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Sogni

Post n°452 pubblicato il 13 Settembre 2013 da Zero.elevato.a.Zero
 

infinito

Da un immoto fragor di carrïaggi

ferrei, moventi verso l’infinito

tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi…

un silenzio improvviso. Ero guarito.

 

Era spirato il nembo del mio male

in un alito. Un muovere di ciglia;

e vidi la mia madre al capezzale:

io la guardava senza meraviglia.

 

Libero!… inerte sì, forse, quand’io

le mani al petto sciogliere volessi:

ma non volevo. Udivasi un fruscio

sottile, assiduo, quasi di cipressi;

 

quasi d’un fiume che cercasse il mare

inesistente, in un immenso piano:

io ne seguiva il vano sussurrare,

sempre lo stesso, sempre più lontano.

("L'ultimo sogno" di Giovanni Pascoli)



Jimmi Fontana - Sogni

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Commenti al Post:
norma3330
norma3330 il 13/09/13 alle 20:29 via WEB
un sorriso per Te :)
 
 
Zero.elevato.a.Zero
Zero.elevato.a.Zero il 20/09/13 alle 18:06 via WEB
... regalo più bello non c'è: grazie di questo dono pieno di luce.
 
lightdew
lightdew il 14/09/13 alle 00:00 via WEB
Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte. Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti. Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso: e dell'azione perdono anche il nome...
William Shakespeare
 
 
Zero.elevato.a.Zero
Zero.elevato.a.Zero il 20/09/13 alle 18:07 via WEB
Mi perplime un dubbio (posso dire amletico?) com’è possibile non essere? Quand’anche la morte fosse la completa decerebrata decomposizione di cellule che sono state quelle persone che siamo, anche in questo caso che il mio credo non contempla ma che in astratto è pur concepibile, è davvero un non-essere? Cosa ne sarà di quelle molecole di calcio, carbonio e di quel matrimonio di idrogeno ed ossigeno che chiamiamo acqua? Puoi escludere che almeno loro non possano essere ancora mattoncini di una nuova vita? Punto da questi pensieri crepuscolari ti ringrazio per la meditazione del nostro Crollalanza con una poesia più decisamente d’oltre oceano che ti riporto nella lingua più nazionale:

Non in quel giardino in rovina
dove i corpi si fanno erba
che non nutre greggi, e sempreverdi
che non danno frutti -
là dove lungo i sentieri ombrosi
s'odono vani sospiri
e si sognano sogni anche più vani
d'intima comunione con le anime dei morti -
ma qui sotto il melo
che ho amato, curato e sfrondato
con mani nodose
per lunghi, lunghi anni;
qui sotto le radici di questa vedetta del Nord
mutarsi nel biologico flusso e ruota della vita,
in terra e polpa d'albero,
e nei vivi epitaffi
delle mele più rosse!

Conrad Siever dall’Antologia di Spoon River
 
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