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Halloween in Giappone

Post n°630 pubblicato il 29 Ottobre 2025 da Zero.elevato.a.Zero
 

聞けば光る妖もあり
Anche gli spiriti,
se ascoltati con rispetto,
mostrano la loro luce
(Antico proverbio giapponese)

Hyakki-Yako

Quando inizia Novembre la sera cade prima, complice anche il ritorno repentino all’ora solare, le piogge portano foschia e le ombre, nelle zone ancora salve dalle luminarie natalizie che arrivano sempre prima, le ombre, dicevo, sembrano nascondere strane figure misteriose.
Nelle mie terre, che hanno radici celtiche, si perpetua la festa di Samhain, il capodanno che unisce il passato al presente, guardando al futuro. È di conseguenza il punto di giunzione tra il mondo che è stato, con le anime che hanno popolato la terra e quello che sarà, in quel punto singolare che chiamiamo presente. Dove la vita attuale pensa e incontra nuovamente quelle che hanno abitato la terra prima di noi e che sono le nostre radici, il sentiero dal quale proveniamo.
L’innesto con la religione cattolica ha portato come sempre a vedere fagocitata l’antica credenza sovrapposta con la festa dei Santi, che sono defunti nella grazia divina, e che danno nome alla ricorrenza così ribattezzata in Irlanda della veglia di tutti i Santi: All Hallows Even, Halloween.
In questa tradizione rivisitata, le strade si popolano di bambini vestiti da spettri e mostri che visitano le case come in un macabro eppure festoso carnevale con la richiesta: trick or treat (Dolcetto o scherzetto), alla luce tremolante della candela che illumina la lanterna fatta con la zucca intagliata in ricordo della vecchia leggenda di Stingy Jack, costretto a vagare sulla terra per l’eternità. Come ho avuto modo di raccontare tempo fa, anche io festeggio Halloween, senza vestirmi da pupazzo, ma cercando di cogliere nella bruma dopo il tramonto le presenze dei miei cari che sono dall’altra parte del Bardo. Con il ricordo del loro sorriso e dei loro abbracci non possono esserci mostri diabolici che fanno paura.
Questo succede da questa parte del mondo, ma in occasione della festa vorrei raccontare la tradizione di un altro paese a me caro: il Giappone, a dimostrazione che il mondo è un piccolo bottone e che l’essere umano può avere un diverso colore della pelle e del taglio degli occhi, ma ha sempre e comunque il medesimo cuore.
Anche nelle lontane isole, che pure si levano dal mare nell’emisfero boreale, si va verso l’Inverno con le notti sempre più lunghe, al vento più fresco tremano le lanterne che qui son fatte di carta di riso, le vecchie case di legno respirano, e l’aria sembra abitata da presenze che non hanno cognome.
A Kyoto, città nella quale è rimasto un pezzetto del mio cuore, si celebra alla fine di Ottobre la Kyoto Ichijo Hyakki Yako Yokai, la parata notturna dei cento demoni, già, anche in Giappone ci sono i demoni che si chiamano Yōkai (妖怪 - spiriti antichi), nati dai sogni, dalle paure ma anche dalle piccole meraviglie quotidiane.


Kyoto Ichijo Hyakki Yako Yokai

In loro non c’è soltanto mistero: c’è la memoria di un mondo che sapeva ascoltare.
Mi interrogo così sul significato antropologico dei mostri e delle paure, la prima, quella della morte, sublimata dalla fede cristiana nella resurrezione e dal buddhismo nella reincarnazione, che promettono di poter proseguire l’avventura umana, in un altro tempo. Anche lo scintoismo considera lo spirito umano come eterno e destinato a proseguire la sua esistenza in un altro regno, lo Yomi (黄泉) , ma questo non impedisce loro il contatto con le anime terrene.
Dietro alle figure allegoriche come la volpe, l'ombrello danzante o la donna dal collo infinito, si rappresenta qualcosa di intimo: una parte di noi che chiede solo di essere riconosciuta.
Questi spiriti non vivono in qualche tempio sperduto o in qualche bosco sacro del Giappone, vivono nei ricordi e con questi si alimentano; vivono ancora nelle persone e nelle cose che abbiamo amato ed ancora amiamo.
Mi chiedo quindi quale Yōkai abita dentro di me? Ecco alcuni spiriti nei quali mi riconosco perché sono specchi del mio animo umano e delle sue ombre.
Dei cento ed ancora molti di più mostri ne commenterò solo qualcuno, a recitarli tutti ci vorrebbero pagine e pagine dedicate all’argomento e il mio desiderio è quello di una introspezione sul tema delle paure non una didascalia completa delle tradizioni Shinto.
KitsuneLa figura più famosa che figura in numerose pellicole, Anime, racconti e leggende non solo giapponesi è la Kitsune (狐), che appare solitamente sotto forma di volpe, è un essere dotato di grande intelligenza, vive a lungo e con il progredire degli anni acquisisce poteri soprannaturali ed un numero dispari di code che può arrivare fino a nove: la principale abilità è quella di cambiare aspetto ed assumere sembianze umane, specificamente quelle di una donna avvenente. Esistono in verità anche forme benevole di questi esseri: le zenko (善狐) associate al culto del dio Inari, ci sono al contrario le Yako (野狐) dal carattere malizioso e dalle intenzioni malvagie, capaci anche di possedere un essere umano con la tecnica del Kitsunetsuki (狐憑き). In ogni caso è la loro proprietà di mutare forma che le contraddistingue e le rende pericolose, ed in questo rappresentano il difetto umano di indossare maschere diverse per ogni persona non essere sinceri ma ambigui.
RokurokubiDal Pandemonio giapponese un’altra figura per certi versi molto simile è la Rokurokubi (轆轤首) che di giorno appare come una donna del tutto normale mentre di notte acquisisce la capacità di allungare incredibilmente il collo. Anche in questo caso sono figure che mascherano la loro vera natura e la rivelano solo a persone prive di credibilità, dormienti o ciechi, oppure davanti a ubriachi o sciocchi, in modo che la loro testimonianza possa essere facilmente ignorata. Sono quindi spiriti che sfruttano le debolezze del prossimo per continuare la loro esistenza ambivalente. La tradizione vuole che il collo si allunghi ogni volta che viene detta una bugia, sono quindi un ammonimento ad affermare la verità mantenendo un retto pensiero come predica uno degli otto sentieri del buddhismo.
Non possono certo mancare in questo elenco frettoloso gli Oni (鬼) che sono veri e propri orchi dall’aspetto deforme, giganti e mostruosi, con artigli taglienti, capelli selvaggi e due lunghe corna sulla testa, portatori di caratteristiche innaturali, per esempio molti occhi o dita delle mani e dei piedi più numerosi del normale; la loro pelle può essere di colori diversi, ma quelli più comuni sono rosso, blu, nero, rosa e verde. Rappresentano alcuni difetti fondamentali dell’uomo infatti sono associati a persone emarginate, stranieri, popolazioni indigene ribelli, pirati e individui alla deriva incapaci di vivere correttamente la società civile. Caratteristica principale di queste creature è l’esplosione della rabbia repressa e lo scarso controllo delle proprie emozioni.
TenguFinisco con una figura ambigua a me molto cara, anche perché oggetto di un libro scritto da un caro amico e raccontato anche su queste pagine, il Tengu (天狗) essere straordinario spesso raffigurato con un lungo naso rosso. Sono creature capricciose talora si divertono a giocare scherzi pesanti, come appiccare fuochi a foreste o porte di templi; amano camuffarsi da viandanti umani, assumendo forme amichevoli, per guadagnarsi la fiducia della vittima che rapiscono, e lasciano svegliare molto lontano senza che rimanga memoria del tempo trascorso. Nonostante siano formidabili nelle arti marziali, i Tengu sono orgogliosi, vendicativi, facili all'ira, particolarmente intolleranti verso gli arroganti, i blasfemi, coloro che abusano del loro potere e della loro conoscenza per tornaconto personale. Sono noti per essere egoisti, per cui si dice tengu ni naru (diventare un tengu), cioè fare il vanitoso, ed è questo il vizio principale che rappresentano.
Concludo qui in attesa della vigilia di Ognissanti o della Ichijo Hyakki Yako Yokai, ripensando a come il mistero, le leggende, le paure, sono colori indispensabili dell’animo umano con i quali è possibile creare trame affascinanti che ci raccontano e ci rendono proprietari del tempo che viviamo.
Lo sfondo musicale è offerto da un Komusō" (虚無僧) "monaco del vuoto", monaci mendicanti giapponesi della scuola Zen Fuke che indossano un cesto di paglia (tengai) sulla testa per nascondere il volto mentre suonano lo shakuhachi (flauto di bambù) come pratica meditativa.
さようなら (Sayōnara)


Monaco Zen suona lo Shakuhachi

 
 
 
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