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Scontata la perdita del settanta per cento del fatturato, cifra alla quale si aggiungerebbero i non profitti milionari della Champions League e il danno di immagine a livello mondiale
La retrocessione in serie B costerebbe al Milan almeno 160 milioni di euro, ovvero il 70 per cento del fatturato ( 230 milioni secondo il bilancio al 31 dicembre 2005). Le perdite deriverebbero dalla drastica contrazione dei proventi televisivi ( che costituiscono il 44 per cento del valore della produzione: sono la voce più importante), dal calo fisiologico di spettatori, dalla mancata partecipazione alla Champions League, dalla rinegoziazione dei contratti con gli sponsor. Inoltre ci sarebbe da aggiungere il danno d’immagine, che non è quantificabile ma è “ trasversale” e profondo, nel senso che va a incidere nel lungo periodo su vari aspetti ( dal
merchandising ai cachet per le amichevoli all’estero): il campionato italiano è visto in 180 paesi, il Milan ha simpatizzanti ovunque ( 25 milioni soltanto in Brasile) e un declassamento per illecito sarebbe una botta tremenda, con effetti devastanti ( anche il tifo ha rilevanti risvolti commerciali).
Il problema più grave, tuttavia, sarebbe rappresentato dai costi: il Milan innanzitutto si porterebbe dietro i contratti pluriennali dei calciatori, che non cambierebbero da una categoria all’altra, e la società rossonera ne ha di onerosi ( il monte stipendi al 31 dicembre 2005, premi esclusi, ammonta a 116.658.000 euro). Costi che diventerebbero insostenibili a fronte di ricavi pesantemente ridotti: su quelli bisognerebbe agire per riequilibrare il bilancio. Si renderebbe inevitabile la cessione di alcune stelle, a cominciare da Kaká ( ieri il quotidiano spagnolo As ha scritto che il brasiliano è l’obiettivo di Ramon Calderon, candidato alla presidenza del Real Madrid), e per la sostituzione di
Shevchenko ci si orienterebbe verso una scelta di basso profilo ( c’è anche da considerare l’introduzione del salary cap in serie B dalla prossima stagione: il monte stipendi non dovrà superare il 60 per cento del fatturato). Non trascurabile nemmeno l’abbattimento del patrimonio giocatori dovuto al mercato: un determinato parco calciatori ha un valore in A un altro in B, considerato che il potere contrattuale della società diminuisce.
Sono gli esperti a stimare perdite intorno al 70 per cento per un grande club, che si tratti della Juventus o del Milan. Michele Uva, ex dirigente di Parma e Lazio e attuale consulente della società tedesca Sportmarkt, spiega: « In caso di retrocessione, la perdita media per una squadra sfiora il 50 per cento del fatturato: così dicono i dati relativi alla stagione 2004- 05. Nel ‘ 96- 97 sfiorava il 22%, nel 2000- 01 il 42. Negli anni è progressivamente cresciuta l’incidenza dei diritti tv » . Gli accordi con Mediaset e Sky prevedono « l’obbligo di rinegoziazione in buona fede » in caso di discesa nella serie inferiore ( dall’una, per il digitale terrestre, il Milan ha incassato 6.040.000 euro nell’ultima stagione; dall’altra, per il criptato, 86.052.000; ma per il biennio 2007- 2009 la società rossonera ha ceduto a Mediaset l’intero pacchetto dei diritti per circa 220 milioni). Stessa clausola è prevista per l’intesa sui new media ( proventi derivanti dalla cessione dei diritti Gprs e Umts).
A quel 48- 50 per cento applicabile a ogni club, che comprende anche la diminuzione dei ricavi da gare ( 33.408.000 euro per il Milan nel 2005), va sommato un 11% legato agli introiti della Coppa Campioni ( stima media, visto che la cifra oscilla a seconda del cammino: nel 2003- 04, quand’erano usciti ai quarti, i rossoneri incassarono dall’Uefa 17.800.000 euro; nel 2004 05, quando raggiunsero la finale, 24.592.000), più un altro 11% connesso alle sponsorizzazioni: nell’eventualità di una retrocessione, infatti, gli accordi verrebbero rivisti. Né l’Adidas, lo sponsor tecnico, né Betandwin, il nuovo main sponsor, uscirebbero dai rispettivi contratti, però li rinegozierebbero ( esistono precise clausole in tal senso). Quelli attuali garantiscono circa 12 milioni di euro all’anno ciascuno, premi esclusi. Adidas e Betandwin non pagherebbero la stessa cifra « se accadessero eventi lesivi dell’immagine del marchio » . Anche gli altri partner, a vario titolo, verserebbero meno soldi. Un bravo manager, intervendo sui costi, può anche contenere le perdite: negoziando con tv, sponsor e giocatori; creando cuscinetti che rendano meno dolorosa la caduta ( esempio: invece di stabilire 10 milioni per la A e 4 per la B, si potrebbe trattare una redistribuzione degli introiti, 8 e 6). In ogni caso, sotto il 60 per cento sarebbe difficile scendere. Se non altro, rispetto alla Juventus, il Milan non subirebbe i danni dovuti alla quotazione in Borsa e al crollo del titolo. Tuttavia le conseguenze di una retrocessione potrebbero toccare non solo i conti e le strategie, ma anche gli assetti societari.
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