Tracce di rossetto.
Emozioni, sentimenti, esperienze di vita a confronto, sotto la lente d'ingrandimento della memoria.
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Post n°17 pubblicato il 31 Ottobre 2007 da SeFossiMichelle
Anzichè il cinema, il ballo, la serata in trattoria, l'incontro in pizzeria in allegria, tra amici, di sovente mi attendono dietro l'angolo impegni fitti di lavoro, per i quali è noto l'orario di inizio, per via delle convocazioni scritte, ma non quello di conclusione. Non è certamente facile la vita di chi si dedica anima e corpo al lavoro, nella triste consapevolezza che ciò, un pò per volta comporterà incomprensioni e gelo all'interno delle pareti domestiche, tra gli affetti più cari, che reclamano, a giusta ragione, tempo e attenzioni, dopo tanta e prolungata trascuratezza. Non è altrettanto facile conciliare il tempo da dedicare al lavoro, soprattutto quando questo è senza orari, con quello da riservare alla famiglia e anche a se stessi, al meritato relax, perchè il rischio di notti insonni derivanti dallo stress è sempre dietro l'angolo. Non ho figli e riconosco di aver investito gran parte della mia vita dapprima nello studio e successivamente nel lavoro. Quest'ultimo, al pari del primo, si è trasformato in una autentica passione, più che in un impegno o in un dovere. Prima o poi tuttavia la latitanza dalle pareti domestiche e dal cuore della persona amata diviene oggetto di aspri conflitti di coppia. Ad aggravare il quadro appena descritto, subentrano le illazioni ed i sospetti, che fanno capo alla gelosia e all'amarezza per vedersi vanificare serate allettanti al ristorante, vacanze di più o meno breve durata e in generale spazi di vita condivisa. Gradirei così confrontarmi con chi vive l'impegno professionale con dedizione tale da sacrificare spesso la propria vita privata e in primo luogo la sfera affettiva. In particolare chiedo se è ancora uno scoglio insuperabile quello della donna MOLTO impegnata (trovo sprezzante l'espressione DONNA IN CARRIERA). Ho sentore che ancora solo agli uomini vengano concesse scusanti ed attenuanti per il super-lavoro. Il retaggio dell'educazione, dei tabù, delle regole non scritte, inducano anche le famiglie più aperte da questo punto di vista, ad adottare pretesti, freni e pregiudizi di antica, infausta memoria. Non parliamo più di quote rosa, per favore... Che ne pensate? |
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D’altra parte è anche vero che spesso a noi donne è sempre richiesto qualcosa di più: per essere prese in considerazione dobbiamo dimostrare di “valere”, a parità di situazione, molto di più dell’uomo (e questo si traduce anche in un impegno maggiore pure in termini di tempo) … la discriminazione è una realtà quotidiana anche quando non è microscopicamente evidente.
Ed oltre al danno subìto per tempo che, di fatto, ci viene sottratto (in quanto “preteso” per considerarci su un piano “paritario” rispetto all’uomo), c’è anche la beffa di quella concezione, ancora dominante, che concede agli uomini quelle attenuanti e scusanti per il super lavoro che non sono riconosciute alle donne. In quanto alle passioni … anche queste, sia che siano riferite al lavoro, sia che siano riferite al tempo libero, diventano “cose serie” degne di apprezzamento, sostegno e comprensione se sono passioni degli uomini. Ed è alle donne (e non agli uomini) che spesso si dice: “ma chi te lo fa fare?” Trovo che questo sia intollerabile perché mira a “sminuire” il soggetto “donna” ed il ruolo della donna nella società, continuando a considerarla un soggetto di serie “B”.
Lo scoglio della donna “molto impegnata” si potrà effettivamente superare solo nel momento in cui ci sarà un cambiamento culturale che non veda più l’uomo al centro dell’universo e che restituisca alla donna quella “pari dignità” di cui si parla tanto.
Per quanto riguarda le quote rosa … penso che il problema sia alquanto complesso.
Non credo che i retaggi culturali maschilisti si possano cancellare con norme che impongano quote di rappresentanza delle donne. È per questo che ho sempre guardarto con criticità le quote rosa.
Ma è anche vero che ogni volta che ci sono le elezioni, la candidatura delle donne è sempre bassa. Qualche partito, a volte, ne candida un numero maggiore rispetto agli altri, ma nella sostanza le donne restano ai margini della politica e delle istanze in cui si decide.
Il punto è che le donne non sono una minoranza soltanto in Parlamento ma sono anche una minoranza ai vertici sindacali ed ai vertici dei partiti: è anche qui che gli uomini non sono disposti a “cedere potere”. Certamente ciò accade non perché manchino donne che abbiano i numeri, ma per la permanenza di una cultura maschilista dura a morire che continua a dire “il potere è mio!”. È una guerra tra sessi: le donne sono l’altro sesso che gli uomini vorrebbero mantenere “sottoposto”.
Certanente non amo le quote rosa ma mi sono stancata di aspettare che i partiti si decidano a candidare le donne. Ormai si è capito benissimo che anche all’interno dei partiti non si vuole perdere potere … ed è questo il motivo che ha spinto le donne a decidere di fare, in prima persona, una battaglia che scuota tutti i partiti e ne evidenzi le contraddizioni rispetto alle donne ed in particolare rispetto a questo tema.
Perciò, nonostante le quote rosa non mi piacciano, ne sostengo la battaglia e rivendico, quindi, l’applicazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione: allo stato attuale è l’unica condizione che possa garantire alle donne un più equo accesso in politica nella fase elettorale.
Indubbiamente l’applicazione del dettato costituzionale non cancella automaticamente i retaggi culturali maschilisti, è vero, ma può essere un punto di partenza, un primo passo, per cominciare ad affrontare più seriamente il problema culturale del maschilismo e del ruolo della donna nella società. Un diverso rapporto di forza potrebbe facilitare questo discorso ... anche se, a mio avviso, il cammino da fare è ancora molto lungo …