Post n°36 pubblicato il 19 Giugno 2014 da vera732
Una massima di Sant’Agostino recita così: “Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell'anima. Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro.”.
In altre parole il presente non è altro che il futuro nel momento in cui si sta trasformando in passato: solo allora noi lo possiamo percepire come reale e, di conseguenza, ne possiamo disporre: lo possiamo modificare.
Tutto il resto è solo un’illusione.
Spesso accade che il nostro “presente” venga avvelenato dal ricordo di avvenimenti che sono avvenuti in precedenza e che quindi, proprio perché appartengono al passato, abbiamo detto che non esistono. Questo avviene sia che si tratti di un passato sgradito, il cui ricordo ci può causare rancore o senso di colpa, sia che si tratti di un passato piacevole il cui ricordo può generare rimpianto.
Allo stesso modo il futuro, ciò che non esiste perché ancora deve manifestarsi, può essere causa di dolore nel nostro presente. Esso può svilire il momento che stiamo vivendo in due modi opposti: come un’ombra minacciosa può oscurarlo, proiettando la nostra mente all’interno di eventuali situazioni future indesiderabili e causando quindi una sensazione disagevole nota con il nome di preoccupazione; al contrario può prospettarsi migliore del presente, anche in questo caso la sensazione che comporta è sgradevole: il futuro viene percepito come più appropriato di adesso, ciò significa che il presente viene considerato, all’interno del nostro immaginario, un momento di scarto, un momento di seconda scelta, viene quindi percepito come un ostacolo da superare il più velocemente possibile, generando così quello stato d’animo noto come ansia.
Considerato che il presente è tutto ciò di cui possiamo disporre, su cui possiamo “lavorare”, pare quindi assurdo che le persone si affannino nell’eterno tentativo di risolvere il futuro o, al contrario, di guarire il passato. Eppure è esattamente in questa direzione che ciascuno di noi opera costantemente: ci arrovelliamo per districare questioni che non si sono ancora verificate e che, per quanto ne sappiamo, potrebbero non verificarsi mai; oppure tentiamo disperatamente di migliorare situazioni che sono già accadute e che, come tali, hanno già avuto un esito qualunque esso sia.
In realtà non è per nostra personale iniziativa che ci comportiamo in questo modo: fin dalla più tenera età veniamo istruiti a preoccuparci del tempo.
Ci viene inculcato che una persona saggia deve essere pronta ad affrontare qualsiasi circostanza e questo è senz’altro un consiglio intelligente, quello che sfugge, a quanti elargiscono un tale consiglio, è che l’essere pronti ad affrontare le varie circostanze presuppone che la persona sia “presente” alla circostanza. Al contrario ci viene insegnato fin dai banchi di scuola ad “assentarci” in continuazione dalle circostanze presenti per risolverne mentalmente altre che ancora non si sono verificate; e in quale altro modo potremmo risolverle altrimenti?
Il fatto è semplicemente che, se noi siamo abituati a proiettarci con la mente in situazioni future, in realtà ci stiamo garantendo che, quando l’eventuale circostanza futura si presenterà, ossia diverrà presente, noi con la mente saremo, come siamo abituati a fare, nuovamente proiettati nel futuro e in qualche modo ce la perderemo, non saremo attenti agli avvenimenti perché ne staremo risolvendo mentalmente altri che abitano solamente il futuro cioè la nostra immaginazione, trascurando così ciò che sta avvenendo realmente. In una parola ci stiamo garantendo il fallimento.
Si potrebbe ragionevolmente obiettare che preoccuparsi per il futuro possa essere utile per non farsi cogliere “impreparati”, ma, considerando che il futuro non corrisponde mai esattamente alle nostre previsioni, questo ci fa rendere conto dell’assurdità di assentarsi continuamente dal presente, di cui possiamo conoscere l’esatta natura, per rincorrere un futuro che in qualche modo sarà comunque diverso da come noi lo avevamo prospettato.
Ragionamento analogo si può fare con le questioni passate: come è possibile risolvere una situazione che è già avvenuta?
Ciascuno di noi non fa che ripetere: “Sono infelice perché in passato ho fatto questo o perché mi hanno fatto quest’altro.” .
Il punto è sempre lo stesso: noi non siamo infelici nel passato o nel futuro: noi siamo infelici ADESSO. Ed, essendo l’adesso l’unica materia prima su cui possiamo operare, vale la pena concentrarsi esattamente su questo. E’ perfettamente inutile tentare in qualche modo di rimediare il passato, non è possibile in quanto, come tale, ha già visto la propria conclusione, né aggiustare il futuro in quanto ancora non esiste.
Possiamo però adoperarci per migliorare il presente che, essendo reale, è plasmabile e modificabile e tutto ciò che dobbiamo fare per dare inizio a questa trasformazione è accettare ciò che comunque non è trasformabile, in altre parole perdonare il passato e il futuro. Il passato perché essendo tale non è più suscettibile di cambiamento e il futuro in quanto, non essendo totalmente prevedibile, è al di fuori del nostro controllo.
Il passo successivo è quello di smettere di arrovellarci: non possiamo avere la certezza che la nostra sofferenza di oggi sia causata da questo o da quell’avvenimento, avvenuti nel passato, l’unica certezza che abbiamo è appunto la nostra sofferenza di oggi. Il dolore non è altro che un messaggero che ci sta comunicando che qualcosa non va dentro di noi; ma si tratta di qualcosa che non va adesso, non di qualcosa che non andava prima o che non andrà più tardi. La scelta più saggia da fare quando ci si trova di fronte ad un messaggero è di ascoltarlo; solo allora, una volta che avrà portato a termine il suo compito, se ne potrà andare.
Se noi continuiamo a giudicare ed etichettare il suo messaggio, pretendendo di spiegarlo con avvenimenti passati o futuri, in realtà stiamo continuando a coprirlo con la voce dei nostri pensieri, pensieri che non corrispondono mai alla realtà dei fatti. Chi può sapere con certezza matematica le cause reali del nostro dolore di oggi? Nessuno. Si può ipotizzare che sia dovuto a questo o quell’avvenimento in particolare, avvenuti in passato, ma nessuno può garantirci che non si tratti di un’ipotesi errata.
In realtà quello che stiamo facendo è coprire un messaggio dell’anima che non è fatto si pensieri o di parole, ma di emozione, e che potrebbe essere vitale per noi e per la nostra evoluzione, con le “inutili chiacchiere” della nostra mente.
Solo ascoltando il nostro dolore di oggi possiamo star meglio, ma solo ascoltandolo senza che la nostra mente continui a “parlare” possiamo davvero sentirlo.
Questa è l’unica via per poter essere in grado di affrontare e di cambiare il presente: ascoltandolo.
Una volta che ci accorgiamo di essere perfettamente in grado di modificare il nostro presente, a mano a mano che si affaccia nelle nostre vite, siamo in grado sempre di più anche di “vedere” passato e futuro per quello che sono in realtà: una semplice banca dati di informazioni.
Solo allora essi non hanno più alcun potere di influenzare la nostra vita quotidiana, una persona in pace con se stessa non prova nessun sentimento negativo se il passato si è svolto in un certo modo o il futuro potrebbe svolgersi in un altro.
Passato e futuro allora assumono per la prima volta la loro vera identità: sono un bagaglio di informazioni, utilissimo in varie circostanze, ma per lo più asettico.
L’unica emozione veramente reale è quella che stiamo provando esattamente qui e in questo momento. |
Post n°35 pubblicato il 19 Giugno 2014 da vera732
Ogni mattina, quando si alza dal letto, ognuno di noi per prima cosa non può fare a meno di utilizzare il bagno. Adopera i sanitari, l’acqua corrente, il sapone, l’asciugamano.
Ognuna di queste cose l’abbiamo sicuramente acquistata con il nostro denaro, guadagnato con il nostro lavoro; ma non l’abbiamo costruita con le nostre mani: qualcun altro l’ha fatto al posto nostro.
Dopo aver usato la stanza da bagno, ci rechiamo in cucina, utilizziamo i fornelli per prepararci la colazione, prendiamo le ciotole dal mobile, i piatti dal ripiano, il pane, il latte e così via: anche in questo caso, pur essendoci procurati con il nostro lavoro ognuno di questi oggetti, nessuno di essi proviene direttamente dalle nostre mani; qualcun altro li ha realizzati per noi e per quanti come noi ne fanno un uso quotidiano.
Lo stesso discorso si può applicare ad ogni attimo della nostra vita quotidiana: ogni volta che tocchiamo ogni singolo oggetto, stiamo in realtà toccando le mani di colui che l’ha fabbricato e la mente di colui che l’ha ideato ancora prima.
Proviamo ad immaginare ora come potrebbe essere la nostra esistenza se tutta la popolazione mondiale dovesse improvvisamente scomparire: non ci mancherebbero né cibo né acqua, non ci mancherebbe l’aria che respiriamo, non ci mancherebbero le materie prime; tutto ciò di cui saremmo privi sarebbero l’ingegno e l’opera di quanti ci circondano. Dal punto di vista sociale ed affettivo, poi, diventa molto più semplice immaginare come si trasformerebbe la nostra esistenza.
Date le premesse precedenti, si può dunque affermare con certezza che ciascuno di noi ha bisogno degli altri: ognuno di noi è dipendente dagli altri. Viviamo tutti quanti in una perenne condizione di interdipendenza con il nostro ecosistema e con le altre persone: abbiamo bisogno del loro operato, proprio come loro hanno bisogno del nostro. Nessuno è indispensabile, ma nessuno è superfluo.
Mi sorge spontaneo domandarmi, quindi, su quali basi possano alcune persone definire se stesse indipendenti. Se ciascuno di noi, trovandosi a vivere improvvisamente da solo in un ambiente deserto, dovrebbe modificare radicalmente il proprio stile di vita, diventa ovvio dedurre che nessuno può realmente credere ad una simile affermazione.
Le persone possono essere autonome, non indipendenti.
Per persona autonoma s’intende qualcuno che riesce a gestire correttamente la sua condizione di interdipendenza con gli altri. E’ sicuramente possibile riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra la nostra persona e le situazioni esterne; e quanto più si riesce a mantenere un buon equilibrio in contingenze variabili, tanto più si può parlare di autonomia personale.
La gratitudine è un elemento fondamentale di tale autonomia.
Vedere l’ormai famosissimo bicchiere mezzo pieno, e non mezzo vuoto, non è solamente una tipologia di pensiero: è una filosofia di vita vincente.
Allenarsi a pensare in questo modo, comunque si volgano le circostanze esterne, è una linea di condotta efficace per trovare le soluzioni più fruttuose, quand’anche le situazioni si dimostrino avverse. Le forme di pensiero, infatti, hanno sempre la tendenza a collegarsi con i propri simili: una visione ottimistica delle circostanze, oltre a rendere più piacevole ogni esperienza, renderà più evidenti all’occhio della mente tutti quegli accorgimenti che possono risolvere al meglio le varie problematiche che si presentano alla nostra porta ogni giorno.
Abituarsi a vedere quotidianamente il dono in ogni cosa, non solo aiuta ad assaporare nel modo migliore ogni traguardo raggiunto, ma è la chiave indispensabile per rendere possibile il raggiungimento di destinazioni sempre più elevate.
E quale strumento migliore ci può essere se non un ringraziamento quotidiano per ciò che si possiede già?
Ognuno di noi, per quanto defraudato, se osserva con attenzione può trovare, in ogni momento della sua vita, sempre più dettagli di cui essere grato. Osservarli ogni volta e prenderne nota è un metodo ineguagliabile con cui si impara a godere di ogni singola esperienza, di ogni singola azione, di ogni singolo attimo.
Nemmeno tutte le ricchezze del mondo possono rendere felice un ingrato; chiunque non senta gratitudine non può provare piacere per quanto gli accade: la sua mente sarà sempre focalizzata su quanto gli manca e mai su ciò che possiede. In più, ogni volta che davanti gli si presenteranno delle condizioni sfavorevoli, la sua attitudine a focalizzarsi sulle manchevolezze gli farà perdere di vista la maggior parte dei possibili rimedi che, come molto spesso succede, si trovano comodamente a portata di mano.
Al contrario, addestrarsi ad iniziare ogni nuova giornata con un sentito grazie nell’animo, renderà il nostro occhio più sensibile a tutte le occasioni che la vita ci prospetta, per poter migliorare sempre di più le nostre condizioni attuali.
|
Post n°28 pubblicato il 23 Marzo 2010 da vera732
«Quando l'intelletto presenta un semplice oggetto dell'intuizione alla Volontà, questa comunica subito se tale oggetto le è gradito o sgradito; la stessa cosa accade dopo che l'intelletto ha penosamente almanaccato e soppesato numerosissimi dati per ricavare infine da essi, mediante difficili combinazioni, il risultato che più di ogni altro sembra adeguarsi agli interessi della Volontà; quest'ultima, che nel frattempo si è tranquillamente riposata, ora che il risultato è stato ottenuto, fa la sua comparsa come il sultano nel diwan, per comunicare, ancora una volta, soltanto il suo monotono giudizio di gradimento o non gradimento[...]». Artur Schopenhauer - "Il mondo come volontà e rappresentazione" |
Post n°26 pubblicato il 06 Febbraio 2010 da vera732
"Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente. In essa, l'avvenimento non si trasforma mai in altra cosa: essa riconduce sempre il corpus di cui ho bisogno al corpo che io vedo; è il Particolare assoluto, la Contingenza sovrana, spenta e come ottusa, il Tale, in breve la Tyché, l'Occasione, l'Incontro, il Reale nella sua espressione infaticabile." Roland Barthes - "La camera chiara" |
Post n°24 pubblicato il 27 Dicembre 2009 da vera732
"Come racconta una famosa leggenda, c'era una volta un uomo che non voleva morire. |
Post n°21 pubblicato il 14 Aprile 2009 da vera732
Vi è una sostanziale differenza tra il commettere un errore o l’incorrere in uno sbaglio. |
Post n°20 pubblicato il 13 Aprile 2009 da vera732
Il III principio della dinamica afferma che “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria” ossia una reazione di pari intensità che viaggia in direzione opposta all’azione. |
Post n°17 pubblicato il 01 Aprile 2009 da vera732
Vi sono due tipi di desiderio; entrambi si avverano in proporzione alla loro forza: alcuni in maniera diretta, altri inversa.
|
Post n°16 pubblicato il 19 Marzo 2009 da vera732
Esistono il bianco e il nero, la luce e il buio, il più e il meno… quindi sarebbe logico dedurre da questo che esistono pure il bene e il male! Beh, non fa una piega, non c’è che dire… In altre parole dobbiamo renderci conto che la personificazione del diavolo è un ridicolo paradosso. Il diavolo in realtà non è altro che l’assenza di Dio. |
Post n°7 pubblicato il 05 Febbraio 2009 da vera732
A bordo di un piccolo aereo da turismo stanno viaggiando i tre uomini più importanti della terra: Papa Giovanni Paolo II, il presidente George Bush…e Silvio Berlusconi. Assieme a loro sta viaggiando un boyscout. Il velivolo è dotato anche di tre paracadute per i passeggeri. Ad un certo punto un’avaria ai motori costringe i piloti ad abbandonare l’aereo, lasciando i quattro passeggeri al loro destino con i tre paracadute. Il presidente Bush afferra prontamente il primo, affermando: “Io sono l’uomo più potente del mondo, quindi il primo paracadute spetta sicuramente a me.” Detto questo, si butta nel vuoto. Berlusconi, prendendo il secondo paracadute, dice: “Io sono l’uomo più intelligente del mondo, quindi il secondo paracadute è sicuramente mio!” Pure lui si getta di sotto. Il Papa guarda il boyscout dicendogli: “Essendo io l’uomo più buono del mondo, devo per forza cedere a te l'ultimo paracadute.” “Ma Santità…” Fa per interromperlo il ragazzo. “Non discutere figliolo, insisto!” “Santità… ma non si preoccupi! I paracadute ci sono… Perché l’uomo più intelligente del mondo si è buttato di sotto con addosso il mio zaino!!" |
Post n°3 pubblicato il 03 Febbraio 2009 da vera732
Per terrorizzare i cittadini ingrati, “Aiuto, aiuto!” arrivano i pirati. Passano i gatti neri, è arrivato il galeone “Si salvi chi può!” gridan tutte le persone.
Sono Franco, Dino, Egidio, così pure Barbanera S’intendono e dilettan di pirateria vera. Son barbuti e bendati, sdentati e spaventosi Di sopra alle sartie si profilan orgogliosi!
Incubo dei gendarmi, dell’esercito e i pompieri Non scherzan mica: son criminali veri! Ogni volta che la nave in un nuovo porto arriva Carica di tesori, ne ha stracolma la stiva
Per la gente del villaggio di sicuro son dolori: Come per magia, spariscon loro i tesori, Dei tesori della gente, con gran zelo, fan man bassa… Così che la stiva carica ancor più s’ingrassa!
|
CONTATTA L'AUTORE
Nickname: vera732
|
|
Sesso: F Età: 50 Prov: BS |
Inviato da: tempestadamore_1967
il 16/09/2018 alle 15:58
Inviato da: mipiace1956
il 04/05/2017 alle 20:38
Inviato da: P.aol.o
il 03/04/2017 alle 22:59
Inviato da: egidioL
il 19/06/2015 alle 19:08
Inviato da: vera732
il 06/06/2015 alle 08:50