Mi sono svegliato presto domenica mattina, prima del solito che di per sé è comunque prima del sole. Non tanto per l’eco del tuono con il temporale di passaggio, ai rumori della natura sono abituato e non turbano il sonno, piuttosto per le voci di un litigio da qualche parte nel mio condominio: voci aspre di rabbia, tonfi e rimproveri reciproci, disarmonia. Poi la mattina è iniziata pigramente, la lettura dei fatti di cronaca, intrisi del sangue delle guerre, dei delitti, delle morti precoci e delle troppe sopraffazioni umane che, come una pestilenza, non sembrano recedere. Il tutto ha acuito questo malessere recondito, appena lenito dal sole tornato a brillare dopo la pioggia e dal cielo splendente come un sorriso femminile. La mia città ha ospitato nell’ultimo week end il festival francescano, con molti incontri interessanti, dedicati in questa edizione soprattutto al dono della figura femminile ed alla comprensione della sua necessità essenziale, soprattutto ha rinfocolato in me quel contagio positivo di energia pura ed efficacissima che i molti secoli dal passaggio terreno del suo propugnatore non hanno affievolito, semmai rafforzato, portando seme e frutto ovunque si posi il vento. Mi sono immerso in questo empatia, in questo ritmo che batte all’unisono in migliaia di cuori diversi e che trova nella celebrazione eucaristica, soprattutto nei momenti del canto, un senso di unità solidale, di coesione perfetta, che poco si allontana dal concetto di beatitudine. Ancora una volta questa pazza proposta visionaria del poverello di Assisi, vissuta con naturalezza da migliaia di testimoni, attraversa il mio cuore lasciando un invito, porta risposta alla discrasia sofferente del mondo, allontana lo spettro dei desideri effimeri per concentrare l’attenzione sulle poche fondamentali cose che danno un senso alla vita. Tutto il resto è di più, ed è quindi dono prezioso, non deve essere oggetto di concupiscenza, tantomeno da considerarsi una cosa dovuta. Tra gli incontri illuminanti quello con una mia ex alunna dei tempi del Liceo, che già allora vestiva il saio francescano e portava quel sorriso di grazia come fiaccola di luce. La vita insulsa e troppo complicata dal nostro modo di desiderare sempre oggetti, ma anche persone e sentimenti al pari delle cose, riscopre un senso pieno di fronte alla capacità di provare gioia per ogni cosa semplice che riceviamo con senso di riconoscenza, fosse anche un tesoro immenso che ha l’aspetto apparentemente modesto di un cono gelato. Pace e bene :)
Altissimo, glorioso Dio illumina le tenebre de lo core mio. E damme fede dritta, speranza certa e caritade perfetta, senno e cognoscemento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Preghiera di S. Francesco al Crocifisso di San Damiano
Come sai ho una casa nell'appennino Tosco romagnolo, verghereto... e spesso quando torno al paesello non posso fare a meno di fare visita al Santuario della Verna e mi sento bene. Sapessi che pace c'è e che armonia di colori. Ti abbraccio. Paola
http://www.settemuse.it/viaggi_italia_toscana/arezzo_la_verna.htm
Visito ancora quel “crudo sasso intra Tevere ed Arno” con un letto fatto di terra nuda e un cuscino di pietra, quel luogo che ha certamente ispirato il primo gioiello della letteratura italiana dove ogni cosa di natura, perfino la morte, sono fratelli e sorelle in nome di unico Padre che tutto ama e custodisce. È questa sinfonia di sentimenti e questa appartenenza ad un disegno armonico, io credo, che permettono al cuore di trovare serenità e senso della vita, altrimenti spesso preda del dubbio e della voracità delle cose e delle passioni. Grazie delle tue parole :)
i saluti di pace sono comuni a molte religioni, peccato che i religiosi non lo comprendano. Shalom, Salam aleku, Namastè.. ti lascio un sorriso anch'io..grande. :) a presto..
Dire pace non è sufficiente a crearla, hai ragione, ma l’augurio di pace è comunque la carezza ad una parola, un pensiero, a volte anche solo una speranza che di per sé è fondamento di intenzione. Quando sento la parola “pace” ritrovo in mano un piccolo gioiello che proviene dagli anni di insegnamento, una poesia di una studentessa, allora quindicenne, che nel suo scritto dedicato alla Pace mi ha indicato questo fiore che offro anche a te:
La Pace non è una semplice parola pronunciata nei momenti di guerra
è l’acqua viva che disseta il cuore dei soldati,
il volo infinito su terre isolate:
è un fiore raro e prezioso
che va custodito in ogni cuore
e annaffiato ogni giorno.
Elena Gasperoni 2003
Ho letto il tuo post e, mentre leggevo, un sorriso è apparso sul mio volto. Il sorriso di chi percepisce quella sensazione pacifica dell'animo, quello stato di benessere particolare.
Grazie.
P.
Ce l’abbiamo tutti questo seme di pace, spesso rattrappito dall’inverno della vita che tenta di soffocarlo con le raffiche gelide dell’indifferenza. Eppure basta poco per vederlo germinare, l’acqua sempre dissetante della buona Parola e il tepore radioso di un sorriso sincero. Guardandomi dentro scopro così ogni volta la determinazione di questa pianta gracile nel volere affondare radici e spingersi con desiderio verso il Cielo. Ti saluto con un sorriso pieno di gratitudine :)
ti lascio un sorriso anch'io..grande. :) a presto..
La Pace non è una semplice parola pronunciata nei momenti di guerra
è l’acqua viva che disseta il cuore dei soldati,
il volo infinito su terre isolate:
è un fiore raro e prezioso
che va custodito in ogni cuore
e annaffiato ogni giorno.
Elena Gasperoni 2003