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Il destino in una pallottola ( quinto capitolo)

Post n°2265 pubblicato il 13 Settembre 2017 da paperino61to

La conversazione prosegue alternando vari temi, solo Gutz è estraniato, assorto nei suoi pensieri. La sua voce dapprima è solo un mormorio, poi piano piano si eleva sovrastando le altre voci.

“ Spiaggia…vedo uomini in fuga, morti, tanti morti. Feriti che urlano…”.

I presenti si guardano tra loro stupefatti, qualcuno vuole parlare ma Roman fa loro segno di non dire nulla.

“ Aerei si gettano su di loro, è una carneficina, il mare…vedo barche che arrivano in soccorso”.

“ Gutz…cosa vede di preciso? Chi sta scappando e da cosa scappa”? domandò Lord Kelvin

“ Un cartello…Dunk…Dunlerque…no…Dunkerque…a nord… della Francia. Vedo delle divise, sono militari…inglesi, ne sono sicuro”.

Kelvin rimane a bocca aperta senza proferire una parola.

Poi Gutz finisce di parlare, il sudore imperla la sua fronte. Guarda l’inglese e gli domanda se conosce un certo Paul Hartey: “ Mi sembra di aver visto che aveva i gradi di capitano”.

Kelvin risponde che lo conosce, è suo genero: “ Il grado è quello di tenente…ma cosa c’entra lui con quello che ha visto?”.

Roman risponde prima del professore: “ Non lo capisce? Ha avuto una delle sue visioni, e suo genero faceva parte della visione”.

“ Mio dio…Gutz, cosa ha visto di preciso?”.

Il professore spiega che ha visto un esercito in rotta in fuga verso la salvezza. Numerose barche sono intervenute per portarli in salvo, la spiaggia di Dunkerque  sta diventando un cimitero per questi uomini.

“ Suo…suo genero…non lo faccia andare, lo trattenga a Londra, lo mandi dove vuole, ma non in quel posto…la prego, mi creda”.

“ E’ sicuro di quello che ha visto Gutz? Chi era il nemico da cui scappavamo?”.

“ Lo stesso che invaderà la Polonia e che porterà l’umanità in un conflitto senza uscita…l’esercito tedesco con Hitler in testa!”.

Il generale Grawoji si accende un sigaro, e va alla finestra guardando il cielo oscurarsi. Sente dentro di se un’angoscia, in cuor suo non vuol credere alle profezie del tedesco, ma sa che non è così. Si gira e domanda cosa si deve fare perché tutto questo non accada.

Gutz risponde deciso: “ Uccidere Adolf Hitler”.

Verso le nove di sera la lunga riunione finisce, Lord Kelvin va nel suo albergo per ripartire il giorno dopo, promettendo che ne avrebbe parlato al Primo Ministro e se non bastava anche al Re.

Gutz e Roman chiamano un taxi che li riporta a casa, ma regna il silenzio assoluta. Durante la cena solo le due cugine parlano di ciò che hanno fatto nella giornata appena trascorsa.

“ Hans, credi che Kelvin riuscirà a farsi ascoltare?”.

“ Non lo so Roman, spero di si…ma ne dubito fortemente. Stessa cosa posso dire di Grawoji, dalle sue parole ho capito che teme più la minaccia russa che quella tedesca”.

I coniugi Gutz passano ancora un paio di giorni a Varsavia per poi far ritorno a Monaco di Baviera.

“ Roman, ti farò avere mie notizie, se vi sono decisioni delle quali tu sai, avvisami immediatamente; se così non fosse ti prego, ti scongiuro, prendi tua moglie e scappa da qui immediatamente”.

Arrivano a Monaco a metà pomeriggio, le strade sono quasi deserte, come se la gente avesse  paura ad uscire di strada.

Sulla porta del loro appartamento c’è una busta, è di Karl. Il professore la apre, ed è un resoconto di cosa è successo nel periodo che loro sono stati via.

“ Caro professore, dalla sua partenza numerose cose sono successe, fatti meravigliosi che ora descriverò e che fanno esclamare che l’orgoglio tedesco sta rinascendo…”.

Gut legge i fogli scritti dal suo ex allievo, in ogni riga si esorta la nazionalità germanica, l’essere superiori a qualsiasi popolo presente su questo pianete, essere puri come la razza ariana a cui appartiene il popolo tedesco, discendere dall’antico Odino.

“ Pazzo….semplicemente pazzo”.

“ Chi è pazzo? “ domanda la moglie e poi lo esorta a venire a cena.

“ Tieni, leggiti la lettera di Karl, non ho parole ma solo sgomento”.

Cenano e solo dopo la moglie prende i fogli scritti da Karl per leggerli. Alla conclusione risponde che non ci vede nulla di male, in fondo i tedeschi sono superiori in tutto e per tutto.

“ Fa solo leva sull’orgoglio nazionale…tutto qui…quel…Hiler…ha ragione da vendere caro marito”.

“ Hitler, non Hiler…non ha ragione, è un pazzo che ci porterà alla guerra, come è possibile che non lo capisci? Credi che io sia un visionario? Credi che ciò che vedo sia frutto della mia demenza senile? Non è così! “

La serata prosegue senza che i due coniugi dicano una parola. La luna splende sulla città ed è l’unica cosa che splende ancora, riflette l’uomo.

Il mattino seguente, la gente riprende il suo tran tran, chi va al lavoro e chi invece manifesta sempre con più vigore. Nei corridoi dell’università numerosi volantini del partito nazionalsocialista dei lavoratori, sono affissi nei corridoi dell’edificio.

Gutz sorride pensando alla novità della parola: nazionalsocialista. Poi il suo sorriso si perde del tutto lasciando spazio a un volto corrucciato.

Il nuovo leader di questo partito è quel piccolo ometto con i baffi e la voce sgraziata.

Entra in aula assorto nei suoi pensieri e a malapena sente il saluto dei suoi allievi.

Prima di rientrare a casa si ferma in un locale, ordina un bicchiere di vino e un paio di uova sode, ha fame, a pranzo non ha avuto tempo di pranzare.

Le conversazioni dei clienti sono sempre dello stesso stampo: rimostranze contro il Governo inetto e incapace e speranza riposta in quel Hitler.

“ Se si presenta alle elezioni lo voterò! “ è il ritornello comune della gente.

 Gutz vuol parlare, raccontare delle sue visioni, ma gli manca il coraggio di dire ciò che vede in quei momenti, ma sa che lo prenderebbero per pazzo, per un povero mentecatto da ricoverare immediatamente in un manicomio. Paga ed usce, sulla strada c’è una chiesa, decide di entrare.

“ Non sono capace di pregare, ma spero che tu accolga le mie preghiere perché ho bisogno di te, tutti noi abbiamo bisogno di te”. La voce del professore è flebile, quasi un mormorio. Recita quelle poche preghiere che ricorda, memore delle lezioni di catechismo fatte dalla nonna materna.

( Continua)

 

 

 

 
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