« riverrun, past Eve and Adam's, from swerve of shore to bend of bay, brings us by a commodius vicus of recirculation back to Howth Castle and Environs. » (James Joyce – Finnegans Wake, pag. 1)
Amo l’Autunno, lo so, l’ho già detto molte volte, ma l’amore, quello vero, è così caldo che non è possibile trattenerne la dinamicità del suo vapore, vuole essere dichiarato ben oltre le prime esternazioni: l'amore vuole sentirsi raccontare e pronunciare ancora ed ancora. Amo l’Autunno dunque, anche i suoi giorni di pioggia sottile, il tepore della casa ed il piacere che si prova quando si incontra un vecchio amico, che con il conforto di un tetto protettivo permette un incontro desiderato e da lunghi giorni atteso. Questo vecchio amico di cui parlo oggi altro non è che un libro, perché a me capita sovente di rileggere le cose che mi hanno affascinato e di frequentarle per sempre, come si deve fare, tempo permettendo, con tutte le amicizie vere: quelle che non si scordano più. Ho così ripreso ancora una volta la lettura di Joyce e del suo ultimo capolavoro il Finnegans Wake. Un delizioso pretesto eroicomico permette all’autore di trattare cose profonde prendendo spunto da una ballata sul ritorno dalla morte di Tim Finnegan, indomito frequentatore dell'Acqua della Vita, che in gaelico si dice Uisce beatha (Whiskey insomma). La cosa che più apprezzo è la necessità di leggere queste pagine così come sono state scritte, perché il codice grafico è insufficiente a comprendere il senso del messaggio. Molto spesso non è il contenuto delle parole a comunicare, ma la loro assonanza, mentre la loro essenza viene destrutturata fino a trasformare le lettere in componenti di un ideogramma. La complessità degli intrecci narrativi risulta solo un supporto alle enunciazione di principi teosofici e numerologici più profondi, da cercare con il piacere e la pazienza che in questi giorni si riserva altrimenti alla raccolta dei funghi migliori che la pioggia intensa fa crescere saporiti. Trovo infine molto interessante anche il composto canoro di Pippo Pollina, che si avvale della collaborazione di Franco Battiato per questa trasposizione musicale davvero pertinente al romanzo. Auguri di molti felici incontri autunnali con i libri amici.
Mi piace la tua descrizine dell'autunno... mi piace leggere che è caldo... è così anche per me... mi piacerebbe tanto poterti regalare i colori delle nostre langhe....meravigliosi.. sali in alto in collina e te li vedi tutto intorno... quadretti di rosso, arancio, giallo, bordeaux... poi scendi e ci passi in mezzo.. sembra che ti abbraccino....sono sensazioni inspiegabili che non tutti sanno cogliere....
Quanto al tuo amico libro.... mi ritiro in silenzio... non sono alla tua altezza....
un abbraccio Max... caldo quanto il nostro autunno...
Tu hai reso onore alla tua terra in modo bellissimo sul tuo blog, una carezza di colori che rendono l’Autunno la stagione più imperdibile. Sul libro di Joyce devo aggiungere che si tratta di un sapore che si confà alla mia mente contorta, le menti semplici, che sono quelle più efficaci e preziose, sanno cogliere il profumo della vita senza troppi intrugli, semplicemente aspirando il romanzo del vento. Un sorriso di foglie danzanti.
Malinconia sono i pensieri neri, questa stagione invece invade di colori e di sensazioni sfumate, per questo penso sia necessario arrendersi al tepore dell’Autunno. Un arrivederci a presto.
destrutturare gli scritti per ricavarne l'essenza è un compito greve, e spesso neppure apprezzato nella sua evidente crudezza. un piacere rivedere nada..
Trovo qualche sinonimo alla parola destrutturate: analizzare, razionalizzare; in ogni caso fare a pezzi per capire il tutto. La cosa molto difficile non è tanto questo sezionare per comprendere a bocconi, ma sapere rimontare il meccanismo in modo che possa ripartire uguale, senza qualche vite misteriosa che rimane d’avanzo. Non so a te, a me qualche bullone lascia sempre la perplessità di avere rimontato a modo mio, diversamente :).
Che scendon piano piano
:)
un piacere rivedere nada..