C’erano almeno tre buoni motivi
per cui mercoledì 29 febbraio,
Saverio Bortolotti di anni otto,
si trovava chiuso dentro l’armadio di camera sua.
Il primo si chiamava amore,
il secondo non ricambiato,
il terzo Susanna.
E dire che quello avrebbe dovuto essere un giorno speciale, se lo ricordava appena il suo ultimo compleanno, il 29 febbraio di quattro anni prima, che fosse un anno bisestile lo avrebbe capito col tempo, ricordava solo che era vestito da Zorro e che alla sua festicciola, tanto rise, che gli occhi impiastricciati di nero, cominciarono a bruciargli così forte da dover ricorrere alle coccole di Susanna, l’amica francobollo di sua sorella, otto anni più grande di lui.
Ed ecco che a rovinargli la festa questo 29 febbraio ci si era messa proprio Gemma, sua sorella, un tornado dagli occhi azzurri che aveva pensato bene, conoscendo la sua curiosità e malizia di bambino, di farlo assistere alle schermaglie amorose tra lei e Guido, suo aspirante moroso, che però non se la filava troppo e allora si inventò un gioco scaramantico chiudendo suo fratello nell’armadio e sperando che questa cosa, come per magia, potesse spingere Guido a chiederle di mettersi insieme.
Saverio poteva sentire le voci dei suoi amici che si divertivano a giocare con la playstation mentre lui, in silenzio, nel buio dell’armadio, si era accucciato, per poter più comodamente assistere a una scenetta che si preannunciava gustosa non tanto però da fargliela preferire alla compagnia dei suoi amici.
“Ti piaccio?” La voce di Gemma, un sussurro, era rivolta a un Guido stralunato, seduto sul letto, le lunghe gambe abbandonate che non sapevano trovare una posizione.
Lei, inginocchiata sul pavimento, accanto a due piedoni affondati in un paio di scarpe Nike d’ordinanza si era fatta scivolare volutamente una spallina della camiciola tanto che da sotto il cardigan affiorava un filo di pizzo nero nettamente in contrasto con i colori dell’insieme.
“Giochi a tennis?” rispose lui con un’altra domanda, aria svagata, occhi puntati su una racchetta appoggiata ad un angolo della stanza. Era visibilmente turbato ma non lo dava a vedere. Non era preparato a quella esplicitazione visiva e verbale piombata all’improvviso, tanto più che era fortemente preso da Susanna, l’amica, che, guarda caso, non se lo filava per niente.
Gemma, naso arricciato, visibilmente delusa, aggiustandosi la spallina, con forzata naturalezza rispose acida:
“No, è di mio fratello, caspita non si capisce che è la stanza di un maschio?”
Saverio intanto, da dentro quella scatola chiusa cominciava a dare segni di irrequietezza, tanto più che la posizione innaturale e la scena insipida non giustificavano la sua rinuncia a cose più piacevoli.
Ma come fare, visto che quei due continuavano a confabulare, a voce bassissima ora e sua sorella probabilmente si era dimenticata di lui?
E poi, i suoi amici, a quest’ora si sarebbero dovuti accorgere che mancava e le patatine, la coca cola, la torta…
“Ma dov’è Saverio?” Le parole di Susanna, entrata nella camera senza bussare li colse impreparati e mentre Gemma con grande faccia tosta si guardava attorno stupita, gli altri due erano usciti a cercarlo.
Gemma intanto cercava di aprire l’armadio sommersa dagli insulti di Saverio che le dava dell’incapace perché la chiave si era inceppata.
Il rumore metallico dei giri nella toppa e gli improperi che provenivano dall’interno fecero accorrere un po’ tutti ma una volta uscito Saverio non si seppe mai il perché e il per come di quel bizzarro fuori programma.