Creato da: cgil3palermo il 07/05/2006
il blog dei lavoratori CGIL in H3G

immagine

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

lanfranco.pierotibbetamanucarc2010ofthemoonBelch82CuoreBarbarotaglia_sprechicittadinolaicoutena71piancavallodocunamamma1damagi2hopelove10ea.jooblezoppeangelo
 
 

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

 

 

Post N° 808

Post n°808 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Damiano: rischiamo di perdere tutto


Il protocollo sul nuovo welfare vale 25 miliardi in 10 anni, esclusi i 10 miliardi per gli interventi sulle pensioni (superamento dello scalone e lavori usuranti), che vengono reperiti all'interno del sistema. "Se si va oltre il segno si corre il rischio di perdere tutto", avverte il ministro del lavoro, Cesare Damiano, replicando alle obiezioni dell'ala della sinistra radicale, che ha preannunciato battaglia in Parlamento.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 807

Post n°807 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 
Foto di cgil3palermo

Epifani: concertazione morta


"All'ultimo momento le proposte del governo sono cambiate: il governo ha sentito la Confindustria. Questo è stato uno sgarbo nei confronti della Cgil. Da settembre il confronto sarà assolutamente forte e serrato".  Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, in un'intervita a La Repubblica, commenta così le modifiche al Protocollo sul welfare inserite dal governo dopo il confronto con le parti sociali. "I governi passano, le maggioranze cambiano, la Cgil resta. La concertazione come l'abbiamo conosciuta non c'è più. Il Protocollo è una somma di interessi parziali piu' che un interesse  generale. E' assente un'idea condivisa del paese da parte di tutti gli attori sociali". Aggiunge il leader sindacale: "Per i contratti a termine, ad esempio, non ci sono le causali che li giustificano, né è chiara la base su cui definire i tetti sul totale degli addetti. Dopo 36 mesi si possono ancora reiterare, a condizione che si rinnovino davanti alla Direzione provinciale del lavoro con il dipendente assistito da un sindacalista qualsiasi".

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 806

Post n°806 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Accordo pensioni: Non ci resta che bocciarlo

L'accordo sulle pensioni firmato la notte del 20 luglio è una resa con consegna incondizionata della cassa previdenziale dei lavoratori dipendenti nelle mani del Tesoro che da oggi diventa quello che deciderà delle nostre pensioni senza più sentirsi in dovere di sentire i sindacati, e che potrà fare dell'attivo previdenziale (visto che gli è stata concessa la titolarità) quello che più gli aggrada.

Fino a ieri (anche se la legge Dini aveva già compromesso le cose in questo senso), l'equilibrio del conto previdenziale che i lavoratori accantonavano (versando mensilmente un contributo) per finanziare la propria pensione veniva verificato sulla base del rapporto tra le entrate (versamenti) ed uscite (pagamento delle pensioni).

Se il conto era in attivo non c'erano problemi, se era in passivo i detentori del fondo (i lavoratori) avrebbero deciso come sistemare le cose, magari aumentando un poco il contributo da versare (cosa che è già successa). In fin dei conti è così che funzionano e dovrebbero funzionare tutti i fondi, compreso quello sanitario di recente introduzione in alcuni contratti nazionali.

L'accordo ha ora massacrato questo impianto, semplice e facilmente comprensibile, sia con la riedizione dello scalone in altra veste (anche peggiore di quella originale), ma sopratutto togliendo dal controllo del fondo i detentori del fondo stesso, ossia quelli che versano i contributi per finanziarlo.

A far da cardine di questo massacro è l'introduzione dell'automatismo nella definizione dei coefficienti di rendimento. Da oggi infatti, il coefficiente di calcolo delle pensioni non sarà più verificato e calcolato sulla base dell'equilibrio del fondo previdenziale (che sappiamo essere ancora oggi in attivo) ma sulla base di parametri esterni, come l'andamento demografico, l'andamento del PIL, e gli obiettivi di bilancio dello Stato. Così, ogni tre anni, un Ministro del Tesoro farà qualche calcolo, verificherà l'andamento dei parametri sopra citati, calcolerà quale sia il bisogno dello Stato per finanziare i suoi programmi di spesa per l'assistenza, e quindi deciderà quanto la cassa previdenziale deve dare per sostenere queste spese. Conseguentemente deciderà di quanto il coefficiente di calcolo delle pensioni deve essere abbassato per liberare le risorse che gli servono a fare altro.

Tutto questo automaticamente, cioè senza alcun obbligo di discussione con le parti sociali.

Forse nessuno se ne è accorto ma con questo accordo il salario differito pensione non c'è più. Rimaniamo noi che continuiamo a versare i contributi che vanno in un fondo che noi pensiamo serva a pagarci la pensione, ma su cui non abbiamo più alcun controllo.

Da oggi la nostra aspettativa di pensione sarà determinata, da un lato dall'andamento dei titoli in borsa a cui abbiamo regalato una parte del nostro salario ed il nostro TFR, e dall'altro dal grazioso interessamento di un Governo (oggi di centrosinistra, domani di centrodestra) che avendoci rubato il controllo sulla cassa previdenziale deciderà quanti soldi destinare alle pensioni, di volta in volta, a seconda di quanti sono i soldi di cui ha deciso di avere bisogno lui per altre cose, e questo indipendentemente dal fatto che i contributi versati superino in valore le uscite.

Padoa Schioppa ha enormi motivi per gioire (come ha fatto e pure sfacciatamente). La tesoreria dello Stato ha oggi conquistato nella sua totale disponibilità una cassaforte (e pure piena) da cui stornare le risorse che gli servono, e non dovrà più rendere conto a nessuno delle spese assistenziali (che dovrebbero essere a carico dello Stato) oggi abbondantemente finanziate dai nostri contributi previdenziali, semplicemente perchè quei contributi, da oggi, non sono più nostri, ma suoi. Al massimo dovrà rendere conto a se stesso .... sai che fatica !.

Se si riduce l'accordo sulle pensioni al suo nocciolo duro (come abbiamo sintetizzato sopra) viene fuori chiaro ed evidente che questo accordo è una follia.

Rimane da domandarci. Ma il sindacato (il nostro sindacato) dove era ? e se c'era ... dormiva ?

A ben guardare già c'era tra i lavoratori molta perplessità e preoccupazione sulle modalità con cui i nostri segretari nazionali stavano conducendo la trattativa. Della trattativa si sapeva qualcosa solo da informazioni (per altro manomesse) quasi esclusivamente ricavate da interviste TV o da articoli di giornali, senza mai la possibilità di discutere in assemblea, senza mai la possibilità di poter vedere un sindacalista per potergli dire cosa ne pensavamo.

Ma nessuno onestamente pensava ad un disastro come quello che infine si è determinato.

A ben ricordare il nostro sindacato ci aveva chiamati due anni fa alla mobilitazione contro lo scalone Maroni spiegandoci che non c'erano motivi per allungare l'età pensionabile perchè i bilanci dell'Inps erano in attivo, Ci avevano anche detto che bisognava invece (e finalmente visto che è dal 1995 che il Governo si era impegnato a farlo) dividere i conti previdenziali da quelli assistenziali, combattere l'enorme evasione contributiva prodotta dal lavoro nero e contrastare la precarietà in quanto riduce nel tempo le entrate nella cassa previdenziale aprendo seri problemi su quella che sarebbe stata la pensione dei giovani.

A ben ricordare anche il Governo Prodi aveva nel suo programma l'abrogazione dell'iniquo scalone Maroni, lanciando l'idea che andasse invece restituito un debito sociale a quanti negli anni passati già erano stati massacrati dalle logiche liberiste, in materia di pensioni, di mercato del lavoro, di salario.

A ben ricordare, solo a febbraio scorso, i nostri sindacati si erano accordati per una posizione (anche se mai discussa nelle fabbriche e neppure mai distribuita ... infatti lo abbiamo saputo dalla stampa e non certo da un volantino di Cgil Cisl Uil) che se anche non ci convinceva sosteneva però una certa rigidità verso ipotesi di aumento dell'età pensionabile (si diceva di mantenere il rapporto 57 anni di età per 35 di contributi) e sopratutto conteneva un secco no a qualsiasi revisione dei coefficienti.

A ben ricordare solo qualche settimana fa (spazientiti per le difficoltà del Governo nel trovare lo slancio per darci la pulagnata finale) Angeletti ed Epifani, erano usciti con due dichiarazioni di fuoco dicendo che i conti Inps erano a posto, e che il governo voleva solo fare cassa con un eventuale accordo. Certo parliamo di dichiarazioni compromesse dal fatto che Cgil Cisl Uil rimanevano comunque aggrappati con unghie e denti ad un tavolo concertativo di cui nessuno (a parte loro) capiva l'urgenza e che aveva proprio come ordine del giorno l'innalzamento dell'età pensionabile e la riduzione dei coefficienti, ma erano dichiarazioni che facevano pensare con una certa dose di ottimismo forzato che forse, ancora, e nonostante tutto, Cgil Cisl Uil sapessero come stavano in realtà le cose e che non si sarebbero fatti prendere per i fondelli fino al punto che poi abbiamo invece visto.

Epifani si era addirittura lanciato (due settimane fa) in un richiamo nervoso e spazientito al PRC che spingeva sul Governo perchè abbassasse le sue pretese, quasi a dire al PRC di lasciare fare a lui che meglio di loro sapeva rappresentare le aspettative del mondo del lavoro e che sapeva bene (lui ... il sindacalista) come si gestiscono queste cose (.. purtroppo si è visto ..)

Che i nostri segretari nazionali non abbiano brillato di lucidità rivendicativa, compressi tra la fedeltà al Governo amico (guai a dargli dei dispiaceri) ed il tenere buona la sua base perchè non si mobilitasse troppo lo si capiva da tempo, era una sensazione diffusa nei luoghi di lavoro.

Tutto il mondo sapeva che il Governo voleva tagliare le pensioni (su età e rendimenti), ma loro, alle richieste di discutere di decidere, di mobilitarsi, rispondevano che ancora non era conosciuta la proposta del Governo e che quindi non vi erano argomenti su cui discutere, decidere, mobilitarsi.

Poi, di colpo, la nottata tra il 19 ed il 20 luglio, la voragine, il buco nero.

I nostri sindacati firmano un accordo, che non solo smentisce tutto quanto detto al tempo della legge Maroni, non solo smentisce anche quella specie di piattaforma unitaria i cui paletti erano stati venduti come insuperabili, non solo si contraddicono rispetto alle loro recenti dichiarazioni, tanto da arrivare a concordare un innalzamento dell'età pensionabile che è anche peggiore della Maroni, ma arrivano a fare di peggio. Concordano che sia il Ministero del Tesoro, d'ora in poi, sulla base di parametri che non c'entrano nulla con l'equilibrio della spesa previdenziale, a decidere per decreto come variare di volta in volta i coefficienti di calcolo delle pensioni, e così facendo, concordano il fatto che la pensione non sia più parte del salario differito (legato agli accantonamenti versati) ma salario sociale (ossia deciso unicamente per decreto dal Governo, fuori da ogni controllo sindacale).

Cgil Cisl Uil hanno consegnato la nostra cassa previdenziale nelle mani del Ministro del Tesoro, quasi a dirgli ... "d'ora in poi pensaci tu".

Come per l'accordo del 1992, dove il danno maggiore ai nostri salari non è venuto tanto dalla debolezza rivendicativa sulle quantità salariali ma dall'aver cancellato il meccanismo della scala mobile eliminando così e per sempre quanto ancora di difensivo aveva la struttura salariale, oggi il danno maggiore non è nel non essere riusciti a fare un buon accordo sulla difesa dell'età pensionabile, quanto dall'aver cancellato la pensione dalla voce del "salario differito".

Non è cosa da poco. Non ci troviamo quindi solo di fronte ad un accordo brutto o insufficiente. Paradossalmente (molto paradossalmente) si sarebbe potuto spiegare un innalzamento dell'età pensionabile come il risultato di una mediazione o di rapporti di forza sfavorevoli (come nella contrattazione, io chiedo 100 ma posso ottenere 70 se non ho la forza sufficiente), ma quello che nessuno può spiegare è l'aver capitolato sui coefficienti, gettando alle ortiche quel poco di potere contrattuale che ancora i lavoratori possedevano consegnando alla controparte Governativa il potere di intervenire sui coefficienti secondo quanto gli aggrada e senza chiedere il permesso a nessuno.

A spiegare questa follia ci ha provato Epifani con le sue dichiarazioni immediatamente dopo l'accordo, nelle quali si lamentava di non essere riuscito ad ottenere di più ma che, purtroppo, si sarebbe trovato di fronte ad un muro insormontabile di difficoltà finanziarie che lo avrebbero costretto a firmare quell'accordo.

Epifani dovrebbe ora spiegare ai lavoratori a quale muro insormontabile si riferiva visto che non poteva certo riferirsi alla situazione del conto previdenziale (decisamente in attivo).

La realtà è che Cgil, Cisl e Uil hanno dimostrato tutta la loro inconsistenza nel respingere le pretese del Governo che (come loro stessi denunciavano fino a qualche giorno prima) voleva solo fare cassa da questa operazione e garantirsi di poter utilizzare d'ora in poi la cassa previdenziale come fondo da cui stornare risorse per altro. Il muro insormontabile di difficoltà finanziarie, di fronte al quale i nostri segretari nazionali si sono spaventati fino a sentirsi costretti a firmare l'accordo, era in realtà il bisogno urgente del Governo di rastrellare quelle risorse che lo avrebbero messo a posto con la possibilità di finanziare i suoi bilanci e che gli avrebbe permesso di presentarsi alle autorità finanziarie europee e mondiali come campioni del liberismo economico. Il muro insormontabile era quindi "non far cadere il Governo".

La cosa buffa (e tragica) è che lo stesso Epifani solo due gironi prima dell'accordo aveva detto che il sindacato non sarebbe caduto stavolta nella trappola del 1992, che nessuno oggi avrebbe costretto il sindacato a firmare. I conti vanno bene, non c'è nessuna emergenza finanziaria.

Invece, di fatto, si è ripetuto lo stesso assurdo pasticcio del 1992, dove una burocrazia sindacale senza linea e strategia, si è alla fine sentita costretta a firmare un accordo solo per l'incapacità di affermare la propria autonomia ed indipendenza dagli equilibri politici e dagli obiettivi di sopravivenza di un governo "amico", e questo in assoluta solitudine, lontani mille miglia dalla loro base, decidendo sulle loro teste.

Per tutte le ragioni sopra richiamate non si può semplicemente liquidare questo accordo sulle pensioni come un brutto accordo. Si tratta in realtà di una vera e propria capitolazione che porta con sè conseguenze enormi.

Sul piano salariale, con la perdita di controllo sulle politiche previdenziali, e sul piano della rappresentanza, segnata dall'avvento di una burocrazia sindacale che si è eletta ormai pomposamente a soggetto indipendente dalla base che dovrebbe rappresentare.

Per questo il Referendum che bisogna chiedere ed ottenere sull'accordo, assume una importanza che va oltre l'accordo stesso.

Bocciare questo accordo non è solo il passaggio fondamentale per riaprire l'iniziativa in difesa delle pensioni pubbliche sulla base di una vera piattaforma sindacale, ma è anche un passaggio necessario per sfiduciare una burocrazia sindacale che si è dimostrata assolutamente incapace di indipendenza dal quadro politico, e che ha voluto fin dall'inizio questo accordo, senza averne mai avuto alcun mandato da parte dei lavoratori, e senza che ne esistessero le ragioni.

Che la burocrazia sindacale sia in difficoltà a spiegare le cose per come sono andate veramente e per come gestire il dopo accordo lo si vede da come sta andando il dibattito al direttivo della Cgil.

La cosa più ovvia sarebbe stata che il direttivo Cgil fosse stato investito della possibilità di votare un primo giudizio sull'accordo, ma la segreteria e la maggioranza che oggi Governa la Cgil lo ha impedito, rimandando il direttivo ad un voto lunedì prossimo, non già sull'accordo in materia previdenziale (che è il cuore di tutta la faccenda) ma sull'insieme degli accordi firmati col Governo nel tentativo (difficile in realtà visto che anche gli altri accordi, come quello sulle pensioni minime, sugli ammortizzatori e sul mercato dl lavoro non brillano certo in quanto a soluzioni trovate) di annacquare il peso negativo dell'accordo sulle pensioni ed i suoi devastanti effetti.

Per ora è solo la Rete28aprile che ha dichiarato il suo voto contrario e l'impegno a portare questo suo giudizio negativo ai lavoratori. Fiom e Lavoro Società, pur avendo manifestato critiche all'accordo sulle pensioni non hanno ancora comunicato la loro decisione di voto.

Comunque in troppi, ed un pò dappertutto si stanno esercitando ultimamente in valutazioni generiche e di comodo del tipo "luci ed ombre".

A questi vorremmo ricordare di non fare come un famoso sindacalista dei chimici che nel 1980, in una assemblea in una fabbrica Milanese in cui era stato firmato un accordo che di fatto riduceva gli organici, faceva saltare ogni normativa sull'orario di lavoro ed aumentava i carichi di lavoro, ha usato più della metà dell'assemblea per spiegare ai lavoratori che però lui era riuscito a mantenere inalterato il prezzo del pasto in mensa, sconfiggendo così le esose pretese del padrone.

Luci ed ombre, appunto ... un classico del mimetismo sindacale.

Ma i lavoratori non sono fessi, sono scoppiati tutti a ridere e lo hanno mandato via chiedendo gli mandassero un'altro sindacalista, più serio ... uno ... insomma ... che facesse il sindacalista e non il venditore di tappeti.

22 luglio 2007

COORDINAMENTO RSU

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 805

Post n°805 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

I lavoratori della Barilla incrociano le braccia

Il coordinamento nazionale dei delegati Barilla ha proclamato per mercoledì 25 luglio uno sciopero nazionale di 8 ore dei lavoratori dell’intero gruppo Barilla a seguito della rottura delle trattative per il rinnovo del contratto aziendale. Assemblee si terranno presso lo stabilimento di Foggia nelle giornate che precedono la mobilitazione. La decisione dello sciopero dopo l’incontro tenuto a Parma il 12 e 13 luglio scorsi tra le segreterie nazionali e territoriali di Flai, Fai e Uila e i vertici dell’azienda. Un vertice che nelle previsioni avrebbe dovuto essere la sessione conclusiva del negoziato sul rinnovo dell’accordo di gruppo. Ma al confronto la Barilla si è irrigidita su alcuni fondamentali aspetti normativi ed economici del negoziato, respingendo le richieste dei sindacati. Tra i punti critici che hanno fatto saltare l’accordo e portato alla proclamazione dello sciopero, la stabilizzazione del lavoro a tempo determinato; il rifiuto dell’azienda di approfondire il nuovo modello di sviluppo professionale e inquadramento; le maggiorazioni per il lavoro notturno.

E qualche giorno fa erano stati i lavoratori del pastificio Tamma a manifestare il loro disappunto contro l’azienda. «Basta ai ritardi nei pagamenti della 13a e 14a mensilità e maggiore concorrenza con il mercato internazionale». Erano stati questi, infatti, i motivi che hanno spinto i circa 70 lavoratori del pastificio Tamma ad “entrare” in sciopero a tempo indeterminato. Uno sciopero come forma di protesta per far valere i propri diritti, uno sciopero per modificare un qualcosa che evidentemente non và. I lavoratori stanchi di non essere rispettati, hanno detto «basta» e si sono uniti per far sentire la loro voce. Anche se l’azienda aveva subito corretto le lamentele dei lavoratori ed aveva affidato ad una nota il suo pensiero: «La vicenda, “inopportunamente distorta ed amplificata”, riguarderebbe solo il pagamento della 14a per cui, si, sarebbe stata proposta una divisione tra agosto e settembre». Ma, aveva spiegato l’azienda, solo a causa di «problemi legati all’incremento delle anticipazioni finanziarie derivanti dagli ultimi rincari del frumento duro. Solo questa è la ragione di una scelta dell’azienda che non pone in discussione la continuità nell’erogazione degli stipendi ai propri dipendenti» aveva rassicurato la Tamma.

Mar 24 Lu 2007 10:53 am

fonte: assemblealavoratori@yahoogroups.com

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 804

Post n°804 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Tre morti bianche, anche in una fabbrica nel Milanese

Una morte orribile sul lavoro si è verificata martedì mattina all'alba in un'azienda farmaceutica di Rodano Millepini, nel Milanese: un macchinario - sembra per la produzione o lavorazione di farmaci - è esploso uccidendo sul colpo un operaio e ferendone un secondo. È accaduto verso le 5,30 nella ditta Antibioticos.

In base a una prima ricostruzione dei fatti da parte dei carabinieri, quattro operai erano al lavoro vicino alla macchina. A un certo punto si è verificata un'esplosione che ha scoperchiato l'apparecchio. La porta o i detriti del macchinario hanno investito in pieno Luca Finardi, di 40 anni, residente a Milano, che è rimasto ucciso all'istante.

Il collega Andrea Graziano, di 36 anni, di Cinisello Balsamo (Milano) ha riportato la frattura di un femore e altre ferite: è stato ricoverato all'ospedale di Cernusco sul Naviglio dove al momento non appare in pericolo di vita. Oltre ai militari e ai soccorritori, sul posto sono al lavoro i tecnici dell'Asl che stanno cercando di capire le cause dell'incidente sul lavoro.

Sempre stamane due tragedie del lavoro nel Canton Ticino. Un operaio di Viuggiù di 56 anni è deceduto in un incidente avvenuto in una azienda nella vendita e manutenzione di macchine agricole. con sede a Mendrisio, non lontano dal confine italo-svizzero. L'uomo è rimasto schiacciato dal muletto che stava guidando. La vittima, Vincenzo Costanzo, era residente nella frazione Baraggia di Viggiù, in provincia di Varese, e quotidianamente varcava la frontiera per recarsi al lavoro. Sposato e padre di tre figli, non ha avuto scampo: secondo quanto riferiscono gli uomini del commissariato di Chiasso, preovincia di Como, il carrello elevatore sarebbe precipitato da circa 10 metri di altezza dopo aver divelto la rete di protezione di un terreno per poi piombare sul sottostante sentiero capovolgendosi. Non è escluso un errore umano da parte della vittima nell'inserire le marce. Apparso subito in condizioni disperate, è deceduto poco dopo il suo arrivo all'ospedale di Mendrisio. Le autorità giudiziarie ticinesi hanno già aperto una inchiesta per accertare eventuali responsabilità sull'accaduto.

Nel secondo incidente mortale sempre nel Canton Ticino è morto un altro lavoratore frontaliere di nazionalità italiana che lavorava in un cantiere edile. Il giovane è caduto dal secondo piano di uno stabilimento in fase di costruzione a Stabio, un piccolo paese del Ticino a ridosso del
confine con l'Italia. La vittima, Carmine Diano, aveva 29 anni, originario del crotonese, aveva trovato lavoro da poco presso la Montanstahl di via Gaggiolo. Difficile ricostruire esattamente la dinamica: il ragazzo, infatti, è stato trovato a terra in gravissime condizioni da alcuni colleghi che subito
hanno lanciato l'allarme. Probabilmente ha perso l'equilibrio precipitando da un vano malamente protetto, solo con un sottile pannello in plastica.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 803

Post n°803 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Giorgio Cremaschi ha così commentato il rinvio degli Esecutivi unitari Cgil, Cisl e Uil.

“La decisione di rinviare gli Esecutivi unitari è un fatto gravissimo, perché allo stato attuale si va alle ferie con l’accordo firmato e senza l’impegno alla consultazione.”
“In questi giorni molti hanno detto “la parola ai lavoratori”, ma questo allo stato attuale la possibilità per i lavoratori di decidere non c’è. E’ bene chiarire allora che se Cgil, Cisl e Uil non riescono a concordare di far votare le lavoratrici e i lavoratori sull’accordo-disastro, la Cgil è statutariamente obbligata a consultare formalmente i suoi iscritti e, eventualmente, i non iscritti al sindacato, prima di procedere all’adesione definitiva dell’accordo. Ogni altra pratica per la Cgil rappresenta violazione grave dello Statuto. Per cui a settembre o ci sarà la consultazione unitaria o quella della sola Cgil, oppure la firma della Cgil non sarà più formalmente impegnativa.”


Roma, 24 luglio 2007

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 802

Post n°802 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Così moriva Marianna lavoratrice interinale
Tre anni fa, il 21 luglio del 2004, schiacciata da una pressa moriva sul lavoro Marianna Di Domenico, lavoratrice con contratto interinale occupata presso il pastificio Zara di Trieste. In questi giorni noi ricordiamo questo triste avvenimento e rinnoviamo il nostro più profondo cordoglio a tutta la sua famiglia.
Nel giorno dell'anniversario, il Nidil Cgil, insieme ai familiari di Marianna, ha manifestato per chiedere che il 21 luglio sia istituito come Giornata di sensibilizzazione sulla sicurezza del lavoro nella provincia di Trieste. Inoltre, si chiede che il tratto di strada del Comune di Muggia dove lavorava l'operaia, oggi via delle Saline, sia intitolato a «Marianna Di Domenico, lavoratrice interinale».
Ma questo momento di ricordo non può essere, e non sarà neanche negli anni a venire, di mera commemorazione. Sarà semmai un momento essenziale e caratterizzante del nostro agire, in coerenza con l'impegno che il sindacato si è assunto in materia di prevenzione, tutela della salute e soprattutto di rivendicazione di un lavoro stabile e sicuro.
La morte di Marianna non è stata purtroppo un caso isolato, non è stata una fatalità, non può essere considerata un dato statistico da correlare alla produzione, al Pil, al tasso di efficientamento delle imprese, ai costi sociali che il meccanismo di accumulazione e di formazione della ricchezza esige dalla collettività.
Gli infortuni di lavoratori atipici in Italia, e soprattutto quelli al femminile relativi al 2006, secondo stime dell'Inail illustrano una realtà devastante e sanguinosa che non trova riscontro in nessun altro paese d'Europa. E' bene sapere che nel 2003 questa forma di lavoro atipico ha registrato nel Nord Est 4.892 infortuni, di cui 5 mortali e complessivamente in Italia 12.974 infortuni, di cui 10 mortali. Valutando complessivamente le stime Inail per quello stesso anno, le donne titolari di un trattamento risarcitorio permanente sono 236.926.
C'è da dire, infine, che nei primi 11 mesi del 2006, pure in presenza di un tasso di infortuni in Italia diminuito di circa lo 0,6 %, quello delle donne è cresciuto dello 0,7%. Parlando di nude cifre, gli infortuni sul lavoro sono saliti da 229.540 a 231.120, ovvero nel 2005 gli infortuni al femminile hanno raggiunto il 26,7% degli infortuni complessivi. La più alta percentuale mai registrata nella storia del lavoro femminile in Italia.
Tale andamento negativo riguarda purtroppo anche gli infortuni mortali: mentre quelli maschili sono diminuiti nel 2006 del 2,7%, quelli femminili sono cresciuti del 19,2%. Mentre nel 2005 le lavoratrici e le operaie morte sul lavoro erano state 88, nel 2006 sono state 103.
Davanti a questi dati che rappresentano il filo spezzato di tante esistenze umane, il sindacato ovviamente non può limitarsi alle manifestazioni di cordoglio e alla denuncia politica. Ma riprendere, come ora si sta facendo, un quotidiano lavoro di vigilanza, in ogni realtà produttiva, anche in quelle più piccole, e quindi applicare ed imporre il rispetto delle Legge 626/94 anche in base a quei protocolli di intesa che vengono sottoscritti tra le parti sociali a livello territoriale.
Il sindacato confederale deve far partire un lavoro di inchiesta a tappeto su quelle che sono oggi le reali condizioni materiali di vita e di lavoro in tutti quei luoghi di produzione e di attività di servizio. E' questa l'unica maniera per dare un senso alla giornata che ricordiamo.

*Nidil Cgil Trieste

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 801

 

Post N° 800

Post n°800 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Padova, blitz all'alba
Sgomberato il Gramigna

Sgomberato il Gramigna. Con un blitz all'alba, il Comune di Padova, coadiuvato dalle forze dell'ordine, si è riappropriato dello stabile pubblico occupato dal 2001 dal centro popolare, noto per essere stato frequentato in questi anni da numerosi personaggi coinvolti poi nelle inchieste sulle nuove Br.

L'edificio, in via Retrone, nella zona di Montà, che una volta sede di una scuola pubblica, era stato occupato dai giovani del movimento antagonista nel 2001. Stamane lo stabile era vuoto, e le operazioni di riappropriazione da parte del Comune sono avvenute senza difficoltà. Recentemente il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, aveva presentato una denuncia alla magistratura per chiedere che la sede del Gramigna potesse tornare in mano pubblica.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 799

Post n°799 pubblicato il 25 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Epifani rompe con il governo
"Da Prodi uno sgarbo alla Cgil"

"È stato uno sgarbo alla Cgil che non possiamo far passare sotto silenzio", dice Guglielmo Epifani sfogliando tra le mani quel "Protocollo su previdenza, lavoro e competitività" che firmerà solo per senso di responsabilità e che sosterrà nella consultazione tra i lavoratori. Una scelta travagliata per la Cgil. Assunta a maggioranza (circa il 75 per cento) intorno alle quattro di notte, dopo una discussione tesa e asprissima nel Direttivo confederale, come non accadeva da molti anni. Perché su alcuni punti decisivi - e anche simbolici per la Cgil - il testo presentato dal governo non era quello concordato in precedenza. Due i vulnus: gli incentivi al lavoro straordinario e la fragilità dei vincoli ai contratti a termine.

Oggi il leader di Corso d'Italia lo scriverà al presidente del Consiglio, Romano Prodi. E la lettera che arriverà a Palazzo Chigi segnerà l'inizio di una nuova stagione tra la Cgil e il governo di centrosinistra. Da settembre - dice Epifani - "il confronto sarà assolutamente forte e serrato". Conflittuale, insomma. Anche se è un aggettivo che si guarda bene dal pronunciare. L'appoggio della Cgil, comunque, non sarà mai scontato. Anzi. Epifani cita Luciano Lama per dire che ciascuno ora andrà per la sua strada: "I governi passano, le maggioranze cambiano, la Cgil resta".

Le distanze tra Epifani e Prodi sono diventate profonde, strategiche, non solo per ragioni di ruoli. Le misura anche il giudizio sul Protocollo: per il premier un risultato della concertazione tanto che ha voluto presentarlo lo stesso giorno (il 23 luglio) del "protocollo Ciampi" del '93 sulla politica dei redditi; per il leader sindacale è invece "la dimostrazione che la concertazione, come l'abbiamo conosciuta, non c'è più". È finita esattamente dopo quattordici anni. "Allora - spiega Epifani - servì a ricreare coesione nel Paese, mentre si susseguivano i governi tecnici, e i vecchi partiti si ritiravano sotto la spinta anche dell'emergenza finanziaria. Oggi possiamo dire lo stesso? Oggi abbiamo un Paese molto più diviso, anche sul piano istituzionale. E poi quest'accordo è un patchwork , nel quale ogni pezzo risponde ad un gruppo di interessi. Questo è il limite del Protocollo: una somma di interessi parziali più che un interesse generale. È assente un'idea condivisa del Paese da parte di tutti gli attori sociali".

Certo, i risultati ci sono. Ed è anche per questo che Epifani firmerà: ci sono le misure per i giovani, c'è un assaggio di riforma degli ammortizzatori sociali, c'è il rafforzamento della contrattazione aziendale legata alla produttività, c'è l'aumento delle pensioni e c'è anche una via alternativa allo scalone per l'aumento dell'età pensionabile. Ma c'è un capitolo sul mercato del lavoro che Epifani è tentato di non firmare. "Perché per noi, per la nostra cultura, per un sindacato dei diritti, è molto più delicato il mercato del lavoro rispetto al nodo dello scalone. Sono in gioco diritti e tutele. Non è un problema di costi".

Nelle vicende sindacali contano anche i simboli. E i contratti a termine, per la Cgil, lo erano diventati. Da lì, nel 2001, cominciarono gli accordi separati fino al "Patto per l'Italia". Da lì, Epifani, avrebbe voluto far iniziare la risalita della Cgil. Invece no. Invece "all'ultimo momento" le proposte del governo sono cambiate. "Il governo ha sentito la Confindustria. Tutto legittimo, ma doveva aprire un confronto diretto, trasparente. Questo è stato uno sgarbo nei confronti della Cgil. Così l'ho avvertito io come segretario generale, così l'ha avvertito il Direttivo. Per i contratti a termine non ci sono le causali che li giustificano, né è chiara la base su cui definire i tetti sul totale degli addetti. Dopo 36 mesi si possono ancora reiterare a condizione che si rinnovino davanti alla Direzione provinciale del lavoro con il dipendente assistito da un sindacalista qualsiasi, anche di un "sindacato giallo"!
Ma i contratti a termine sono il vero crocevia della precarietà. Passa tutto da lì. E poi lo staff leasing: la Confindustria ha chiesto di mantenerlo...". Ce l'ha con il ministro Damiano, ex Cgil? "Non credo che Damiano abbia responsabilità. È Palazzo Chigi che ha fatto questa scelta", risponde Epifani.

Non si può dire che la Cgil sia passata all'opposizione. Il lessico sindacale non contempla questa ipotesi perché c'è l'autonomia dalla politica. Però - dice Epifani - "c'è anche una situazione sociale delicata". "La protesta contro gli scalini non è amplissima, riguarda solo una parte dei lavoratori del nord, ma può legarsi a quella contro la precarietà con l'effetto di aumentare il distacco e la sfiducia verso la politica".

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 798

Post n°798 pubblicato il 24 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

DICHIARAZIONE DI VOTO DI GIORGIO CREMASCHI, CON LA CONFLUENZA NELL’ODG DI NICOLOSI-AGNELLO MODICA

“Ho presentato l’ordine del giorno che è stato distribuito alle compagne e ai compagni del Direttivo. Voglio solo aggiungere che l’ultima lettura dell’accordo rende ancora più negativo il mio giudizio. Quest’accordo rappresenta un danno per i lavoratori e una sconfitta per la Cgil. Certo ci sono qua e là dei punti migliorativi, ma essi sono travolti dall’operazione disastrosa sull’età pensionabile, dalla beffa sui lavori usuranti (5.000 all’anno) e dai contenuti del protocollo sul mercato del lavoro e gli straordinari. Qui siamo alla conferma e persino al peggioramento delle leggi di Berlusconi e per la Cgil, che ha portato in piazza milioni di persone contro la politica del lavoro della destra, questo è qualcosa di più di un risultato negativo. Io ritengo che sarebbe largamente positivo che la Cgil non firmasse questo accordo e chiamasse e i lavoratori alla mobilitazione contro di esso. I risultati sarebbero sicuramente migliori. Se questo non avverrà allora sarà indispensabile che i lavoratori boccino l’intesa, facendo così un bene a sé stessi e al nostro sindacato. Per questo io intendo battermi.”
“Questo accordo è firmato il 23 luglio ma somiglia molto a quello del 31 luglio del 1992, una sconfitta totale dell’impostazione della Cgil a favore delle scelte del governo, della Confindustria e anche delle altre organizzazioni sindacali. Quando si arriva a questi punti è impossibile non riflettere sulle responsabilità dei gruppi dirigenti a tutti i livelli, fino a quelli più elevati.”
“Questa notte il Direttivo deve prima di tutto decidere cosa fare. Io ritengo che debba dare un giudizio complessivamente negativo sull’intesa e per questo decidere di non sottoscriverla. Il documento presentato da Nicola Nicolosi, contiene giudizi diversi da quelli contenuti nel testo che ho presentato io. Tuttavia propone la decisione fondamentale: quella di un giudizio d’insieme negativo sull’intesa e quindi la conseguente scelta di non sottoscriverla. Per queste ragioni ritiro il mio ordine del giorno e propongo a tutti coloro che intendevano sostenerlo di votare con me l’Ordine del giorno illustrato da Nicolosi.”

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 797

Post n°797 pubblicato il 24 Luglio 2007 da cgil3palermo

ORDINE DEL GIORNO PRESENTATO DA GIORGIO CREMASCHI

Roma, 23 luglio 2007

Il Comitato direttivo della Cgil considera non accettabile l’intesa complessiva proposta dal Governo alle parti sociali e decide di proporre a Cisl e Uil la riapertura della vertenza, con adeguate iniziative di lotta, per giungere a un risultato corrispondente all’obiettivo di cancellare le controriforme sociali del governo Berlusconi e di migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

La ragione di questo giudizio complessivo è determinata dal fatto che alcuni parziali e limitati risultati dell’intesa, il lieve aumento di una parte delle pensioni più basse e l’aumento dell’indennità di disoccupazione, sono contraddetti da un risultato profondamente negativo sulle pensioni. L’accordo sulle pensioni infatti conferma e per molti lavoratori anche peggiora la riforma Maroni, l’età pensionabile effettiva viene alzata a 62 anni per l’anzianità, mettendo così in discussione la pensione di vecchiaia a 60 anni per le donne e costringendo, con l’introduzione di nuove finestre, gli uomini a lavorare oltre i 65. Anche per i lavori usuranti, che comunque saranno contingentati secondo i fondi stanziati, si innalza alla fine l’età pensionabile. Tutta la proposta del governo porta al drastico peggioramento della riforma Dini, della quale vengono accentuate le ingiustizie, in particolare a danno dei giovani, con la nuova revisione automatica triennale dei coefficienti di calcolo.

Sul mercato del lavoro la proposta del governo rappresenta un consolidamento della legge 30, con pochi ritocchi che non intaccano la sostanza, con in più la vergogna della conferma dello staff leasing.

Per quanto riguarda le strategie di competitività, le proposte del governo tendono a ridimensionare il peso del Contratto nazionale, con la de-tassazione del salario variabile aziendale, e a favorire un’inaccettabile aumento degli orari di lavoro con la de-contribuzione degli straordinari, tanto più grave in quanto colpisce sia l’occupazione, sia il bilancio dell’Inps.

Le proposte del governo sono il frutto di una campagna ideologica tesa a imporre nuovi tagli alla spesa pubblica sociale, nel nome del risanamento dei conti pubblici e del rilancio dell’economia. Così i sacrifici dei lavoratori, con l’aumento delle tasse e dei contributi, sono serviti solo a fare cassa. In questo modo viene ancora una volta penalizzato tutto il mondo del lavoro e viene rinviata quella redistribuzione delle risorse e della ricchezza che invece è urgente e indispensabile.

Il Comitato direttivo della Cgil considera che le proposte del governo siano state così inaccettabili e punitive anche perché in questi mesi il movimento sindacale non è stato in grado di fronteggiare l’offensiva contro i diritti dei lavoratori. L’assenza di una adeguata mobilitazione ha pesato negativamente sulla vertenza. Per questo la ripresa del confronto con il governo dovrà avvenire con un adeguato sostegno da parte di un movimento di lotta.

Gli obiettivi immediati dell’iniziativa sono:

- L’abolizione effettiva della riforma Maroni con la cancellazione dell’innalzamento obbligatorio dell’età pensionabile, la separazione della previdenza dall’assistenza.
- L’abolizione del meccanismo di revisione automatica triennale per i coefficienti di calcolo sulle pensioni e la garanzia, per tutte le pensioni calcolate col metodo contributivo, di un adeguato rendimento pensionistico, pari al 65/70% con 35 anni di contribuzione.
- La riduzione effettiva della precarietà del lavoro con rigorosi cambiamenti della legislazione sugli appalti, sui contratti a termine, sul lavoro parasubordinato a cui dovranno essere garantiti tutti i diritti contrattuali e di legge del lavoro dipendente.

Il Comitato direttivo della Cgil chiederà nella consultazione referendaria il mandato alla riapertura della vertenza attraverso un voto contrario alla proposta del governo.

Il referendum dovrà avvenire con modalità rigorose, trasparenti e uguali in tutto il territorio nazionale e in tutti i luoghi di lavoro. Il voto dovrà essere svolto, in maniera da garantirne la segretezza, contemporaneamente in tutto il territorio nazionale. Prima del voto dovrà essere garantita un’adeguata e capillare informazione sia delle ragioni dell’accettazione, sia delle ragioni del rifiuto della proposta del governo. A tale scopo verrà definito il regolamento con adeguati meccanismi di garanzia a tutti i livelli.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 796

Post n°796 pubblicato il 24 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Dichiarazione di voto di Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom al Comitato Direttivo della Cgil del 23 luglio 2007

Con questo Comitato Direttivo, siamo all’atto conclusivo del confronto con il governo che ha evidenziato con assoluta chiarezza un problema non risolto nella nostra discussione, nella nostra elaborazione, quella del ruolo, dell’iniziativa, dell’operare di un sindacato come la Cgil, autonomo e democratico, tanto più a fronte di un governo di centrosinistra.

Un governo con una maggioranza parlamentare risicata che lo rende fortemente esposto alla crisi politica, ma che fa di questa debolezza, l’elemento di forza e di pressione nei confronti delle organizzazioni sindacali, come avvenuto anche in quest’ultima fase della trattativa.

Sarebbe miope, peraltro, non vedere che la ridefinizione dell’assetto delle forze politiche determina per le organizzazioni sindacali, per la Cgil, una situazione inedita rispetto alla nostra storia, che va affrontata pena il rischio di un processo di balcanizzazione del sindacato.

Essere arrivati alla fine di luglio, al tempo prevedibilmente utile per fare un accordo, per fare una mediazione senza avere messo in campo l’unico strumento a disposizione del sindacato quello della partecipazione e della mobilitazione, ha di fatto consegnato la soluzione di un confronto sindacale al rapporto tra le forze politiche che compongono il governo.

Quando si considera irricevibile la proposta di un governo, il sindacato dichiara iniziative di mobilitazione a sostegno delle proprie posizioni e non risolve la questione cambiando la richiesta da “una proposta condivisa da tutte le forze politiche del governo” nella richiesta di una proposta ultimativa del Presidente del Consiglio, come se si trattasse di un lodo.

I lavoratori e le lavoratrici sono diventati in questo modo semplici spettatori di un confronto sindacale, con una perdita di autonomia del tutto evidente.

Siamo alla conferma di un nodo strategico fondamentale, già emerso con la finanziaria, e che oggi si ripropone come ineludibile per il futuro della nostra organizzazione. Comunque si concluda questa vicenda a mio avviso il problema è posto, non più rinviabile anche rispetto alle scelte congressuali: il futuro della Cgil come sindacato progettuale, democratico, autonomo e indipendente dalle forze politiche, dal governo e dai padroni.

Nel merito dell’accordo ho già avuto modo di esprimere la mia contrarietà sul capitolo relativo alla previdenza e questo giudizio lo confermo sull’insieme dell’accordo in particolare sul mercato del lavoro e sulla contrattazione.

Si apre adesso un percorso di consultazione delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati. È mia convinzione che questo deve avvenire con le assemblee e successivamente con il referendum.

La democrazia, il voto certificato sono l’unico strumento perché le posizioni diverse possano esprimersi e misurarsi in un confronto democratico.

Per queste ragioni, il mio voto di astensione – tanto più a fronte di documenti contrapposti – non è relativo al giudizio sull’accordo, su cui confermo la contrarietà che sosterrò al Comitato centrale della Fiom, ma semplicemente al fatto che adesso la parola e il giudizio passa ai diretti interessati.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 795

Post n°795 pubblicato il 24 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

La Fiom boccia il Protocollo Welfare, Ferrero: il programma dell'Unione era diverso

"Ho appreso soltanto dai giornali delle proposte 'immodificabili' avanzate dal governo in materia di mercato di lavoro". Non nasconde disagio e irritazione, il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, alla notizia del sostanziale accordo fra governo e parti sociali (ma solo la Cisl ha già detto sì) sul Protocollo per il nuovo Welfare. 

"Certo le proposte sono assai diverse da quanto era previsto dal programma dell'Unione, sia sulla legge 30 che sostanzialmente viene confermata, sia sui contratti a tempo determinato".

La bocciatura di Mussi: "Sì alle pensioni, no al resto del protocollo".
Sinistra democratica boccia il protocollo presentato ieri dal governo alle parti sociali sul welfare e proporrà "soluzioni diverse più coerenti con il programma dell'Unione". "Il Protocollo del governo "Equità e crescita sostenibile" - dice Fabio Mussi - contiene tre parti: previdenza, competitivita', mercato del lavoro. Avendo espresso in Consiglio dei Ministri consenso sulla previdenza, l'unica parte li' messa in discussione, devo a mezzo stampa esprimere il mio dissenso e quello di Sinistra Democratica sulle altre due".

"Primo - spiega il ministro della Ricerca - 'competitivita" coincide con 'costo del lavoro'. Questa identificazione è figlia di un ritardo culturale, e di un condizionamento di interessi, che sono tutti italiani. Faccio parte, da Ministro, del Consiglio Europeo Competitività: in quell'organismo, frequentemente riunito, si parla di ricerca scientifica, innovazione tecnologica, qualita' del lavoro e dell'impresa, brevettabilita', proprieta' intellettuale, ecc. Questo sì, è attuale e pertinente".

"Ecco perché - conclude Mussi - su questi punti proporremo, quando il Consiglio dei Ministri sarà chiamato a discutere e il Parlamento a decidere, soluzioni diverse da quelle del Protocollo e piu' coerenti con il Programma dell'Unione".

Il no deciso della Fiom
"Ora dobbiamo ottenere un risultato: respingere l'accordo su pensioni e Welfare tra i lavoratori", attacca il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, leader della sinistra Cgil. "Sul mercato del lavoro e sugli straordinari - ha aggiunto Cremaschi - ci sono autentiche, per usare le parole di Epifani nella relazione al comitato direttivo, 'porcherie'. Su tutte le altre questioni c'e' una tendenza complessiva al peggioramento delle condizioni sociali per i lavoratori, per questo l'accordo va respinto e ricontrattato per ottenere risultati migliori, questo anche a rischio che resti lo scalone di Maroni, perché il risultato complessivo è troppo dannoso per i lavoratori".

Bersani: intesa importante
"E' stato un accordo importante e significativo con un pacchetto che ha un forte rilievo sociale", ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Pier Luigi Bersani, a margine di un convegno su "Reti infrastrutturali e tecnologiche per la produttività".

Quanto alle coperture dell'accordo sul welfare: "Il sistema della copertura si rivelerà blindato. Si possono criticare queste misure dicendo che si aspettavano che prendessimo risorse dal sistema previdenziale verso il bilancio dello Stato, ma quello non lo abbiamo fatto, non abbiamo preso un euro dal bilancio dello Stato, dalla fiscalità per il sistema previdenziale. Abbiamo messo clausole di garanzia perché abbiamo messo tagliole, soglie basse, dei meccanismi in cui se i conti non dovessero tornare si provvederà all'interno del sistema".

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 794

Post n°794 pubblicato il 24 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Dalla Cgil "sì" travagliato sul nuovo Welfare

Dal parlamentino della Cgil «sì» travagliato sul Welfare, ma il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi dice: «Ora dobbiamo ottenere un risultato: respingere l'accordo su pensioni e Welfare sui lavoratori».

La Cgil firmerà per senso di responsabilità il protocollo presentato dal governo sul nuovo Welfare, ma esprimerà tutto il suo dissenso in particolare per quanto riguarda la parte sul mercato del lavoro. E lo farà con un atto formale: una lettera al premier, Romano Prodi.

Al termine di un lungo direttivo notturno durato circa sei ore, cominciato lunedì sera, il parlamentino di Corso d'Italia ha approvato con 92 voti a favore il documento presentato dal leader confederale, Guglielmo Epifani, a nome della maggioranza della segreteria, favorevole alla sottoscrizione del protocollo.

Ventidue voti, invece, sono andati ad un documento alternativo presentato da Nicola Nicolosi ("Lavoro e Società, Cambiare Rotta") e firmato dal segretario confederale Paolo Agnello Modica e dal segretario dei meccanici Giorgio Cremaschi (leader di "Rete 28 Aprile") nel quale si chiedeva di non firmare. Mentre tra gli otto astenuti c'è il segretario generale delle "tute blu", Gianni Rinaldini.

Un sì sofferto, dunque, da parte della Cgil, che ritiene responsabile firmare l'accordo per non perdere tutto, anche quindi ciò che di positivo ha portato il lavoro di questi mesi. «Sul mercato del lavoro e sugli straordinari - ha affermato Cremaschi - ci sono autentiche, per usare le parole di Epifani nella relazione al comitato direttivo, "porcherie". Su tutte le altre questioni c'è una tendenza complessiva al peggioramento delle condizioni sociali per i lavoratori». Per questo, osserva Cremaschi, l'accordo andrebbe respinto e ricontrattato per ottenere risultati migliori, «questo anche a rischio che resti lo scalone di Maroni perché il risultato complessivo è troppo dannoso per i lavoratori».

In particolare, le critiche sono indirizzate soprattutto alla parte riguardante la modifica dello scalone, lo staff leasing (su cui la scelta del governo è considerata "ambigua"), i contratti a termine e la sovra-contribuzione degli straordinari: lo staff leasing, infatti, non sarà eliminato come chiesto dalla Cgil, ma la sua ridefinizione sarà decisa da una commissione.

Sono, invece, apprezzati gli interventi annunciati sulla rivalutazione delle pensioni basse, sugli ammortizzatori sociali e sui giovani.

Intanto per martedì è prevista la riunione unitaria degli esecutivi di Cgil, Cisl e Uil per stabilire la consultazione dei lavoratori. E, nei prossimi giorni, è attesa anche la decisione di Confindustria se firmare o meno il protocollo presentato ieri dall'esecutivo. Sulla questione gli industriali riuniranno il direttivo.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963