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Post n°38 pubblicato il 22 Luglio 2008 da Max_opinionepubblica

Il Csm, Di Pisa capo della procura
Md all'attacco:"Sconcertante"
Marsala, eletto il giudice accusato di essere il "corvo"
Si tratta della stessa carica che fu di Paolo Borsellino


La domanda l'aveva presentata con poca convinzione e solo per evitare che tra due anni, alla scadenza del suo incarico di procuratore a Termini Imerese, dovesse tornare a fare il sostituto. Ma, alla fine, per un sottile gioco di accordi e voltafaccia dell'ultimo momento, Alberto Di Pisa si è ritrovato, con sua stessa sorpresa, nuovo procuratore di Marsala e soprattutto ai danni del collega che, per quello stesso incarico, era già stato designato, Alfredo Morvillo, attuale procuratore aggiunto di Palermo e fratello della moglie di Giovanni Falcone. A sorpresa, scatenando una dura polemica, a strettissima maggioranza, il plenum del Csm ha ribaltato l'indicazione della commissione nominando Di Pisa, con tredici voti a favore e dodici contro e con l'astensione del vicepresidente Nicola Mancino. "Sconcertante". Così i membri togati di Magistratura democratica, Livio Pepino, Ezia Maccora, Fiorella Pilato e Elisabetta Cesqui, hanno definito la nomina di Di Pisa ritirando fuori la vecchia storia del Corvo di palazzo di giustizia di Palermo che nel 1989 vide proprio il magistrato protagonista del caso delle lettere anonime che aprirono una drammatica stagione di veleni. Ma da quelle accuse, processato a Caltanissetta e poi assolto, Di Pisa è stato definitivamente scagionato anche se chi avversava la sua nomina ieri ha ricordato che, per quella vicenda, fu comunque trasferito a Messina. "Non si tratta - dicono i togati di Md - di un singolare caso di omonimia: Alberto Di Pisa è lo stesso che nel 1989 fu trasferito d'ufficio da Palermo, la cui Procura era all'epoca dilaniata da contrasti ai quali non era estraneo, mentre Morvillo è lo stesso che subito dopo l'uccisione di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo rilanciò l'azione compatta della Procura di Palermo e Marsala è la stessa città dove Paolo Borsellino è stato procuratore nello stesso ufficio ora assegnato a Di Pisa". Un attacco frontale al quale il neoprocuratore di Marsala replica a muso duro: "Ero primo in graduatoria, avevo tutte le carte in regola, avevo l'anzianità per essere nominato e il curriculum, quindi non capisco queste reazioni polemiche sulla mia nomina. Addirittura c'è qualcuno che si dice sconcertato. Incredibile. C'è una sentenza passata in giudicato che mi ha scagionato con formula piena. Non capisco tutte queste polemiche. A questi signori vorrei ricordare che ho fatto il maxi processo, ho seguito omicidi eccellenti, l'omicidio Insalaco, ma anche Vito Ciancimino. C'è un Consiglio superiore della magistratura che ha votato per me, e c'è perfino un esponente della loro area che ha votato per me".
A determinare il "ribaltone" è stato infatti il voto a sorpresa del membro laico del Csm, Celestina Tinelli dei Ds. A quel punto, diventando il suo voto doppio decisivo, il vicepresidente Nicola Mancino (che pare avesse assicurato il suo voto favorevole alla nomina di Morvillo) ha deciso di astenersi. E così, alla conta dei voti, a sostegno di Di Pisa si sono ritrovati i consiglieri del centrodestra di Unicost, la maggioranza di quelli di Magistratura Indipendente, il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone e appunto la laica dei Ds Celestina Tinelli: tredici, uno solo di più del cartello che sosteneva Morvillo, composto dai togati delle correnti di sinistra, Magistratura democratica e Movimento per la giustizia, il consigliere Giulio Romano di Magistratura indipendente, la maggioranza dei laici di centrosinistra e il procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli

tratto da la repubblica

 
 
 

Ferrara e il suo editoriale. Milano, negate cure a donna sofferente

Post n°37 pubblicato il 17 Luglio 2008 da lunarossa.1974

 

Giuliano Ferrara, con un editoriale sul Foglio, tenta, con il suo verbo di scuotere animi sensibili travisando la realtà.

Dipingendola con colori funerei, parlando e sottolineando la morte per disidratazione e di fame.

Vorrebbe nell'immaginario, dipingere quel lettino di morte e concentrare le menti sulle smorfie di dolore di quella ragazza, che non possono esserci poiché:

Eluana è morta 16 anni fa!

Nessuno di noi, privati cittadini o uomini di chiesa o politici possiamo giudicare o condannare o lanciare anatemi sul caso di Eluana: i giudici, con la loro sentenza si son guardati bene dall'assolvere o condannare un desiderio frutto di una propria visione di vita e quindi una libertà decisionale individuale.

È proprio questo che la corte di Milano ha fatto, ha usato il buon senso e l'umana comprensione ma anche compassione.

Non è la sentenza in sé a preoccupare i cattolici, ma ciò che può determinare a breve termine; la strada spianata verso il diritto di scegliere l'eutanasia.

Non vogliono salvare Eluana, voglio evitare la loro sconfitta, vogliono evitare che i cittadini impugnino un diritto che determinerebbe la laicità della Nazione.

Quel che manca in tutte queste tragiche vicende è l'amore per la vita ma anche per gli esseri umani.

Quando ci s'innamora di un compagno o compagna, li si ama totalmente accettando anche i suoi difetti, di certo non ne facciamo strumento di guerra o di maledizioni.

Che sia io per l'eutanasia o per l'aborto o no, poco importa.

Ma non posso privare od obbligare un altro a far lo stesso solo sulla base della mia decisione, della mia opinione: applicherei una dittatura in questo modo.

Non sappiamo cosa sia giusto o meno.

Ci muoviamo sulle basi della educazione ricevuta, sulle nostre esperienze ed ideologie.

Potrebbe aver ragione Ferrara, o io che sono per la dolce morte.

Chi può dirlo con certezza matematica?

Lasciamo che sia chi si trova a vivere determinate situazioni a scegliere.

È la loro vita, non possiamo decidere per altri, soprattutto quando la decisione circonda una sola vita senza urtare o restringere le altrui libertà.

Dobbiamo allontanarci da falsi credi, tornare ad amare e difendere tutte le vite, fossero esse diverse dalla nostra.

La libertà individuale è un bene troppo prezioso per permettere ad altri d'intervenire prepotentemente.



L'editoriale:


Acqua per Eluana Englaro. Da domani, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione. C’è solo da protestare. C’è solo da esercitare la libertà di contraddire calpestando quel simbolo di ragione che è la piazza sotto l’ombra di quel simbolo di fede che è la Cattedrale.



Piazza Duomo è un luogo elettivo della religione e del civismo. E’ il posto giusto. E’ il posto giusto per riunirsi intorno al pozzo della Samaritana, e alla sua acqua. A qualche chilometro da lì, a Lecco sul bordo del lago manzoniano, una donna viva sta per essere assetata e affamata dal nostro io collettivo, timoroso della morte e spregiatore della vita umana, dalla scienza impudente e dalla famiglia senza speranza. Non c’è da capire se la fede cristiana sia in grado di salvare senza o perfino contro gli imperativi dell’etica classica e borghese: c’è da agire. C’è da agire su di una piazza, su un sagrato, silenziosamente e solidalmente, secondo la vocazione laica dei cattolici e la cultura cristiana dei laici. Questo è l’etica: discernere il bene dal male (aguzzando la vista) e sforzarsi di fare il bene (attraverso l’ineluttabilità del peccato). Non con la curiosità di Eva e l’autorizzazione biblica di Adamo, beninteso, ma secondo la ragione e la parola, secondo il Logos che per i cristiani è una incarnazione personale, un fatto. Non fare agli altri quanto non vuoi sia fatto a te: dunque, non assetare. Fa’ agli altri quanto vorresti fosse fatto a te: dunque, da’ da bere agli assetati.


Molti nel mondo hanno sete e rischiano di morire. Ma nessuno come Eluana Englaro. Nessuno per sentenza di un giudice. Nessuno per evoluzione della cultura. Nessuno per disperata decisione paterna. Nessuno nel muto nome di una sua volontà precedente. Nessuno come campione umano per la statuizione di una legge di testamento cosiddetto biologico o di eutanasia. Nessuno come cavia ideologica di un passo ulteriore nella via della scristianizzazione radicale del mondo. Nessuno ha sete per un banale incidente filosofico divenuto religione civile universale, la religione della buona morte, la morte buona, capace secondo i modernisti di conferire dignità alla persona che la riceve nel suo letto o autonomia e libertà a chi la dà nel suo grembo. Nessuno nel mondo muore di sete per vanità e necrofilia secolarista. A Eluana Englaro, come avvenne per Terry Schiavo, potrebbe succedere.


Beniamino Andreatta è vissuto nove anni in un letto d’ospedale, a Bologna, chiuso ai contatti diretti e comprensibili con il resto del mondo ma non all’amore della sua famiglia e dei suoi amici. Quando si recò in città, il Capo dello Stato lo andò a trovare. Andò a trovare qualcuno. Non una tomba o una cosa, di cui si possa disporre. C’era un corpo caldo, che di lì a qualche giorno diventò freddo, poiché Andreatta poi morì. Giorgio Napolitano, che si fece venire dubbi clamorosi all’epoca dell’appello di Piergiorgio Welby in nome del diritto di morire, potrebbe farsi venire un dubbio anche questa volta. Di segno contrario. In nome del diritto di vivere. Potrebbe recarsi sul sagrato del Duomo e deporre anche lui una bottiglia d’acqua. Potrebbe invocare una moratoria contro una pena di morte legale, comminata a una sorella delle suore Misericordine con le cautele della tortura umanitaria, affinché le mucose non si secchino e il disagio della disidratazione sia limitato.


Dopo l'editoriale di Ferrara e le conclusioni che ognuno di voi avrà fatto, una nuova drammatica notizia arriva dalla civilissima Milano.

All'ospedale Niguarda di Milano un medico obiettore di coscienza ha rifiutato il proprio aiuto ad una donna sottoposta ad aborto terapeutico. La signora, un'ucraina di 30 anni, era in preda a forti dolori dopo l'intervento ma l'anestesista, una volta saputo che era appena stato fatto un aborto, ha rifiutato il proprio intervento. Per sedare i dolori della donna è intervenuto il primario di ostetricia.

"Il medico avrebbe dovuto intervenire", dice al quotidiano Repubblica il primario Maurizio Bini. E' stato lui a intervenire quando ha saputo del caos scatenatosi dopo la decisione dell'anestesista. Il marito della donna, un italiano, era inferocito per il trattamento ricevuto e aveva iniziato a minacciare di portare via la propria compagna. Il dottor Bini è intervenuto somministrando una forte dose di morfina alla signora: "Non è compito mio fare quella iniezione ma i medici abortisti nel mio reparto sono così pochi - dice il primario - che spesso mi capita di rimboccarmi le maniche e fare da solo".

Scuse fatte alla signora e al marito ma la polemica nell'ospedale non sembra essere finita. Secondo la Cgil, che per prima ha raccolto la denuncia del marito della donna, si è trattato di "omissione di assistenza" e ha sollecitato la direzione sanitaria ad aprire un'inchiesta. Il primario di ostetricia ha invece posto la questione al comitato etico del nosocomio. "Io sono dell'idea - dice Bini - che un medico non può rifiutare un antidolorifico ad una donna sottoposta ad aborto terapeutico alla 21.ma settimana".

Questa è l'umana comprensione??

Drammatica sequela di vicende che abbattono ogni diritto umano.

 
 
 

Ottaviano Del Turco: ex presidente della Commissione Anti-mafia arrestato per tangenti

Post n°36 pubblicato il 14 Luglio 2008 da lunarossa.1974

 

La sanità, diritto di ogni cittadino, nuovamente sotto attacco.

Dieci persone arrestate dalla guardia di finanza per le indagini sulla cartolarizzazione di un miliardo di euro, debiti della Sanità regionale d'Abruzzo.

Per i cittadini, il debito sanità significa: meno servizi e più scadenti.

Strutture pubbliche fatiscenti, mancanza di personale, liste di attesa bibliche.

14 miliardi spariti, spartiti, sottratti: mentre noi moriamo per l'assenza di un apparecchio TAC che non funziona.

L'Era di tangentopoli non conosce tramonto.

Circa due anni di indagini nate grazie alla collaborazione di un imprenditore di colpo decisosi a denunciare, pur esso stesso non immune da condanne, se non giuridiche di certo morali.

Vincenzo Angelini, amministratore della casa di cura Villa Pini d'Abruzzo di Chieti e proprietario della Sanatrix dell'Aquila, danneggiato dalla concussione.

Per il suo aiuto il Gip non ha ritenuto di disporre nessuna misura cautelare nei suoi confronti.

Dieci persone arrestate e 25 indagate:

associazione per delinquere, concussione, corruzione, riciclaggio, truffa, falso e abuso d'ufficio.

In carcere sono finiti il presidente della Giunta regionale, ex presidente della Commissione Antimafia ed ex ministro delle Finanza, Ottaviano Del Turco , il segretario generale della Presidenza della Giunta regionale ed ex segretario regionale socialista, Lamberto Quarta, il neo assessore alle Attività Produttive, Antonio Boschetti (Pd), il capogruppo regionale del Pd, Camillo Cesarone, l'ex manager della Asl di Chieti, Luigi Conga, e Gianluca Zelli.

Due degli arrestati erano stati dipendenti di Angelini: Camillo Cesarone, che era anche sindacalista Cgil poi eletto al Consiglio regionale, e Gianluca Zelli. Secondo quanto si è appreso Angelini avrebbe interrotto il rapporto di lavoro con i due qualche mese fa.

Agli arresti domiciliari l'assessore alla Sanità, Bernardo Mazzocca (Pd), il suo segretario particolare Angelo Bucciarelli, l'ex presidente della Finanziaria regionale, Giancarlo Masciarelli, già arrestato due anni fa, l'ex assessore alla Sanità del centrodestra Vito Domenici, all'epoca Fi oggi consigliere regionale Pdl. E' stato inoltre eseguito un provvedimento di divieto di dimora a Pescara nei confronti del direttore generale dell'azienda sanitaria regionale, Francesco Di Stanislao.

Il Presidente di una Giunta regionale non che ex Presidente della Commissione Antimafia, non che ex ministro delle nostre Finanze, Ottaviano Del Turco.

Cariche importanti, strategiche, date in mano ad un uomo accecato dai profitti più che dai suoi doveri e responsabilità.

Come avrà svolto il suo compito all'antimafia?

Come avrà svolto il suo lavoro alla finanza?

Chi lo ha eletto e protetto fin ora?

I suoi amici, ma quali?

Naturalmente gli amici che contano.

Ma adesso non gli serve più e lo danno in pasto alla guardia di finanza.

Tangenti, favori, privilegi, non sentitevi umiliati ma sentitevi furenti!

Le somme della corruzione e delle concussioni sarebbero 200mila euro per Del Turco e Cesarone; 5.800.000 euro per Del Turco, Cesarone e Quarta;

110mila euro per Cesarone e Boschetti;

15mila euro per Cesarone; 500mila euro per Domenici e Masciarelli;

6.250.000 per Conga.

Altre ingenti somme sarebbero state inutilmente pretese o riscosse, secondo l'accusa, da indagati nei confronti dei quali non sono state richieste o applicate misure cautelari.

Tutte le nostre aziende pubbliche risultano rovinose grazie a questi uomini mercenari che venderebbero l'anima della propria madre pur di vedersi accreditare ingenti somme.

Non c'è raggio d'azione, non c'è a tutto ciò una fine e mai ci sarà fin quando il cittadino non avrà consapevolezza del suo potere.

Abbiamo bisogno di correre ai ripari scendendo in campo; sul loro stesso campo.

Mi occorrono 18 persone una per ogni regione d'Italia, la Campania è mia ma accetto ulteriori aiuti.

Costituirsi Movimento e intraprendere la scalata è l'unica vera possibilità che abbiamo.

Contando su di una libertà d'azione che oggi, molti partiti non hanno, vuoi per non perdere le coalizioni che contano, vuoi perche troppi scheletri negli armadi hanno collezionato.

Non servono capitali ne portafoglio; serve volontà e coraggio.

Almeno proviamoci e gettiamo le basi.


 
 
 

Monsignor Fisichella impugna la sentenza che concede l'eutanasia: e guerra sia!

Post n°35 pubblicato il 10 Luglio 2008 da lunarossa.1974

.....segue articolo precedente....... 


Era inevitabile e scontato.

Monsignor Rino Fisichella neopresidente della Pontificia accademia per la vita s'indigna e grida vendetta:

il Vaticano si dice pronto ad impugnare la sentenza che di fatto concede la dolce morte ad una ragazza da ben 16 anni in coma vegetativo e ad un padre che da ben 16 anni accudisce un corpo che non ospita più sua figlia.

La sentenza però, sottolinea il prelato, "può essere impugnata presso una corte superiore", dando la possibilità di "ragionare con maggiore serenità e meno emotività".

Il papà è dal 1999 che combatte questa guerra, non credo si sia agito sull'onda di una emozione.

Giuriamo di conoscerla quella corte superiore, lobby di poteri trasversali e micidiali, velenosi per la democrazia ancor più per il rispetto delle altrui vite e scelte.

Vite non vissute su di un letto di morte sudario d'angosce e di giorni infiniti.

Monsignor Fisichella si dice però anche "amareggiato e stupito": amareggiato "per come si risolverà purtroppo una vicenda di dolore, perché Eluana è ancora una ragazza in vita, il coma è una forma di vita e nessuno può permettersi di porre fine a una vita personale". Poi, "profondo stupore, per come sia possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, al legislatore, perché non mi risulta che in Italia ancora ci sia una legislazione in proposito".

Questi giudici non trovano pace.

A sentire Berlusconi esistono solo per angariarlo, a sentire coloro che guarda caso son stati raggiunti da avvisi di garanzia per reati contro la Repubblica, vivono esclusivamente per tormentarli e perseguitare psicologicamente chi tenta solo di svolgere onestamente il proprio lavoro.

E ora il Vaticano: secondo loro i nostri giudici sono immorali, incapaci di professionalità e arroganti al punto di arrogarsi il diritto di concedere la fine di un accanimento su di una ragazza che mai piu potrà risvegliarsi.

Però hanno ragione, in Italia manca una legislazione chiara e precisa, mille progetti e disegni sui loro tavoli ma mai nessuno ha davvero avuto la volontà di legiferare in tal senso.

Speriamo e ci auguriamo con tutto il cuore che abbia forza questa sentenza e dia la spinta propulsiva affinchè finalmente si legiferi e si normalizzi l'eutanasia.

Ci sono sempre i miracoli, urlano dal cupolone, c'è sempre la speranza e la fede; chissà per il papà di questa ragazza cosa rappresentano la fede e la speranza e ancor piu i miracoli.

Giorni senza sole e notti senza stelle, sempre accanto a quel letto silenzioso.

Naturalmente quella di monsignore è una chiara presa di posizione che non lascerà di certo sereno il papà di Luana.

Renato Farina, deputato del PDL polemizza la decisione dei giudici:

"chi ha dato loro una simile potestà?"

chiede intervenga a favore del ricorso e dell'annullamento della sentenza appena emessa il nostro Presidente della Repubblica che è bene dirlo, è il Presidente di una Repubblica Laica.

Prelati e politici chiedono di concedere a Luana la grazia: chissà cosa gli risponderebbe Luana se gli fosse concessa anche solo una frase.

La grazia.

Per me concedere la grazia significa sollevare un fardello opprimente dalla schiena di un uomo.

Luana e il suo papà hanno sopportato per ben 16 anni questo fardello: ora lasciamoli soli a darsi l'ultimo saluto.

Tuttavia la politica non conosce educazione e rispetto e trasforma il dolore in strumento malefico.

Secondo il sottosegretario al Welfare con delega alla Salute Eugenia Roccella:

"la Cassazione ha stabilito criteri sorprendenti e inquietanti.

Si può decidere di interrompere una vita umana sulla base della ricostruzione di una volontà presunta, desunta da dichiarazioni generiche, legate a carattere e stile di vita".

Un fatto, rileva, "estremamente grave per quanto riguarda il rispetto della libertà della persona".

Di avviso opposto l'associazione Luca Coscioni, secondo cui "finalmente, dopo sedici lunghi anni, la Cassazione e ora la Corte di Appello di Milano hanno ristabilito lo stato di diritto, riconoscendo la piena libertà di scelta di Eluana Englaro, libertà sancita dall'articolo 32 della Costituzione Italiana oltre che dalla Convenzione di Oviedo". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il leader dei Radicali, Marco Pannela, che parla dell'affermazione "della civiltà giuridica, umana e politica. E' quell'amore civile, con ardore e passione, che noi evochiamo da sempre, e oggi viene premiata l'attesa di tanti.

Ancora il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano:

“ la decisione della Cassazione e della Corte d'Appello di Milano determinano una lesione inaccettabile dei principi posti a tutela della vita umana, scavalcando i limiti che in passato gli stessi sostenitori dell'eutanasia avevano indicato come insuperabili, Demetrio Neri, Ordinario di Bioetica all'Università di Messina e Membro del Comitato Nazionale per la Bioetica spiega di aver accolto la decisione con grande gioia, perché so che la ragazza aveva effettivamente espresso il desiderio, quando era in vita, di non essere tenuta in queste condizioni.

16 anni di stato vegetativo persistente, da un punto di vista scientifico vanno oltre ogni limite immaginabile: solitamente, la comunità scientifica dopo due anni dichiara la persistenza del caso senza nessuna possibilità di recupero".

Non è un segreto e sarà guerra senza esclusione di copi bassi.

Chi vincerà?

Il bene?

O il Vaticano?



 
 
 

I giudici di Milano dicono si all'eutanasia

Post n°34 pubblicato il 09 Luglio 2008 da lunarossa.1974

 




La Corte d'appello civile di Milano autorizza il padre e tutore di Eluana Englaro, ragazza in stato vegetale da 16 anni a seguito di un incidente stradale ad interrompere il trattamento di idratazione e di alimentazione che per tutti questi anni l'hanno tenuta in vita.

Era dal 1999 che il padre chiedeva di interrompere quel che lui definiva un accanimento terapeutico.

Ora può farlo.

I giudici hanno così documentato le ragioni che li hanno spinti a tale soluzione:


  • a) è già stata provata l'irreversibilità dello stato vegetativo permanente della giovane ed

  • b) è dimostrata la convinzione di Eluana, quando era pienamente cosciente, di preferire la morte all'essere tenuta in vita artificialmente senza più capacità percettive e avere contatti con il mondo esterno.


I firmatari del decreto in cui si autorizza la sospensione del nutrimento a Eluana sono il giudice della prima sezione civile della Corte d'appello di Milano Filippo Lamanna e i giudici del collegio Giuseppe Patrone e Paolo Negri Della Torre.


Il provvedimento può essere applicato da subito ma un'ulteriore pressione vien fatta al genitore e tutore.

Il consiglio di attendere il termine dei 60 giorni poiché teoricamente è possibile farvi ricorso davanti alla Cassazione.

Chi mai avrebbe la temerarietà e l'arroganza non meno la presunzione di fargli ricorso?

Non i familiari, ne gli amici o vicini di casa.

Tuttavia dobbiamo prendere tutti in considerazione la possibilità che la Santa Chiesa Romana, temendo gli sfugga di mano la sua lotta all'eutanasia possa Essa stessa opporsi e presentare ricorso.

Se ciò non accadesse sarebbe per noi, comuni mortali e per tutti gli Welby una grande e grave conquista.

I giudici: "Decisione inevitabile"

Per il collegio giudicante che ha emesso il verdetto, la decisione è stata "inevitabile" dopo aver accertato "la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente, l'altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita". Una concezione della vita - spiega il giudice Lamanna - inconciliabile con la perdita totale e irreversibile delle proprie facoltà psichiche e la sopravvivenza "solo biologica del suo corpo, in uno stato di assoluta soggezione passiva all'altrui volere".

La Corte d'appello ha anche escluso che la scelta del tutore, il padre di Eluana, "sia stata espressione di un suo personale giudizio sulla qualità della vita" della figlia anziché di quest'ultima, e sia che vi siano stati altri "fini o interessi se non quello di rispettare la volontà" della ragazza.

Il padre: "Ha vinto lo Stato di diritto"

Il papà di Eluana, Beppino Englaro, ha commentato così la decisione della Corte d'Appello: "Ha vinto lo Stato di diritto".

Laddove vince lo Stato di diritto perde forse lo Stato del Vaticano?

È questo che intendeva dire il papà?


 
 
 
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