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Post n°452 pubblicato il 13 Settembre 2013 da Zero.elevato.a.Zero
Da un immoto fragor di carrïaggi ferrei, moventi verso l’infinito tra schiocchi acuti e fremiti selvaggi… un silenzio improvviso. Ero guarito.
Era spirato il nembo del mio male in un alito. Un muovere di ciglia; e vidi la mia madre al capezzale: io la guardava senza meraviglia.
Libero!… inerte sì, forse, quand’io le mani al petto sciogliere volessi: ma non volevo. Udivasi un fruscio sottile, assiduo, quasi di cipressi;
quasi d’un fiume che cercasse il mare inesistente, in un immenso piano: io ne seguiva il vano sussurrare, sempre lo stesso, sempre più lontano. ("L'ultimo sogno" di Giovanni Pascoli)
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William Shakespeare
Non in quel giardino in rovina
dove i corpi si fanno erba
che non nutre greggi, e sempreverdi
che non danno frutti -
là dove lungo i sentieri ombrosi
s'odono vani sospiri
e si sognano sogni anche più vani
d'intima comunione con le anime dei morti -
ma qui sotto il melo
che ho amato, curato e sfrondato
con mani nodose
per lunghi, lunghi anni;
qui sotto le radici di questa vedetta del Nord
mutarsi nel biologico flusso e ruota della vita,
in terra e polpa d'albero,
e nei vivi epitaffi
delle mele più rosse!
Conrad Siever dall’Antologia di Spoon River