Creato da braulink il 28/11/2005

Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

 

La commemorazione di Avasinis citata sulla rivista "Patria Indipendente"

Post n°119 pubblicato il 03 Ottobre 2012 da braulink
 
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La rivista "Patria Indipendente", che esce a diffusione nazionale, ha citato ampiamente, nel numero di settembre, la commemorazione tenutasi ad Avasinis lo scorso due maggio.

Nell'articolo, corredato da due immagini a colori della cerimonia, dopo una ricostruzione del contesto storico della vicenda, vengono ricordati tutti i momenti principali lungo i quali si è suddiviso l'evento: la presentazione del monologo di Elena Vesnaver, lo scoprimento di una targa con le informazioni storiche sulla vicenda, la celebrazione della santa messa il 2 maggio, gli interventi del sindaco di Trasaghis Picco, del rappresentante dei familiari delle vittime civili di guerra Geretto e l'orazione ufficiale tenuta da Alessandro Tesini, già presidente del Consiglio regionale.

 
 
 

Avasinis e le altre stragi nazifasciste in un'interrogazione al Senato

Post n°118 pubblicato il 06 Luglio 2012 da braulink
 
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Mancano ancora tanti documenti nell' "armadio della vergogna”

 

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I senatori del Pd riaprono il capitolo delle stragi nazifasciste. La Germania non collabora

 

ROMA - In un’interrogazioni orale con carattere d’urgenza, l’intero gruppo Pd del Senato ha chiesto ai Ministri della giustizia, degli affari esteri e della difesa di sapere quali e quante stragi nazifasciste siano ancora sepolte impunite nell’ “armadio della vergogna”e cosa intenda fare il governo per sollecitare la collaborazione di un paese amico, come la Germania. Sicuramente ieri Mario Monti si sarà guardato bene dal parlare di quest’infamia con Angela Merkel.

Resta il fatto che a 70 anni da quegli eccidi efferati che causarono al nostro Paese almeno 15.000 vittime accertate ed altrettante neppure finite in quell’ “armadio” (Massa Lombarda, Saonara, Trasaghis, Bologna, Arezzo, Onna, eccetera) restano ancora sul tavolo dei rapporti italo-tedeschi diversi problemi irrisolti, come quello dei mancati risarcimenti per le vittime italiane delle stragi nazifasciste, o quello relativo alla mancata esecuzione delle pene dell’ergastolo inflitte da tribunali militari italiani ad oltre venti cittadini stranieri, ex militari tedeschi, residenti all’estero. Su tutto questo la Germania non solo non ha mai collaborato, ma non ha neppure mai risposto e in qualche caso si è limitata a comunicare che non si poteva ottemperare dato che si trattava di processi (quelli italiani) celebrati in contumacia.

A fine 2010 gli ergastolani condannati con sentenza definitiva dai tribunali militari italiani erano 21. Nel frattempo ne sono morti 6. I procuratori militari italiani che hanno condotto inchieste assai difficili, anche ovviamente per il tempo trascorso hanno compiuto tutti gli atti necessari attraverso Interpol e i rituali canali ministeriali per ottenere l’esecuzione della pena. Il procuratore generale militare presso la Corte d’appello, Fabrizio Fabretti, si è rivolto ripetutamente al Ministro della difesa pro tempore, chiedendo un intervento del Governo per questa situazione paradossale. Nemmeno lui, però, è riuscito ad avere un qualche contributo dalla repubblica tedesca.

Per questi motivi, gli interroganti si rivolgono ancora una volta ai ministri competenti per sapere “quanti e quali dei provvedimenti restrittivi della libertà personale risultino essere stati trasmessi all’autorità tedesca e quale risulti essere stata la sua risposta”.

 

(da: http://www.romacapitale.net/politica/34-politica/10138-mancano-ancora-tanti-documenti-nell-armadio-della-vergogna.html )

 
 
 

Avasinis, le commemorazioni per il 67° anniversario

Post n°117 pubblicato il 02 Maggio 2012 da braulink
 
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Il Comune di Trasaghis ha ricordato il 67º anniversario dell’eccidio di Avasinis, costato la vita a 51 tra donne, bambini e anziani  per mano di un reparto delle SS il 2 maggio 1945.
Quest’anno le manifestazione proposte hanno avuto una significativa anteprima alla vigilia dell’anniversario,  nella chiesa parrocchiale,  con la  recita del monologo storico-civile “Un bel posto tranquillo”, scritto e proposto da Elena Vesnaver. Si è trattato di una rappresentazione che rievoca la terribile vicenda dell’eccidio di Avasinis immaginando che essa venga filtrata attraverso gli occhi di una bambina, Tina, una superstite dell'eccidio che si trova a vivere la sopravvivenza come sorta di colpa senza soluzione, nell'eterno chiedersi "perchè" e interrogarsi sul senso delle responsabilità e della reazione alle offese. Lo spettacolo, che è stato finalista al premio “Per Voce Sola 2009” e ha ricevuto la menzione speciale dell’Istituto di Storia della Resistenza di Cuneo come migliore testo a contenuto politico e sociale, è stato seguito con commozione e intensità.
Al termine dello spettacolo, l’amministrazione comunale ha proposto lo  scoprimento di una targa commemorativo-descrittiva dei dolorosi fatti che, posta all’ingresso del monumento-memoriale,  destinata  quindi in primo luogo a informare quanti conoscono poco o nulle quelle lontane vicende.  Dopo l'introduzione del Sindaco Augusto Picco, è intervenuto lo studioso di storia locale Pieri Stefanutti che ha ricordato i passi sostenuti (attraverso ricerche, pubblicazioni, audiovisivi) per informare ed inquadrare correttamente nel suo contesto quelle vicende.
Mercoledì 2 maggio, alle 10.30, è stata  celebrata da don Giulio Ziraldo una santa messa in suffragio alle vittime. Terminata la celebrazione eucaristica, alle 11.30 la cerimonia si è spostata i nell'attiguo cimitero monumentale dedicato ai “Martiri del 2 Maggio 1945” dove si è svolta la Cerimonia ufficiale con l’intervento del sindaco Augusto Picco, della signora Adriana Geretto, presidente dell'associazione vittime civili  e del consigliere regionale Alessandro Tesini al quale è stata affidata l’orazione ufficiale. Tesini, nel suo intervento, riallacciandosi alla significativa presenza alla commemorazione delle associazioni di partigiani e d'arma e delle scolaresche, ha invitato a trovare nella contemporaneità motivi di attuazione pratica del messaggio che può venire dalla rilettura di queste vicende, attraverso un serio e quotidiano impegno in favore della libertà e del superamento della violenza e  delle diseguaglianze sociali.

 
 
 

Addio a un altro testimone dei fatti di Avasinis: Catin di Barbin

Post n°116 pubblicato il 02 Maggio 2012 da braulink
 
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Il primo maggio ci  ha lasciati Caterina Di Gianantonio, "Catin di Barbìn", che dei fatti del 2 maggio di Avasinis aveva lasciato una lucida testimonianza nel video "Luogo della Memoria". Catìn,  pur abitando lontano, ogni anno ritornava nel paese natale per la commemorazione delle vittime e, anche per questo, è stata ricordata con commozione nell'intervento del Sindaco durante la commemorazione ufficiale.

 

Riproponiamo pertanto la sua testimonianza rilasciata ai curatori del video:

Non dimenticherò mai quella giornata...Il 2 maggio eravamo sul ponte vicino alla latteria, c'erano uomini che discutevano... alcuni dicevano che non sarebbe successo niente, altri avevano timore per la ritirata. Mio zio, il "Sara" non ha voluto andarsene; mio padre, mio fratello Giovanni e mia sorella Romana sono invece salite in montagna, Ta Pala, con le mucche. Io e mia sorella Orestina abbiamo deciso di restare in casa con la nonna. Mia sorella diceva di partire anche noi, eravamo giovani, c'erano dei pericoli, durante la ritirata...- Possibile? - dicevo io. I tedeschi avevano già fatto almeno tre rastrellamenti, ma i civili non li avevano mai toccati. Siamo ritornate sulla piazzetta, dove abbiamo incontrato don Zossi che ci ha invitate a recitare una litania, lì di Ana di Gèa. Poi ci ha mandati ognuno a casa propria, raccomandandoci di non uscire; si era già sentito un colpo di mortaio. Siamo tornate verso casa con la Mariuta di Edoardo e le sue figliolette. Le bambine erano contente...Appena arrivate in casa, abbiamo sentito degli spari. Nel frattempo, i partigiani Pizzato e Valentino Morcja si sono avviati per fronteggiare i tedeschi. Hanno detto:- Andiamo almeno noi a fare in modo che non entrino in paese! Solo in due, cosa potevano fare? I tedeschi avevano già l'intenzione di entrare....Mia suocera stava lavando le vasche del latte alla fontana; da una finestra le abbiamo parlato. Lei ci ha detto:- Andate, voi, che siete giovani, andate in montagna, scappate: non si sa cosa può succedere se entrano i tedeschi! A un certo punto vedo Giuseppe Braulinese entrare ferito in casa. Dico a Mia:- Guarda, mi pare che il Nese sia pieno di sangue...- Impossibile! - dice lei. In quel momento compare il soldato, il viso coperto di frasche, il mitra puntato. Mia gli chiede:- Dove volere andare? In montagna? - e indica il sentiero. Senza dire nulla, quello le ha sparato in testa. Mia nonna, a vedere questo, voleva scendere a rimproverare il soldato ma l'abbiamo bloccata. Il soldato ha sparato una raffica in una casa, poi è andato in quella successiva ed ha ucciso due vecchi, i Venturini. Poi è tornato indietro, è entrato in un'altra casa. Nella stalla erano riunite una ventina di persone: li ha uccisi tutti! Si vede a scappare la Pele [Pellegrina Schiratti], col bambino in braccio: le hanno sparato ed è finita distesa a terra, morta. Il bambino sgambettava, era ancora vivo. Non si poteva uscire per aiutarlo.. Poi il soldato è andato verso la canonica dove ha ucciso ancora. E' stato uno solo, "il boia", a fare tutti quei morti. Avanzava deciso, con l'elmetto e il volto coperto da frasche, la tuta mimetica; l'ho seguito con gli occhi sin nella piazzetta. Evidentemente, però, non era solo: su nel Cjanal ci deve essere stato uno che ammazzava solo uomini. La nonna del Sara, per esempio, non l'ha toccata, mentre ha fatto uscire lui e lo ha ucciso; Nan dal Titin [Giovanni Orlando]è stato ucciso ugualmente... Dopo hanno invece iniziato a radunare gli uomini e a rinchiuderli in una stanza. Le due Anna le abbiamo sentite a urlare, ma non le abbiamo viste.

Qualche tempo dopo sono arrivati dei cavalli; io ho detto:- Almeno fossero quelli della Todt con cui ho lavorato! Quelli non ci farebbero del male! Mia sorella era assai preoccupata, mi si attaccava addosso, disperata. Andando a chiuderci in una stanzetta, io cercavo di consolarla dicendo che almeno avevamo vissuto mezz'ora più degli altri... Sentivamo i lamenti del Nese e della Caterina...I cavalli saltavano i due corpi distesi per terra ed io pensavo che le bestie avevano avuto più rispetto degli uomini; poi è arrivato un militare, ha raccolto il bambino e lo ha portato in una casa, dove c'erano anche due bambini della Mariuta. Hanno anche tirato da parte il corpo della nonna, la Pele. Non si sentiva più a sparare...Sul far della sera ho visto arrivare una ragazza accompagnata da un militare: diceva che, se non avesse trovato nessuno, avrebbe chiesto di essere riaccompagnata dai parenti. Ho detto a mia sorella che doveva trattarsi di un soldato buono, a comportarsi così. Io sono uscita fuori a vedere sul terrazzo, mentre mia sorella era ancora piena di paura. Il soldato (parlava abbastanza bene l'italiano, doveva essere croato) ha detto:- Coraggio signorine, che è tutto finito! Io trovare lo stesso a casa mia, solo disastri. Uno solo, scellerato, ha combinato tutto questo! Era un atroce criminale! Ora rimanete qui, fin quando ritorno...Poi, avendo visto il corpo di "Mia" per terra e credendo che fosse mia madre, si è fatto consegnare una coperta, ha spostato il corpo e vi ha messo la coperta sopra. E' stato l'unico cadavere lasciato per strada, gli altri li hanno tutti portati via, nelle rogge, anche quelli delle due ragazze. Poverette, le abbiamo viste entrare. Alla prima un tedesco ha detto "Komm", lei tutta spaventata si è rivolta alla sua amica. Anna, la più grande, le ha risposto: - Non avere paura, vengo io ad aiutarti, ci chiameranno solo per far loro da mangiare...Le abbiamo solo sentite urlare... debbono averle trucidate. Sono andata poi ad abitare in quella casa e, per anni, nonostante passassi il pavimento con la varechina, le macchie di sangue ricomparivano! Dopo una mezz'ora il tedesco è ritornato e ci ha detto:- Tutto finito! Chi ha fatto tutto questo è già stato punito! Non preoccupatevi più e rimanete qui, fino al mio ritorno! Gli abbiamo chiesto del bambino, il nipote della Pele e lui ha risposto di averlo portato al sicuro, assieme a due altri bambini sopravvissuti, e di aver anche portato loro del formaggio. Ci ha anzi chiesto del pane, per portarlo ai bambini (anche al giorno d'oggi quel bambino ricorda di questo pane che gli ho mandato) e poi del formaggio e dell'acqua. Ha aggiunto anche di avere portato un secchio d'acqua ai due coniugi, i Braulinese, feriti gravemente. Ci ha ribadito di non muoverci:- Guai se il mio comandante lo viene a sapere! Io faccio tutto questo senza che nessuno lo sappia. Intanto portavano tutti i cadaveri nella roggia di Bearç, solo mia suocera è rimasta. L'indomani è tornato il soldato a dirci che potevamo uscire e allora siamo andate subito dal Parroco, che ci ha dato una cassetta da pronto soccorso per andare a soccorrere i feriti, dato che avevamo imparato a fare le iniezioni e a medicare. Siamo andate subito dai Braulinese: lui aveva il cranio con la pelle sollevata, l'inguine tutto insanguinato... chiedeva di essere soccorso, chiedeva della Pele, l'infermiera, chiedeva di essere portato all'ospedale... Lei aveva una ferita al petto, sotto al letto c'era una enorme macchia di sangue, chiedeva di non essere lasciata sola... è morta poche ore dopo. Lui è stato portato in canonica, dove erano stati raccolti tutti i feriti. Il Nese, ferito, ci diceva:- Ragazze, vi ringrazio del bene che avete fatto, non lo scorderò mai, pregherò per voi, ve lo assicuro...

Così è trascorsa la giornata cruciale...In questo piazzale ci sono state 23 vittime: noi siamo state come miracolate. Quando mio padre è venuto giù dalla montagna, a trovarci vive, è rimasto assai meravigliato. Quelli che salivano in montagna incrociavano quelli che scendevano e nessuno aveva il coraggio di raccontare con precisione quello che era successo. La mamma della Minuta, con la gerla, era arrivata su ancora di notte, a dire :- Laggiù non c'è più un solo camino che fuma, hanno ammazzato tutti! Poi è cominciata la ricerca dei corpi, nei cortili e nei fossati: c'era caldo e con le assi è stata fatta un'unica fossa, dove sono stati messi tutti i corpi allineati. Tutta la nostra gioventù è passata in mezzo alla guerra...Gli altri soldati erano di nazionalità diverse: tedeschi, italiani, friulani. Alcuni poi sono stati presi e uccisi, davanti all'osteria. Erano italiani, repubblichini. Ormai la guerra stava finendo e si mettevano assieme ...Qualcuno mi ha detto: "Signora, eran peccati vecchi". Ma quali? Ognuno è solo con la sua coscienza.Abbiamo visto sicuramente cose che non andavano fatte: ma è la guerra a portare a questo, è la rovina di tutte le coscienze.


Intervista del 2005 a cura di Renata Piazza e Walter Rodaro - ampi stralci dell'intervista sono riprodotti nel video "Avasinis, luogo della memoria" di Dino Ariis (Comune di Trasaghis, 2006)

 
 
 

Avasinis, 1-2 maggio: il programma delle commemorazioni

Post n°115 pubblicato il 26 Aprile 2012 da braulink
 
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Strage di Avasinis: ricordo delle vittime Mercoledì 2 maggio cadrà il 67° anniversario della strage di Avasinis: in quella mattinata del 1945, una squadra di SS penetrò in paese e compì una strage indiscriminata che provocò 51 vittime innocenti tra la popolazione civile. Ininterrottamente, dal 1946 ad oggi, la gente di Avasinis e del Comune di Trasaghis ha mantenuta viva la memoria di quel doloroso episodio, partecipando in maniera sentita all’annuale cerimonia commemorativa a ricordo delle vittime. L’attenzione al significato del “senso della memoria” si è vista confermata anche dalla costruzione, negli anni '90, di un monumento-memoriale sul vecchio cimitero ove sono state sepolte le vittime dell’eccidio e dalla pubblicazione del diario di don Francesco Zossi, parroco dell’epoca e protagonista diretto di quelle vicende, nonché dalla realizzazione di documentari video, iniziative tutte promosse dal Comune.Quest’anno le cerimonie prevedono due momenti significativi distinti. Nella serata del primo maggio, alle 20.30, si avrà nella chiesa parrocchiale la presentazione del monologo "Un bel posto tranquillo", scritto e recitato da Elena Vesnaver: una "rilettura" scenica del senso dell'eccidio attraverso le parole e le impressioni attribuite a uno dei superstiti, "costretta a vivere la sopravvivenza come una sorta di colpa senza soluzione". Seguirà, davanti all'ingresso del monumento-memoriale, lo scoprimento di una targa commemorativa tesa a sintetizzare il contesto storico di quelle lontane vicende.Mercoledì 2 maggio si avrà la celebrazione di una Santa Messa, alle 10.30, nella chiesa parrocchiale, seguita, alle 11.30, dalla deposizione di una corona d’alloro al monumento sacrario. La commemorazione ufficiale prevede gli interventi del sindaco di Trasaghis Augusto Picco e del dott. Alessandro Tesini, già presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia.

 
 
 

La testimonianza di Modesto Di Gianantonio sui fatti di Avasinis

Post n°114 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da braulink
 
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Sul Notiziario Comunale di Trasaghis n. 3 del 2011 è  stato pubblicato un corposo inserto con la testimonianza di Modesto Di Gianantonio relativa a tutto il periodo della guerra: è intitolato infatti "Avasinis dall'8 settembre 1943 all'eccidio del 2 maggio 1945". 

L'autore, testimone diretto dei fatti, precisa sin dalle prime righe la finalità dello scritto, "Va pertanto resa testimonianza di tutte le sofferenze, i sacrifici, le privazioni, i dolori, gli odi e le vendette subiti sulla propria pelle da tutti, senza esclusione di nessuna delle parti in conflitto, perché questo è il prodotto che le guerre generano, con l'auspicio che queste guerre non abbiano più a oscurare la pace conquistata ad un prezzo cosi duro." Sottolineando anche la legittimità e la doverosità dell'intervento: " Ora sono passati più di sessant'anni e penso sia caduto ogni pregiudizio e che l'argomento non urti la suscettibilità di qualcuna delle parti in causa, come non vorrei che qualcuno mettesse in dubbio la mia verità a causa della mia età o per il troppo tempo trascorso che potrebbe avere oscurato la mia memoria. Niente di tutto questo perché né il tempo né la memoria hanno offuscato la mia lucidità.". 

La ricostruzione storica parte dalla incerta situazione seguita all'armistizio dell'8 settembre per poi  descrivere le fasi dell'avvio della Resistenza in zona,  in primo luogo con i garibaldini del Battaglione Matteotti e con gli osovani provenienti dalla Val d'Arzino. L'autore elenca diversi fatti  che hanno visto protagonisti i partigiani, sia  dimostranti il coinvolgimento corale (l'assalto  alla polveriera di Osoppo, il rifornimento di generi alimentari per la popolazione)  sia  quelli ritenuti  maggiormente invisi  alla gente (prelievo di generi nelle famiglie per il sostentamento dei reparti in montagna, uccisione di persone ritenute spie al soldo del nemico).

La testimonianza segue poi, cronologicamente, le fasi dell'attacco alla zona libera di inizio ottobre 1944, l'avvio dell'occupazione cosacca  e il funzionamento delle organizzazioni paramilitari tedesche, come la Todt e la Enzian, con interessanti notizie frutto della esperienza diretta).

La parte più corposa della ricostruzione riguarda, come comprensibile, le concitate ore dell'eccidio del 2 maggio. Più volte l'autore, che pur tende a evidenziare il ruolo avuto dalla Gap,   sottolinea come  non sia sufficiente la tesi di un improvvido attacco partigiano a una colonna in ritirata a giustificare lo svolgersi dei fatti: "un'altra colonna, proveniente non si sa da dove, ma dì sicuro passante lungo la strada Statale N° 13, si diresse verso Trasaghis. Secondo alcuni, la colonna aveva deviato la sua marcia a seguito di un attacco dei nostri partigiani; questo è quanto si dice, ma non corrisponde alla realtà dei fatti. Attraversato il Tagliamento, superato il paese di Braulins e giunta indenne a Trasaghis, senza incontrare nessuna resistenza di nessun genere, si installò, nel pomeriggio, in località  Montisel. altura strategica per il controllo dell'intera piana di Avasinis. unico paese abitato, per passarvi la notte. Questo fatto non poteva non mettere in allarme la gente di Avasinis, che ritenne anacronistico che un reparto in ritirata, con il nemico alle spalle, si permettesse di bivaccare una notte senza proseguire a marce forzate verso il confine, passando per Tolmezzo.

Con il sospetto che dietro a questa decisione del nemico si nascondesse dell'altro, memore di quanto era successo il 2, 3 e 4 ottobre 1944. senza alcuna indicazione da parte partigiana, lavorò per tutta la notte a trasferire generi e suppellettili in montagna", " Alcuni sostengono, anche se non trovano riscontri, che il reparto responsabile dell'eccidio di Avasinis avrebbe sostenuto un attacco partigiano sulla strada nazionale N° 13 all'altezza, un po' prima o un po' dopo, dell'innesto con la strada che porta a Trasaghis prima e a Tolmezzo poi. Evidentemente quella strada era talmente intasata da un consistente movimento di truppe tedesche ormai in ritirata verso il confine, tanto da capire perché quel reparto, anche a causa dell'ipotetico attacco subito, abbia preferito deviare il percorso verso Tolmezzo. Ma non è cosi, perché quel reparto non ha subito ostacoli da parte partigiana ed è arrivato, partito non si sa da dove, né si conoscono le sue generalità di appartenenza, ben determinato e ben deciso su Trasaghis.

Diversamente quel reparto non avrebbe pernottato in quel luogo, ma avrebbe proseguito per Tolmezzo e quindi per il confine, come aveva fatto la colonna che aveva attraversato il territorio del comune il giorno precedente, tenendo anche conto che aveva già gli alleati alle spalle. La sua meta era Avasinis, dove pare avesse dei conti da saldare, tant'è che la mattina dopo, 2 maggio 1945, si mosse verso quel paese con risolutezza e uomini e mezzi adeguati per affrontare eventuali resistenze, che però non c'erano. ",  " II famigerato reparto delle S.S. tedesche, anche se non sì poteva definire reparto un gruppo composto da sbandati raccogliticci, di varie etnie e nazionalità e provenienti da reparti diversi tedeschi, italiani, spagnoli, friulani, veneti e altoatesini, superò l'inesistente difesa. Un vero branco di criminali, invasi da follia omicida, spinti più dalla vendetta che da un atteggiamento di difesa che qualsiasi reparto militare in fuga, tallonato dal nemico inseguitore, avrebbe assunto, senza guardarsi attorno. No, a questi energumeni non interessava altro che punire mortalmente una popolazione pacifica, per vicende di guerra ad essa non imputabili. Per questo entrarono nel paese, assetati di sangue, si accanirono con le armi da fuoco contro chi capitava a tiro: bambini, anche in tenera età, vecchi e donne, senza provare un minimo di pietà o rimorso. Finirono sotto gli spari delle loro armi quanti trovarono per strada, nelle case o nascosti in qualsiasi luogo. ". 

In conclusione, Modesto Di Gianantonio sottolinea con amarezza il dolore vissuto dalla sua generazione, auspicando, nelle nuove generazioni, l'adozione di atteggiamenti di rispetto e conoscenza nei confronti di  quei fatti, ormai lontani: "La generazione che ha vissuto e testimoniato questi dolorosi avvenimenti della storia del nostro paese sta per concludersi, nella speranza che le generazioni a venire portino avanti con orgoglio la memoria ed il ricordo imperituri dì questi nostri sventurati fratelli che dalla vita non hanno avuto che emigrazione, miseria e povertà. Le loro aspettative di libertà e di giustizia erano a portata di mano, ma il destino crudele non ha voluto gratificarli dal riscatto delle loro misere condizioni di vita".

 
 
 

Addio a un altro testimone dei fatti di Avasinis: Nena di Fracas

Post n°113 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da braulink
 
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Se ne è andata anche  "Nena di Fracas", Elena Rodaro di Avasinis, una dei pochi testimoni di quel tragico eccidio del 2 maggio 1945.  

La sua testimonianza è stata raccolta in una videointervista del 2005, effettuata  a cura di Renata Piazza,   Walter Rodaro e Pieri Stefanutti:  ampi stralci di quell'intervista sono stati riprodotti nel video "Avasinis, luogo della memoria" di Dino Ariis (pubblicato dal Comune di Trasaghis nel  2006)

In una lucida rievocazione, Nena ricordava innanzitutto l'arrivo delle SS in paese: "Quando sono entrate le SS, i partigiani hanno sparato qualche colpo dall'alto. Entrati in paese, non hanno fatto interrogatori: hanno iniziato a sparare contro chiunque avessero incontrato" e poi citava alcuni dei tanti casi di violenza:  "In una stanza erano rinchiusi una quindicina di persone, tra uomini e donne: le SS hanno fatto fuoco a bruciapelo contro tutti.

C'era una donna che aveva appena fatto il formaggio: l'hanno uccisa subito, senza fare nessun interrogatorio. Più avanti hanno fatto fuoco in una stalla dove erano andati a rifugiarsi diversi: se ne sono salvati solo due. Dopo sono entrati in canonica dove hanno ucciso a bruciapelo le famiglie che erano lì e hanno ferito il parroco che si è finto morto imbrattandosi col suo sangue. Poi hanno proseguito, uccidendo chiunque incontrassero. Hanno quindi portato una trentina di corpi in una roggia con dei carretti, altri ne hanno buttati sotto il ponte del Cjanal..." 

Raccontava poi della straziante ricerca dei corpi degli uccisi, sinistramente nascosti dagli assassini: "Non si trovavano i cadaveri...... Mia madre cercava mia sorella come una disperata, ma non la trovava. Era stata mia suocera, che era rimasta nascosta nel solaio, a dirle che aveva visto i tedeschi caricare i corpi sui carretti e portarli lontano. Si vedevano solo i piedi e le braccia spuntare, li avevano coperti. Pensavamo li avessero portati al cimitero e infatti mia madre, mio fratello e la moglie di Vittorio sono andati a cercarli prima in cimitero, ma non c'era nessuno. Allora sono tornati indietro e mia madre ha preso il viottolo di campagna, dopo aver visto le tracce dei carretti sul fango bagnato di pioggia. Quando è arrivata alla  roggia e ha visto il mucchio di cadaveri. Avevano scaricato i carretti: ce n'era di qua e di là del ponte e alcuni fin nel Cjaneglàt. Mio fratello ha preso mia sorella in braccio, altri sono andati a prendere il carretto. I morti, infatti, avevano quasi ostruito il corso della roggia e l'acqua ormai vi scorreva sopra. Sono cose che non si possono nemmeno raccontare, c'è solo da pregare che non si ripetano!" 

Dopo aver raccontato delle uccisioni di sbandati dell'esercito tedesco, ritenuti responsabili dell'eccidio, e della vendetta operata contro dei cosacchi, individuati come collaboratori, il ricordo di Nena andava allo strazio dei funerali delle vittime: "Americani o inglesi non si sono mai visti ad Avasinis, non si è visto nessuno... Abbiamo solo avuto la preoccupazione di seppellire i morti. 

A Osoppo e a Gemona le campane suonavano a festa; ad Avasinis la campana    a morto avrà suonato per mezza giornata.... Poi c'è stato di nuovo il silenzio."

 

 

 

 

 
 
 

I fatti di Avasinis citati nel libro di Cazzullo "Viva l'Italia"

Post n°112 pubblicato il 24 Ottobre 2011 da braulink
 
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Oggi che è in dubbio perfino la sopravvivenza stessa della nazione, stemperata nell'Europa e nel mondo globale, frammentata dalle leghe, dai particolarismi, dai campanili,  Aldo Cazzullo (una delle più prestigiose firme del "Corriere") ha scritto un libro di storia e, insieme, politico: "Viva l'Italia" (Mondadori, 2010). Il racconto - privo di retorica e ricco di tanti dettagli curiosi - dell'idea di patria, dei protagonisti del Risorgimento e della Resistenza, dei combattenti che sono morti gridando “Viva l'Italia”; con un capitolo sulla Grande Guerra - Ungaretti in uniforme, Gadda indignato da “La grande guerra” di Monicelli che considera antipatriottico - e un capitolo sui caduti dell'Iraq e dell' Afghanistan. Accanto al racconto, una forte tesi politica in difesa dell'Unità nazionale e di un dato storico: in epoche diverse gli italiani hanno dimostrato di saper combattere per un'idea di Italia che non fosse solo quella del Belpaese e del “tengo famiglia”.

In un testo che ha suscitato interesse e discussioni in tutta Italia, il Friuli è citato (oltre che per le vicende della prima guerra mondiale), per gli eccidi di Porzus, di Avasinis e di Ovaro.

Interessante, per le tematiche di questo Blog,  riproporre quindi la descrizione che Cazzullo fa dei fatti del 2 maggio 1945:

"Ancora il 2 maggio 250 SS, debellate le difese partigiane cui alcune fonti attribuiscono i primi colpi, aprono il fuoco sugli abitanti di Avasinis, sul confine orientale: cadono 51 civili. La strage viene interrotta a mezzogiorno da un ufficiale tedesco, che i superstiti ricordano apparire all'improvviso su un cavallo bianco. Alcuni nazisti si sono procurati abiti civili e si danno alla macchia. Nelle stesse ore s Ovaro i cosacchi in ritirata, respinto un attacco, accerchiano il paese e uccidono decine di partigiani, fra cui otto georgiani che si sono uniti alla  Resistenza, e ventidue civili compreso il parroco, don Cortiula. Nei giorni successivi i partigiani si vendicano su nazisdti e cosacchi sbandati".

Una sintesi, certamente e, a parte qualche approssimazione, anche corretta (chi, da lontano, si è occupato di queste vicende, ha spesso fornito versioni approssimate e imprecise). Assai interessanti anche le conclusioni che Cazzullo trae da questo tipo di episodi:

"Su queste stragi finali la discussione è aperta. Alcune furono gli ultimi fuochi di un esercito feroce e sconfitto, altre rappresaglie contro gli attacchi dei partigiani. E, in effetti, sparare sui soldati in ritirata era spesso inutile militarmente ed esponeva i civili a gravi rischi. Ciò non toglie che la responsabilità dei massacri di donne e bambini ricada innanzitutto su chi li ha commessi. In ogni caso, non è difficile intuire quanto fossero esasperati gli animi di coloro che vedevano finalmente passare la bufera, ma dovevano sopportare indifesi gli ultimi colpi di coda del nazifascismo morente".

 
 
 

La commemorazione di Avasinis sulle pagine di "Patria indipendente"

Post n°111 pubblicato il 08 Luglio 2011 da braulink
 
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L'ultimo numero della rivista ufficiale dell'Anpi "Patria Indipendente" (datato 29 maggio)  dà conto (con un articolo tratto dal Blog "Vicende di Guerra tra Carnia e Gemonese" e seganlato dall'Anpi provinciale) della commemorazione tenutasi ad Avasinis  lo scorso 2 maggio. E' naturalmente estremamente significativo che su una qualificata rivista, diffusa in Italia e all'estero, trovino spazio le vicende occorse sul finire della guerra in un angolo dell'Alto Friuli, un ulteriore atto di riconoscimento, attraverso l'informazione, al sacrificio di Avasinis.

 
 
 

Avasinis, le parole del sindaco Honsell

Post n°110 pubblicato il 04 Maggio 2011 da braulink
 
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Rinnovata commozione per il ricordo delle 51 vittime dell'eccidio, nella cerimonia di Avasinis. Particolare interesse hanno suscitato le parole dell'oratore ufficiale, il sindaco di Udine Furio Honsell.

 

Honsell ricorda la strage di Avasinis

da: Messagero Veneto 3 maggio 2011 

 

TRASAGHIS Avasinis ha reso omaggio una volta ancora, ieri mattina, ai martiri della strage avvenuta il 2 maggio del 1945, quando 51 persone furono trucidate da truppe nazifasciste in fase di ripiegamento, in uno degli episodi più tragici e sanguinosi che il Friuli ricordi, accaduto quando già in alcune località si festeggiava l'avvenuta liberazione.La cerimonia, organizzata dal Comune e dall'Anpi,dopo la messa ha visto il corteo raggiungere il cimitero monumento dove il ricordo delle 51 vittime, molte delle quali erano donne, vecchi e bambini, è testimoniato dalla lapide realizzata appunto per mantenere viva nel tempo la loro memoria. Il sindaco di Trasaghis Augusto Picco ha voluto quest'anno quale oratore ufficiale il primo cittadino di Udine Furio Honsell, che ha accettato «solamente - ha spiegato - perché sindaco di Udine, città medaglia d'oro per la Lotta di Liberazione dal nazifascismo a nome di tutto il Friuli, che pertanto ha anche il dovere morale e civile di testimoniare con tutte le proprie forze l'ordine democratico che è il frutto di quella dolorosa ma anche valorosa lotta». Honsell, nell'inquadrare l'episodio, ha parlato di «guerra preventiva, guerra ai civili pianificata non tanto per punire, quanto soprattutto per terrorizzare la popolazione civile preventivamente e privare così la Resistenza di quel terreno su cui svilupparsi e rafforzarsi» e nel chiedersi «quale responsabilità abbiamo noi verso le generazioni future, di fronte alle vittime di Avasinis?In primo luogo - ha detto - quella di far conoscere la storia e riconoscere i valori democratici su cui si fonda la nostra Repubblica nata dalla Resistenza».

 
 
 

Avasinis, la commemorazione di lunedì prossimo 2 maggio

Post n°109 pubblicato il 30 Aprile 2011 da braulink
 
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Avasinis ricorda i martiri del 2 maggio

TRASAGHIS Una commemorazione fissata per lunedì 2 maggio per ricordare la strage che i nazifascisti compirono ad Avasinis nella stessa data del 1945: così l'amministrazione comunale di Trasaghis intende ricordare il 66°anniversario dell'eccidio di Avasinis, uno degli episodi più terribili e sanguinosi della seconda guerra mondiale in Friuli. Era infatti la mattina del 2 maggio del '45 quando diverse squadre nazifasciste assaltarono la piccola frazione di Trasaghis e assassinarono brutalmente cinquantuno persone: tra queste numerose donne, vecchi e bambini. Il sacrificio di quelle vittime sarà ricordato come di consuetudine, con una messa in onore ai caduti che verrà celebrata nella chiesa parrocchiale alle ore 10.30. Il raduno è invece previsto attorno alle 10.15, al centro sociale. Il fatto risale come detto alla primavera del '45, quando la guerra stava oramai giungendo al termine e alcuni paesi già festeggiavano l'avvenuta Liberazione. Gli alleati, in particolar modo le forze angloamericane stavano compiendo la loro avanzata. Dall'altra parte, tedeschi e cosacchi indietreggiavano. Durante la ritirata, una colonna nazista proveniente dallo Spilimberghese, uccise dapprima alcuni partigiani; era la mattina del primo maggio. Nel pomeriggio un'altra squadra di supporto arrivò a Trasaghis probabilmente con l'intento di accerchiare ed eliminare la minaccia partigiana garantendosi di fatto un ripiegamento senza troppe difficoltà. Proprio quel giorno si scrisse invece una delle pagine più tristi e sanguinose per il nostro Friuli, con il massacro di persone inermi fra le quali appunto c'erano bambini, donne e vecchi, trucidati senza pietà alcuna. Alla cerimonia ufficiale, che prevede una tappa alle ore 11.30 anche al cimitero dove sorge il monumento-memoriale realizzato nel 1995, oltre al sindaco di Trasaghis, Augusto Picco, è annunciata la presenza anche del sindaco di Udine, Furio Honsell.
(Dario Venturini) 
Addenda 2 - 5- 2011:
Per la cronaca della manifestazione, vedi:

 

 
 
 

Documentari sul 2 maggio di Avasinis il 28 aprile al Sociale di Gemona

Post n°108 pubblicato il 15 Aprile 2011 da braulink
 

Avasinis, in ricordo dell'eccidio ad opera delle SS due documentari della Cineteca di Gemona

Nel corso di una serata organizzata in collaborazione con la sezione A.N.P.I. di Gemona-Venzone, Pense e Maravee e il Comune di Gemona, giovedì 28 aprile, 66° anniversario della liberazione di Gemona, la Cineteca del Friuli propone al Cinema Sociale, con inizio alle ore 21, due documentari sull'eccidio di Avasinis.Avasinis, in ricordo dell'eccidio ad opera delle SS due documentari della Cineteca di Gemona
Il titolo del primo è "Avasinis 2 maggio 1945, luogo della memoria" (2007) di Dino Ariis e Renata Piazza (dvd edito dal Comune di Trasaghis) mentre il secondo è il breve Tatort Avasinis (2003) di Jim G. Tobias, prodotto dalla tedesca Medienwerkstatt Franken e.V.. Introdurrà la proiezione Pieri Stefanutti, consulente storico per Avasinis 2 maggio 1945. Sarà presente il regista Dino Ariis. 

Il 2 maggio 1945 alcuni reparti di SS entrarono ad Avasinis compiendo un massacro tra la popolazione civile: 51 furono le persone uccise, tra cui anziani, donne e bambini. In tutti questi anni, nella comunità di Avasinis il ricordo dell'eccidio è rimasto vivo e presente, come dimostrano le toccanti testimonianze raccolte nei due documentari. In particolare Avasinis 2 maggio 1945, della durata di un'ora e mezza e diviso in capitoli, ricostruisce i fatti proprio attraverso il confronto delle diverse testimonianze dei sopravvissuti. Gli avvenimenti sono rievocati a partire dai momenti di paura precedenti la strage fino al massacro vero e proprio, quindi alla presa di coscienza della sua entità e del numero dei morti, al recupero dei cadaveri e al loro trasporto nel vecchio cimitero accanto alla chiesa. Si ricordano anche la rabbia e la vendetta che portarono a esecuzioni sommarie di sbandati nazisti e cosacchi. 

Infine, in un'ultima parte che include anche l'intervista al giornalista Franco Giustolisi, si propone una riflessione sugli elementi di certezza e su quelli ancora in dubbio relativamente alle responsabilità dell'eccidio e all'identificazione del reparto autore del massacro. Le proiezioni dei due documentari al Sociale concluderanno le celebrazioni gemonesi per il 66° anniversario della Liberazione, che avranno inizio alle 18.30 nella Sala Consiliare di Palazzo Boton con un incontro-dibattito cui parteciperanno il sindaco Paolo Urbani, lo studioso del Risorgimento friulano Giuseppe Marini, Gianfrancesco Gubiani e Grazia Levi. Tra l'incontro e le proiezioni ci sarà il tempo per un rinfresco sotto la Loggia Comunale.
Addenda del 30 -a-11
Per la cronaca della manifestazione vedi ora:

 

 
 
 

Omaggio alle vittime di Avasinis da parte di "Motombra"

Post n°107 pubblicato il 12 Aprile 2011 da braulink
 
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Il gruppo motociclistico pordenonese "Motombra" ha deciso di inserire anche il sacrario di Avasinis nell'itinerario  2011  di "Curvis e claps" che viene proposto annualmente per il transito e l'osservazione delle caratteristiche salienti dei territori presi in esame.

Il sito del gruppo così descrive il passaggio per Avasinis nel tratto da Cornino al Lago: 

Dal Cornino al Lago dei Tre Comuni

Lungo la stretta strada che costeggia il Tagliamento, transiteremo per un piccolo borgo in Comune di Trasaghis: Avasinis. Questo minuscolo borgo è conosciuto per la bontà dei lamponi e mirtilli che qui crescono, grazie ad un terreno particolarmente fertile. Meno conosciuta Avasinis è per la presenza delle cave di argilla che veniva lavorata in località Boscur per la produzione di porcellana. Purtroppo Avasinis è anche nota per uno degli episodi più dolorosi della seconda guerra mondiale in Friuli. Il 2 maggio 1945 mentre si festeggiava la fine della guerra, elementi nazifascisti in un drammatico “colpo di coda” sterminarono senza pietà 51 persone all’interno del borgo. Nelle parole di Don Francesco Zossi testimone diretto della strage il dramma di vittime innocenti

“……. Là due giovani ragazze uccise dopo essersi da esse fatto servire il pranzo e dopo sevizie, vecchi freddati nella sedia accanto al focolare…”.

Idealmente onorate queste vittime innocenti, proseguiremo verso il Lago dei Tre Comuni.

Antiche leggende narrano che il lago si sia formato con le lacrime del cielo scese sotto forma di pioggia.

Con meno fantasia, il lago è di origine glaciale il suo nome originario di lago di Cavazzo deriva dall’antico castello di Cabatium, del quale non resta traccia, situato a nord del lago, approssimativamente dove ora sorge la pieve di Cesclans, in una posizione dominante la valle del lago. E’ il più grande del Friuli Venezia Giulia con un perimetro di 6500 metri.

Caratterizzato per una parte, da bassi fondali e temperature dell’acqua relativamente miti, è densamente popolato da una molteplice varietà di pesci. Il lago con la presenza di un grande canneto garantisce rifugio anche alle specie migratorie che a seconda dei periodi transitano nella zona.

 

I dettagli del Tour sono ricavabili da: http://www.motombra.it/2011/curvisclaps_2011/curvisclaps_2011_luoghi.html

 
 
 

Avasinis, la fatica della memoria

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Tutto tace, anche sul 2 maggio di Avasinis. Nessun nuovo sviluppo sul piano storiografico, nessuna voce di testimone che sia venuta ad aggiungersi al materiale documentario che faticosamente si è messo assieme. E' una "fatica della memoria" che molto difficilmente potrà trovare ulteriori risposte.

Fa comunque piacere leggere di sporadiche iniziative capaci di cercare di offrire uno spazio di riflessione e studio:

 

Shoah, un dono per ricordare

GEMONA. Un dono alla biblioteca comunale per contribuire al ricordo delle vittime della Shoah e alla conoscenza del ruolo giocato dalla Resistenza friulana nella sconfitta del nazi-fascismo. Così la sezione Anpi di Gemona-Venzone ha voluto celebrare lo scorso 27 gennaio il giorno della Memoria, donando, grazie al contributo degli iscritti, tre tra volumi e dvd alla biblioteca civica. Si tratta del libro pubblicato dall’Anpi di Udine, “Immagini della Resistenza friulana”, e dei dvd “1944 Carnia Libera” e “Avasinis 2 maggio 1945”, dedicati rispettivamente il primo alle testimonianze di alcuni tra gli artefici della costituzione della Zona Libera della Carnia, il secondo alla ricostruzione e al ricordo della strage di Avasinis. A consegnare formalmente i materiali all’ufficio protocollo del Comune sono stati il presidente e il segretario della sezione, rispettivamente Lorenzo Londero e Lodovico Copetti, con l’auspicio che «questo gesto concreto spinga l’amministrazione comunale di Gemona a promuovere la conoscenza del contributo offerto dalla Resistenza friulana e locale alla sconfitta del nazi-fascismo, preludio e anticipazione di quell’Italia democratica che vuole riconoscersi e proseguire nel rispetto dei valori fondativi dell’attuale Carta Costituzionale». (m.d.c.)

 
 
 

Avasinis e la giornata della memoria: ricordo del 30-6-44

Post n°105 pubblicato il 27 Gennaio 2011 da braulink
 
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Nell'occasione della "giornata della memoria"  proponiamo la testimonianza di Igino Di Gianantonio tesa a rievocare il rastrellamento tedesco del 30 giugno 1944 ad Avasinis durante il quale egli stesso venne imprigionato assieme al padre. In quella stessa giornata i tedeschi uccisero un uomo di Alesso e ne deportarono altri due.

 

 

"Il 30 giugno 1944 verso le 7.30 del mattino avevo già aperto il negozio quando è arrivato mio padre con degli uomini in divisa. Dato che avevamo la bottega, il sospetto era che fossimo fornitori di partigiani! Senza dare spiegazioni, ci hanno caricati su un camion e ci hanno portati ad Alesso, prendendo alcune persone lungo la strada e caricandole anch'esse. Poi hanno visto Livo di Baula che stava cercando di scappare sulla montagna e hanno fatto fuoco uccidendolo.

Quando siamo arrivati a Interneppo, un commerciante, amico di mio padre, e sua moglie ci hanno visti sul camion e hanno iniziato a sbraitare che noi non avevamo fatto niente di male. Li hanno però cacciati in malo modo, col calcio dei fucili; ci hanno portati alla sommità del  paese e pareva che volessero farci scendere per ammazzarci; poi però hanno proseguito per Somplago, Tolmezzo, Venzone; poi dalle parti di Pinzano ci hanno portati fino a Spilimbergo. Infine ci hanno portati a Martignacco dove, al centro del paese, in una villa, avevano il comando e lì siamo stati interrogati.

Ci hanno poi portati a Udine, a Madonna di Grazie, da dove, dopo un altro interrogatorio, ci hanno spediti in prigione per un mese e mezzo. 

L'avv. Ros e l'avv. Asquini di Pordenone erano anch'essi in prigione!

Dopo qualche tempo mio padre è stato liberato. Io sono rimasto ancora diverso tempo dentro, mi hanno anche mandato a lavorare in una fabbrica in Austria da dove, grazie all'intervento di un medico che parlava italiano, sono riuscito a farmi mandare a casa".

(Igino Di Gianantonio, intervista del 2 maggio 2004)

 
 
 

Il Messaggero Veneto dà notizia della tesina su Avasinis

Post n°104 pubblicato il 18 Settembre 2010 da braulink
 
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L' eccidio di Avasinis in una tesina

TRASAGHIS. «L'eccidio di Avasinis, momento storico sul quale da tempo e non senza fatica si sta cercando di fare luce, è stato oggetto di una tesina presentata e discussa al Liceo linguistico "San Bernardino da Siena" di Tolmezzo dove la studentessa carnica del quinto anno Carolina Leone ha presentato una ricerca per l’esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado per l'a.s. 2009-’10 intitolata "Un giorno per caso. La strage di Avasinis del 2 maggio 1945"». A renderlo noto Pieri Stefanutti responsabile del Centro documentazione di Trasaghis, che tra l'altro curò l'edizione critica del diario del parroco dell'epoca, don Francesco Zossi, nel tentativo di chiarire il contesto storico di quelle lontane vicende. Il 2 maggio 1945 infatti, a guerra ormai praticamente finita, un doloroso "colpo di coda" portò al compiersi dell'eccidio di Avasinis. Formazioni dell'esercito tedesco in ritirata penetrarono in paese e compirono tra la popolazione civile un violento eccidio che causò 51 vittime, tra le quali numerose donne, vecchi e bambini. Le cause del doloroso evento non sono mai state pienamente chiarite: c'è chi parla di una risposta a un attacco partigiano e chi, invece, sostiene essersi trattato di una azione punitiva nei confronti della popolazione accusata di aver sostenuto al Resistenza. «La tesina – riprende Stefanutti – è strutturata con una iniziale presentazione del contesto storico a partire dal 8 settembre 1943 in Friuli, per poi passare ad analizzare dettagliatamente le vicende della strage di Avasinis e approfondendone le varie tesi che cercano di spiegarne le cause. La parte centrale del lavoro espone il contenuto di una intervista ad Attilio Costantini (allora giovane sfollato ad Avasinis, che si trovò sul punto di finire davanti a un mitragliatore puntato, un attimo prima che arrivasse l'ordine di arrestare le uccisioni), per giungere infine alla conclusione con le considerazioni personali. Il testo può ora essere letto sul sito Internet http://blog.libero.it/2diMaj/». (d.v.)

 
 
 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 5° parte

Post n°103 pubblicato il 12 Settembre 2010 da braulink
 
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(Quinta e ultima parte della tesi di Carolina Leone sulla strage di Avasinis)

Conclusione e considerazioni personali

 

Le 51 vittime del 2 maggio 1945 sono ricordate ogni anno con una messa di commemorazione e una breve processione fino al monumento per loro eretto, dove all’interno vi sono alcune foto e tutti i nomi di quegli innocenti. Fa caso come per spiegare un simile crimine colui che lo ha vissuto sostenga che i soldati tedeschi fossero sotto l’effetto di droghe. L’uomo, per concepire tanta violenza verso altri esseri umani, deve ricercare qualcosa che ne ha alterato le facoltà mentali, ma la verità è probabilmente un’altra e di più difficile comprensione. I soldati erano coscienti di ciò che stavano facendo. È la guerra che cambia l’uomo e lo rende "bestia" dove a prevalere non è l’intelletto ma il puro istinto di sopravvivenza e forse la paura. Lo stesso è capitato alle persone sopravvissute, che alla vista di alcune SS fautori della carneficina, hanno sfogato su di loro tutta la loro violenza e rabbia Nessuno è giudice di nessuno ma solo di se stesso. Il tempo e Dio soltanto potranno puntare il dito contro queste persone che si sono macchiate di 51omicidi. L’importante è non dimenticare. La memoria è atto dovuto verso tutte le vittime delle stragi della guerra, e si dovrebbe evitare di ripetere certi orrori. Invece il mondo è invaso ogni giorno da scenari di conflitto e impregnato di sangue innocente. Perché l’uomo continua a commettere simili errori? Forse perché è nella sua natura cercare di prevalere sui più deboli. Spero tanto che non sia così, altrimenti ci dovremmo vergognare di far parte di questa umanità.

                               Carolina Leone

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Novocerkassk e dintorni, l’occupazione cosacca della Valle del Lago (ottobre 1945-aprile 1945), di Pieri Stefanutti, Ifsml 1995

Avasinis 1940-1945. Il diario del Parroco di Avasinis e altre testimonianze sulla seconda guerra mondiale nel territorio di Trasaghis

, Comune di Trasaghis, 1996, a cura di Pieri Stefanutti

 

 
 
 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 4° parte

Post n°101 pubblicato il 09 Settembre 2010 da braulink
 
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"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 4° parte della tesi di Carolina Leone

 

 

Intervista ad Attilio Costantini

 

Quanti anni aveva quando è scoppiata la Seconda Guerra Mondiale?

Io sono del 1935, quindi allo scoppio della guerra avevo appena 5 anni.

 

Com’era la sua vita prima della Guerra? Che ricordi ha?

Ero un bambino che andava a scuola e per trovare qualche divertimento ci si doveva arrangiare: o si andava a fare qualche bagno nel Tagliamento o si restava in casa ad aiutare in qualche faccenda casalinga o comunque si rimaneva in casa con la propria famiglia.

 

Com’è cambiata la sua vita durante il conflitto? Ricorda qualche evento significativo, sia bello sia brutto?

È cambiata del tutto. Dal tempo della guerra si hanno maggiori ricordi brutti, guerra è guerra. Io e la mia famiglia siamo stati cacciati via di casa dai Cosacchi. Abbiamo raccolto un poco delle nostre cose su un carretto e siamo andati a Gemona. Lì mio padre e mia madre sono andati per le case a chiedere se per cortesia potevano ospitarci. Trovata una casa ci siamo trasferiti lì fino al giorno in cui i Cosacchi sono andati via da Trasaghis. In quel periodo, siccome mio zio era parroco a Sezza, un paese sopra Zuglio in Carnia, io frequentai la scuola lassù e mi trasferii per un periodo da lui. Questo è il ricordo che ho più impresso nella mia mente assieme alla strage di Avasinis.

 

Passiamo adesso a parlare in particolar modo della strage di Avasinis: può raccontarmi come ricorda quella giornata?

Era iniziata la ritirata dal paese di Trasaghis dei cosacchi assieme ai tedeschi. Io e la mia famiglia, ritornati da Gemona siamo andati a casa nostra per sistemare quello che c’era da sistemare. Nelle montagne che circondano il paese, da una parte si trovavano i partigiani, dall’altra l’esercito tedesco e ogni tanto si sparavano delle raffiche l’uno contro l’altro. Un mattino, un gruppo di partigiani ha fatto un’imboscata ai tedeschi in fuga. I tedeschi hanno iniziato a seguire il gruppo di partigiani in fuga sparando da tutte le parti. Mio padre e mia madre non sapevano cosa fare: se restare in paese o scappare. Alla fine mio padre decise di scappare e di andare verso l’abitato di Avasinis. Ad Avasinis c’era mia zia assieme alle mie cugine che abitavano nella latteria. Io e mia madre ci siamo sistemati con loro mentre mio padre è andato su in montagna. Intanto i partigiani cercavano di fermare a colpi di mitraglia i tedeschi che stavano avanzando sulle montagne. La mattina seguente mia madre era uscita di casa per vedere se veniva con noi sui monti anche sua cognata, ma in quel momento abbiamo sentito degli spari e siamo rientrati in casa. Nelle case vicine si sentivano solo urla, sparare e nient’altro. Ad un tratto entra nella nostra casa un soldato tedesco tutto ricoperto da ramaglie. Ha puntato il fucile verso di noi, ma non ha avuto il coraggio di sparare, disturbato forse dalle urla. Allora prese la bomba a mano che aveva addosso, alzò il braccio per tirarla, ma, penso grazie al destino, non l’ha lanciata. Subito dopo, nello stanzino dove mi trovavo assieme ad altre 15 persone, entrarono gli ufficiali con alcune carte trovate nella scuola che rilevavano notizie sui partigiani. Ci mandarono fuori in un piccolo cortile. Gli ufficiali chiesero alle donne dov’erano i loro uomini e le donne risposero che erano a lavorare e che non erano partigiani. Nel cortile era già pronta la postazione della mitraglia e noi eravamo tutti infila pronti per essere ammazzati. Un attimo prima dell’esecuzione arrivò un comandate su un cavallo bianco e ordinò di non continuare ad uccidere le persone. Gli ufficiali allora ordinarono alle donne di portare da mangiare. Così mia zia si recò nelle case vicine, dove ormai non c’era più nessuno perché erano tutti morti, a cercare delle uova e del pane. Mia cugina invece andò al pozzo a prendere l’acqua. Tornate, prepararono qualcosa da mangiare per accontentare i desideri dei tedeschi e placare la loro fame. Io mi sono sentito male e sono andato al piano di sopra dove dalla finestra ho visto un tedesco che sparava ad un uomo che, sulla montagna, aveva accanto a sé un toro. Un colpo di fucile dopo l’altro uccise anche il toro. Poi alcuni tedeschi dopo iniziarono a salire verso la montagna per cercare di rintracciare i partigiani, ma poco dopo ritornarono in paese. Così passò la notte. Al mattino siamo usciti di casa e, siccome le strade non erano asfaltate ma fatte da terra battuta, si osservavano chiaramente le pozze del sangue delle vittime. Ad un tratto vidi un gruppo di tedeschi fermare un uomo enorme, possente, che aveva la gerla sulle spalle e proveniva dalla montagna. Le SS gli chiesero se era un partigiano, lui naturalmente rispose di no, ma le SS lo portarono dietro un muro e lo uccisero con una scarica di mitra. Ormai i tedeschi se ne erano andati e la gente tornava in paese. Così mia madre decise di andare su in montagna a cercare mio padre, ma intanto la gente entrava ad Avasinis e trovava i propri cari morti e lì iniziavano le grida di disperazione. Sono momenti di terrore che ti fanno vivere il resto della vita con una grossa paura che non andrà mai via.

 

Ha perso qualcuno nella strage?

No. Noi non eravamo di Avasinis ma di Trasaghis quindi nostri parenti lì non ce n’erano. Mio padre, che era fuggito in montagna, tornò giù il giorno dopo la strage. Fu così che siamo tornati a Trasaghis. Però ad Avasinis i tedeschi avevano ucciso tutti: donne bambini anziani, nessuno escluso. Mi ricordo che hanno preso due ragazze: prima le hanno violentate brutalmente poi le hanno portate fuori e uccise. "No son robis di fâ"

 

Con quali sentimenti e difficoltà visse i giorni successivi?

Quando ricordo quel giorno, la paura mi invade completamente. Potevo morire! È stato solamente questione di minuti. Anzi è stato un vero miracolo. Io e mia madre, assieme ad altri, eravamo già in fila per essere colpiti da una scarica di mitra. Il destino ha voluto altro per noi. Io non sono tornato ad Avasinis per molto tempo per non ricordare quei momenti, e ancora oggi ogni volta che passo per il paese non mi sento a mio agio: la paura è sempre presente.

 

Cosa prova quando pensa a coloro che hanno compiuto questo eccidio? Preserva rancore?

Io non preservo odio con nessuno, per l’amor del cielo. Però resta un po’ di amarezza. Ma in generale contro i tedeschi non ho assolutamente niente, anche se hanno lasciato una ferita profonda nel mio animo. Penso che sia inutile cercare i responsabili di quella strage. Ormai sono morti o hanno un’età molto avanzata. Il tempo è già una pena per loro. Non potremmo mai sostituirci al tempo che fa in modo eccellente il suo lavoro.

 

Perché secondo lei gli esecutori si sono comportati così? Quali sentimenti e motivazioni li hanno mossi?

Vede, a quel tempo non c’era nessuna legge. Chi uccideva lo faceva liberamente e poi scappava e nessuno lo andava a riprendere. Allora o i tedeschi erano sotto l’effetto di qualche droga o, siccome il territorio di Avasinis era controllato dai partigiani, le SS volevano compiere una rappresaglia contro questi. Poi la violenza chiama violenza. Il giorno dopo la strage alcuni dei fautori dell’eccidio vennero catturati e portati in paese. Quel giorno le persone si sono fatte vendetta con la stessa violenza dei tedeschi.

 

Cosa prova quando ricorda quei momenti cos’ drammatici? È inquietante per lei ricordarli?

No non mi fa piacere. Se si potesse cancellare io la cancellerei (si lascia andare alla commozione,ndr). Ne parlo tranquillamente senza problemi, ma ripeto, se potessi li cancellerei.

 

 

 
 
 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 3° parte

Post n°100 pubblicato il 07 Settembre 2010 da braulink
 
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(Terza parte della tesi di Carolina Leone sulla strage di Avasinis)

 

Le Cause della strage di Avasinis

 

Vi sono molte ipotesi sul perché di questa azione, le principali si riferiscono ad un atto di punizione dopo un attacco ad una colonna di tedeschi sulla Pontebbana o a un intervento di copertura a una colonna proveniente da Spilimbergo diretta al confine austriaco. Nel suo diario Don Zossi sembra scegliere come prima ipotesi: "la strada nazionale è una congestione ed un ingorgo continuo di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’infelice idea di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa nazionale all’altezza dell’imbocco della nostra strada. Non l’avessero mai fatto, a nemico che fugge fa il ponte d’oro, dice il proverbio. Meglio di così. Costoro si buttano contro gli stessi partigiani che inseguono per la strada e vengono in zona, comprendendo come continuando per la nazionale congestionata sarebbero stati raggiunti dagli alleati che ormai stanno arrivando a Osoppo e Gemona". Questa era una delle prime ipotesi e va ancora per la maggiore, ma fra la gente del posto allora la seconda tesi cioè la copertura alla grossa colonna proveniente da Spilimbergo, è una buona spiegazione alla strage. "Il primo maggio si segnalarono pattuglie di S.S. sulle colline di Trasaghis. Una colonna avanzava lungo la strada di Peonis. La colonna non fu molestata. Dopo il suo passaggio si cercò di disperdere i nuclei S.S stazionati ancora sulle colline di Trasaghis. Questi però chiesero rinforzi e nottetempo tentarono di circondare le posizioni partigiane". Vi sarebbero altre teorie minori, ma queste sembrano le più fondate. Sicuramente uno degli obiettivi dell’esercito tedesco in fuga era quello di mantenere i confini liberi assieme alle strade per raggiungerli. Naturalmente i partigiani compivano azioni di guerriglia contro le colonne tedesche in fuga, ma l’organizzazione della resistenza era precaria a differenza di interi battaglioni tedeschi armati di tutto punto. Quello che

rappresentano le stragi commesse durante la ritirata sono un frutto di un mix fatale tra la fretta di fuggire (tempo), il compito di mantenere le strade libere per i confini (ordine e controllo) e la voglia da parte dei partigiani di combattere il nemico anche se in ritirata (guerra nella guerra). L’esercito tedesco doveva dunque mandare dei segnali chiari e tangibili della propria forza e determinazione, che nessuno li avrebbe ostacolati durante la ritirata. Una di queste prove fu la strage di Avasinis. L’animo umano corroso dalla guerra è riuscito a scatenare l’inferno in terra. È dunque andato oltre ogni logica di tipo militare. Uccidere così indiscriminatamente non appare concepibile, nemmeno nello sfondo della seconda guerra mondiale. Un’ ennesima espressione di violenza come quella di Avasinis accadde in Carnia con le due giornate di Ovaro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

"Avasinis, un giorno per caso. La strage del 2 maggio 1945" - 2° parte

Post n°99 pubblicato il 05 Settembre 2010 da braulink
 
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(Seconda parte della tesi di Carolina Leone sulla strage di Avasinis)

 

 

 

La strage di Avasinis

 

"Scene di orrore e di morte avvengono ovunque. Si sentono urla, grida spasimanti, voci strazianti invocanti pietà. Là due giovani ragazze uccise dopo essersi da esse fatto servire il pranzo e dopo sevizie, vecchi freddati nella sedia accanto al focolare, mamme assassinate coi bambini in braccio, uomini fatti uscire di casa, derubati del portafoglio e poi freddati, persone raccolte in una casa o costrette in qualche andito falciate col mitra, pacifici vecchi che, non sapendo dare ragione di quanto avveniva, erano sulla via colpiti a morte, là una donna colpita e non ancora morta cui hanno tagliato il dito per prenderle l’anello, una quantità di persone sequestrate e chiuse quali ostaggio in due case di via Piloni, i vivi rintanati nelle cantine, nei fienili, tra le travi delle soffitte fino nei camini, i meno rimasti in casa a placare l’ira con l’offerta di ogni cosa pur di avere salva la vita".

Basterebbero queste parole per descrivere l’orrore e la malvagità che invase Avasinis il mattino del 2 maggio 1945. Quel giorno ebbe luogo un atto dolorosissimo verso una popolazione di innocenti, mentre in altri paesi del Friuli si festeggiava la liberazione dall’ invasore tedesco-cosacco. Ad Avasinis morirono 51 persone tra donne, vecchi e bambini per mano di un distaccamento di un battaglione delle SS. Il fatto storico si svolse alla fine dell’occupazione cosacca, iniziata nell’estate del 1944 per fronteggiare l’espansione delle forze partigiane e per aiutare l’esercito tedesco nel controllo del territorio. Nella primavera del 1945, quando le sorti della guerra stavano volgendo a favore degli alleati, i quali stavano avanzando dal sud Italia, si assiste alla progressiva ma inarrestabile ritirata dell’esercito tedesco e dei cosacchi, che per garantirsi vie di fughe rapide e sicure, spesso metteva in atto delle azioni punitive per far intendere alla Resistenza di non tentare alcun genere di opposizione Nella mattina del 1 maggio 1945 transitò una colonna tedesca cui si erano aggregate forze cosacche nelle vicinanze di Trasaghis, proveniente dallo spilimberghese, la quale, dopo aver subito

attacchi nella zona di Forgaria, uccise alcuni partigiani e ne fece altri prigionieri.

Nel primo pomeriggio una formazione, identificabile probabilmente con la brigata "Karstjager" della Waffen SS formata si da tedeschi ma anche da istriani, altoatesini e friulani, oltrepassò il ponte di Braulis e si stanziò a Trasaghis. Da subito le varie componenti della brigata SS si separarono: alcuni sul "Montisel" sopra Trasaghis, altri sul "Col del Sole" sopra Avasinis, effettuando delle perlustrazioni nelle vicinanze dell’abitato e circondando il paese. La notte tuttavia passò tranquilla. Nella mattinata del 2 maggio, dopo una scarica di mitra da parte dei partigiani verso una postazione nazista, i tedeschi diedero assalto al paese. Invano un gruppo di partigiani cercò di resistere ben presto furono costretti alla ritirata. Gli invasori sparsero in paese terrore assoluto uccidendo, violentando e distruggendo tutto ciò che li circondava. Furono 51 le vittime tra uomini, donne e bambini. "Il mattino del 2 maggio colpi di mortaio su Avasinis fecero capire che il nemico voleva sfondare ad ogni costo. I partigiani si ritirarono. Gli uomini fecero appena il tempo di fuggire in montagna. I soldati delle S.S. inferociti penetrarono nel paese inerme. Chi potrà dimenticare la strage orrenda che vi perpetrarono? Furono massacrati vecchi, bambini di pochi mesi, di pochi anni, ragazze robuste e fiorenti di giovinezza, giovani madri con il figlio in braccio. Violentarono in quella notte ragazze innocenti e gettarono poi i cadaveri delle vittime nei canali, li nascosero nelle strade. Tutto il paese fu orribilmente insanguinato. Terminata la carneficina si diedero a saccheggiare le case asportando quello che parve loro utile e prezioso. Al mattino del tre maggio se ne andarono. Le campane di Gemona ed Osoppo suonavano a festa per l’ingresso delle truppe alleate"

Dopo il ritiro delle truppe, il 3 maggio i partigiani organizzarono vari posti di blocco in tutta la zona, arrestando una trentina di nazisti sbandati. Questi, ritenuti responsabili della strage, furono condotti ad Avasinis, processati sommariamente e uccisi dalla popolazione e dai partigiani. Don Zossi annota nel suo diario: "Un animo terribilmente scosso, che non vedeva più ragione o virtù". I corpi delle vittime della strage furono sepolte in una fossa comune nelle vicinanze del cimitero e ogni anno vengono ricordate il 2 maggio con una messa e una processione assieme ai sopravvissuti di quella tremenda giornata di violenza inaudita.

 

(da: Mario Di Gianantonio, Calvario di povera gente, dattiloscritto 1945).

 
 
 

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