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neve

Post n°673 pubblicato il 25 Novembre 2008 da tonny88

È una mattina grigia e opaca. Dalla finestra entra una debole luce fredda e uniforme. Fa freddo. E dopo aver spento la sveglia mi rigiro nel caldo del letto, alzando bene le coperte. Non ho voglia di alzarmi. Quello che vedo dalla finestra non promette niente di buono. È ancora troppo presto, penso. Forse piove penso ancora dopo aver richiuso gli occhi. Le sveglia suona ancora. Di nuovo mi rigiro e la spengo. Nella mia mente non trovo nessun buon motivo per far cominciare questa giornata. Fisso il soffitto. Non ho più sonno ma non mi sento affatto appagato. Non ricordo nessun sogno di stanotte. Pensavo che questa cosa fosse passata, negli ultimi giorni ero tornato a ricordare i miei sogni colorati. Ma adesso niente. Il freddo forse me li ha cancellati. Mi siedo sul letto. Prendo la mia testa tra le mani, con fare abbattuto  e disperato. Sto male mi ripeto. Non ce la faccio più ad andare avanti così. Alzo gli occhi e pongo lo sguardo in ogni angolo della mia stanza. Con questa luce le pareti sono di un color azzurro ghiaccio. Capisco che oggi non è giornata.

Prendo la mia roba e scendo in salotto. Mia madre mi vede e con entusiasmo dice “hai visto?! Fuori nevica!!” “ahhhh” un verso disumano e isterico è tutto quello che mi esce. “Non cominciare eh” continua lei. Nevica. Me lo dovevo aspettare. Ma non lo avrei mai immaginato. La cosa non mi interessa affatto. Non sono corso dalla finestra come avrei fatto in altre occasioni. Vado in bagno. E penso solo all’acqua calda che esce dalla doccia. Solo adesso apro la finestra per vedere fuori. Sento un forte vento gelido. E la neve cade velocemente attaccandosi alle superfici.

La sento cadere sulla mia testa, la vedo appiccicarsi sui miei abiti. Alla fine questa giornata è cominciata, e mi ritrovo in stazione come tutte le altre mattine. Sotto la pergola mi stringo forte. Il gelo mi entra nelle ossa e mi congela le mani. Ma non sento freddo. Non lo sento al punto di lamentarmi nemmeno con me stesso. Tremo un poco. Ma non mi interessa. Pioggia, neve, sole, è solo il tempo, è solo il cielo, io non posso farci niente. È solo un’altra condizione da subire che non sento più. Osservo le diagonali tracciate dalla neve davanti a me. La vedo poggiarsi sui binari e sciogliersi subito. Sposto il mio sguardo altrove, comincia ad arrivare altra gente sotto la pensilina, chiassosi parlano del tempo. Guardo la neve e mi viene da ridere. Se fossi stato da solo avrei riso con forza. Così, senza motivo. Ridevo di me stesso forse. Eppure è stato l’unico momento oggi in cui mi sono sentito bene. Rido come può ridere un bambino che ancora non capisce niente. Con tutta l’ingenuità di aver scoperto qualcosa di nuovo.

Arriva il treno. Salgo. Mi siedo. Mi sistemo come meglio posso e subito prendo il mio lettore mp3. Per i prossimi 40 minuti mi perderò tra la musica, il paesaggio e i miei pensieri. 2 cose sono sempre le stesse. Il paesaggio è ora cambiato. Uno strato bianco e candido ricopre ogni cosa. Un manto soffice steso su campi, strade e tetti. Qui e la affiorano il marrone e il verde di piante ed erbacce che si sono scoperte in completa balia del vento. Con la testa rivolta verso il finestrino guardo tutto questo, eppure non mi interessa. Non suscita in me alcuna emozione. È solo neve. È solo freddo. È solo l’inverno. Un pensiero arriva prepotente. Tra un mese esatto sarà natale. E lo sconforto arriva più forte. Ho come la paura di non riuscire a superare un altro natale in questo stato. Non ho mai sopportato questa festa. Per me assume un valore diverso rispetto ad altri. Non è gioia, non è magia, non è... festa. Ma è tristezza, inquietudine. Che stupido, penso già al natale adesso, quando maledico chi già ha messo fuori casa le decorazioni.

A Venezia l’acqua è più torbida del solito. È agitata. Penso a quest’acqua. Penso alla sua temperatura. Penso a come sia costruita Venezia.  C’è poca gente in giro. Il cattivo tempo ha allontanato i turisti che per oggi forse se ne staranno a casa e si accontenteranno del panorama dalla finestra. Anche in biblioteca ci sono pochi studenti. Tra libri e fotocopie parlo e scherzo con una mia compagna di università. Quella che si preoccupa per me. Ma fisicamente io non ci sono. Sono come quella neve che fuori si lascia trasportare e rimane li.

Decido di non rimanere li ancora più di tanto. Facendo così arrabbiare la mia amica, che credeva che rimanessi anche il pomeriggio per seguire storia dell’arte. Ma l’idea di stare anche questo giorno fino alle 6 non mi piace per niente. Così me ne vado. Nemmeno frustato e insoddisfatto per le solite ricerche andate a vuoto. Perché anche la neve prima o poi se ne va. Senza lasciare traccia. Eppure mi sento osservato. Sento che tutti si girano a guardarmi. Ma cosa diavolo ho che non va, penso. La cosa mi imbarazza e mi innervosisce.

A casa trovo mio nipote e sua madre. Tra le solite urla e versi pranzo, e poi in camera ritrovo la mia pace. Rassegnato guardo un po’ la tv, navigo su internet. Non mi lascio trasportare più da nulla. È solo routine. Arriva l’ora della merenda. Ma anche la cioccolata ha perso ogni sapore. Prendo il libro di meccanica. Parole e numeri che non hanno alcun senso per me. La mia mente non è abituata a nulla di scientifico. E ormai non credo sia più capace ad acquisire nuove informazioni di questo tipo. Eppure tra 2 settimane avrò un esame. Ma la cosa non mi interessa minimamente. Lentamente sto abbandonando tutto.

Ceno da solo, prima degli altri. Mia madre mi ha servito prima, non so perché. La giornata è finita. Non ne sento nemmeno il peso. Come comandato da un burattinaio faccio il minimo per andare avanti, ma in realtà non faccio niente. Sono legato a dei fili che mi stringono e mi bloccano. Fili che non mi fanno più provare niente. Fili che feriscono gli altri e che feriscono me stesso.

Non riesco più nemmeno a dire che ho paura. Mi rendo conto che non è più tutto nero. Ma tutto bianco. Privo di qualsiasi colore. Eppure so che non è sempre stato così. I colori li vedevo, e volevo vederli. Qualcosa riuscivo a fare. Ma ora non c’è più niente. Non sono poi così solo, le possibilità le ho sempre avute. Ma perché ora va tutto così? O meglio perché ora non va più niente? Non penso più nemmeno a cercare risposte.

È tutto bianco. È solo la neve.

 
 
 
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NESSUNO

Sono nel buio un’ombra,
sono nel nulla un’orma,
sono il vuoto,
sono un malato.
Sono la foglia che cade,
Il deserto e il mare,
sono l’errore,
sono odio e amore.
Sono la tela bianca,
il libro strappato,
sono il vetro rotto,
un panno consumato.
Sono l’attesa, la speranza.

L’indecisione e la tristezza.
Sono l’infinito senza arrivo.
sono morto e vivo.
Sono un fantasma,
lo spirito errante,
sono l’animale estinto,
l’escluso, sono il vinto,
sono un uomo solo,
io sono nessuno.

 

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