Creato da Giuranna il 05/07/2008
Blog di Giovanni Giuranna - consigliere comunale della lista civica Insieme per cambiare di Paderno Dugnano

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La nostra scommessa è che possiamo crescere insieme, valorizzando le rispettive risorse e potenzialità.

 

La scommessa è un blog di Paderno Dugnano Responsabile Giovanni Giuranna (da giugno 2014 consigliere comunale per la lista civica Insieme per cambiare).

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Messaggi del 22/04/2012

RITA ATRIA: CRONACA DELLA SERATA DI PRESENTAZIONE

Post n°2892 pubblicato il 22 Aprile 2012 da Giuranna
 

Presentazione dell'associazione Rita Atria al Centro Falcone e Borsellino

 

Ricevo dal prof. Enzo Santagada (presidente dell'associazione padernese per la legalità Rita Atria) la seguente sintesi della serata dell'11 aprile scorso a cura di Pasquale Muzzupappa:

L’11 aprile nel salone del circolo Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano (MI) si è svolto un convegno sulla mafia con la partecipazione di ospiti importanti, che da tempo lottano su versanti differenti contro il triste fenomeno. La serata ha visto la partecipazione di un folto  pubblico interessato (esponenti delle istituzioni e della politica locali, associazioni presenti sul territorio, semplici cittadini), nonostante il concomitante mercoledì calcistico in televisione.
Ad allietare la serata l’esibizione del cantastorie folk Tano Avanzato.
Gli ospiti: il magistrato Giuliano Turone, la direttrice del Centro Saveria Antiochia-Omicron di Milano Jole Garuti, l’organizzatore del convegno, prof. Enzo Santagada, presidente dell'Associazione “Rita Atria”, hanno inquadrato la fenomenologia mafiosa da angolature diverse cercando di sfrondare il groviglio di retorica e la mitologia che da sempre alimentano la sua mistica. I relatori, al contrario, si sono concentrati sui fatti cercando di andare al cuore del problema: ovvero quali condizioni favoriscano il suo radicamento e sviluppo e soprattutto come combatterla efficacemente fronteggiando la sua elusività,  cercando di colpirla nei suoi lucrosi affari e nella sua diramazione perniciosa che diventa sempre più allarmante perfino nel Nord Italia, un tempo ritenuto impermeabile all’attacco mafioso.
L’incontro è iniziato con la lettura di estesi stralci dal memoriale del figlio di Paolo Borsellino e pagine di diario di Rita Atria, letti da tre giovanissime rappresentanti dell’associazione: Alessandra, Federica e Francesca; Elena ha letto un messaggio di saluti e di auguri inviato dall'Associazione “Rita Atria” di Milazzo (Me).
Il Presidente della commissione antimafia della provincia di Milano Massimo Turci,ha sostenuto che un’efficace azione di contrasto alla mafia incomincia già dalla famiglia e dai rapporti che questa stabilisce col tessuto sociale di riferimento;  il bambino assorbe i valori della società di cui la famiglia è la cinghia di trasmissione spesso inconsapevole, ma la società spesso rivela un atteggiamento ambiguo: da una parte propone e promuove alcuni valori positivi mentre  spesso in sostanza tali valori vengono invischiati  con compromessi, favoritismi, nepotismo e deleghe di ogni tipo, favorendo un brodo di cultura paramafioso e al tempo stesso inoculando nei cittadini il germe della passività. Quindi il rispetto delle regole, della legalità, la promozione di una partecipazione attiva alla cittadinanza sono i valori che imbrigliano l’illegalità impedendone il suo dilagare nella società. L’assessore ha presentato un settore ancora poco conosciuto del malaffare: la cinomafia, ovvero la capacità delle organizzazioni criminali di infiltrarsi nei vari comuni del milanese sfruttando il mercato dei cani randagi che vengono accalappiati e, grazie a connivenze nel tessuto comunale e amministrativo, vengono poi rilasciati nei comuni contigui, da qui le stesse imprese ricatturano gli animali che vengono rilasciati ancora nei comuni vicini, e così via, intascando cospicui profitti.
Ricordare che per combattere la mafia  serve la costanza, coerenza, onesta; la lotta parte dalle piccole cose, occorre perciò preparare i giovani a prendere coscienza dell’infiltrazione criminale mafiosa  qui al Nord e al tempo stesso farli sentire loro la vicinanza delle istituzioni, delle forze sane, economiche e culturali, che al di là della colorazione politica condividono alla base il rifiuto dell’illegalità, della violenza e prevaricazione.
Jole esordisce con un’informazione che fa veramente impressione: sin dall’ottobre del 2009 Omicron, osservatorio milanese sulla criminalità organizzata, denunciava la presenza mafiosa nell’Italia settentrionale, mentre altre agenzie ne negavano l'esistenza.
La direttice di Omicron brevemente riassume la vita di Rita Atria, nata e cresciuta in un ambiente mafioso in cui i maschi devono indicare le offese fatte, incutere timore e rispetto verso la famiglia mentre  alle donne viene impedito di condurre una vita in libertà, ma le si impone di tacere e obbedire: ai padri, fratelli e mariti; ma la ragazza teneva un diario in cui annotava tutto quello che vedeva(se doveva tacere almeno poteva scrivere, ma di nascosto).  Nella sua aggrovigliata vicenda esistenziale le capita che il padre e il fratello vengano assassinati, allora decide di rompere il muro dell’omertà e di collaborare con le forze dell’ordine, il massimo affronto che poteva capitare in Sicilia, il massimo del tradimento per la subcultura mafiosa. Sente che quel mondo intriso di violenza, e ossessionato dal denaro e dal potere, è un mondo falso, che porta distruzione e morte.
Grazie ai suo diario quasi cento individui, tra affiliati e fiancheggiatori, vengono arrestati. Viene messa sotto protezione e mandata in una località segreta. Una ragazza rinnegata da tutta la famiglia (perfino la madre ne parla con disprezzo), che si ritrova sola e disperata, con il solo conforto della fiducia del giudice Paolo Borsellino, che ha sempre creduto in lei: ma alla morte del giudice Rita per la disperazione si suicida.
La signora Jole sostiene l’assoluta necessità di cambiare i valori e la mentalità, ripristinando la democrazia, perché in fondo di questo si tratta. Se intere regioni sono in mano alla criminalità organizzata vuol dire che la democrazia è negata, i diritti sono scambiati con i favori e poi si resta invischiati per sempre, un abbraccio tentacolare senza scampo!
Il magistrato Turone compie un excursus storico: le mafie hanno origini quasi arcaiche, molto più indietro nel tempo rispetto all’Ottocento, ritenuto da molti il tempo storico della sua genesi. Il Sud Italia nel carosello di dominazioni ante e post medievali, i dominatori (arabi, bizantini, aragonesi, ecc) non potendo o non volendo controllare i territori che avevano conquistato, li affidavano a viceré che un capivano la fenomenologia culturale delle popolazioni; in questo quadro socio – culturale e storico - si sono fatti avanti personaggi indigeni dinamici e prepotenti, che offrivano la loro collaborazione per sedare rivolte, raddrizzare torti e amministrare la giustizia. In ambienti che allora erano culturalmente arretrati questi personaggi, organizzati in famiglie e cosche, presero il sopravvento col passare del tempo, in quanto si perpetuarono le condizioni storico – culturali di arretratezza e dominio, non ultima l’impossibilità di uno sviluppo capitalistico d’impresa socialmente rilevante. Ed ecco perché con lo sbarco in Sicilia degli Alleati nel ‘43 la mafia ebbe un ruolo importante nell’amministrazione del territorio, con sindaci mafiosi nominati direttamente dagli americani. La mafia la ritroviamo a Milano al principio degli anni ’70, quando il boss Luciano Liggio (poi morto in carcere) impiantò una cellula criminale che si occupava dei sequestri di persona. Lo stesso Turone ebbe in mano le carte processuali per un certo periodo. Il ritardo accumulato dalle istituzioni nella sottovalutazione del fenomeno si riscontra nel vulnus giuridico: fino al 1982 non esisteva il reato di associazione mafiosa; la Chiesa esce allo scoperto condannando la violenza mafiosa solo nel 1993, quando Giovanni Paolo II pronuncia un discorso di fuoco a Siracusa, contro i clan dei corleonesi.
Nel 1995 nasce Libera, che riprende una intuizione di Pio La Torre, esponente del PCI assassinato dai boss: per colpire la mafia bisogna requisire i beni estorti con la violenza.
Bellissima serata!

Pasquale Muzzupappa
componente del direttivo dell' Associazione "Rita Atria"
di Paderno Dugnano (Mi)

 

 


 
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RIPENSARE IL CATECHISMO, CIOE' RIPENSARE LA PARROCCHIA

Post n°2891 pubblicato il 22 Aprile 2012 da Giuranna
 

Si è svolto ieri al Santuario di Caravaggio il Convegno degli Uffici catechistici diocesani della Lombardia per riflettere sul tema "Iniziazione cristiana dei ragazzi e rievangelizzazione degli adulti".

Il senso del Convegno è di facile comprensione: tutte le parrocchie rilevano vistose carenze nel catechismo per la prima comunione e per la cresima. Rispetto ad alcuni anni fa "insegnare catechismo" è diventato molto più difficile. Si impiegano tante energie e si raccolgono pochissimi frutti.

I motivi sono tanti: la capacità di concentrazione dei bambini si è ridotta sensibilmente (ne sono ben consapevoli gli insegnanti), alle famiglie spesso mancano i riferimenti cristiani di base per cui l'educazione alla fede si riduce all'ora settimanale trascorsa in parrocchia (ovviamente insufficiente), l'eucaristia domenicale è diventata un optional (a volte addirittura i genitori scaricano i figli sulla porta della  chiesa e li vengono a prendere al termine della celebrazione), a causa dei mutamenti della società l'Oratorio non ha più la forza di attrazione di qualche decennio fa, sul piano educativo gli adulti sono spesso latitanti perché occupati in altre cose, molte famiglie vivono situazioni difficili, ecc...

Insomma, da qualche anno è palese che il catechismo per la prima comunione e la cresima va rivisto profondamente. Al riguardo sono state fatte varie sperimentazioni in Diocesi e in tutta Italia.

Mi colpisce l'intuizione centrale del Convegno di Caravaggio:

Tutte le diocesi lombarde - in particolare quelle che hanno sperimentato nuovi itinerari di Iniziazione Cristiana - sono convinte che il vero fulcro del rinnovamento catechistico stia nel recuperare o costruire ex-novo una relazione di collaborazione educativa con i soggetti adulti della famiglia (genitori e nonni).
Ciò potrà avviare una vera e indilazionabile attenzione evangelizzatrice alla realtà “soglia” di tanti adulti chiamati ad essere accompagnatori dei cammini di fede dei loro piccoli, favorendo da un lato il risveglio della loro stessa fede di adulti e dall’altro lato rendendo maggiormente fecondi gli stessi cammini di iniziazione dei ragazzi.

Sono convinto anch'io che la chiave del rebus stia proprio nel recupero della condivisione della fede tra i catechisti, i bambini e le loro famiglie nel quadro più ampio della comunità ecclesiale.

Ma questo vuol dire, secondo me, ripensare il modello di parrocchia a cui siamo abituati e tornare in qualche modo all'esperienza delle "case-chiesa" (domus ecclesiae, chiese domestiche) che caratterizzavano il cristianesimo primitivo.

 



 
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