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LeCoccinelleVolano

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Messaggi di Aprile 2016

***prezzo_pieno***

Post n°517 pubblicato il 30 Aprile 2016 da fragolozza
 

Che la ragazza non sia particolarmente sveglia, lo capisco in fretta, poiché, dopo avermi chiesto di cosa ho bisogno, prima mi guarda come se le avessi nominato la polvere di fata, poi sparisce tra gli scaffali per dieci minuti. 

Premetto che vado spesso in quella farmacia ed il prodotto di cui ho bisogno, nelle ultime settimane, l'ho acquistato già tre volte, quindi non sono io quella che le ha fatto una richiesta strana, ma è lei quella a cui ancora non è scattata la sveglia.

Torna, passa la scatolina sul display e mi comunica il prezzo. Poi mi pone la domanda fatidica.

- Lei è già cadastrata nel nostro sistema?

- Ecchenesò...boh...ma penso di sì, perché, tutte le volte che vengo a comprare qualcosa, mi chiedete i documenti.

- Mi dia il suo CPF.

Apro il portafogli e le allungò la tessera. 

Fa un veloce controllo e con tono quasi trionfante, esclama - E no! Lei non è cadastrata. 

A quel punto, parte il terzo grado. 

Nome, cognome, data di nascita, indirizzo, casa o appartamento?, numero di appartamento, stato civile, numero di telefono, indirizzo email.

- Qual è il CEP?

- Che cos'è il CEP?

- Il numero della strada in cui vive.

- Ah, ho capito, tipo il CAP. No, non lo so, ma abito a cinquanta metri e suppongo sia lo stesso che vale per la farmacia.

Purtroppo, la ragazza sonnolenta non conosce il CEP della strada in cui ci troviamo. Prima chiede ad un paio di clienti che non ne hanno minimamente idea, poi si ricorda che sta usando un computer e cerca in internet. Poi il computer le si impalla, poi riparte, poi ricerca, poi non trova e nel frattempo pure la pagina in cui aveva inserito tutti i miei dati è scomparsa.

Ed è già passata mezz'ora. 

- Scusi, ma è proprio necessario cadastrarmi? Di solito, vengo, prendo, pago e me ne vado.

- Ma se si cadastra ha diritto allo sconto. 

- Ah beh... Allora riprendiamo.

Riparte la serie di domande. Ridò le stesse risposte.

- Qual è il CRM del medico che le ha prescritto il farmaco?

- Ecchenesò... Potrei buttarmi a indovinare sul numero di scarpe, ma il CRM... Che domanda è? 

Si ricorda di nuovo di stare usando un computer, ma di nuovo le si impalla tutto.

Solitamente, sono molto paziente, ma perdere un'ora della mia vita per portare a casa dieci grammi di gel oftalmico mi sembra troppo. Muovendomi, sbatto il ginocchio contro qualcosa di duro. Abbasso lo sguardo e realizzo che nei pressi del banco ci sono tre sgabellini.

- Guardi, ci vuole ancora un po', perché non si accomoda?

- No, aspetti, volevo chiederle... Ma di quanto è questo sconto? Perché posso anche pagare il prezzo pieno, basta che me ne vado.

- Intorno al cinque per cento. Ma ormai è quasi fatta, stia tranquilla.

- Così poco???

Ma mi rendo conto che è  una battaglia persa, per cui mi rassegno e decido di sedermi.

I tentativi di cadastro a vuoto si sprecano per un'altra mezz'ora, finché un'altra commessa mossa a pietà dagli abbiocchi della collega assonnata, nonché dal sonno che altrettanto sta colpendo la sottoscritta, interviene e, in due minuti due, sembra aver risolto tutto.

Mi viene porta finalmente la scatolina e mi avvio alla cassa.

La cassiera dev'essere parente della ragazza assonnata perché, per prima cosa, mi chiede - Lei è cadastrata nel nostro sistema?

- Certo che sì! Ho appena impiegato un'ora per poterlo essere!

- Mi dia il suo CPF.

Riprendo la tessera e gliela porgo.

- No, guardi. Lei non è cadastrata, ma se vuole lo sconto, può tornare al banco e in pochi minuti la inseriscono nel sistema.

- Ma vafancul!

(Alla fine il gel l'ho comprato a prezzo pieno)

 
 
 

***cattive_notizie***

Post n°516 pubblicato il 29 Aprile 2016 da fragolozza
 

Nutrivo il sospetto di non esserle molto simpatica.  Non che si fosse mai comportata male con me. Era una semplice intuizione, corroborata dal modo in cui mi guardava, dal sorriso sempre un po' forzato, dalla formalità dei gesti.

Ricordo che, una volta, mi era ripetutamente passata accanto senza salutarmi, senza neppure guardarmi.

Perciò, quando vedendomi, mi è venuta subito incontro e mi ha abbracciata forte e mi ha chiamata tesoro, ho avuto matematicamente la certezza che di lì a poco avrei ricevuto una cattiva notizia, di cui lei era già al corrente. 

Perché, per valutare la reale gravità della tua situazione, devi basarti non tanto  sul modo in cui affetta chi ti vuol bene, il cui dispiacere è ovvio e scontato, quanto sul modo in cui riesce a smuovere manifestazioni di affetto persino in chi, in altre circostanze, ti avrebbe serenamente ignorata. Come accade a quei cantanti che nessuno si fila di pezza, ma quando muoiono finiscono subito in hitparade. 

 
 
 

***capelli_corti***

Post n°515 pubblicato il 26 Aprile 2016 da fragolozza
 

Nell’estate del 1985, mia madre mi impose un taglio di capelli cortissimo. Avevo quattro anni e, come bambina, non mi contraddistinguevo certo per la verve modaiola di Suri Cruise, pertanto, a meno che non indossassi un vestitino o una gonnellina, tutti indistintamente mi scambiavano per un maschio.
Era frustrante, soprattutto al mare. 
– Tu non puoi giocare perché sei un maschio. 
E non importava quanto piangessi per farmi accettare, perché per quel gruppo di bambine boccolose, con i bikini o il costumino intero, io, con i miei capelli a spuntoni e le mie scarne mutandine rosse, ero e rimanevo un maschio. Peraltro, non ero neanche così smaliziata da intuire che mi sarebbe bastato abbassarmi il costume per convincerle che invece ero femmina.

Sarà per nemesi, sarà per malsuperato trauma, ma provo una sana e profonda diffidenza nei confronti delle donne che scelgono tagli di capelli maschili, tanto più se al taglio di capelli associano i peggiori atteggiamenti maschili. Anzi, in questo secondo caso, le proprio detesto. Tipo mia cognata F, che veste come un maschio, parla come un maschio, pensa come un maschio e fa tutto come un maschio.
Il dubbio che sia femmina mi sorge spesso, ma non gliel’ho mai detto. 
Ho troppa paura che si cali i pantaloni per dimostrarmi il contrario.

 
 
 

***verde***

Post n°514 pubblicato il 25 Aprile 2016 da fragolozza
 
Tag: Roma, Verde

- Scegli un colore.
- Verde. Perché? 
- Perché così, ogni volta che noterò un dettaglio verde in mezzo a tutto il resto, sarà come se tu fossi con me e mi stringi le mani.
Poi lo abbracciò un'ultima volta, con una stretta che sapeva di addio, sotto il sole abbacinante e a picco di piazzale dei Cinquecento, nei pressi di un'aiuola di rose rosse, ma con tante foglie verdi, che da lì a qualche tempo sarebbero state strappate via per far posto ad una delle statue più brutte della storia. 
Lo guardò allontanarsi in direzione di via Po, scalciando sassolini invisibili con i suoi stivali antipioggia che data la temperatura si erano rivelati assolutamente fuori luogo. Immaginò che si sarebbe voltato a guardarla e, prima che lo facesse, per non dover resistere all'impulso di correre ad abbracciarlo ancora, scelse a caso una direzione opposta e si incamminò veloce. 
Attraversò piazza della Repubblica e camminando, camminando tanto, arrivò a piedi fino a piazza Mancini, mandando a memoria, nel tragitto, tutte le canzoni di un album che era riuscita a scaricarsi con due mesi di anticipo rispetto all'uscita ufficiale ed il cui ascolto, abusivo e temporaneamente molto esclusivo, le garantiva un'illusione di dediche e citazioni dei suoi giorni.
Sul 220, non trovò posto a sedere e, quando l'autista partì sgommando, si aggrappò ad un sostegno chiendosi quante impronte estranee il suo palmo stesse raccogliendo. Poi, con una capacità di equilibrio tipica di chi passa troppo tempo in autobus, tirò fuori l'agenda dalla borsa ed abbozzò un pensiero sulla solitudine. 
Dalle parti di ponte Milvio, riuscì a sedersi e si adagiò  stanca contro lo schienale. Fuori scorreva il fiume e tutta quell'acqua le solleticò gli occhi di pianto. Provò a pensare a qualcosa che la facesse sorridere, una battuta stupida, un'immagine buffa. E lo avrebbe chiamato perché la sua voce la faceva star meglio, ma non aveva il suo numero. 
In fondo, cosa sapeva di lui? Il nome, l'età, che baciava bene?
Strizzò gli occhi, respirò forte ed ingoiò la tristezza. 
Di là del vetro, il paesaggio correva sfocato dai fumi del traffico. Case, lampioni, macchine e bidoni.
E alberi con le foglie verdi.
Si sforzò di immaginare, si sforzò di sentire, creando con la volontà un miraggio che la realtà non le avrebbe concesso, ma quando abbassò lo sguardo sulle proprie mani, vedendole così piccole e fredde, le strinse forte l'una all'altra, perché era l'unico modo che conosceva per sentirsi meno sola.

 

 
 
 

***domenica_mattina***

Post n°513 pubblicato il 19 Aprile 2016 da fragolozza
 

Da un paio di mesi, ho preso l'abitudine, ogni domenica mattina, di indossare tuta e scarpette ed uscire di casa. 

L'intenzione iniziale era quella di dedicarmi alla corsa, ma, dopo un primo tentativo miseramente fallito, causa dieci minuti di pausa ogni dieci metri di corsa per imminente collasso polmonare, ho capito che sarebbe stato ben più sano e produttivo dedicarmi ad un'innocua passeggiata veloce. 

La strada in cui vivo è un avenida lunga un chilometro e mezzo, che nei giorni festivi viene chiusa al traffico e si popola di genitori, bimbi, nonni, zii, parenti, amici, coppie, single e cani in quantità. In mezzo ad una folla del genere, mi viene facile occultare le mie improbabili doti atletiche che, dopo una fase di fulgida ostentazione nelle aule di zumba, scaduto e non rinnovato l'abbonamento in palestra, si sono riconfigurate nel loro assetto originale che è molto prossimo all'inesistenza. 

Alla fine dell'avenida, dopo una salita abbastanza impervia, c'è un lago artificiale, circondato da una pista lunga ottocento metri.  

Fare tre giri e sommare il percorso di andata e ritorno da casa, equivale a rientrare con un bottino di circa cinque chilometri di camminata all'attivo, il che mi basta per  illudermi di essere una gran sportiva, un po' come quando casualmente mi infilo i jeans di mio marito e per due secondi mi illudo beatamente di essere dimagrita un sacco.

Ieri, arrivata al lago, le cui sponde sono sempre popolate di pescatori, passeri e cicogne, ho notato, sotto una macchia di salici piangenti, un gruppo di strani animaletti. Accecata dal sole, li avevo scambiati per cinghiali e, poiché uno dei miei incubi peggiori è essere divorata dai cinghiali come Mason Verger, stavo per battere in ritirata. Poi però ho visto che persino i bambini si avvicinavano a guardarli e, avvicinatami a mia volta, ho constatato che erano maiali.

In realtà, non è che i maiali mi infodano più fiducia dei cinghiali. Il dubbio che mi notassero, mi riconoscessero e decidessero di farmi fare la stessa fine che io propino ai loro amici tutte le volte che entro da Bacon Paradise (che è un locale il cui menù vanta persino il gelato alla pancetta), quando hanno cominciato a grufolare, mi è sorto. 

Ad ogni modo, poiché in fatto di maiali non c'è rischio che mi trattenga, ho alzato il volume delle Sugababes ed ho continuato il mio giro sul lago. 

Al secondo passaggio nei pressi dei maiali, essendo ormai quasi certa che fossero innocui, mi sono persino azzardata a scattargli qualche foto.

Al terzo passaggio nei pressi dei maiali, ho addirittura pensato che sarebbe stato carino farmici un selfie, che, poiché non avevo intenzione di avvicinarmi troppo e contemporaneamente il sole mi oscurava lo schermo, è venuto uno schifo.

Al quarto passaggio nei pressi dei maiali, avrei ritentato il selfie, ma si erano infrattati all'ombra e quindi niente.

Al quinto passaggio nei pressi dei maiali, ho realizzato che, con la scusa dei maiali, avevo già fatto cinque giri del lago. E stavo ritentando il selfie, che sarebbe comunque venuto uno schifo, quando mi ha chiamata mio marito.

- Ma dove sei?

- Sono al lago.

- Ancora?

- Sì, perché ho incontrato un gruppo di maiali!

- I maiali?

- Sì! Sono bellissimi, mi vieni a scattare una foto che da sola non riesco?

- Coi maiali?

- Perché che c'è di strano? 

 
 
 

***perfect***

Post n°512 pubblicato il 15 Aprile 2016 da fragolozza
 

Al risveglio, dura un paio di minuti la sensazione di essere così vicina a come vorrei essere e completamente dimentica di chi invece dovrei essere. Giusto il tempo di canticchiare con gioia Perfect degli Smashing Pumpkins, almeno fino allo specchio, dove poi scopro che di perfect non resta proprio niente e che sono molto più vicina a quanto non vorrei essere di quanto sia mai stata lontana da quello che io stessa mi impedivo di essere. 

Ma almeno sono veloce, nello scatto di cinquanta metri per raggiungere l'autobus che è già in partenza alla fermata, e sufficientemente commiserevole, nell'implorare a gesti l'autista di riaprire le porte e lasciarmi salire. 

Il resto è un malinteso in linea con tutto il resto.

- Buongiorno, avevo un appuntamento. Forse sono un po' in anticipo?

E guardo l'orologio che segna le otto e cinque. 

- A che ora aveva l'appuntamento? 

- Alle otto e mezza, ma posso aspettare. 

- No guardi che c'è un errore perché a quest'ora non ci sono appuntamenti e il suo è per le undici e mezza.

- Ma ieri al telefono...

- Le ho detto alle undici e mezza.

- Ed io le ho ripetuto otto e mezza.

Poi realizzo che quando parlo portoghese, ho ancora la cadenza strascicata di un bancarellista dei quartieri spagnoli ed è facile che confonda oito con onze. Perciò chiedo scusa, mi maledico internamente, infilò la porta e torno giù per strada. 

Un edificio attira la mia attenzione e rimango una decina di minuti nei pressi, perché l'insegna fa rima col mio nome. 

(Santa Maria - centro de atenção em psiquiatria) 

 
 
 

***simpatia***

Post n°511 pubblicato il 14 Aprile 2016 da fragolozza
 

- Chi ti chiede come stai e a te non va di dirlo e, allora, temporeggi, scoprendo che, al contrario, come stai si pronuncia iats emoc e sembra così tanto una bestemmia in napoletano che potresti quasi coniarla e usarla all'occorrenza. 

- Chi ti chiede se ci sono novità, quasi si aspettasse da parte tua una risposta da edizione straordinaria, e poi ti ascolta con lo stesso disinteresse con cui si sfoglia la copia di un quotidiano gratuito vecchio di due giorni.

- I ti voglio bene di circostanza, privi di qualunque grazia, sparati nei silenzi e nelle pause di un dialogo cui non si ha più nulla da aggiungere, ma che per amor di chiosa, animeresti sul finale giocandoti il colpo di scena del "buon per te, perché io non ti voglio bene affatto".

- I buongiorno, i buona notte, i buon fine settimana ed ogni santissimo buon qualcosa che a te non frega niente, perché non sono certo gli auguri, tanto più se di sola forma, a determinare la bontà dei giorni.

- I com'è il tempo, che ore sono, che hai mangiato, che fai di bello, e la replica del che cazzo vuoi che ti sale dritta dallo stomaco alla gola, come la saliva di quei vecchi che, non importa chi li sta guardando, risucchiano forte e sputano.

C'è chi la chiama simpatia, io la chiamo ipocrisia. E a volte davvero non so che farmene.

 
 
 

***Acronici***

Post n°510 pubblicato il 12 Aprile 2016 da fragolozza
 

Non puoi avercelo presente, se non l'hai passato, ma, se anche tu lo avessi passato, sarebbe comunque il tuo passato, quello così distante dal mio da impedire ogni facile illusione e presunzione che tu possa aver presente il mio presente, che di presente ha solo il nome, dal momento che, avendolo io già passato, ormai lo consideravo trapassato. 

Arrendiamoci, perciò, di fronte all'esclusività del nostro singolo vissuto, che pur vissuto non singolarmente, ci rende singolari quel tanto che basta a non essere mai pari nel conto delle cose da rivedere, del dare e dell'avere. Tanto lo sai che non saremo mai abbastanza simpatici, simpatetici o empatici da averci presenti.

Posti l'uno di fronte all'altro, sdraiati sul fianco e malinconici,  rimarremmo comunque acronici.

 
 
 

***la_lotteria***

Post n°509 pubblicato il 06 Aprile 2016 da fragolozza
 

Messaggio: Ciao carissima!
(Pensiero: Ma chi sei? Ma che vuoi?)
Risposta: Carissimo! Ciao! Come stai?

Messaggio: Bene, cara! Come sai mi diverto nei lavori di artigianato.
(Pensiero: Ah, sì? Veramente a stento so come ti chiami...)
Risposta: Vero! Mi ricordo!

Messaggio: Infatti colgo l'occasione per salutarti e coinvolgerti senza impegno in una lotteria che in tanti volevano io facessi.
(Pensiero: Che culo!)
Risposta: Interessante! Di che si tratta?

Messaggio: Un comodino in legno di pino. Perfetto per ogni stanza, bagno, corridoio o camera da letto. Volendo si può usare anche come tavolino. Leggero, ma estremamente robusto.
(Pensiero: e sticazzi non li aggiungi?)
Risposta: Sarà sicuramente bellissimo!

Messaggio: Con soli 5€ puoi acquistare la possibilità che sia tuo.
(Pensiero: Guarda, ce li ho proprio che mi avanzano!)
Risposta: Caro, mi piacerebbe tanto, anzi tantissimo, ma lo sai, no, che non vivo più in Italia.

Messaggio: Per questo non ci sono problemi. Ti invio le coordinate e puoi farmi tranquillamente un bonifico.
(Pensiero: Un bonifico? Per cinque euro? Per una lotteria? Per vincere un comodino?)
Risposta: Ah, bene! Ma, piuttosto, se vinco, poi come faccio a ritirare il premio?

Messaggio: Questo non è un problema. Anzi, se vuoi/puoi, fai partecipare anche i tuoi parenti.
(Pensiero: Creerò un gruppo su WhatsApp apposta per invitarli, guarda.)
Risposta: Ma certo! Conosco tante persone a cui piacerebbe partecipare.

Messaggio: Auguro un in bocca al lupo a tutti voi. L'estrazione dovrebbe esserci il 12 giugno, ma sarò più preciso prima di tale data. Ciao ciao!
(Pensiero: mavafancul)
Risposta: Ciao a te!

 

 
 
 

***porte***

Post n°508 pubblicato il 04 Aprile 2016 da fragolozza
 

Sono la prima. Lo sono quasi sempre per l'abitudine di arrivare da qualunque parte con almeno un paio d'ore d'anticipo. Non che mi piaccia aspettare, ma aspettarsi qualcosa è meglio che rischiare di perderselo, non trovi?

La ragazza alla reception mi ha detto che subito dopo la perizia mi comunicheranno se l'autorizzazione verrà concessa. È il motivo per cui tengo incrociate le dita delle mani e dei piedi, le braccia, le gambe, i legamenti e le arcate dentali. È il motivo per cui  mi stropiccio gli occhi, i capelli e i vestiti. 

Nel frattempo, arrivano altre donne e occupano alcune delle sedie in fila lungo il corridoio. Di fronte a noi ci sono delle porte, la uno, la due e la tre e canto silenziose filastrocche nel tentativo di prevedere quale si aprirà per chiamarmi dentro. 

L'occasione fa l'uomo ragno e la tensione fa l'uomo bagno, ma andarci adesso significherebbe correre il rischio di perdermi l'appello, per cui dolorosamente resisto. 

Poi una porta finalmente si apre. Scatto in piedi  e la busta con i miei esami, cadendo, fa un rumore pazzesco, ma l'uomo dal camice bianco mi ignora e chiama un altro nome. Una delle donne arrivate dopo di me si alza, raccoglie tutti i documenti ed entra. 

A quel punto, che resisto a fare? La donna seduta alla mia sinistra sembra quasi più nervosa di me.

- Senti, io devo andare al bagno. Non impiegherò molto. Ma nel caso mi chiamassero- e le dico il mio nome- puoi chiedere di aspettarmi?

La donna che sembra quasi più nervosa di me fa un cenno col capo e lo interpreto come un sì. 

I bagni sono poco distanti, alla fine del corridoio, a sinistra. Spingo la porta, entro e penso che sarebbe proprio da sfigati aver atteso più di un'ora ed essere chiamata proprio adesso. Ancora peggio sarebbe, dopo settimane di nervosismo e una notte insonne, vedermi rifiutata l'autorizzazione. Ma se per loro non fosse o non fossi abbastanza? 

Approfitto dello specchio per verificare quanto sto messa male e la mia faccia non mi delude.

Esco dal bagno ed ho la sensazione di sentir chiamare il mio nome.

La donna che sembra quasi più nervosa di me è lì dove l'ho lasciata.

- Non mi hanno chiamata, vero?

Fa un cenno col capo che interpreto come un no.

Ritrovo il mio posto, mi siedo e incrocio i manici della borsa. La busta con gli esami cade di nuovo e di nuovo fa un rumore tremendo. La raccolgo e mi raccolgo le braccia in grembo e riprendo a sperare. 

Poi lo sento chiaramente. È il mio nome e non lo stanno chiamando, lo stanno gridando. E non da una delle tre porte, bensì dalla reception. 

Guardo la donna che sembra quasi più nervosa di me, ma è un caso perso perché di nuovo fa solo un cenno col capo.

- Sono qui! Vengo subito!- e mi precipitò lungo il corridoio verso il bancone.

La ragazza alla reception mi sorride.

- C'è stato un errore.- dice. 

Io ingoia aria.

- I medici hanno valutato il suo caso.- aggiunge. 

Io ingoia saliva.

- E le hanno già concesso l'autorizzazione, perché non c'è bisogno di fare una perizia.

- Cosa?! - mormoro in un misto di incredulità e gioia.

- Tenga, questo è il documento di approvazione.

Il foglio che mi porge finisce sul fondo della busta insieme a tutti gli altri documenti. 

- Grazie.- le dico.

-Stia bene.- mi risponde.

E finalmente smetto di tenere le dita delle mani e dei piedi, le braccia, le gambe, i legamenti e le arcate dentali incrociate. 

 

 
 
 

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POETRY

Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.

Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

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