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MARGHERITA FIRPO SCRITTRICE RECENSISCE L'ANGELO DI CYPRES MECHANT

Post n°47 pubblicato il 01 Maggio 2015 da paolafarah

“La vita si fa morte ed è come se quella morte avesse posseduto questa vita da sempre”

È con queste parole (cit. di Paul Auster) che Paola Farah Giorgi sceglie di aprire le porte del suo libro e, per chi ha appena iniziato a leggere, la sensazione è di stare per addentrarsi in una storia tutt’altro che “terrena”.

In poche righe il lettore si trova catapultato in un cimitero, il Cyprès Méchant, nella piccola cittadina di Lumiére, dove una ragazza, non una qualsiasi ma la ragazza col basco di velluto, piange sulla tomba di un uomo, consapevole di averlo ucciso. Sulla tomba, una statua, tale e quale a lei, persino nella cicatrice a fianco dell’occhio sinistro.

C’è un uomo, distante pochi metri, l’uomo con le scarpe rosse e modica pancia in rilievo, che la scruta, discretamente.

Il guardiano del cimitero, corpo a pera e pochi capelli, li tiene entrambi sotto controllo, estirpando erbacce e sostituendo fiori marci a quelle tombe con parenti da una volta all’anno.

Non si sa ancora ma c’è anche lei, Rachele, la donna il cui nome fa a pugni con il suo viso.

È così che presenta i suoi personaggi Paola, giocando con le perifrasi e stimolando il lettore a dare libero sfogo alla fantasia per creare nella propria mente immagini reali. Non è forse questo che ci aspettiamo da un libro?

Le persone che conosciamo leggendo ci entrano dentro, a tal punto da immaginarne i tratti del viso, l’odore della pelle, i disegni delle lentiggini.

Spesso non vogliamo che l’autore ci dica troppo, vogliamo farlo da soli, abbiamo voglia di inventare. E Paola Farah Giorgi ci rende partecipi in questo modo.

La storia, come dicevo, inizia così, tra i viali alberati di un cimitero, e il senso di colpa di una donna.

Tutto fa pensare che proprio quest’ultima, misteriosa e piangente, diventi la protagonista indiscussa del romanzo e invece, in modo silenzioso Charlotte, questo è il suo nome, sale su un treno per dare spazio sul palcoscenico a chi invece la storia la farà davvero, Marcel e Rachele.

Charlotte non sparirà comunque, ma farà da sottofondo a questa storia. Sembra quasi di sentirlo, il suo mantra, recitato a bassa voce, tra un sospiro piangente e un rimpianto di dolore.

E poi, dalla penna di Marcel, scrittore di romanzi campati in aria, nasce Guy, interprete di un’altra storia, una piccola amara storia londinese, amara come il cacao al novantanove per cento, nulla a che vedere con il cioccolato al latte che si scioglie in bocca.

Voi direte, una storia amara come cioccolato fondente e una che si scioglie in bocca come il cioccolato al latte? Ebbene, proprio così. Paola ci presenta due vite, che scorrono parallele, distanti, con due gusti diversi, proprio come i due tipi di cioccolato.

Marcel e Rachele, sebbene tormentati entrambi dalla curiosità di sapere di Charlotte, la ragazza con la statua tanto uguale a lei su quella tomba, vivono una storia dolce, mielata e delicata proprio come un quadretto di cioccolato al latte sciolto sul palato.

A Guy invece, spetta il cacao al novantanove per cento, il cui retrogusto finale è amaro e quasi un po’ offensivo.

Marcel e Rachele vivono di una leggerezza propria di un bambino, Rachele si porta appresso una borsa a cartella molto grande per metterci dentro i sogni e portarseli a spasso quando fa nuvolo; Marcel vive nei suoi personaggi, appagando la sua voglia di vivere vite diverse.

Non si presentano l’uno all’altro in maniera convenzionale, ma così, per immagini di loro e di quello che è il loro modo di vivere e sognare il mondo.

Ho vissuto a parentesi, fa Rachele a Marcel. La prima parentesi si è chiusa a vent’anni, […], le altre sono durate dieci anni ciascuna e dentro ogni parentesi ha sgambettato una Rachele diversa.

Marcel, invece, è salito su un unico treno, subito ad alta velocità, poi sempre più lento; ora è un treno a vapore […], il più lento in assoluto, ma è lo stesso treno. Lui della vita vuole godersi ogni minuto, tanto che ha addirittura inventato la formula per rallentare il tempo (non ve la svelo però!).

Guy, con la sua storia al novantanove per cento, nel suo lungo cappotto gogoliano con bavero di pelliccia, prende forma nella mente di Marcel, due uomini diversi, o gli opposti di un unico uomo? Forse la stessa faccia della stessa medaglia. Lascio a voi giudicare.

Paola Farah Giorgi ci racconta in modo sublime di quanto la fragilità umana non sia poi così diversa e lontana in ognuno di noi, di quanto sia comune aver bisogno di qualcuno, al nostro fianco, a ricordarci che esistiamo e che proprio per quel qualcuno possiamo essere la vita.

Ma nessuno di questi concetti è scontato per Paola, niente è banale nelle sue parole, ognuna è studiata e ricercata per lasciare qualcosa nel nostro palato letterario, proprio come il retrogusto del cioccolato.

Margherita Firpo - scrittrice

 
 
 
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