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PER PAGARE CHI SI GRATTA LA TOPA

Abbiamo aperto qualche mese fa un nuovo cantiere.
Coi tempi che corrono, stiamo parlando di qualcosa simile all'annodarsi una bandiera giapponese intorno alla fronte, urlare 'BANZAI!' e buttarsi in volo contro una corazzata.
Ma anche di dare lavoro, materia prima oggi rara e preziosa, a decine di persone.

Dovendo posizionare SU AREA DI NOSTRA PROPRIETA' il solito cartello "pubblicitario"  dell'intervento con i nostri numeri di telefono, io e Luciano siamo andati nell'ufficio comunale dove rilasciano i permessi.

Armati di pazienza e già consci che, in qualche modo, le avremmo prese, siamo quindi entrati alla Totò e Peppino in questa nuova e faraonica struttura distaccata del comune.

Siamo saliti al piano X ed abbiamo percorso un corridoio di 300 metri, con enormi e modernissimi uffici su entrambi i lati.
Fuori da ciascuna porta, spesso chiusa, erano riportati i nomi degli impiegati e l'incarico (sic).
Il tutto in un silenzio spettrale, come nella cattedrale gotica di Norimberga.

Ogni tanto, da una porta, usciva un ratto quaranta-cinquantenne che ci guardava furtivamente con occhi rossi e terrorizzati, per poi, con una finta di corpo alla Messi, scappare rapidamente a nascondersi in un'altra stanza.
Appariva evidente un timore ancestrale, quasi da alieno della Zona Negativa (*), di venire vaporizzato all'istante nel caso di un contatto con un umano.

Alla fine, con una proverbiale botta di culo, abbiamo trovato l'ufficio giusto, la cui entrata era naturalmente chiusa a doppia mandata.

Dopo esserci guardati per un istante negli occhi teschiati, abbiamo osato bussare.
Dapprima, nessuna risposta.
I topi all'interno della tana si erano marmorizzati, cercando di non far trapelare il minimo indizio della loro presenza.
Solo dopo la terza bussata di Luciano, le cui mani sembrano Pata Negra, da dentro una flebile voce da condannato a morte ci invita ad entrare.

Apriamo la porta e dentro, in una stanza di non meno di 50 mq, ci sono due scrivanie abitate da altrettante strane creature, che intuiamo appartenere al genere femminile della loro specie.

La loro principale attività dev'essere, con tutta evidenza, quella di grattarsi la vulva tutto il giorno (forse a vicenda), dato che il pavimento è cosparso di ciuffi di peli pubici grigiastri.

La comunicazione non è semplice: se solo avessimo con noi una targa come quella applicata sul Voyager, un compendio per simboli della razza umana studiato dagli esperti del S.E.T.I....  
Comunque alla fine, a gesti, con Luciano che mima un cartello ed io un passante incuriosito, riusciamo a far capire che il nostro scopo è richiedere un permesso.

Ci viene consegnata, il più rapidamente possibile e utilizzando una lunga asta per non avvicinarsi troppo, una lista di incombenze preliminari di 28 pagine.
Solo la raccolta dei documenti richiederà almeno un paio di giorni di lavoro.
Veniamo quindi cortesemente invitati, con gesti e ruggiti da gorilla di montagna, a levarci dai coglioni il più rapidamente possibile.  

La settimana successiva, con un iter procedurale che prevede anche l'apposizione di un sigillo papale di ceralacca e due firme con il sangue, la pratica viene faticosamente accettata.
Costo dell'operazione circa 300 euro (senza considerare il tempo perso).
Comunque io e Luciano siamo felici: è stata dura, ma la pena è scontata ed il futuro appare radioso.

Facciamo produrre il cartello (800 euro, di cui ovviamente circa 150 sono di IVA), e dopo un mesetto possiamo ammirarlo soddisfatti, finalmente posizionato.

Dopo un altro mese, ci arriva una raccomandata dalla società (comunale) per la riscossione delle imposte pubblicitarie, che ci multa per 200 euro e ci chiede altri 800 euro per la tassa 2010.
Nessuno ci aveva dato notizia di questo, o forse noi non avevamo capito i grugniti delle gorillesse, chissà.

Andiamo negli uffici di questa fiorente società (di cui mi piacerebbe conoscere i nomi degli azionisti ed i rapporti di parentela con i funzionari comunali) e, dopo aver faticosamente trattenuto Luciano che vuole svitare la testa ad un cortesissimo impiegato, paghiamo il millino.

Qualche giorno fa, riceviamo un verbale dei vigili.
Sono quasi 400 euro di multa, perchè sul cartello non c'è una targhetta METALLICA riportante gli estremi dell'autorizzazione.
Ripeto: 400 euro non perchè non abbiamo l'autorizzazione, ma perchè con c'è una targhetta - ripeto: metallica - con due numeretti.

Non è il primo cantiere che facciamo, ma sta cosa non si è mai sentita.
Nei giorni successivi mi sono soffermato davanti a tutti i cartelli di cantiere che ho visto: targhette non ce n'è nemmeno una.

Morale.
Quel fottuto cartello ci è costato finora - di sole tasse, imposte, multe e gabelle varie - già quasi 2000 euro.
Ed è realizzato e pagato da noi, ed installato sulla nostra proprietà.

(Parentesi.
In un altro comune della provincia, un cartello delle stesse dimensioni, senza tante rotture di palle, ci costa 68 euro all'anno.)
 
E quello che mi sta più sul cazzo, è che quei duemila euro non servono ad altro che a pagare lo stipendio ad una timida e inutile gorillessa di montagna, che passa le giornate a spidocchiarsi la topa.

Questo è il nostro paese, dove si passano le giornate in parlamento a discutere come far superare la crisi alle imprese.

Ma andate a cagare, valà.

(*): questa è una citazione per pochi, me ne rendo conto.