Ho scoperto di amare Trieste, l’ho scoperto nei giorni che hanno preceduto la Barcolana, approfittando dell’ottimo ormeggio al molo Audace sul quale si affaccia la cartolina della città: Piazza Unità d’Italia. Trieste ha il sapore rivelato di un precetto Zen, è una porta senza porta. Curioso questo abbraccio con una piazza imponente per dimensioni, davvero inusuale in un porto di prima grandezza, di solito pieno di aree demaniali, magazzini e strade strette. Risulta invece allo stesso tempo cortese e gentile, questo salotto buono, come le competenti signorine dell’Ufficio Informazioni che lavorano proprio sotto l’orologio. Nella mia città l’orologio della piazza è un classico luogo per darsi appuntamento, così succede anche sotto lo sguardo divertito di Mikutze e Jakutze, i due mori che suonano il campanone. Trieste ha un sapore unico, è città di mare, è crocevia di culture, è Austria, Slovenia, Venezia, Balcani tutto nello stesso sguardo. È un crogiuolo dove tradizioni diverse si fondono in una unica lega preziosa dal sapore delizioso dei Krantz: dolci che regalano con le loro calorie un equivalente gusto al palato. A Trieste chiunque può trovare quello che cerca, ma anche quello che mai avrebbe pensato di trovare, preso per mano mi si svela all’improvviso, come aprendo gli occhi, un museo di arti orientali dove vicino ad armature samurai, lame di pregio, fa bella mostra di se una stampa della Grande Onda di Hokusai: una visione commovente per me che mai immaginavo di ritrovare qui un pezzo della mia anima. In questa città che vive di popoli diversi le occasioni per stimolare lo spirito sono tantissime, troppe per i pochi giorni che ho, sollevando anche qualche malumore nell’equipaggio, che in fondo risulta essere una famiglia, approfitto di tutti i momenti in cui la barca riposa pigramente all’ormeggio ed esploro con occhi spalancati questo coacervo di emozioni. Capire una città e la sua gente per me passa anche attraverso i sapori della cucina, la Jota: una gustosissima zuppa di fagioli crauti e patate; il Goulash ricordo permanente dell’appartenenza all’impero austriaco che è una delle fondamenta del capoluogo giuliano, un gusto intenso, profondo, speziato, eppure familiare, come il sorriso della gente di qui. Allora sento doveroso ringraziare Trieste della sua ospitalità genuina della sua voglia di essere italiana per mostrarsi subito europea, della capacità di raccogliere il meglio delle genti diverse che ne hanno fatto, giustamente, un luogo di vita pieno di luci e di racconti, pieno di musica che a Trieste non manca davvero mai. Così in modo spontaneo torna alle labbra questa canzone che canto a Trieste: Te vojo ben!
Che cosa incredibile scoprire i tesori più amati in modo imprevisto, la grande Onda: uno spettacolo commovente per me, imprevisto e per questo ancora più meraviglioso. Davvero un regalo per il quale sono grato a Trieste, impossibile trattenere il sorriso non credi? Ciao Nina :)
Caro Max :)
mia madre è di Trieste, e quella canzone, benchè ora non la possa sentire (qualcosa nel pc nuovo non funziona), la ricordo bene...così come l'altra (rido) che faceva così "davanti a un fiasco de vin, chel fiol de un can fa le feste perchè l'è un can de Trieste e ghe piase el vin". Quest'ultima, ricordo bene d'averla cantata con la nonna materna perchè mio padre ci registrò e potei riascoltarla anni dopo, finchè andò persa...avevo circa 3 anni :) Andrò a Trieste appena mamma starà meglio.
Grazie per questo ricordo dolcissimo. :)
Che piccolo bottone minuscolo è il mondo, si viaggia per scoprire cose nuove e così facendo invece di allungare il filo che ci riporta a casa questo si intreccia a punto erba, o a punto catenella, creando una maglia calda e soffice di rapporti umani. Sono felice che questo pensiero giuliano abbia scaldato anche il tuo cuore: un saluto alla mamma… ma uno più grande per te.
carissimo max..trieste, come tu ben sai, è molto altro ancora. è logorio del mare sulla roccia, è anche vento improvviso e calma totale. è miscuglio confuso di ideali..è molto bianco, ma altrettanto nero..:) ci vuole grande abilità per rimanere in piedi, in certi giorni, e chi ci riesce è degno di una cittadinanza d'onore..:-) al merito..da sopravvissuto, quasi sei stato veramente capace nel descrivere la città come se ci vivessi abitualmente, tra le mure e le parole di sottofondo del bagno più caro a quelli che la abitano veramente.. talmente abile, da mischiare l'usuale "no se pol" al più speranzoso possibile riminese ..e così, oggi, qui, lascio anch'io una canzone , tristissima..ma che a me fa scappare sempre un sorriso, proprio per il suo senso tragico, ma per fortuna, non accessibile... ..augurandoti di ritornare presto :)
Ecco, un commento che vibra come una poesia, a dire il vero meriterebbe un posto migliore di questo cantuccio oscuro, ma ti ringrazio comunque per queste bellissime parole. Io la cittadinanza onoraria di Trieste la prenderei molto volentieri, non solo per l’amore verso il mare, ma soprattutto per la cordialità della gente, e per quel respiro aperto senza confini dove le diverse culture si uniscono in armonia. Grazie anche per la canzone che proponi, io non la trovo tristissima, incorniciata semmai dalla malinconia di chi vive la nostalgia della propria terra distante. Molte delle più belle canzoni dedicate alla propria città sono intinte nell’inchiostro di un cuore lontano, Ma se ghe pensu, La porti un bacione a Firenze, e certamente anche quest’inno romagnolo che mi è tanto caro. Arrivederci a Trieste.
Spesso è la storia che fa il carattere degli abitanti di una città, nel caso di Trieste è una ricetta riuscitissima che mescola come in una jota il sapore rigoroso degli austriaci, quello schietto e popolare delle popolazioni balcaniche, e la capacità di mischiare sapientemente le contaminazioni che solo l’istinto dei viaggiatori, come i veneziani sanno essere, regala con munifica profusione. A Trieste comunque si vivono momenti magnifici ed il merito, hai ragione, è dei triestini.
Buongiorno, sempre molto belli i tuoi post. Se non sbaglio a Trieste dovrebbe esserci uno dei maggiori musei di armi orientali d'Italia. Saluti dal sud
Si tratta di una meraviglia da visitare entrando con passo felpato e spalancando gli occhi per la meraviglia, ma attenzione agli orari perché sono tiranni… se capiti, buon viaggio :)
sei stato veramente capace nel descrivere la città come se ci vivessi abitualmente, tra le mure e le parole di sottofondo del bagno più caro a quelli che la abitano veramente.. talmente abile, da mischiare l'usuale "no se pol" al più speranzoso possibile riminese
..e così, oggi, qui, lascio anch'io una canzone , tristissima..ma che a me fa scappare sempre un sorriso, proprio per il suo senso tragico, ma per fortuna, non accessibile...
..augurandoti di ritornare presto :)
Grazie per i tuoi post sempre pieni di meraviglia.