Creato da alkimias.alkie il 06/11/2008

Anima Alchemica

I colori dell'Essere Umano

 

Cigarettes

Post n°397 pubblicato il 27 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Un’altra sigaretta

prima di voltarmi le spalle

un’altra stilla

che si accompagna alla tua bocca

e al bacio che le fa da sorella

 

è tutto un divenire

l’esaltazione di noi stessi

al centro di questo mondo

dove tu divieni femmina

così carnale

da trattenere il mio respiro in te

 

amami

che sia così facile

come la neve d’inverno

che ci fa chiudere davanti al fuoco

a riscaldare le nostre illusioni

 

prendimi

che sia difficile farlo

senza l’imbroglio del cuore

accanito alleato del peccato

del frutto così anelato e atteso

 

sorprendimi

senza remore né pentimenti

con l’innocenza tua

che allo sguardo diviene bacio

 

ma non fumare ancora dopo l’amore

 

altrimenti ti uccido…

 
 
 

Tutto e niente (zenzero amabile)

Post n°396 pubblicato il 27 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Di tutto e niente

è fatto il mio amore

 uno zenzero buffo

dall’anima aspra come limone

dolce come la glassa

brioso come cascata

 

nessun effimero sentimento

racchiude in sé questa energia

fatta di tutto e di niente

di piccole cose importanti

 

pensieri nascosti

celati agli occhi degli altri

come un ventaglio a ritroso

che cela il suo mondo

io ti racchiudo

in me

 
 
 

Stanza 216

Post n°395 pubblicato il 27 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Il portiere dell’albergo ci accoglie sorridente, forse ammicca squadrandomi o è quello che io credo di cogliere. Mi chiedo se il mio imbarazzo è così evidente mentre fingo di interessarmi a un depliant che racconta le meraviglie del Parco dei divertimenti di Roma. Marco compila il foglio di ingresso, paga la camera, lasciamo i nostri documenti e chiacchierando come se nulla fosse ci avviamo all’ascensore, fingendo di essere due amici viaggiatori che si concedono una pausa prima di proseguire il loro viaggio.

In quel piccolo abitacolo Marco mi bacia all’improvviso come se non attendesse altro che quel momento. Poco prima in macchina mi ha solo sfiorata la mano per concedersi un breve tocco fisico. Null’altro, per non aumentare il mio imbarazzo di “vergine prescelta” perché è così che mi sento adesso, come se stessi per aprire una nuova porta, un altro mondo nuovo, curiosa di ciò che proverò, di come mi darò perché disabituata a farlo.

Marco scherza molto, mi piace quando lo fa e in questo caso si prende un po’ giro per il suo scarso senso dell’orientamento nel trovare la camera attraverso i corridoi dell’albergo.

Stanza 216.

Ci siamo.

Inserisce la scheda nell’apposito meccanismo, un breve ronzio e un “clac” che aprono magicamente la porta (cazzo,  ma non ci sono più le chiavi di una volta? che razza di pensiero stupido…).

La camera è silenziosa, accogliente: la moquette verde oliva fa il paio con le tende. Sul mobiletto di fronte al letto un grazioso vassoio ospita due tazze in porcellana con tanto di cucchiaini (perché mi stupisco anche di questo?).

Anche se nella camera non si può fumare accendo una sigaretta per sciogliere il mio imbarazzo, offrendone una anche a Marco così mi illudo di raddoppiare il tempo e rimandare ancora un po’.

Mi sento con le spalle al muro, sono qui con lui. E chi l’avrebbe mai immaginato che un incontro di lavoro si sarebbe rivelata un’attrazione simile? Perché Marco mi prende, mi ha presa subito quando, scherzando, ha accennato a brevi passi di  twist durante una piacevole conversazione in ufficio insieme al mio capo. Si impossessa della testa che poi confluisce nei sensi, rapidamente così come profondamente ha bruciato le mie difese, scardinando i miei chiavistelli.

Quel primo bacio in ascensore è seguito ora da altri baci: sfiorati, cercati, sottratti per gioco mentre il mio corpo trema al suo contatto. Mi accarezza il seno attraverso la camicetta e questo bastardo di seno gli risponde facendo rabbrividire i capezzoli. La mia reazione mi sorprende ma mi impongo di non farmi rapire dal desiderio.

Come se fosse facile con Marco: le sue mani sono esperte, sanno dove andare, cosa e come toccare, titillare, irrompere, corrompere. Si toglie la camicia, mi aiuta a togliere la mia così che gli regalo la vista del reggiseno che a malapena riesce a camuffare quei piccoli torsi di carne inturgiditi che spuntano attraverso il merletto.

Cavolo, la sua bocca sa di buono, le sue mani sanno di buono. La sua corruzione continua sa di buono, è inesorabile perché non mi concede ulteriori spazi, altre deroghe.

Accarezza il mio sesso delicatamente, ne gusta il tatto umido offerto al mio piacere che mi costringe a chiudere gli occhi mentre vorrei guardarlo. Tra le mie dita il suo sesso diventa un impero e mi stupisce il fatto che io sappia ancora dare tanto. Penso troppo, dovrei lasciarmi andare, ma siamo come due strani adolescenti che scoprono il corpo dell’altro, delicatamente, senza fretta ma senza programmare il viaggio sul corpo dell’altro.

Liberi di fare.

Lascio che la sua bocca si impossessi della mia carne, due labbra incollate che mi fanno perdere nell’oblio mentre mi sugge la vita per lunghi istanti. Vita per la vita, un solo momento che segue un altro suggello, reciproco, che al suo piacere dà il prolungamento ad altro piacere misto ai sorrisi, agli abbracci stretti, agli scherzi, all’acqua bevuta, alle sigarette fumate, consumate.

Come i nostri sensi che, lo so, avranno altre occasioni.

Perché è quello che vogliamo: viverci

 
 
 

Persa

Post n°394 pubblicato il 11 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Persa

tra i colori dei tuoi occhi

che cambiano espressione

quasi continuamente

Persa

tra le tue mani

e la pelle della tua pelle

tra le sete dei miei giacigli

dove ti ritrovo ogni notte

Persa

oltre le ciglia che guardano altrove

che raccolgono gocce di rimpianti

e le gioie del presente

Persa

trangugiando le tue parole

così strette e vicine ai miei sussurri

mentre mi spogli

lento e suadente

per inchiodarmi ai sogni che mi regali

Persa

con te nei bui rintocchi dell'anima mia

che candenzano il tempo

che mi farà perdere ancora in te

 

 

 

 

 
 
 

Tentami

Post n°393 pubblicato il 01 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Mi tenti.

Con la voce assonnata del risveglio, quando ancora i sogni ti navigano addosso, mentre il caffè si tuffa dentro di te e cerca di svegliarti e il tintinnio del cucchiaio ci fa da campana.

Ma ti riporta a me. O sono io a riportarti qui.

Mi tenti.

Quando esageri con le parole e con i tuoi silenzi così carichi di energia fluida.

Come un sole. Come pioggia. Caldo e umido allo stesso tempo.

Mi tenti.

Con gli occhi dei tuoi occhi che chiedono la mia presenza, il mio amore, la mia essenza, la donna che è fuggita, quella nascosta, la bambina lasciva, l’amante. Tutte le donne che mi vivono dentro.

Mi tenti.

Quando il mio cuore ricomincia a battere confuso perché prima si era dimenticato di farlo, e quando ricomincia mi si annebbia la vista e mi stordisce e mi ricorda quanto sia stato sacrificato, di me, fino a questo momento, quanto di quel battito sia stato soffocato.

E poi mi stupisco quando torni ancora, ancora e ancora per saziarti e appagarti di me e trovi altri appetiti, quando mi cogli fremente perché chiedo le tue attenzioni e vibro tra le tue mani.

Come un immenso globo terrestre, mi percorri tra valli, anfratti, rilievi che ti sono sconosciuti ma noti o di nuovo conosciuti ma ignoti allo stesso tempo.

Ti amo. No, di più.

O diversamente, ma ti amo.

Mi tenti.

Molto più di quello che pensi, più di quello che sai di me che sembri conoscere da sempre e che ti elargisco a piene mani. Senza più vuoto a perdere perché di vuoti non ce ne sono, ma una pienezza appagante dapprima latente, ora sconvolgente e reale.

Mi tenti.

E voglio essere tentata, azzardata appena e poi scivolarti addosso, lenirti e sfiorarti, scioglierti e sciogliermi insieme a te, liberi da frulli e  passi legati, come una passeggiata a piedi scalzi.

Mi tenti.

Quando travolgi te stesso per scovarmi nelle pieghe nascoste che ti offro aprendo gli schermi, annullando gli schemi convenzionali divenendo la mia ossessione costante, non più latente.

Voglio mangiarti.

Morsi senza tormento a bocconi ripieni, a stille carezzevoli tra papille e gusto sincronico.

Mi tenti. E io non voglio fuggire.

 
 
 

I perché

Post n°392 pubblicato il 01 Agosto 2012 da alkimias.alkie

Perché il caos intorno

che fugge insieme al vento oscuro

e all’indifferenza chiusa dell’uomo

nella sua gabbia dorata

i suoi pensieri  rapisce

Perché difendere sé stessi

mentre tutto è sommerso

e solo l’Io rimane

a testimonianza delle nostre debolezze

e del nostro egoismo

Perché la paura dell’apertura

giace ai piedi dell’umano essere

mentre tutti  i nostri perché

liquefano le nostre vite.

 

 
 
 

...

Post n°391 pubblicato il 30 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Ti lascio un bacio affamato

ne chiedo uno ancora

prima che tu vada

e la porta si chiuda alle spalle

le tue

dove ho scritto parole silenziose

Chiedimi un altro bacio affamato

ingordo della carne mia

e umori mischiati

goloso di altre parole

le mie

che ho graffiato sulla tua pelle

Lasciami te

che di te non posso fare a meno

 
 
 

Presenze e Assenze

Post n°390 pubblicato il 25 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Di dolcezza e profondità

sono i tuoi pensieri

li stillo uno a uno

 

senza fretta

mi lascio invadere e conquistare

abbandono le difese

all’approdo dei miei sentimenti

 

di ciò che vive dentro me

ti faccio dono

compensazione tra le assenze

e le presenze costanti

 

senza limiti

 
 
 

...

Post n°389 pubblicato il 11 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Inondami del tuo Amore

così muto ed evidente

fa che sia giorno assolato

come una campagna silente

dove cicale e grilli cantano i loro cuori

mai abbandonati alla vita

 

nel grano così biondo

fioriscono papaveri adorati

semplici corolle

piccoli altari inneggianti al sole

 

in questo pomeriggio

così pigro

dove il desiderio si fa incalzante

io ti voglio

così muto ed evidente

 
 
 

...

Post n°388 pubblicato il 11 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Ho incontrato un fiore che danza

E me ne sono innamorata...

 
 
 

Un risveglio diverso

Post n°387 pubblicato il 11 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Vi anticipo il testo che sto ultimando per partecipare a un concorso indetto da "Il Messaggero" di Roma, riservato alle Donne che amano scrivere, dal titolo "Un giorno ti svegli e sei un'altra persona", 10mila battute totali.

Come mi succede spesso, le idee per scrivere mi balenano all'improvviso e, nonostante io venga sommersa da altri suggerimenti, difficilmente cambio rotta. Per questo motivo, il testo che segue rappresenta il "mio lampo" ovvero l'idea che mi è balzata alla mente leggendo l'invito al concorso. Sono a 6500 battute e mi sono bloccata sul finale che dovrà per forza cambiare la vita della protagonista.

Ve lo propongo...

  

"L’aereo sorvolava il deserto dopo la missione di ricognizione e il mio pensiero correva alla mia famiglia in Italia. Sapevo che i miei genitori erano in ansia dopo l’attacco sferrato dalle forze afghane contrarie alla missione di pace; non ero ancora riuscita a parlare con loro visto il divieto di qualsiasi comunicazione all’esterno, ma il mio distretto militare aveva provveduto a inviare loro un telegramma, anche se stringato, informandoli della mia incolumità. Almeno sapevano che ero ancora viva.

Il rumore assordante dei motori del nostro C27-J si mescolava alle voci dei miei compagni che ai miei occhi sembravano più dei bambini di ritorno da una gita scolastica che soldati in missione. La tensione accumulata durante il volo e, soprattutto, la sveglia alle prime ore dell’alba ci aveva stremati e il ritorno alla base senza ulteriori impedimenti era la giusta occasione per rilassarci. Certo, le loro battute maschie mi davano fastidio, ma ormai ero abituata al loro modo di scherzare e dopo i primi tempi, tutti mi consideravano una di loro senza distinzione di sesso.

Chiusi gli occhi, cercando di riposare un po’, avevo due ore di tempo prima che l’aereo atterrasse al campo.

In realtà volevo isolarmi per pensare ad Ahmed Al’Ahad, figlio di un imprenditore afghano che nella guerra aveva perso la moglie e aveva visto distrutta la sua azienda di informatica. Avevo conosciuto Ahmed all’ospedale da campo dove l’avevamo portato, ferito da fuoco “amico”, dopo un’incursione aerea dei nostri alleati inglesi. Di lui mi avevano colpito gli occhi castani screziati di verde, così profondi e maliziosi, così intensi e pieni di coraggio dentro i quali mi ero gettata come a cercare protezione, io, un soldato italiano in missione di pace dove la pace non c’era.

Nei giorni seguenti ero tornata all’ospedale spesso e lì avevo seguito la sua guarigione, trascorrendo i pomeriggi – quando le incursioni militari me lo permettevano – parlando delle nostre reciproche vite. Contrariamente alla cultura del suo Paese, Ahmed aveva ricevuto un’istruzione europea, avendo viaggiato molto e frequentato la Facoltà di Ingegneria delle Telecomunicazioni presso l’Università di Pisa.  Parlavamo molto e nei suoi occhi riuscivo a trovare quel conforto che avrei dovuto dargli io.  Lui parlava alla mia anima, senza restrizioni;  la semplicità con la quale descriveva la sua vita, la complessità della sua religione, la sua genuina intelligenza erano diventati per me indispensabili.

Dalle chiacchiere e dall’ammirazione reciproca fu facile innamorarci l’uno dell’altra.

Quando uscì dall’ospedale, ormai ristabilito, ci vedevamo in una specie di bar accanto al negozio di tappeti di suo zio, dove servivano i bichak, una sorta di raviolini ripieni fritti accompagnati da thè speziato. Joluliah , il proprietario,  conosceva Ahmed dalla nascita e per questo ci riservava un trattamento speciale facendoci assaggiare piccole specialità con il manzo e le verdure locali. Il locale portava i segni di un lungo periodo di attività anche se l’arredamento era semplice ma pieno di colori. All’esterno i tavoli ospitavano gente comune che si sedeva gustando bibite dissetanti chiacchierando. Forse amici, o solo conoscenti che cercavano un segno di continuità alla loro vita disastrosamente interrotta dalle guerre intestine. Un contrasto, un pugno nello stomaco.

Fu una sera che accadde. Ahmed mi aveva appena accompagnata al campo. Le stelle sopra di noi formavano un ombrello luminoso, come lucciole che avremmo voluto rubare per giocarci insieme. Anche la luna faceva la sua parte, così luminosa da allungare piacevolmente le ombre dell’accampamento che così modificate assumevano la figura di un castello. E lui era il mio cavaliere, pronto a difendermi dal drago cattivo, a combattere per me, a vestirsi d’oro e regalarmi la sua sciarpa di seta dopo la vittoria.

Teneva le mie mani tremanti tra le sue come a infondermi coraggio. A me che avevo già ucciso i nemici durante le incursioni notturne, a me che avevo visto gli orrori di una guerra senza fine, visto uccidere donne e bambini e vecchi con la barba, a me che ero già stata ferita da un coltello sferrato con odio. A me che ero un soldato.

Ma anche donna.

Fu così facile offrirgli le mie labbra e rabbrividire accogliendo le sue, così incomprensibilmente sorpresa dopo quel contatto che gli avevo concesso. Troppo facile prendergli le mani per offrirgli la mia schiena che lui strinse, forte e dolce allo stesso tempo, portandomi ancora di più verso il suo corpo.

Nel mio alloggio, poco dopo, chiusi la porta alle mie spalle con il cuore impazzito e la testa che faticosamente tornava alla realtà. Come potevo innamorarmi di un altro uomo? Per di più di cultura e abitudini diverse dalle mie? Come potevo aver messo da parte il mio cuore negli ultimi giorni, aver dimenticato la mia promessa ad un altro uomo rimasto in Italia?

Inutile cercare di dormire quando le domande irrompono nella mente e non lasciano spazio a risposte.

 

Che poi non avevo avuto tempo per cercarle, queste risposte, visto l’allarme che irruppe la stessa notte.

E via, indossata la tuta mimetica, l’elmetto, armati fino ai denti, ci attendeva un’altra operazione di controllo e di ripulitura a seguito dell’informazione che si stava preparando un altro attentato contro i civili per il giorno seguente.

Durante le perquisizioni si viene a contatto con la disperazione delle persone. Non sai mai se la casa esplorata sia il luogo dove convengono i traditori, dove si riuniscono gli attentatori; così, si spezzano i sogni delle persone e ti ritrovi appiccicati addosso gli sguardi terrorizzati di gente comune che, magari, nulla ha a che fare con questa guerra del cavolo.  Anche se porti la pace, anche se fai di tutto per portare la pace, se ogni sforzo le è dedicato, in questo posto la guerra la si percepisce continuamente, così come il terrore di venire uccisi.  I bambini sono la cosa peggiore perché vedi la loro innocenza sporcata dal sospetto, perché noi adulti e consapevoli del pericolo vediamo il pericolo ovunque, anche nella loro purezza. E così, può capitare che un gesto improvviso lo si interpreti come un tentativo di insubordinazione o una colpevolezza latente e che questo ti faccia reagire senza senso, senza un motivo apparente se non quello della paura.

La raffica era partita improvvisa, neanche il tempo di rendermi conto di chi avesse sparato. Vedevo solo quel piccolo corpo afflosciarsi dopo essere rimasto a mezz’aria per una manciata di secondi come un fermo immagine e la madre, dalle cui braccia il bambino era sfuggito improvvisamente, che si gettava sul figlio per proteggerlo nonostante fosse chiaro che le ferite erano gravissime.

Ma respirava ancora.

Cercavo inutilmente di allontanare la madre da quel corpicino mentre il sergente Malta si metteva in contatto con l’unità medica per far arrivare l’ambulanza al più presto e prestava i primi soccorsi al bambino.

Lo sguardo di quella madre era disperatamente alla ricerca di risposte che non le sarebbero mai state date. Come può un bambino essere colpevole? Come può un adulto uccidere la purezza?

L’ambulanza arrivò subito dopo. Caricarono il bambino insieme alla madre e partì alla volta del campo medico. Nella stanza ancora l’odore degli spari mescolato a quello del sangue. Mi guardavo attorno, memorizzando ogni angolo, portando in me lo strazio della donna e il colore di quel sangue innocente, versato in nome di una pace che non trovavo da nessuna parte., cercando di trattenere le lacrime perché ero un soldato e un soldato non piange, mai.

Ma ero anche una donna.

Tornammo alla base che era ormai l’alba. Il colpevole di quell’atto orrendo sarebbe stato sottoposto a interrogatorio e punito.

Il sole si alzava all’orizzonte mescolando la sabbia agli odori della vita e della morte che manipolavano i giorni e cadenzavano le ore, quello stesso sole che mi aveva vista sorridere  ad Ahmed durante i giorni precedenti facendomi dimenticare la vita stessa.

Dormivo ancora quando il Comandante Saveri ci chiamò a rapporto: voleva avere tutte le informazioni utili sull’accaduto della notte precedente per poter formulare un resoconto dettagliato degli avvenimenti.

Mi limitai a riferire quanto avevo visto e rientrai nel mio alloggio dove trovai un messaggio di Ahmed: voleva vedermi al solito posto.

Mentre mi avvicinavo al piccolo locale, vedevo Ahmed parlare con altre persone in modo concitato. Avrei voluto abbracciarlo per sentire ancora il contatto del suo corpo sul mio e solo in quel momento mi accorgevo di quanto mi fosse mancato.

Si accorse del mio arrivo solo quando gli poggiai una mano sulla spalla. Si girò e il suo sguardo mi colpì come una lama di acciaio: erano freddi, distanti. Congedò rapidamente le persone con cui stava parlando e mi invitò a sedere. Sul tavolino un bicchiere di the alla menta, pensiero gradevole vista la temperatura. Ma..."

e qui c'è il blocco "dell'artista". Perché nella mia mente ho due finali da sviluppare: 1) lei si innamora perdutamente di Ahmed, sposa la sua religione, la sua cultura e rimane in Afghanistan; 2) in una delle incursioni scopre che Ahmed fa parte di un'unità sovversiva e lo uccide.

Secondo voi, come dovrebbe finire??

 

 

 

 
 
 

Pizzica (ma lascialo pizzicà)

Post n°386 pubblicato il 09 Luglio 2012 da alkimias.alkie

[14:40:20] Across TheShadows:



Tan taratatan

 
Sferzano le note
Al movimento della sottana
Veli si aprono
Al ritmo sfrenato dei tamburi
A svelare fattezze sconosciute e piene

Tan taratatan


Un piede dopo l’altro
A cambiare direzione
Verso il sole che ritma di più alla vita
Che all’amore invita
Fino allo stremo delle parole.



Alkimias.Alkie

 
 
 

Grazie, come sempre

Post n°385 pubblicato il 06 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Tanta gente è entrata ed uscita dalla mia vita quasi fosse un romanzo dove i protagonisti si sono alternati per non lasciarmi mai da solaMolti mi hanno regalato altri mi hanno tolto Con alcuni ho vissuto emozioni intense e con altri ho pianto Ma Tutti mi hanno preso per mano in questo Presente che non fu mai Passato e forse sarà futuro. Grazie!

 
 
 

Sempre e Mai

Post n°384 pubblicato il 06 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Non c’è un sempre non c’è un mai

ma qui, ora, senza un passato

a un passo da me

da noi

dal tuo abbandono dentro di me

senza scrupoli rimorsi ripensamenti

né muri a difendere

solo anima carne istinto

stregato connubio alchemico

ampolle colorate

dove il viola la fa da padrone

e il rosso accecante diventa una rosa

dallo stelo senza spine

ricamata d’amore

Il tuo

 
 
 

Zakk Wylde, sempre lui...

Post n°383 pubblicato il 06 Luglio 2012 da alkimias.alkie

 
 
 

Io so' Unica (e me ne vanto)

Post n°382 pubblicato il 05 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Ner delirio mio de onnipotenza

mentre er core crocefigge er tempo

dall’artre donne me sento diversa

 

Ar confronto me desto

ilare e lesta

che ad ascortà l’artri

sempre s’empara

 

Sì, ce vo’ pazzienza, sapete

ad arricchì l’animaccia mia

perché puntualizzo sempre

e chiedo er perché d’ogni cosa

(d’artronde la curiosità non è una rosa)

 

De la Donna c’ho le fattezze

l'animo gentile

le zanne vampiresche (quanno ce vo’.. ce vo’)

le unghie della lupa

li tacchi da… (omissis…)

le calze vellutate

 

Nun biascico

nun brontolo pe’ ‘n capriccio

nun pesto li piedi come le regazzine

der monno amo l'incanto

So’ Donna eh?

 

E me ne vanto

 
 
 

Schopen -- per riflettere un po'

Post n°381 pubblicato il 05 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Dov'è la nostra felicità? Nella testa degli altri

In tutto ciò che facciamo l'opinione altrui
viene presa in considerazione prima,
quasi, di ogni altra cosa; e,
se ci riflettiamo attentamente,
vedremo che quasi la metà
di tutte le ansie e di tutti i timori
che ci hanno turbati nel nostro passato
nascevano da quella preoccupazione.

Per apprezzare al suo giusto valore l'opinione altrui basta riflettere, come consiglia Schopenhauer, sulla superficialità e futilità dei pensieri, sulla bassezza dei sentimenti, sull'assurdità delle opinioni che si riscontrano nella maggior parte dei cervelli. E allora impareremo a vivere più per noi che per gli altri.

 
 
 

Cito ergo sum

Post n°380 pubblicato il 05 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Qui cito Hikmet

 

E so
che oggi non posso,
come non potei ieri
e non potrò domani,
fare nient'altro
che pensare a te
e amarti

 
 
 

Sono/Non sono

Post n°379 pubblicato il 05 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Sono

oltre la carnalità del vivere

senza un quotidiano da condividere

nella sacralità delle mie lacrime

che confondono i sorrisi

e tacciono le paure

come una liberazione attesa

 

Fumo di sigaretta

mescolanza di aromi

come un mughetto in fiore

che penetra nelle mie narici

 

mi vesto di malinconia

senza disperazione

ma di etereo Amore senza tocco

se non quello alla mia anima

rappresa

consunta

ma sempre viva nel riceverti

Ancora

 
 
 

Slow sex

Post n°378 pubblicato il 05 Luglio 2012 da alkimias.alkie

Andiamo sempre di corsa. Le nostre giornate sembrano un circuito di formula uno in cui la bandierina a scacchi si abbassa quando si apre la porta dell’ascensore e poi a volte si ripassa più e più volte dal via sempre diretti in posti diversi, sempre più stanchi e sempre più in fretta. Ovviamente quando si torna a casa l’unica cosa che desiderabile davvero è spegnere i motori e dormire come se non ci fosse un domani. In realtà, però, non è esattamente questa la miglior cosa da fare.

Occorre infatti trovare il tempo per godersi i piaceri della vita
, per assaporarli con calma dando al nostro organismo e alla nostra mente la possibilità di capire cosa sta succedendo. Perciò dopo lo slow food sta prendendo piede lo slow sex,  tendenza avente gli stessi principi ma in versione hot. . Non si tratta di una semplice mania, di una moda creata da qualche perdigiorno disoccupato, ma di un modo per rispondere ad esigenze del nostro corpo che spesso tendiamo a non ascoltare, come ha spiegato il sessuologo Alberto Caputo dello IES: “In un’epoca in cui tutto è veloce, si sente il bisogno di riscoprire la tranquillità anche tra le lenzuola. Il sesso, come il vino, deve essere decantato per dare il meglio, per liberare ogni sfumatura. Più l’atto è rilassato, più benessere dà al corpo e all’intesa di coppia”.

Ovviamente a patto che non si pensi allo slow sex “come a uno dei tanti impegni da assolvere, ma come a un evento importante a cui dedicare il giusto spazio, proprio come una
cena al ristorante”. La chiave di questo nuovo modo di intendere la sensualità è, appunto la calma. Non servono candele e musica soft, non è necessario impiegare del tempo per creare chissà quale atmosfera, basta fermarsi e riscoprire l’intimità col proprio partner in maniera graduale e rilassata, prendendosi il giusto tempo per massaggi e carezze, per silenzi e sussurri, per sincronizzare il respiro rimandando un po’ il picco del piacere dato che l’orgasmo non è il fine ultimo. Non vi sentite già terribilmente rilassati? Bene, occhio a non dormire però!

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