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Messaggi di Novembre 2017

 

Gli eroi ( dannati)

Post n°2299 pubblicato il 30 Novembre 2017 da paperino61to

Gli eroi ( dannati) dello smartphone…bel titolo direi per iniziare questo mio dissacrante racconto in onore di questi “ eroi”.

Li si vede alzarsi già con la loro attrezzatura di sopravvivenza, ovvero lo smartphone occhi addormentati, piedi che strascicano, cuore che batte lentamente dal sonno, tutto indica che dormono in piedi, tranne il ditino, quello no, è ben vispo.

 Che si trovino tra le mura domestiche o in pieno deserto, la “ droga chiamata cellulare “ deve essere attiva, a portata di mano, scusate di ditino, quel ditino  ultra veloce e soprattutto che la connessione sia con loro, sempre ovunque vadano, compreso in gabinetto, volete mettere l’orgoglio di postare una fotografia mentre si fa i bisognini?

Volto fisso su quell’oggetto che per loro rappresenta il mondo reale, commentare, cliccare “ mi piace”, vedere i video, postare, tutto e ancora di più per questi eroi moderni.

 Sfidano il gelo polare o il caldo torrido, tutti pronti ad accaparrarsi l’ultimo modello tecnologico al modesto prezzo di mille e duecento euro.

Rovistano tra i loro risparmi, spaccano i salvadanai loro e quelli altrui, pranzano a base di pane e aglio ( il cibo dei poveri) ma devono avere assolutamente il Messia smartphone di ultima generazione, poco importa se dopo sei mesi ne esce un altro più nuovo, cestinano il vecchio e ricominciano da capo a mangiare pane e aglio.

Gli zombie non possono competere con questi “ eroi”, in confronto hanno una camminata sciolta e soprattutto ti guardano in faccia. Gli “ eroi” no, loro tirano dritti, il collo inclinato in avanti come tante galline che beccano il cibo, non vedono altro che il loro oggetto da venerare, i semafori sono diventati un presenza ingombrante: “ perché devo distogliere il mio sguardo per vedere se posso passare?”.

Camminano con orgoglio in branco senza proferire parola, ognuno con il loro Messia tra le mani, le parole sono superflue: “ ti faccio sapere con un I Like come la penso su di te” .

Le dita simili ad artigli pigiano i tasti dello smartphone incuranti che dopo due giorni le lettere spariscano dal troppo lavoro. Oramai hanno memorizzato le varie lettere, non hanno problemi, e tutt’al più accorciano le frasi nel loro linguaggio evoluto: “ tvtttb, 6 3mendo, xk, qnt, ecc.”, in confronto decifrare i messaggi criptici nella seconda guerra mondiale era un gioco per bambini per i servizi segreti.

Della lingua italiana si è persa traccia, gli “ eroi “ ne possono fare a meno, sono internazionali.

Quando qualche persona si azzarda a dire : “ Non potete portare il vostro Messia in classe “ apriti cielo, vengono giù le fondamenta della scuola, poco importa se poi escono con la laurea e non sanno fare due più due, o pensano che un certo Benito Mussolini sia un personaggio di un reality, sono cose superflue:” prendimi tutto ma non toccatemi il mio smartphone”  inneggiano in coro.

Pure tra la nebbia padana vedi questi “ eroi” smanettare sul loro cellulare, tu guardi l’ora e ti domandi : “ Ma a chi c…scrivono alle 5 del mattino?” poi vedendo il ditino che scorre in senso verticale capisci che sono su qualche social.

A quel punto capisci che  con questi eroi ( dannati) dello smartphone non salveresti mai il mondo, figuriamoci il proprio posto di lavoro o la scuola.

 

 

 
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Nebbia di sangue ( Sesto capitolo)

Post n°2298 pubblicato il 28 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: Indagando sulla morte di un soldato, il commissario Berardi scopre che tutto ruota intorno alla caserma Monte Grappa. Una scia di delitti sembra non aver fine, fino a quando per un caso fortuito l'agente Tirdi riconosce la persona che si era incontrata con uno degli indagati. Costui per riconoscenza verso Berardi svela il luogo dell'appuntamento e da una sua frase, il commissario capische chi è l'assassino e il venditore di armi ai ribelli spagnoli. Nella trappola preparata, cade il Maggior Brusin e alcuni suoi soldati.

 

Inizio la mia relazione ma dopo pochi minuti vengo interrotto, un gerarca fascista di Torino è entrato nell’ufficio del questore. Ci saluta e domanda cosa stia succedendo, è stato avvisato dell’arresto del Maggior Brusin: “ Un ottimo soldato Berardi, non posso credere alle accuse che gli vengono rivolte”.

 Continuo la mia relazione :“ Il maggiore all’interno della sua caserma, ha steso una ragnatela per vendere armi agli anarchici spagnoli. Non perché credesse nella democrazia, ma per lucro; la cosa andava avanti da parecchio tempo. Le casse con le armi che giungevano in caserma non venivano segnate tutte sul libro di entrata, di modo che quelle che vendute non risultassero agli atti in caso di ispezione”.

Il gerarca mi guarda con aria dubbia ma continuo la mia deposizione leggendo alcuni stralci della confessione del maggiore Brusin.

“ Il contatto tra il venditore e il richiedente erano alcuni esponenti anti fascisti della nostra città. La persona interessata al comprare le armi, mi contattava ,  con un biglietto fatto pervenire alla mia persona dove mi dava indicazione sia  della quantità di armi e sia dell’ora dell’appuntamento, il capanno abbandonato della Tesoriera era il luogo fissato per l’incontro”.

 “ Ne è sicuro Berardi?” domanda il questore.

Mostro il foglio stropicciato che mi è servito per fare cadere nella trappola il maggiore,  omettendo che la scrittura era la mia.

“  Sicurissimo, e come vede stanotte il maggiore e i suoi uomini erano al capanno. Non vedendo arrivare nessuno sono tornati in caserma senza rientrare dal portone principale…non lo trova un tantino strano?”.

“ Inoltre il camion che usavano non era un mezzo militare, ma un comunissimo camion con la scritta sulla fiancata: Mobili Manuzzi. Ovviamente non esiste nessun mobilificio con quel nome a Torino e tanto meno nei dintorni della città”.

Prendo un’altra tazza di caffè: “ Il soldato Berti in qualche modo aveva capito che vi era un losco giro riguardo alle sparizione di armi e decide di parlarne al maggiore senza sapere che stava firmando la sua morte; infatti fu trascinato in una trappola e ucciso dall’uomo della cicatrice, all’interno della stessa caserma e poi trasportato fuori, dove fu ritrovato.  L’ uomo che lo aveva ucciso era agli ordini del capitano Saliero, è un civile di nome Giulio Bonfanti. Il sergente Gavi ,anche lui appartenente alla banda, è stato ucciso perché ricattava il maggiore: “ Gavi capì che l’omicidio di Berti poteva compromettermi, e venne da me a ricattarmi, chiedeva un aumento di percentuale sui soldi presi”.

“ E gli altri omicidi ?”.

“ Il capitano Saliero, sul quale avevo forti sospetti sin dall’inizio delle indagini si è rivelato esatto, anche lui faceva parte della banda, solo all’ultimo istante divenne una vittima del Brusin. Sotto casa mia era venuto sicuramente per confessarsi, evidentemente la coscienza per questi delitti non previsti  non gli faceva dormire sonni tranquilli, ma purtroppo come sappiamo è stato ucciso prima che potesse parlare. Per quanto riguarda l’agente dei servizi segreti spagnoli e dell’uomo che lavorava all’ambasciata, Il Brusin aveva capito che erano giunti a lui e che quindi doveva ucciderli senza perdere tempo“.

 “Il maggiore penso  abbia avuto anche una vasta rete di persone che lo avvertivano di un eventuale pericolo, e non sbaglio nel dire che anche tra i nostri servizi segreti c’era gente che lo aiutava, ma di questo non ha proferito parola ed io non ho prove certe”.

“ Impossibile, mi rifiuto di credere a queste parole, i nostri servizi sono dediti alla fedeltà…” tuona il gerarca con quella sua voce gracchiante.

“ Davanti alla possibilità di guadagnare soldi la fedeltà sovente viene messa da parte. Ma questa indagine aspetta al ministero della difesa e non a noi della polizia, per fortuna”.

“ Lei ha detto che la persona venuta a comprare le armi era sotto falso nome, ha scoperto chi fosse?”.

“ Sappiamo solo che è un politico anti fascista scappato in Spagna a combattere…oltre non siamo riusciti a risalire, non abbiamo fotografie di questa persona, sicuramente viaggia con passaporto falso”. Non menziono la chiacchierata fatta con il Vidali in un bar, anche perché è grazie alle sue informazioni siamo risaliti all’assassino e ai suoi complici.

“  I militari che erano con il maggiore hanno confessato?” .

“ Si, hanno rilasciato tutti quanti la stessa deposizione, il maggiore era il capo e loro la manodopera, però si dichiarano estranei agli omicidi, non ne sapevano nulla…in merito al sergente, pensavano veramente si fosse suicidato”.

“ Quindi per lei Berardi, la mente e l’autore di questi omicidi sono del Brusin?”.

“ Si, senza ombra di dubbio, le confessioni sia del maggiore che dei suoi uomini non lasciano dubbi a interpretazione“.

 “Va bene Berardi, ci mandi una copia dei verbali delle confessioni alla sezione, intanto io avvertirò il Ministero della difesa e allestiremo il processo contro di loro”.

“ Solo una cosa, tenete conto delle confessioni dei soldati, non sono rei di assassinio come il loro maggiore, senza la loro deposizione sarebbe stato difficile accusarlo”.

“ Ne prenderò nota, ma credo che per loro la sorte sia segnata: alto tradimento…comunque vedrò cosa posso fare…arrivederci”.

Guardo fuori dalla finestra, finalmente la nebbia è scomparsa e il sole finalmente fa capolino sulla città.

Chiamo un agente e domando di farmi portare a Viù,  vado a dare la notizia a Maria Berti dell’arresto dell’assassino di suo fratello.

L’aria è fresca a Viù e il cielo è limpido. Nonostante non abbia dormito mi sento bene, vedo una donna venirmi incontro, i capelli sciolti sulle spalle, i suoi occhi splendono di gioia.

“Marco, sapevo che saresti venuto, ti aspettavo e non sai quanto”.

La stringo a me mentre le mie labbra sfiorano le sue, poi lentamente ci avviamo verso la locanda dei miei amici.

La domanda che vuole pormi è impressa sul suo volto, rispondo: “ Tutto finito, l’abbiamo arrestato”. Si mette a piangere e mi ringrazia.

“ Purtroppo il capitano Saliero è morto “ evito di dirgli che faceva parte della banda.

Rimane sorpresa a queste parole, si siede su una panchina, si asciuga le lacrime dicendo che Saliero si era innamorato di lei,  una mattina era andato a trovarla fino a Mondovì, non riusciva a capire perché lei  lo rifiutava.  Nel diverbio nato lui giurò che  gliela l’avrebbe fatta pagare cara.

“ Tuo fratello quindi aveva sospettato qualcosa in merito a questa minaccia?”.

“ Non credo, altrimenti Ferruccio lo avrebbe affrontato. In ogni caso Saliero non ha mai messo in atto la minaccia, devi credermi Marco”.

“ Ti  credo Maria , a modo suo aveva una coscienza”.

Ci alziamo dalla panchina ed entriamo nella locanda mentre la nebbia con la sua scia di sangue dei giorni passati è oramai solo un ricordo.

                                                  Fine

 

 Un grazie a tutti voi che mi avete seguito, un grazie particolare a Angelo( Nomadi 50) che mi ha mandato l'incipt per iniziare il racconto. Un personaggio solo in questa trama è esistito veramente: Vittorio Vidali, politico anti fascista ed emigrato in Spagna a combattere contro l'esercito franchista. 

 
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Benvenuto

Post n°2297 pubblicato il 27 Novembre 2017 da paperino61to

 

 

 

 

Benvenuto Francesco in questo mondo così bistrattato ma anche così bello.

Benvenuto Francesco in questa vita che per te sarà meravigliosa.

Benvenuto Francesco ad allietare la gioia di mamma e papà e di noi nonni.

                    Benvenuto nipote mio…

 

 
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Musica a "doppio senso"

Post n°2296 pubblicato il 25 Novembre 2017 da paperino61to

Avete mai fatto caso che la nostra musica folk è sovente a " doppio senso"? Non intendo di marcia sia chiaro   ...buon ascolto e buon divertimento per una volta concedetemi una serata goliardica...

 

         

 

 

   

          

 

 

 

           

 

 

 

           

 

 

 

              

 

 

 
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Nebbia di sangue ( Quinto capitolo)

Post n°2295 pubblicato il 22 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga su una serie di omicidi dove le vittime sono dei soldati appartenenti alla caserma Monte Grappa. Il maggior indiziato sembra essere il capitano Saliero, ma quest'ultimo viene ucciso in un attentato mentre aspettava il commissario perchè voleva parlargli. Un altro delitto viene commesso in una stanza di una pensione, un certo Munez di Madrid. Il commissario sospetta vi sia un nesso con i delitti dei soldati, decide di contattare un dipendente dell'ambasciata spagnola. Al nome di Munez, pur reticente l'uomo le confessa che è un agente dei servizi segreti, mandato ad indagare sul traffico di armi destinate alle truppe anti fasciste. Per puro caso il commissario e Tirdi incontrano l'uomo che era stato visto parlare con il capitano Saliero. Berardi lo salva non consegnandolo a una milizia fascista di passaggio, la persona è Vittorio Vidali politico scappato in Spagna e affiliato agli anarchici. Per riconoscenza verso il commissario da il luogo dell'appuntamento dove incontra il fornitore di armi, e da una sua frase Berardi capisce che la verità è oramai vicina. 

 

Usciamo anche noi dal bar e ci dirigiamo verso la caserma Monte Grappa, prima però salgo un attimo in ufficio e scrivo su un foglio una frase, poi lo stropiccio e me lo metto nella tasca del cappotto.

Tirdi mi guarda attonito a questa manovra, spiego che sarà l’esca per il pesce grosso.

Arrivati alla caserma chiediamo del maggiore Brusin, mi viene risposto che è fuori con un paio dei suoi soldati. Decidiamo di aspettare e andiamo nel parco adiacente alla caserma. La nebbia ha ripreso con più intensità a coprire la città.

“ Commissario, non sarebbe meglio andare in un bar? Sto gelando con tutta questa umidità”.

“ Forse hai ragione, c’è ne uno in corso Orbassano a pochi passi da qui, andiamo!”.

Consumata una bevanda calda e letto le ultime notizie, con immancabile discorso del Duce riportato a caratteri  cubitali, ritorniamo in caserma.

Mentre stiamo parlando con l’ufficiale di guardia, un camion sta entrando con  il maggiore seduto a fianco dell’autista.

Quando ci vede, fa cenno al militare di fermare il camion e gli comunica un ordine. Il militare ci guarda con un ghigno beffardo.

Va verso il capannone dove è stato ritrovato il corpo di Gavi, ne scendono cinque militari compreso l’autista, parlano tra loro ma nel frattempo non ci perdono di vista.

“ Buongiorno commissario, cosa posso fare per lei? Ha trovato l’assassino dei miei ragazzi?”.

“ Diciamo che una pista l’abbiamo trovata…ma non riusciamo a decifrarla. Abbiamo avuto una soffiata e l’altra sera ci siamo recati in una mansarda in via Barbaroux. La persona che affittava la mansarda era appena andata via, di gran fretta oserei dire visto che ha  lasciato la valigia con la sua roba dentro: un paio di vestiti, dei calzini, una pianta della città…e questo foglio stropicciato buttato nel cestino della spazzatura”.

 Porgo il biglietto al maggiore: “ Non capiamo cosa voglia dire, farebbe piacere sentire il suo parere in merito”.

Il maggiore legge il biglietto: “  due urgente nuova richiesta”.

“ No commissario, non ho la più pallida idea…sembra un messaggio…ma è sicuro che lo abbia scritto la persona della mansarda?”.

“ Si, abbiamo confrontato la calligrafia della firma sul registro…alcune lettere sono uguali, il perito non ha dubbi!”.

“ Mi spiace non so che dirle, poi quel due...”.

Tirdi entra in gioco: ” Potrebbe forse voler dire il mese di febbraio, ma in questo caso mancano ancora parecchi mesi, e anche la parola: urgente richiesta, cos’è questa richiesta?”.

“ Ora devo andare, commissario arrivederci e mi tenga informato”.

Usciamo dalla caserma con la convinzione che Brusin abbia mentito.

“Commissario non so perché ma ho la sensazione che il maggiore corrisponda alla persona descritta da Vidali”.

“ Bravo Tirdi, anche tu hai avuto questa impressione”.

“ Cosa facciamo ora?”

“ Stanotte alle due saremo al capanno abbandonato della Tesoriera”.

“ Crede che il nostro uomo  caschi nella trappola?”.

“ Questo non so dirtelo, sicuramente qualcuno ci cascherà…e noi saremo pronti a prenderlo”.

Stiamo per entrare nel portone della questura quando vengo avvertito di recarmi immediatamente  in via Garibaldi numero sedici perché c’è una persona che mi cerca.

L’agente mi descrive questa persona, assomiglia molto al domestico dell’ambasciata.

“ Non ha voluto aspettarla in ufficio, sembrava piuttosto agitato”.

Arriviamo al numero indicato, è una casa a quattro piani, il portone di entrata è socchiuso.

“ Che si fa commissario? Saliamo le scale o…?”.

“ Proviamo a salire fino all’ultimo piano, se il nostro misterioso amico è in uno di questi alloggi ci aprirà”.

Nessuna porta ci viene aperta, riscendiamo e ci dirigiamo verso il cortile, anche qui la portina è aperta. Diamo un’occhiata, ma non c’è nessuna persona, solo un gatto che miagola alla nostra presenza.

“ Tirdi, non mi piace questa storia!”.

“ Potrebbe essere che l’agente abbia capito male l’indirizzo!”.

“ Forse…torniamo in questura…aspetta e questa porta?”.

E’ quella che porta in cantina, ed è aperta. Decidiamo di scendere con la pistola in mano, la luce tenue della lampadina illumina uno stretto corridoio.

Non è lungo ma svolta a destra, come una L, controlliamo le porte delle cantine, sono chiuse tranne una. L’apriamo lentamente,  il buio è totale, cerchiamo a tastoni l’interruttore della luce.

“ Guardi commissario” .

Un corpo era riverso per terra colpito alla schiena da tre colpi. Lo giro a pancia in su, era il tizio dell’ambasciata.

Un altro morto sulla lista dell’assassino, controllo nelle tasche se per caso ha un biglietto con delle informazioni, ma nulla.

 “ Però guardi, ha tentato di scrivere qualcosa sul pavimento”.

Osservo attentamente, è vero ha tentato di lasciare un messaggio, sul terriccio umido della cantina.

“ Maj…”.

“ Che vorrà dire?”.

“Non lo so proprio”.

 “ Forse voleva indicare chi lo ha ucciso”.

“ Potrebbe essere, aveva scoperto chi è stato ad uccidere l’agente spagnolo e l’assassino ha avuto paura di essere denunciato”.

“ Lei non mi aveva detto che era simpatizzante dei ribelli? Allora perché denunciarlo?”.

“ Non lo so, Tirdi, non ne ho idea”.

“ In ogni caso chiamiamo il dottor Stresi e la scientifica, quando arrivano torniamo in questura e vediamo di mettere a punto la trappola”.

In questura convoco una decina di agenti compreso Perino, e spiego loro il mio piano e soprattutto con chi abbiamo a che fare.

“ E’ gente senza scrupoli, molto pericolosa. Sono abituati ad ammazzare al contrario di noi”.

“ Faremo attenzione commissario, ma non sarebbe meglio avere altri rinforzi con noi? L’area del parco non è piccola”.

“ Giusta osservazione,  ma in tanti viene difficile mimetizzarsi, l’importante è controllarli ed avvisarmi nel momento che lasciano il capanno, dovremmo prenderli tutti insieme”.

“ Commissario, quindi li seguiamo?”

“ Si cercando di non farvi scorgere, noi saremo già sul posto ad attenderli”.

 

La nebbia cala sempre di più, una costante di queste settimane rendendo più difficile le cose, ma ha anche un lato positivo, se noi non vediamo loro, loro non vedono noi.

Chiamo il questore ed espongo il mio piano: “ Molto semplice Berardi, complimenti. Però faccia attenzione, molta attenzione, sarebbe un bel guaio scoprire che il suo indiziato non centra nulla, spiegarlo al ministro della difesa sarebbe quasi impossibile”.

“ Cercherò di non far correre rischi inutili ai nostri agenti, ho detto loro di non intervenire al capanno della Tesoriera, ma solo controllare le loro mosse e di avvertirmi. Li prenderemo al loro rientro in caserma”.

Verso mezzanotte una nostra camionetta si avvia verso il parco. L’umidità della nebbia penetra anche attraverso i cappotti di lana. Non si vede nulla, si deve per forza andare a passo d’uomo.

“ Noi tra un’ora ci avvieremo verso la caserma e ci nasconderemo nel parco adiacente,  nel sopraluogo fatto c’è un fossato che costeggia l’edificio, con questa nebbia viene difficile essere scoperti”.

Le ore passano lentamente, il silenzio è totale, la zona è spettrale, non si vede anima viva in giro. Mi metto in contatto con Perino che è alla Tesoriera, per ora non è arrivato nessuno, il capanno è al buio più totale.

“ Sono quasi le due Tirdi, speriamo di ricevere notizie positive altrimenti tutta la mia teoria è andata a farsi friggere”.

Le campane della chiesa alla Crocetta suonano le quattro. Il morale è a terra, mi sono sbagliato di grosso. Gli uomini con me sono intirizziti dal freddo, sul loro volto si nota la stanchezza e la sonnolenza. Sto per prendere la decisione di tornare in questura quando un messaggio arriva via radio:” Commissario, una luce si è accesa al capanno…abbiamo intravisto delle ombre entrare, ma con questa nebbia è impossibile dire quante persone ci sono”.

“ Bene Perino, era questa la notizia che aspettavo. Non fate nulla, mi raccomando nulla, se sentite un’auto o camion allontanarsi, aspettate cinque  minuti e poi seguiteli e tenetevi a debita distanza, quando vedete che rallentano fermatevi e spegnete i fari”.

Dico ai miei ragazzi di tenersi pronti che i nostri pesciolini stanno per arrivare.

Sentiamo un camion fermarsi. La nebbia ci impedisce di vedere cosa fanno, presumo che abbiano parcheggiato in una viuzza non distante dalla caserma perché sul selciato del marciapiede sentiamo dei passi.

Intravediamo cinque sagome che si muovono in assoluto silenzio. Giunti alla portina che da sul retro della caserma,  si guardano intorno per vedere se ci sono occhi indiscreti, il capo indica di sbrigarsi ad entrare.

“ Maggiore Brusin, che piacere rivederla, vedendo l’ora penso rientri da una festa”.

Uno dei suoi soldati tenta di prenderci di mira con una pistola ma viene ferito da Tirdi, ordino di buttare a terra le armi.

“ Lei è un pazzo commissario, la farò radiare dalla polizia!” tuona il maggiore.

Le luci della caserma vengono accese, il vociare rompe il silenzio.  La portina viene ora aperta del tutto e appare il tenente Calmiero. Osserva la scena ed esclama: “ Maggiore…ma cosa…commissario anche lei qui?”.

“ Buongiorno tenente, questa è un’operazione di polizia,  il suo superiore è in arresto assieme ai suoi uomini per l’omicidio di Berti, Gavi, Saliero, Munez e il domestico dell’ambasciatore del signor Ruy, compresa l’accusa di vendere armi agli anarchici spagnoli”.

Calmiero rimane a bocca aperta, mentre il maggiore alza la voce impartendo l’ordine  di fare fuoco su di noi.

Intanto i militari all’interno della caserma si sono riversati fuori dall’edificio, osservano la scena in assoluto silenzio cercando di capire cosa stia succedendo.

“ Ne è sicuro commissario? Non posso credere che il maggiore venga accusato di questi crimini”.

“ Più che certo tenente, ho un testimone che lo può provare…questa è la sua confessione firmata”.  Mentre dico questa frase faccio il gesto per tirare fuori il foglio.

Uno dei soldati arrestati avanza verso di noi alzando le mani in alto.

“ Noi non c’entriamo con gli omicidi, aiutavamo solo il maggiore a trasportare le casse al capanno…mi deve credere commissario”.

“ Ti farò fucilare!! Giuro che ti farò fucilare!!” gli urla dietro il Brusin.

“ Maggiore, lei non farà fucilare nessuno, mi creda, è lei che rischia questa fine, lei e i suoi uomini”.

“ No, aspetti commissario…se confessiamo il tribunale non ne terrà conto?”.

Rispondo al soldato che non lo so, dato che sicuramente verranno giudicati da un tribunale militare: “ Parlerò con il ministero della difesa, spiegando che senza la vostra confessione non avremmo mai preso l’assassino…tutto quello che posso promettervi è questo”.

“ Mio dio, maggiore ma perché ha fatto questo? Per tutti noi lei era come un padre”.

Il tenente Calmiero non sa darsi pace, intanto un militare si presenta davanti al maggiore e lo schiaffeggia urlando: “ Berti era come un fratello per me…lurido assassino!”.

Alcuni di loro tentano il linciaggio, a fatica riesco a riportare la calma. Per fortuna  Perino non ha tardato ad arrivare e capita la situazione ordina immediatamente di portare via gli arrestati.

Solo il maggiore non si muove impietrito dagli eventi. Continua con le sue minacce, lo sguardo carico di odio verso tutti compreso i militari della sua caserma.

Sono  circa le sette del mattino quando torniamo in questura. Un paio di miliziani fascisti ci aspettano dentro il cortile, la notizia dell’arresto del Brusin è già giunta nella loro sede.

“ Berardi, cos’è questa storia dell’arresto del maggiore e di alcuni suoi uomini?”.

 “ Leggerà il verbale appena sarà pronto, le accuse su loro sono molto gravi specialmente per il maggiore…ora se permettete vado nel mio ufficio”.

L’interrogatorio dei complici del Brusin conferma le miei ipotesi sugli omicidi,  sanno che la loro unica speranza di salvarsi da una fucilazione certa è di confessare  tutto senza tralasciare nulla. Il maggiore è crollato solo verso la mattinata del giorno seguente il suo arresto, confessando i misfatti da lui intrapresi.

Prendo la confessione firmata dal maggiore e vado dal  questore che mi aspetta nel suo ufficio, un raggio di sole sembra augurarmi il buongiorno.

 “ Caffè, Berardi? Credo che ne abbia bisogno”.

Rispondo di si.

Sorseggio il caffè lentamente, poi  decido di prenderne un’altra tazza.

Il questore non dice una parola, aspetta che io sia pronto a spiegargli come sono arrivato all’arresto del maggiore e dei suoi uomini.

Poso la tazza e prendo un attimo di tempo per riordinare le idee, il filo dell’indagine è intricato.

( Continua)

 

 

 

 

 
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