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Post n°83 pubblicato il 24 Settembre 2014 da sanavio.stefano
Nome enigmatico, look falso trasandato che fa molto indie, una voce fuori dal comune, un chitarrista di lontane origini genovesi e ‘genoane’ (ha sbandierato in più occasioni l’attaccamento alla squadra più antica del bel paese facendosi ritrarre con la maglia rosso blu); queste sono le caratteristiche della band sulla quale questo mese mi dilungo. Nome enigmatico dicevo poc’anzi perché pare sia derivato dalla celebre Linda Kasabian, una delle ancelle di sua malvagità Charles Manson, ma anche il fatto che tradotto in armeno voglia dire macellaio ha un suo perché. Fatto sta che i Kasabian sono ad oggi una delle poche promesse mantenute dalle nuove band albioniche. Formati nella piccola (rispetto a Londra) Leicester, il primo nucleo vede Sergio Pizzorno (ecco il genoano di prima) alla chitarra, Tom Meighan alla voce solista e Christopher Karloff che se la sfanga con tastiere quanto con le chitarre; si aggrega a loro il bassista Chris Edwards per partire col botto, incrociando la strada di un manager della potente RCA che permette loro di misurarsi con dei singoli. Il risultato è sconvolgente, tre muscolosissime prove (“Processed Beats”, “Club Foot” e “LSF”) che fanno incetta di riconoscimenti sulle college radio. Settembre 2004, dieci anni fa esatti esce l’omonimo “Kasabian”, che oltre ai tre singoli di cui sopra annovera altri pezzi convincenti quali “Reason Is Treason” (riprodotta anche in modalità nascosta con remix) e l’aria malsana di “Test Transmission”. Lavoro carino per una band esordiente, posto che di esordi fulminanti ormai non ce ne sono più dai tempi degli Stone Roses (ecco un nome che ritorna dopo l’ascolto), un mix di Primal Scream meno danzerecci e gli Oasis meno sdolcinati. L’anno dopo entra a far parte della formazione ufficiale il batterista Ian Matthews e se ne esce Karloff per divergenze circa la direzione artistica da intraprendere, nel 2006 esce il seguito “Empire” che ottiene un buon successo. Da segnalare il salto di qualità definitivo in termini commerciali ottenuto dall’album “Velociraptor!” del 2011 soprattutto per la presenza della ballata “Goodbye Kiss” che raggiunge vette insperate nelle classifiche di vendita. Quest’anno è uscito il loro quinto e attualmente ultimo disco di studio “48:13” dove il groove danzereccio è ancora più accentuato, così come alcuni rimandi al krautrock anni settanta. Per inciso: cinque dischi in dieci anni rapportati all’esigua prolificità dei tempi odierni sono un bottino rilevante, anche in questo i nostri si distinguono dalla massa. |
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