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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 27/06/2017

 

Destra e sinistra: due dicotomie da fondere nel concetto di partecipazione del popolo alla politica e all’economia

Post n°1605 pubblicato il 27 Giugno 2017 da r.capodimonte2009
 

I termini “destra” e “sinistra” hanno assunto connotazioni, in politica, apartire dalla metà dell’Ottocento.

La loro larvale individuazione nasce nel parlamento francese,poco prima della Rivoluzione, quando i conservatori si sedettero alla destradel presidente ed i radicali di Mirabeau a sinistra. Ma la dicotomiaconcettuale appartiene al secolo successivo.

La destra iniziò a coincidere con il pensiero liberale maintriso di connotati di conservatorismo, la sinistra con il pensiero socialista.

La prima coincideva con gli interessi della borghesia,incarnandone i valori, la seconda si faceva interprete dei bisogni delle masse,che dal mondo rurale approdavano all’organizzazione scaturita dalla rivoluzioneindustriale.

Nel Novecento, lo stemperamento o la scomparsa delle monarchie,favorirono la maggiore strutturazione dei parlamenti, ma nel contempo sirafforzava la coscienza nazionale che sfociò poi nei nazionalismi.

Il fascismo crea, così, in Europa i “fascismi”, cioè dittature osemi-dittature nate dall’incapacità della politica liberale di governare lenazioni con concetti di democrazia obsoleta e corrotta, al servizio delcapitale anonimo. Inoltre mettono freno alle paure create dal massimalismo socialista,che innesca rivolte nelle fabbriche.

In tale periodo i concetti di destra e sinistra, mutano la loroconnotazione, assumendo sembianze distorsive. La prima viene individuata con ledittature, la seconda con il comunismo.

Tuttavia, all’interno stesso di queste ideologie totalitarie,sbocciano vere e proprie antinomie sociali ed economiche.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale si assiste ad una sorta diricerca “illusoria” di una terza via, che facesse incrociare i principi didestra e sinistra, la strada della socialdemocrazia.

Comunque destra e sinistra riprendono la strada dell’evoluzioneculturale con la guerra fredda tra StatiUniti e Russia, purnon essendo  ideologica, ma soprattuttomilitare. Forse il punto più interessante di sviluppo è stato il parlamentoinglese. Il pensiero liberale e quello socialista, si sono confrontaticostantemente con un’alternanza di governo. E il pensiero laico, ha facilitatola dialettica in quelle nazioni non influenzate dalla presenza di una chiesa forte,che, approfittando delle copiose contraddizioni del neo-liberismo, ne indossòle vesti temporali, per motivazioni di mero potere.

Alla fine del ‘900 arriva la crisi delle ideologie, che porta aduna riorganizzazione delle aeree geografiche sancite a Yalta.

Dopo le ideologie entrano in crisi i partiti. La societàoccidentale va verso l’unificazione del pensiero, infatti l’urbanizzazioneporta alla scomparsa delle masse rurali e la rivoluzione tecnologia etelematica crea un linguaggio comune tra media e piccola borghesia.

Quindi “destra” e “sinistra” possono oggi attendere ad unadiversa visione del mondo, perché gli interessi ed il destino del pianetaappaiono ormai  legati strettamente allasopravvivenza stessa dell’uomo.

I principi di fondo sono ormai sovrapposti. L’individualismovirtuoso, uno stato che protegga e tuteli il cittadino nella sicurezza, lacultura come mezzo di accesso alla libertà ed alla capacità di scegliere, sonoi desideri fondanti.

Ma tali concetti sono poi modulati dalle diverse caratteristichedei popoli ed assumono diversi incipit dettati dalla storia di ognuno di essi.La personalizzazione della politica è dovuta alle ragioni di una mancanza nettadi diversificazione, se non per tematiche singole create da contingenze.

Dire di essere di destra o di sinistra appare sempre più difficile,anzi a volte diviene una forzatura, per non dire uno stolido rito di fanaticinostalgici, col braccio teso o col pugno chiuso. E siccome chi assistette, senon altro, alla fine del fascismo oggi è scomparso, sono i giovani e menogiovani, per sentito dire, a sostenere questa assurda pantomima: salvo poiquando se ne commisura l’informazione o la preparazione su quel delicatoperiodo storico, e allora ci si rende conto della loro pochezza intellettuale!Chi ha almeno cinquant’anni e ricorda la caduta del “Muro”, poi, e fa finta discimmiottare i soviet, magari in completo nero (ma qui l’anarchismo non c’entranulla, perché lo si confonde ignominiosamente con il marxismo!), èperfettamente consapevole che lo stalinismo ha fatto peggio perfino del nazismo,compresi i progrom antisemiti e le migliaia stragi di “nemici del popolo”!

Eppure ci sono dei vuoti storico-politici, ancora oggi, cheservono ai regimi “democratici” (che hanno usurpato questa parola da tempo!)per sbugiardare le giovani generazioni alla ricerca spasmodica della verità,quasi ignorati o addirittura messi all’indice, perché rappresentano, senzaombra di dubbio, quell’esperimento sociale che avrebbe dovuto portare proprioalla sintesi destra-sinistra; verso una “democrazia organica”, cioè basata suuno Stato equilibratore tra pubblico e privato, e strutturato su una serie diistituzioni, ben più “organicamente compatibili” con la partecipazione attivadel popolo alla vita politica ed economica.

Il motivo di così feroce dissacrazione è che questi modellifurono partoriti proprio dal fascismo e dal comunismo, quando entrambe questedottrine, come era naturale che accadesse, dopo una evoluzione filosofica esociale, compatibile con quella stessa del liberismo, ne intrapresero dapprimauna critica basata essenzialmente sul termine dicotomico “democrazia liberale”(visto che si era utilizzata la parola “liberale” per contrabbandarne un’altra,fondamentale, ma insussistente, “libertà”!), poi l’abbatterono sostanzialmente:ma mentre per il fascismo il tentativo restò praticamente sulla carta, perchéindotto dalla situazione bellica ormai disperata e volta alla sconfitta, per ilcomunismo essa generò, per quanto limitatamente alla Jugoslavia, un modellorivoluzionario destinato a cambiare radicalmente il rapporto tra uomo e lavoro.Stiamo parlando di SOCIALIZZAZIONE e AUTOGESTIONE. Due definizioni“innovative”, “concrete”, “alternative” di ambedue i modelli capitalistici (capitalismoprivato e capitalismo di Stato), le cui tracce, per quanto riguarda la prima,sono addirittura immesse nella Costituzione antifascista italiana (pervalidità, non certo per imitazione!), e vigono in parte nella Costituzionetedesca; e, per quanto riguarda la seconda, sono sopravvissute perquarant’anni, fino a quando il capitalismo dell’alta finanza internazionale sirese conto che avrebbero potuto portare ad una contestazione e, quindi, ad unasostituzione, del neo-liberismo di scuola americana, importato a forzanell’Europa dei vinti.

Accadde perciò che, allora, forse per la prima volta, accadesseuna specie di “modifica genetica” dei concetti di destra e sinistra, tanto chein Jugoslavia si parlò di “deriva di destra”, mentre in Italia si definì lamateria, come “sinistra fascista”. In realtà non si trattava di nessuna delledue, ma di modelli “rivoluzionari”, entrambi, a loro volta opportunamente fusi,atti a mutare profondamente gli intenti “schiavisti” del neo-liberismo, teso aprodurre profitto inserendo l’uomo in un “mercato del lavoro” parallelo al“mercato delle merci e della finanza”!

Entrambi i modelli prevedevano, partendo da presupposti diversi,la PARTECIPAZIONE DIRETTA DEL LAVORATORE ALLA GESTIONE DELL’IMPRESA, e quindiuno Stato “organico” che supportasse questo meccanismo, con tutta una serie diaccessori di tipo sociale (il riconoscimento dell’impresa socializzata oautogestita quale modello preferenziale), giuridico (una camera rappresentativadel lavoro e dell’impresa), finanziario (una banca o più banche con lo scopoprecipuo di sostenerle), ed economico (l’allargamento delle due modalità a ognitipo di impresa, non solo quella manifatturiera, ma anche commerciale, agricolae bancaria).

E’ ovvio che questa trasformazione avrebbe, in breve tempo,decretato la fine della speculazione sul lavoro, e sulle risorse pubbliche eprivate, controllate, da quel momento in poi, dai veri interpretidell’economia: Stato, imprese e lavoratori, rappresentati pariteticamente inorgani di carattere politico e legislativo.

C’è, oggi, in Italia chi ha nei propri programmi governativi,almeno proposte su questi temi così’ fondamentali? E se sì, come ha intenzionedi applicarli? E non sarebbe, forse, giunto il momento che fossero mostratialla gente, specie quella che vive nella pena del degrado, della disoccupazione,della truffa e del furto bancario, in modo che possa correre ad approvarli,anche alle urne?  (ITALIADOC)

FINE PRIMA PUNTATA

 
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