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La B al Milan costerebbe almeno 160 milioni 

Post n°31 pubblicato il 01 Giugno 2006 da alex19871987

Scontata la perdita del settanta per cento del fatturato, cifra alla quale si aggiungerebbero i non profitti milionari della Champions League e il danno di immagine a livello mondiale

 La retrocessione in serie B costerebbe al Mi­lan almeno 160 milioni di euro, ovvero il 70 per cento del fatturato ( 230 milioni se­condo il bilancio al 31 di­cembre 2005). Le perdite de­riverebbero dalla drastica contrazione dei proventi te­levisivi ( che costituiscono il 44 per cento del valore della produzione: sono la voce più importante), dal calo fisiolo­gico di spettatori, dalla man­cata partecipazione alla Champions League, dalla ri­negoziazione dei contratti con gli sponsor. Inoltre ci sa­rebbe da aggiungere il dan­no d’immagine, che non è quantificabile ma è “ trasver­sale” e profondo, nel senso che va a incidere nel lungo periodo su vari aspetti ( dal
merchandising ai cachet per le amichevoli all’estero): il campionato italiano è visto in 180 paesi, il Milan ha simpatizzanti ovunque ( 25 milioni soltanto in Brasile) e un declassamento per illeci­to sarebbe una botta tre­menda, con effetti devastan­ti ( anche il tifo ha rilevanti risvolti commerciali).
Il problema più grave, tut­tavia, sarebbe rappresenta­to dai costi: il Milan innan­zitutto si porterebbe dietro i contratti pluriennali dei cal­ciatori, che non cambiereb­bero da una categoria all’al­tra, e la società rossonera ne ha di onerosi ( il monte sti­pendi al 31 dicembre 2005, premi esclusi, ammonta a 116.658.000 euro). Costi che diventerebbero insostenibili a fronte di ricavi pesante­mente ridotti: su quelli biso­gnerebbe agire per riequili­brare il bilancio. Si rende­rebbe inevitabile la cessione di alcune stelle, a comincia­re da Kaká ( ieri il quotidia­no spagnolo As ha scritto che il brasiliano è l’obiettivo di Ramon Calderon, candidato alla presidenza del Real Ma­drid), e per la sostituzione di
Shevchenko ci si oriente­rebbe verso una scelta di basso profilo ( c’è anche da considerare l’introduzione del salary cap in serie B dal­la prossima stagione: il mon­te stipendi non dovrà supe­rare il 60 per cento del fat­turato). Non trascurabile nemmeno l’abbattimento del patrimonio giocatori dovuto al mercato: un determinato parco calciatori ha un valore in A un altro in B, conside­rato che il potere contrat­tuale della società diminui­sce.
Sono gli esperti a stimare perdite intorno al 70 per cento per un grande club, che si tratti della Juventus o del Milan. Michele Uva, ex dirigente di Parma e Lazio e attuale consulente della so­cietà tedesca Sportmarkt, spiega: « In caso di retroces­sione, la perdita media per una squadra sfiora il 50 per cento del fatturato: così di­cono i dati relativi alla sta­gione 2004- 05. Nel ‘ 96- 97 sfiorava il 22%, nel 2000- 01 il 42. Negli anni è progressi­vamente cresciuta l’inciden­za dei diritti tv » . Gli accordi con Mediaset e Sky prevedo­no « l’obbligo di rinegoziazio­ne in buona fede » in caso di discesa nella serie inferiore ( dall’una, per il digitale ter­restre, il Milan ha incassato 6.040.000 euro nell’ultima stagione; dall’altra, per il criptato, 86.052.000; ma per il biennio 2007- 2009 la so­cietà rossonera ha ceduto a Mediaset l’intero pacchetto dei diritti per circa 220 mi­lioni). Stessa clausola è pre­vista per l’intesa sui new media ( proventi derivanti dalla cessione dei diritti Gprs e Umts).
A quel 48- 50 per cento ap­plicabile a ogni club, che comprende anche la diminu­zione dei ricavi da gare ( 33.408.000 euro per il Mi­lan nel 2005), va sommato un 11% legato agli introiti della Coppa Campioni ( sti­ma media, visto che la cifra oscilla a seconda del cammi­no: nel 2003- 04, quand’era­no usciti ai quarti, i rossone­ri incassarono dall’Uefa 17.800.000 euro; nel 2004­ 05, quando raggiunsero la fi­nale, 24.592.000), più un al­tro 11% connesso alle spon­sorizzazioni: nell’eventua­lità di una retrocessione, in­fatti, gli accordi verrebbero rivisti. Né l’Adidas, lo spon­sor tecnico, né Betandwin, il nuovo main sponsor, usci­rebbero dai rispettivi con­tratti, però li rinegoziereb­bero ( esistono precise clau­sole in tal senso). Quelli at­tuali garantiscono circa 12 milioni di euro all’anno cia­scuno, premi esclusi. Adidas e Betandwin non paghereb­bero la stessa cifra « se acca­dessero eventi lesivi dell’im­magine del marchio » . Anche gli altri partner, a vario tito­lo, verserebbero meno soldi. Un bravo manager, inter­vendo sui costi, può anche contenere le perdite: nego­ziando con tv, sponsor e gio­catori; creando cuscinetti che rendano meno dolorosa la caduta ( esempio: invece di stabilire 10 milioni per la A e 4 per la B, si potrebbe trat­tare una redistribuzione de­gli introiti, 8 e 6). In ogni ca­so, sotto il 60 per cento sa­rebbe difficile scendere. Se non altro, rispetto alla Ju­ventus, il Milan non subi­rebbe i danni dovuti alla quotazione in Borsa e al crollo del titolo. Tuttavia le conseguenze di una retro­cessione potrebbero toccare non solo i conti e le strate­gie, ma anche gli assetti so­cietari.

 
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