancora restano da sorvegliare rubinetti, fornelli e così via, neanche uscire di casa dà tregua: una passeggiata al parco si trasforma facilmente in un inseguimento affannoso e un attimo di distrazione può essere fatale.

Tuttavia neanche il genitore di un bambino tranquillo riesce a darsi pace: il suo isolamento, il vederlo passare ore a guardarsi le mani o giocherellare con uno spago lo angoscia, lo sprona a cercare di coinvolgerlo in giochi o attività domestiche, per lo più ricavandone ansia e frustrazione.

Non esistono vacanze per la famiglia di un bambino autistico, ammalarsi è un lusso, riposarsi impossibile; la fatica è schiacciante, e i rapporti familiari ne sono ben presto incrinati.

La madre, per mancanza di aiuti adeguati, deve per lo più rinunciare al lavoro.

La fatale conseguenza di tutte queste difficoltà è l’isolamento sociale della famiglia e del bambino stesso, a dispetto di una legge quadro che dovrebbe garantire l’integrazione sociale della persona handicappata.

 

POSSIBILI INTERVENTI SULLA FAMIGLIA

La famiglia è il primo ambiente sociale in cui ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione nella vita di famiglia è perciò il primo scopo d a perseguire in un programma di riabilitazione e integrazione della persona autistica.

Aiutare il bambino a sviluppare capacità interessi e relazioni nell’ambito familiare si traduce in un miglioramento della vita presente e futura della famiglia e del bambino stesso: il benessere dell’uno è indissolubile da quello dell’altra.

Nessun genitore può assistere passivamente allo sviluppo del proprio bambino; un programma di intervento dovrebbe non solo essere preparato tenendo conto della conoscenza profonda che ogni famiglia h a del proprio figlio, delle esigenze e dello stile di vita familiari, ma anche prevedere una partecipazione della famiglia stessa come partner essenziale nella preparazione ed esecuzione del progetto.

A questo scopo sarebbe opportuno offrire alla famiglia un supporto individualizzato a partire dai suoi bisogni e dalle sue potenzialità.

 

FORME DI SUPPORTO ALLA FAMIGLIA

1) Informazione.

Una corretta informazione sulle caratteristiche della sindrome autistica è il primo passo per aiutare i genitori a comprendere e affrontare efficacemente i problemi del loro bambino.

Colpevolizzare la madre o anche solo tacere su un dubbio che la diagnosi stessa può portare con sè è inaccettabile, sgombrare il campo da sensi di colpa assurdi e anacronistici é doveroso e non può che tradursi in u n miglioramento dei rapporti familiari e conseguentemente in un a maggiore serenità del bambino stesso.

Tuttavia accettare l’idea dell’handicap del proprio bambino, quando si era sperato di poter cambiare tutto semplicemente cambiando se stessi, può essere traumatizzante, e soprattutto la comunicazione di alcune caratteristiche utili più che altro come strumenti operativi, in particolare della coesistenza di ritardo mentale, può essere percepito negativamente in consonanza col senso comune, e difficile da accettare se non si ha ben chiara la differenza fra capacità, intelligenza e sensibilità, e il rispetto dovuto in ogni caso ad ogni persona umana.

 

2) Formazione e addestramento.

"Il bambino non mi guarda, non mi obbedisce, si comporta come se neanche esistessi o addirittura sembra burlarsi di noi. Come dobbiamo comportarci con lui?"

A questa domanda molti professionisti rispondono "Fate semplicemente i genitori".

Ma "fare i genitori" di un bambino autistico non è affatto semplice, s e non si viene messi a conoscenza su come è possibile ottenere attenzione e collaborazione, e se non si sanno affrontare nel modo giusto i problemi di comportamento, oggi interpretati come espressione dell’incapacità ad esprimere i propri bisogni e desideri.

 

La famiglia, si vede quindi costretta ad informarsi autonomamente e rischia di perdersi in una miriade di informazioni e tentativi, mentre dovrebbe essere adeguatamente preparata ad intervenire efficacemente nell’educazione del proprio figlio, e ad adottare altre forme di comunicazione, attraverso la preparazione congiunta da parte di professionisti e familiari di un programma da svolgere a casa con l’aiuto di controlli periodici, o almeno tempestivamente e costantemente informata delle modalità degli apprendimenti raggiunti al di fuori dell’ambito familiare.

Un intervento attivo della famiglia nel campo della autonomie di base e della comunicazione permetterebbe di dedicare più tempo nell’ambito extrafamiliare ad interventi di altro tipo ( rieducazione in campo motorio e cognitivo).

Il coinvolgimento attivo della famiglia in un adeguato programma riabilitativo rappresenta inoltre l’aiuto più efficace a superare sensi di colpa e di inadeguatezza: attraverso il ruolo di partner di educatori e insegnanti i genitori si appropriano degli strumenti indispensabili per svolgere il proprio ruolo e riacquistano fiducia nelle proprie capacità.

 

3) Pianificazione e assistenza

L’angoscia della famiglia per l’incertezza del futuro del proprio bambino dovrebbe essere alleviata da una precoce programmazione del suo futuro: sapere che il bambino frequenterà una scuola materna e una scuola dell’obbligo come tutti gli altri bambini, seguito da persone competenti, prontamente disponibili e il più possibile stabili, realmente interessate al problema e motivate ad intervenire all’unisono con i familiari per sviluppare al massimo le potenzialità del bambino può rappresentare un enorme sollievo.

La formazione di personale sanitario e scolastico competente è perciò u n aiuto indispensabile non solo per il bambino, ma anche per la famiglia.

Resta purtroppo per ora irrisolto il problema della vita da adulto della persona autistica, e sarebbe doveroso fin dall’infanzia del bambino

prospettare soluzioni dignitose e qualificate in vista del venir meno dell’aiuto familiare.

Accettare un figlio handicappato ma con una strada futura già delineata sarebbe assai più facile e certamente la qualità della vita familiare n e sarebbe molto migliorata.

 

4) Coordinamento dei servizi

Benchè la legge quadro sull’handicap preveda che tutte le istituzioni ( sanità, scuola, assistenza) debbano farsi carico dell’integrazione della persona handicappata, nella realtà spesso ognuna interviene in modo autonomo non sempre coerente, e la famiglia deve farsi carico di sollecitare incontri o trovare attività di tempo libero.

I bambini autistici si possono ammalare come tutti gli altri bambini, m a anche le necessità sanitarie costituiscono un problema per la famiglia della persona autistica, per la difficoltà diagnostica da parte di medici che non conoscano l’handicap o per la mancanza di strutture ospedaliere attrezzate per operare su questi soggetti: allo stress della malattia si aggiunge quindi l’ansia di trovare un intervento adeguato.

Sarebbe quindi opportuno individuare un responsabile che garantisca la coerenza degli interventi educativi in un programma globale, e individui in caso di necessità i professionisti e le strutture più adatte ad intervenire in caso di malattia.

 

5) Aiuto sociale ed emotivo.

La famiglia del bambino dovrebbe essere aiutata a mantenere il più possibile il tipo di vita e la relazioni sociali precedenti alla nascita del bambino autistico: questo significa poter disporre dell’aiuto di personale competente che permetta ai genitori di disporre del tempo per coltivare relazioni sociali e alla madre di conservare il posto di lavoro messo seriamente in pericolo dalla mancanza di una presa in carico efficace del bambino.

In ogni caso la famiglia ha bisogno di spazi di libertà: infatti non bisogna dimenticare che anche i fratelli del bambino autistico hanno diritto alle cure dei genitori, che come in tutte le altre famiglie possono intervenire malattie o doveri di assistenza verso i parenti anziani, e che il bambino autistico non deve essere il fulcro, ma uno dei componenti della famiglia. Anche la vita di coppia deve poter essere coltivata, e nell’ambito del programma individualizzato del bambino sarebbe opportuno prevedere brevi periodi di vacanza in un ambiente adeguato e preparato in modo da garantire il giusto riposo necessario alla famiglia per "ricaricarsi" e trovare nuove energie per affrontare la vita quotidiana.

La solidarietà e la comprensione che si possono trovare nell’ambito delle Associazioni dei familiari non dovrebbero sostituirsi alla possibilità di

mantenere relazioni e interessi al di fuori del problema autismo, per non diventare una ulteriore fonte di emarginazione della famiglia.

Un aiuto concreto a mantenere la vita di relazione, una prospettiva dignitosa seppur impegnativa per il futuro, una chiara dimostrazione di fiducia da parte degli operatori, la disponibilità ad una accoglienza competente e serena da parte della strutture preposte all’inserimento sociale della persona autistica costituiscono inoltre il più valido aiuto emotivo per la famiglia.

 
 
 

TV SUPERSOTTILI, CELLULARI ULTIMO GRIDO AUTO SUPER, EPPURE? NON E UN DIRITTO ESSER CURATI?

Post n°53 pubblicato il 22 Luglio 2009 da hermit6

Un aiuto alla madre malata val bene la perdita della verginità anche se per 28 anni è stata preservata con successo, restando fedeli al proprio credo religioso.

Così, Evelyn, ragazza ecuadoriana trasferitasi in Spagna sette anni fa, ha fatto la sua scelta e ha messo all'asta online la sua verginità: prezzo di partenza, 15 mila euro. La vicenda, riportata dal quotidiano spagnolo El Mundo, risale allo scorso 10 maggio e non si è ancora conclusa. La ragazza, nonostante abbia ricevuto poco meno di un centinaio di offerte non ha ancora scelto il partner a cui concedersi.

"Non credo che mettere all'asta la mia verginità risolva tutti i miei problemi", ha confessato al giornale spagnolo Evelyn, che però con la somma che riuscirà ad ottenere ad asta conclusa potrà dare una mano alla madre malata: "mi piacerebbe affidarla a uno specialista e tornare in Ecuador per assisterla", ha detto la giovane augurandosi di riuscire a iscriversi alla facoltà di medicina nel caso le avanzasse una piccola somma. "Ma per me sarà un vero sacrificio", ha ammesso la 28/enne, molto religiosa e costretta ad aprire questa particolare asta dopo essersi resa conto che con il suo lavoro - impiegata in una ditta di pulizie - non sarebbe riuscita ad aiutare la madre.

Ora, potenzialmente, il denaro c'é. L'offerta più alta è stata addirittura di 2,3 milioni di euro, ma lei ha rifiutato poiché l'aspirante compratore, per quella somma, pretendeva di vederla altre volte al di là della prima notte. Ora Evelyn - che impone all'interessato di mostrare un certificato di buona salute, mentre lei dimostrerà la sua castità con apposita dichiarazione medica - ha un po' di timore. Il tempo passa e non ha ancora scelto. Anzi, cercando in rete i casi precedenti ha visto che qualche asta non è stata mai conclusa. "Sono molto depressa", ha ammesso, rispondendo però con orgoglio a chi la giudica male: "E' il mio corpo e ne faccio ciò che voglio", ha detto, sorpresa di tanto scalpore in un Paese così sessualmente libero come la Spagna.

 
 
 

Illegittimo negare copia del Riassunto Clinico

Post n°52 pubblicato il 22 Luglio 2009 da hermit6

La documentazione sanitaria relativa ad un ricovero ed eventuale intervento chirurgico con i relativi esami diagnostici, rientra nell'amplissima nozione di "documento amministrativo", trattandosi di atti interni detenuti dalla struttura ospedaliera, in relazione all'attività di pubblico interesse dalla stessa svolta al fine di assicurare al cittadino una adeguata assistenza sanitaria, e così il diritto primario e fondamentale alla salute.  La documentazione sanitaria, proprio perché contiene dati "sensibili" sulla salute del cittadino, non può non essere portata a conoscenza del diretto interessato.

 
 
 

Nuovo approccio contro le rare

Post n°51 pubblicato il 22 Luglio 2009 da hermit6

Rendere obbligatorio lo screening neonatale per tutte quelle malattie rare che hanno o avranno una terapia farmacologica o dietetica, migliorare l'accesso ai farmaci "orfani" e arricchire il budget della ricerca. Queste sono le tre istanze fondamentali che la Consulta nazionale delle malattie rare (Cndmr), ha rilanciato ieri durante un incontro organizzato in Senato, intitolato "Il cammino dei progetti di legge sulle malattie rare e i farmaci orfani", con l'intenzione di sensibilizzare il Governo sull'urgenza di varare interventi legislativi che siano in grado di rispondere alle esigenze dei due milioni di "malati rari" in Italia. "Con i tre punti che abbiamo proposto alle istituzioni come essenziali - ha affermato Flavio Bertoglio, segretario generale Cndmr - speriamo che sia possibile ottenere un reale vantaggio per i malati. Ci aspettiamo - ha concluso - che ciascuno dei chiamati in causa nell'ambito delle istituzioni si impegni per garantire ai malati il diritto alle cure e a una qualità della vita più dignitosa".

All'incontro erano presenti numerosi membri delle istituzioni. Il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio ha voluto usare parole confortanti: "Abbiamo avviato - ha detto Fazio- iniziative per rendere omogenea su tutto il territorio nazionale l'offerta di servizi ai malati rari". "Per quanto riguarda i farmaci - ha dichiarato Fazio - puntiamo a fare in modo che una volta che i farmaci "orfani" siano stati registrati dall'Aifa, il medicinale venga subito reso disponibile in ogni Regione che dovrà vagliare solo la sostenibilità economica".

incrociamo ora le dita.

 
 
 

uomo vero?

Post n°50 pubblicato il 22 Luglio 2009 da hermit6

Berlusconi, "Non sono un santo"

di solito non mi va mai di parlare di politica, la considero talmente sporca e vile che non ne vale nemmeno la pena di esprimerci, ma non posso scrivere due cose sulla battuta di poco humor detta dal nostro premier, lui oggi a detto, non sono un santo, perchè prendersela con un uomo vero?, scusi signor primo ministro, cosa che ho gia spedito ma non so se lui la leggera la mia raccomandata, mi ripeto mi scusi, non sapevo che si calcolava la qualita di un uomo da quanti rapporti sessuali si hanno con le escort, ho prostitute? vorrei ricordarle che la presidenza di clinton negli stati uniti fu abbattuta propio causa un rapporto extraconiugale (corna lo ricordate vero?) e non solo clinton ci furono altri rappresentanti politici che dovettero rassegnare le propie dimissioni per le stesse vicende o meno, all'ora io mi pongo questo quesito, io che non sono essuno, ma se la mia faccia va su alcuni giornali con storie del tipo hermit6  e stato visto con una prostituta o comunque legate al sesso nascosto, io non potrei nemmeno lavare i vetri per strada perche sarei spacciato e spezzata la mia reputazione, ma lei visto che ci rapprsenta e comunque dovrebbe dare il buon esempio, ci fa delle battute? no signor ministro non sono daccordo, io mi adeguo ad ogni evenienza e ogni spiraglio che mi offre la giornata, ma non sono daccordo, a me come a tutti gli italiani non interessa la sua vita privata si faccia cassa con tutte le escort che vuole ma pensi hai veri problemi che affliggono i cittadini, e visto che ci siamo vorrei dire anche due cose al nostro mastella che gia publicai un post, in italia ci sono persone che guadagnano a settimana compreso il sabato la somma di euro che lei ha indignato, in consultorio venne da me una famiglia di rumeni che non sapendo come gestire il propio bambino il marito guadagnava 40 euro al giorno, e si vedeva dal fisico, mani e viso che il poveretto si spaccava la schiena una settimana e si doveva pagare sia il viaggio con i mezzi e pranzo, detto questo torno a me non voglio fare propagande ne comizi, non mi piacciono semmsi vado in piazza e urlo come ho gia fatto più di qualche volta, tanto scrivere qui a loro non gli cambia nulla, io la mia raccomandata lo spedita, so che non serve, ma almeno risparmiateci il sarcasmo da fogna, a scusate e vero, politica e chi la esercita uguale cloaca...

 
 
 

Il Teflon è presente nel packaging per alimenti e neppure lo sappiamo

Post n°48 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

L'acido perfluoroctanolo, o PFOA, è usato per fare le pentole in  Teflon e antiaderenti. Gli studi hanno indicato che il PFOA causa cancro e altri problemi di salute negli animali di laboratorio. Il PFOA è uno dei prodotti chimici tossici liberati quando le pentole rivestite di teflon sono surriscaldate. 

Attualmente è stato segnalato che, oltre alle pentole, ci sono altre fonti importanti di PFOA  come i contenitori e le confezioni alimentari.  I fluortelomeri, che sono prodotti chimici usati negli imballaggi per alimenti così come per le coperte e i vestiti, vengono degradati a PFOA nell'ambiente e quando ingeriti. Parecchi studi su animali hanno dimostrato questo, compreso uno effettuato dall’Environmental Protection Agency (Ente per la Salvaguardia dell'Ambiente). 

In uno preoccupante studio, la Food and Drug Administration (FDA) ha analizzato le confezioni di popcorn da forno a microonde e ha trovato che il PFOA non soltanto è presente, ma che viene assorbito dall'olio durante la cottura. 
Oltre ai sacchetti del popcorn per il microonde, i fluortelomeri sono usati nelle: 
• Confezioni per gli alimenti a rapida preparazione (fast food) come panini, pollo e patate fritte   
• Confezioni per la pizza, articoli da panetteria, bevande e caramelle   
• Piatti di carta 
È nel vostro sangue
Il PFOA può ora essere trovato nel sangue del 90 per cento degli Americani e, in uno studio che ha esaminato 600 bambini, il 96 per cento è risultato positivo allo PFOA nel sangue. .Purtroppo, mentre si può scegliere se o non utilizzare le pentole in Teflon, per i consumatori non c’è attualmente possibilità di sapere se il packaging contenga i fluortelomeri. 
 

 
 
 

ATTENZIONE ALLE BIBITE RICCHE IN CAFFEINA

Post n°47 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

Quando si analizza il contenuto di una di queste lattine, notiamo che gli ingredienti principali sono caffeina e zucchero (sotto forma di glucuronolactone, saccarosio e glucosio). E’ evidente che la bevanda energetica vi fornirà un picco rapido di energia.  Tuttavia, non essendo un effetto duraturo si tende a berne varie di seguito. Quando l’azione del contenuto comincia a calare inizia a subentrare una sensazione di letargia che spinge l’individuo a ricercare un’altra lattina per “ricaricare le pile”. Questo diventa un circolo vizioso che piace molto ai produttori.


Nei bar sta diventando sempre più popolare mescolare le bevande energetiche  con alcool, ovvero unire uno stimolante con un depressivante. L'effetto di questo mix è sconosciuto, ma i ricercatori dicono che sovraccaricando l’organismo con stimolanti e depressivanti pesanti si potrebbe sviluppare uno scompenso cardiaco e secondo le notizie precedenti circa i risultati mortali di questa miscela, sappiamo che non è solo una teoria.  La marca Red Bull è persino entrata nella letteratura scientifica. Il giornale  Medicine, Science, and Law  ha pubblicato un articolo  nel 2001 sugli effetti dell’alcool e di Red Bull mescolati ad un altro stimolante: l’efedra.  Risultato? Psicosi acuta
E nel numero di qualche mese fa del  Journal of the Clinical Autonomic Research Society, un'inchiesta italiana ha analizzato un caso di " sindrome da tachicardia posturale (POTS)  connessa con una reazione vasovagale", registrato in un giovane giocatore di pallavolo dopo un’eccessiva assunzione della bevanda.

 
 
 

IL LATO AMARO DEI DOLCIFICANTI

Post n°46 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

Gli stabilimenti di trasformazione delle acque luride non riescono a rimuovere completamente i dolcificanti artificiali dalle acque di rifiuto. Queste sostanze inquinanti contaminano l’acqua e possono ancora essere presenti nell’acqua potabile.
Un nuovo, potente metodo analitico, che simultaneamente estrae ed analizza sette dolcificanti artificiali comunemente usati, ha dimostrato la presenza di parecchi dolcificanti artificiali nelle acque di rifiuto.
Finora, soltanto il sucralosio era stato rilevato in questo contesto.. Con l'uso del nuovo metodo, i ricercatori hanno potuto indicare per la prima volta che quattro dolcificanti artificiali (acesulfame, saccarina, ciclamato e sucralosio ) sono presenti nelle acque degli stabilimenti di trasformazione delle acque luride, indicando l'eliminazione incompleta durante il trattamento delle acque di rifiuto.

 
 
 

sostituzioni mediche in Italia

Post n°45 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

 vorrei segnalarvi il sito www.sostituzionemedica.it che permette di creare occasioni di lavoro per professionisti medici che desiderino effettuare sostituzioni mediche in studi sia MMG che PLS(pediatri di libera scelta, cioè i pediatri di base)in tutta Italia. E permette, a chi ha uno studio medico e necessita di essere sostiuto, di trovare il sostituto.

 
 
 

Influenza A, test vaccini anche su bambini

Post n°44 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

"Le ditte produttrici del vaccino contro la nuova influenza ci hanno comunicato che sono in corso i test sui bimbi dai 6 mesi in su". Lo dice all'ADNKRONOS SALUTE il viceministro alla Salute, Ferruccio Fazio, aggiungendo che, "quando saranno pronti i risultati, penseremo se vaccinare anche i bambini dai 6 mesi in poi" contro il virus, come chiesto ieri dal presidente della Federazione italiana medici pediatri Giuseppe Mele che aveva anche richiesto un incontro urgente al viceministro alla Salute. Incontro che, dice Fazio, "avverrà la settimana prossima". E sugli allarmi che rimbalzano dalla Gran Bretagna, dove ormai la situazione sembra fuori controllo, Fazio aggiunge: "Siamo nella fase 6 della pandemia" e, anche se la situazione in Italia non è paragonabile a quella britannica, "i contagi arriveranno anche da noi - conclude - ma siamo preparati". io incocio le dita.........

 
 
 

bambina speciale

Post n°43 pubblicato il 21 Luglio 2009 da hermit6

oggi era di nuovo il mio turno, non vedevo l'ora di rivedere la  bambina prodigio, anche se oggi era un pò tirata e sulle sue, ma oggi in uno dei giochi di gruppo a differenza di venerdi a contribuito con molto intusiasmo, purtroppo non potrò seguirla per sempre, conterei almeno un paio di anni, ma dipende dall'atra patologia, comunque da come era iniziata la mattina causa l'ora tarda del rientro a casa stanotte, devo dire che e finita molto bene, ed ora vediamo di scrivere qualcosa che possa essere di utilità per chiunque.   ^_^

 
 
 

Internet e bambini:"Genitori vigilate"

Post n°42 pubblicato il 20 Luglio 2009 da hermit6

I pericoli della rete



Un ragazzino può dipendere da un computer, da un telefonino, da un videogame. Esattamente come un adulto -ma non necessariamente soltanto un adulto - può dipendere da un bicchiere di alcol. Passa ore davanti al monitor, non spegne il cellulare di notte, scrive sms in classe quando basterebbe un semplice e “sano” bigliettino. E se rimane troppo tempo lontano dalla tastiera diventa irascibile, aggressivo, come un alcolista senza bicchiere.
Tutto ciò si chiama “tecnologite” e comprende ogni forma di dipendenza dalle nuove tecnologie. Internet, ad esempio, fonte inesauribile di informazioni così come di pericoli.
«Un bambino su tre ha incontrato una persona conosciuta in rete». Al passaggio di questa “slide” probabilmente i genitori avranno sgranato gli occhi. «E nella maggior parte dei casi - aggiunge Edoardo Colombo - non hanno detto nulla a mamma e papà».
Martedì sera, nell’aula magna del Politecnico di Como, quasi 500 genitori hanno assistito all’ultima serata del Progetto Aurora, organizzato dall’assessorato alle Politiche educative.
Edoardo Colombo - angiologo, anatomopatologo e professore di Farmacologia all’Università dell’Insubria - ha tenuto una relazione dal titolo «Nuove droghe, alcol e tecnologite». Ha parlato di droghe tradizionali, di alcol. Ma ha spiegato che non serve una sostanza per sviluppare una dipendenza: anche un semplice cellulare può condizionare la vita di un ragazzino.
«La “tecnologite” - spiega Colombo - è riconosciuta come una dipendenza vera e propria, al pari dell’alcolismo. Si tratta, in sostanza, dell’abuso del mezzo tecnologico per compiere operazioni quotidiane. Proprio come accade per la droga, la dipendenza cresce e porta il soggetto a isolarsi dalla comunità. Si arriva a comunicare via chat o sms ciò che si potrebbe dire a voce».
Non bisogna pensare, però, che la “tecnologite” colpisca soltanto i ragazzini.
«Pensiamo agli smartphone - continua Colombo - i telefoni cellulari che ricevono mail e con cui si può navigare. Obbligano a lavorare di più, perché si può essere raggiunti in qualsiasi momento, aumentano lo stress. E poi trasferiamo quest’ansia ai bambini, che ci vedono lavorare sempre o inchiodare l’auto quando il telefono suona. Un piccolo rimedio' Utilizzare le suonerie differenziate, così si capisce immediatamente se una chiamata è fondamentale».
Tornando agli adolescenti, Colombo ha parlato anche delle dipendenze da realtà virtuali, come Second Life, «un cyberspazio dove tutti possono rifarsi una vita. Quando un ragazzo vive in questi mondi, poi rischia una delusione nel momento in cui si relaziona con una persona. Nel cyberspazio, ad esempio, è dimostrato che le donne sono più portate ad accettare di fare sesso. Una delusione reale può sconfinare in piccole depressioni». Secondo l’esperto, non si dovrebbero passare oltre 5 ore al giorno davanti al pc. La “tecnologite” può acuire disturbi quali mal di testa, affaticamento degli occhi, dolori alle articolazioni, torcicollo, ansia, insonnia e affaticamento mentale. «La prima forma è stata identificata in America nel 1995, e si chiama Internet Addiction Disorder -prosegue Colombo - si tratta di un abuso della navigazione in rete. Oggi, le forme di “tecnologite” sono aumentate, riguardano gli smartphone, le consolle e tutti gli altri apparecchi simili. La tecnologia va usata per migliorare la vita: nel momento in cui comanda lo strumento, così come il bicchiere per l’alcolista, nasce il problema». Sono episodi riscontrabili anche sul nostro territorio' «Certo, i genitori notano che il ragazzo si isola, passa ore in camera a chattare, che comunica col cellulare anche di notte. Vedono queste aberrazioni».
Dietro le tecnologie si nascondono quindi dipendenze e pericoli: il rischio, ad esempio, che un pedofilo adeschi un ragazzino. Telefono Azzurro dice che un bambino su tre ha conosciuto una persona incontrata in Internet. Tocca ai genitori controllare. Ecco perché Colombo, nella sua relazione, ha parlato chiaramente di «assenze colpevoli». Di mamme e papà che, troppo spesso, fanno finta di niente.

 
 
 

Overdose da Web già alle elementari

Post n°41 pubblicato il 20 Luglio 2009 da hermit6

PRESO DAL SITO Repubblica

 

La realtà virtuale può creare le premesse dell’aggressività

Genitori preoccupati per gli episodi di bullismo
Intervento della psicologa
La realtà virtuale puà creare le premesse dell’aggressività Fenomeni di bullismo, magari non gravissimi, già in quarta e quinta elementare: la denuncia arriva dai genitori che hanno preso parte agli incontri che il Sert ha dedicato a questo fenomeno, collegandolo con l’abuso o uso di droga e alcol. «Soprattutto a Monfalcone, la tematica che maggiormente ha interessato i genitori presenti è stata quella del bullismo – spiega Claudia Dominguez, coordinatrice del progetto -. Molti genitori hanno chiesto espressamente come comportarsi quando il loro figliolo è ”vittima” di prevaricazioni o viene coinvolto in comportamenti devianti dal ”gruppo”. E se prima questa tematica riguardava soprattutto i ragazzi delle scuole medie, adesso l’età in cui si iniziano a cogliere le prime avvisaglie del problema è scesa di molto. Tanto che, come Sert, abbiamo ampliato gli incontri ai genitori di bambini di quarta e quinta elementare». Al momento, secondo quanto emerso dalle testimonianze dei genitori, non si tratterebbe di episodi gravi, ma comunque preoccupanti e degni quindi di essere segnalati. L’importante, secondo il Sert, è affrontare tali fenomeni in tempo, per comprendere i primi segni di disagio sociale, devianza e perfino dipendenza. «Anche gli episodi che appaiono innocenti o quanto meno marginali possono nascondere delle insidie – spiega ancora la psicologa del Sert -. A esempio l’attrazione di un ragazzino di questa età per i videogiochi, che lo porta a costruirsi una identità fittizia di ”vincente” può andare a discapito del suo equilibrio e del suo rendimento scolastico, e favorire comportamenti aggressivi, facendolo vivere in un mondo virtuale in cui conta solo il gioco e non l’impegno». La dipendenza da videogioco è una rinuncia del reale che a volte fa da apripista ad altre dipendenze, di droga o alcol, considerando che si tratta di un periodo complesso della vita, il passaggio da infanzia ad adolescenza. «I genitori, gli insegnanti e gli adulti devono intervenire, certamente che in un modo diverso da come hanno fatto con loro i loro genitori in altri periodi. Devono essere imposte delle regole, anche se questo può creare conflitto – specifica ancora la responsabile Sert -. Il conflitto non è uno spauracchio, può permettere agli adulti e ai giovani di differenziarsi. Questa potrebbe essere, se gestita in modo adeguato, una risorsa utile a consentire, sia agli adolescenti che agli adulti, di uscire dai propri luoghi comuni per trovarne altri più adeguati. E soprattutto agli adolescenti per evitare l’instaurarsi di comportamenti legati a un disagio, dando luogo a vere risorse creative». Che non fanno altro che allontanare, a esempio, i problemi legati al consumo di alcol, che a Gorizia e Monfalcone non sono affatto rari anche tra i giovani: una recente ricerca ha evidenziato che Gorizia risulta una delle province in cui sono più numerosi i casi di consumo di alcol tra i tredicenni. Con conseguenze serie, come il passaggio, poi, a sostanze illegali o l’insorgere di disturbi di tipo alimentare o di depressione

 
 
 

Un test sulla dipendenza da Internet

Post n°40 pubblicato il 20 Luglio 2009 da hermit6

Il test

Il test è tratto da YOUNG S. Kimberly, Presi nella rete. Intossicazione e dipendenza da Internet,


"Per determinare il livello della vostra dipendenza rispondete alle seguenti domande dando un punteggio alle vostre risposte in base a questa scala:
• 1 = mai
• 2 = raramente
• 3 = ogni tanto
• 4 = spesso
• 5 = sempre

1. Quante volte vi siete accorti di essere rimasti on line più a lungo di quanto intendevate?
2. Vi capita di trascurare le faccende domestiche per passare più tempo on line?
3. Vi capita di preferire l’eccitazione offerta da Internet all’intimità con il vostro partner?
4. Vi capita di stabilire nuovi rapporti con altri utenti on line?
5. Accade che le persone attorno a voi si lamentino per la quantità di tempo che passate on line?
6. Accade che i vostri studi risentano negativamente della quantità di tempo che passate on line?
7. Vi capita di controllare la vostra e.mail prima di fare qualche altra cosa importante?
8. La vostra resa sul lavoro o la vostra produttività sono influenzate negativamente da Internet?
9. Vi capita di stare sulla difensiva o di minimizzare quando qualcuno vi chiede cosa fate on line?
10. Quante volte vi ritrovate a scacciare pensieri negativi sulla vostra vita con il pensiero consolatorio di Internet?
11. Vi capita di scoprirvi a pregustare il momento in cui andrete nuovamente on line?
12. Vi succede di temere che la vita senza Internet sarebbe noiosa, vuota e senza gioia?
13. Vi capita di scattare, alzare la voce o rispondere male se qualcuno vi disturba mentre siete collegati?
14. Perdete ore di sonno perché restate alzati fino a tardi davanti al computer?
15. Vi capita di concentrarvi col pensiero su Internet quando non siete al computer, o di fantasticare di essere collegati?
16. Vi capita di scoprirvi a dire “ancora qualche minuto e spengo”quando siete on line?
17. Avete già tentato di ridurre la quantità di tempo che passate on line senza riuscirvi?
18. Cercate di nascondere quanto tempo passate on line?
19. Vi capita di scegliere di passare più tempo on line anziché uscire con gli altri?
20. Vi capita di sentirvi depressi, irritabili o nervosi quando non siete collegati, mentre state benissimo quando siete nuovamente davanti al computer?

Dopo aver risposto a tutte le domande, fate la somma delle cifre assegnate ad ogni risposta per il vostro punteggio. Più alto è il punteggio, maggiore è il livello di dipendenza e più numerosi i problemi causati dall’abuso di Internet. Questa scala vi aiuterà a misurare il vostro punteggio:

20 – 39 punti: siete utenti ‘normali’ A volte vi può capitare di navigare in rete un po’ troppo a lungo, ma avete il controllo della situazione

40 – 69 punti: avete già diversi problemi a causa di Internet. Dovreste soffermarvi a riflettere sull’impatto di questa tecnologia nella vostra vita.

70 – 100 punti: il vostro abuso di Internet sta causando problemi notevoli nella vostra vita. È opportuno che li affrontiate adesso"

 

E TU SEI DIPENDENDE DA INTERNET?

 
 
 
 
 

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