Perdetti la mia clientela di Spoon River cercando di mettere la mia mente nella camera oscura per cogliere l'anima del soggetto. (Penniwit, l'artista - Antologia di Spoon River)
Cimitero di Staglieno - Foto Lightdew
Con la sobrietà tipica del linguaggio matematico constato che la mia vita è spesso ricca di punti di accumulazione. In questo caso specifico intorno al punto zero costituito da un libro fondamentale di qualcosa a cavallo tra la prosa e la poesia, qual è per me l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, ci sono ad una distanza piccola a piacere punti salienti costituiti da varie forme artistiche: Fotografia, Musica, Psicologia, Antropologia ed ancora infiniti altri scoperti grazie al pensiero benevolente di chi mi ha proposto la propria appassionata visione. Il mio piccolo universo non sfugge alle leggi fisiche del mondo, meno che meno al terzo principio della dinamica, sono dunque stimolato da un'azione che mi porta a riprendere in mano il libro in posizione di facile reperibilità sul comodino, scopro e riscopro quanto universo e quante connessioni umane esistano grazie a questa opera, non solo nel racconto tracciato dall’autore, ma in parallelo a questo anche nel romanzo della mia vita. Così potente è questa visione di un coro di voci trapassate: perché comprendere la morte passa attraverso la comprensione della vita, fosse anche quella semplice di Lucinda Matlock. I personaggi di Spoon River narrano la propria esistenza con assoluta vitalità tanto che inevitabilmente alcuni, anzi molti, di questi vengono a rappresentare caratteristiche in parte o del tutto personali nelle quali mi confronto grazie a quella umanità che ci rende tutti diversi eppure tutti simili. Lo fanno con quel distacco mai del tutto privo di sentimenti che ho appreso da persone molto più avanti di me nel cammino dello Zen, e come sovente accade in questo tratturo, con spirito acceso e prodiga ma delicata ironia. È una visione tanto umana e nitida che pare una galleria di ritratti fotografici, per cui inevitabilmente l’opera iniziale è stata spunto per trascrizioni teatrali o anche più diretti racconti fotografici; particolarmente bello per me quello realizzato nel 2005 dallo statunitense William Willinghton, scatti che sono riprodotti nel filmato che accompagna queste parole. Sono splendidi bianchi e neri che descrivono l’attualità di quei paesaggi e di quelle atmosfere contenute nell’antologia, pur senza cogliere mai con l’obbiettivo nemmeno una persona: quasi fosse il vento ad avere trattenuto racconti pronunciati da una carne diventata polvere. Impossibile sfuggire anche alla tentazione di mettere in musica un florilegio di racconti tanto ricco ed intrigante, come quasi altrettanto impossibile è non conoscere il concept album di Fabrizio de André: Non al denaro non all’amore ne al cielo, pubblicato nel 1971 avvalendosi della collaborazione di artisti di talento come Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani; nel disco solo nove poesie sono riproposte, arricchite dalla vena ispirata del cantautore genovese. Eppure quelle nove vite sono entrate a buon diritto nella nostra memoria, con la dolcezza di Francis Turner (il Malato di cuore) o il pragmatismo del cinico Farmacista Trainor (il Chimico) e su tutti naturalmente Jones il violinista, che si piega al suo destino di suonatore con la inevitabilità del salice al vento, terminando con ammirabile esternazione la propria esperienza terrena: senza nemmeno un rimpianto. Ringrazio il mio professore di inglese che mi ha fatto scoprire questo piccolo tesoro con la passione che porta a questo mestiere indispensabile, da svolgere sempre con gli occhi che brillano, come altrimenti capita a chi fa delle proprie emozioni un'omelia come di Fede. Chiudo ancora una volta le pagine di questo libro tra le quali è contenuto sotto un cumulo erboso anche il mio nome, nonostante non compaia nell'indice; spero non sia l’ultima, lo faccio con quel gesto di cui è capace la mano quando vuole lasciare una carezza.
... sai, mi dico, che forse, il nome di tutti noi, è là sotto...
è un'altra ennesima chiave di lettura dell'antologia.
Che quanto un'opera è così grandiosa, nella sua semplicità, ci da sempre, spunti nuovi.
Bello l'intervento di Vecchioni, non posso fare a meno, di pensare a - come sarebbe stato bello che mio figlio l'avesse potuto leggere e capire.
Ma, torno studentessa io, col groppo in gola, (che l'unico pezzo di De Andrè che non posso sentire è proprio questo, senza piangere, non ce la faccio !).. e allora l'ho comunque sentito, perchè il video è bellissimo.
Grazie per questo bellissimo post, per la vita che è sempre scuola, anche per chi come me, l'ha fatta un po' zoppicando (colpa mia!), e per la bellissima foto in alto. Mi ricordo questo nickname, e il suo bellissimo blog.
Bella la foto. Tutto. L'omaggio a De Andrè, quindi grazie ad entrambi.
E perdona se le mie parole, hanno rovinato il post!
Ciao Roberta,
non vedo perché il tuo pensiero dovrebbe rovinare invece di essere il dono di una visione personale offerto con sincerità della quale ti ringrazio molto e che sempre apprezzo.
Penso anche io con assoluta convinzione che ciascuno di noi possa capire ed abitare quel villaggio virtuale della Collina sullo Spoon, una congrega umana piena di passione, desideri e capace di assaporare, per poi raccontarlo, il gusto della vita declinato secondo la propria personale visione, è così ampio il ventaglio di espressioni che inevitabilmente incontriamo personaggi nei quali specchiarci e trovare dentro qualcosa di noi.
Sono persuaso che il tuo Matteo possa apprezzare ogni forma di arte e di emozione, semplicemente rivivendole nelle emozioni che provi e delle quali ti fai testimone, apprezzare l’arte migliore è una forma di contagio che si trasmette tra persone, quasi mai un viaggio solitario.
Anche per il mio gusto la canzone del suonatore Jones non sposa quell’immagine che mi ero creata leggendo del buon Violinista di Masters (perché poi al violino De André abbia voluto sostituire il flauto non so accettarlo, ma agli artisti è data licenza poetica). Al contrario della melodia lenta e malinconica scelti dal cantautore, i versi raccontano di un uomo chiamato al suo destino di dare ritmo e gioia a tutti quelli che hanno bisogno della sua musica, la musica di cui si fa interprete semplicemente riverberando le sonorità della natura; egli vive quindi una vita felice attento ad ogni particolare accanto a lui, non a caso il suo testamento spirituale è la summa di una esistenza vicino alla perfezione: senza rimpianto alcuno; forse per quello apprezzo ancora di più l’inciso musicale che conclude la canzone con lo stile armonioso e in accordo maggiore di Piovani.
Violino dunque e non flauto, in modo che possa legarsi questa poesia a quella di un altro autore che ugualmente porto nel cuore: W.B. Yeats, che racconta del Violinista di Dooney capace di fare danzare la gente come onde del mare e per questo degno del posto migliore del Paradiso; inevitabile che una lirica tanto suggestiva trovasse un violinista che la mettesse in musica.
Auguri di molte belle vibrazioni nel cuore :)
Io ho ascoltato prima De André e poi letto l'antologia.
Che deve assolutamente rileggere! Nelle "mie corde", paradossalmente sento di più il flauto, oppure al paro, non so' come dirti.
Forse De Andrè, dall'Antologia ha riadattato una sua persona interpretazione, personalizzandola.. rendendola a sua volta preziosa, e con una visione più interiore, malinconica, forse legandola di più alla nostra letteratura? Forse. Non ho dialettica sufficienti, nè sufficienti studi. Forse l'ha legata di più, al nostro "popolo", piuttosto che al quel popolo americano e provinciale cui Masters si ispira, (prendendolo come spunto, certo, perchè la chiave, un'altra chiave secondo mè, è proprio - il popolo e la provincia spogliati da qualsiasi borghesismo e qualsiasi elevazione appunto verso quella classe, anche se molti vi appartengono (in minima parte, da quel che ricordo), ma non è quello il punto. Il punto, è toccare le corde, capire, i nostri limiti,la nostra umanità, la nostra caducità e farci riflettere.. sì, forse e certamente De' Andrè va più a fondo, scava IN NOI, rispetto alla visione anglosassone e americana. Chiedo venia eh!
Non conosco il poeta inglese, nel senso che non conosco le sue poesie.. quindi ti ringrazio, del pezzo di Branduardi, che in quanto a violino non ha eguali, ed è preparatissimo !
devo dire che leggendo il tuo commento mi sento "arricchita", sotto tutti gli aspetti!
Quel che hai detto di Matteo, e te ne ringrazio sentitamente !
davvero ! Sì, è proprio così, difatti, lui AMA E ADORA andare in giro per Roma - e non solo. Ama la natura, la giostra rutilante di questo mondo, che guarda dai finestrini dell'auto.
E, a proposito di De' Andrè, adorava moltissimo il blasfemo.
buona festività a te, e ai tuoi cari.
:-)
Roberta
Che vivano in Illinois, in Irlanda o sulla collina di Staglieno gli uccelli cantano dall'alba al tramonto con la stessa gioia ed è la musica più vera; buoni giorni di festa anche a te.
È un libro bellissimo da regalare, se hai tempo e voglia di leggerlo anche tu, puoi trovare su internet il testo delle poesie in italiano e inglese, manca solo la traduzione in normese, ma per quella ci pensi tu :)
Eppure ho letto tanto, ma questo no, pur avendone sentito spesso parlare (soprattutto legato all'opera di De Andrè).
Hai stuzzicato la mia curiosità, quanto basta per andarlo a cercare e leggere...
non vedo perché il tuo pensiero dovrebbe rovinare invece di essere il dono di una visione personale offerto con sincerità della quale ti ringrazio molto e che sempre apprezzo.
Penso anche io con assoluta convinzione che ciascuno di noi possa capire ed abitare quel villaggio virtuale della Collina sullo Spoon, una congrega umana piena di passione, desideri e capace di assaporare, per poi raccontarlo, il gusto della vita declinato secondo la propria personale visione, è così ampio il ventaglio di espressioni che inevitabilmente incontriamo personaggi nei quali specchiarci e trovare dentro qualcosa di noi.
Sono persuaso che il tuo Matteo possa apprezzare ogni forma di arte e di emozione, semplicemente rivivendole nelle emozioni che provi e delle quali ti fai testimone, apprezzare l’arte migliore è una forma di contagio che si trasmette tra persone, quasi mai un viaggio solitario.
Anche per il mio gusto la canzone del suonatore Jones non sposa quell’immagine che mi ero creata leggendo del buon Violinista di Masters (perché poi al violino De André abbia voluto sostituire il flauto non so accettarlo, ma agli artisti è data licenza poetica). Al contrario della melodia lenta e malinconica scelti dal cantautore, i versi raccontano di un uomo chiamato al suo destino di dare ritmo e gioia a tutti quelli che hanno bisogno della sua musica, la musica di cui si fa interprete semplicemente riverberando le sonorità della natura; egli vive quindi una vita felice attento ad ogni particolare accanto a lui, non a caso il suo testamento spirituale è la summa di una esistenza vicino alla perfezione: senza rimpianto alcuno; forse per quello apprezzo ancora di più l’inciso musicale che conclude la canzone con lo stile armonioso e in accordo maggiore di Piovani.
Violino dunque e non flauto, in modo che possa legarsi questa poesia a quella di un altro autore che ugualmente porto nel cuore: W.B. Yeats, che racconta del Violinista di Dooney capace di fare danzare la gente come onde del mare e per questo degno del posto migliore del Paradiso; inevitabile che una lirica tanto suggestiva trovasse un violinista che la mettesse in musica.
Auguri di molte belle vibrazioni nel cuore :)
non li abbiamo ancora vissuti...
(Nazim Hikmet)
Il lato migliore della vita è che ci sa sorprendere ogni istante se siamo pronti ad aspettare l'imprevisto, buona lettura. :)