Creato da toughenough il 22/08/2007

Cinema e Amenità

Cinema e Amenità

 

 

IL CIELO SEGRETO (IZULU LAMI) di Madoda Ncayiyana

Post n°173 pubblicato il 05 Giugno 2010 da toughenough
 

Il cielo segreto" è un film sudafricano, distribuito in Italia sull'onda dell'interesse del mondo verso la nazione ospitante i mondiali di calcio. L'idea della pellicola pare quella di porre all'attenzione del mondo esterno, verso i disagi sociali della nazione patria di Nelson Mandela. La storia narra di due piccoli bambini della campagna, Thembi e Khwezi, i quali rimangono orfani quando la loro madre muore in seguito ad una malattia. I loro parenti più stretti, nella figura della sorella della madre, li spogliano delle loro poche cose e li abbandonano al loro destino. Ma la piccola Thembi ha nascosto dalla razzia una stuoia artistica, e parte alla volta della città per venderla al prete bianco con il quale commerciava sua madre.
Da qui cominciano le avventure di questi giovani bambini, che passano dalla ruralità alla frenesia della città, che nasconde tanti piccoli inganni e tante grandi insidie.
Il film procede da qui in poi affrontando le varie tematiche del disagio della vita ai margini della società, dai bambini che sniffano la colla, alla prostituzione minorile (e quindi alla pedofilia) alla vita fatta di stenti, furti e piccoli espedienti, ma non convince. Tutto è affrontato all'acqua di rosa, tanto che potrebbe benissimo essere un film targato “Buena Vista” (il ramo distributivo della Disney per i film) e forse non si vede una vera sofferenza, di quelle che prendono il fegato, in tutto lo svolgersi della storia. Verso la fine, poi, la linea temporale viene persa di vista, il buonismo dilaga e fa spazio al finale stucchevole in pieno stile Topolinia.
Dal punto di vista tecnico, sembrano molti i mezzi messi in campo, con un vasto uso di carrelli, una buona fotografia (ma mai emozionante) e una certa cura nelle riprese, senza però che questo conferisca un'anima allo stile di regia. L'impressione generale è quella di un film didattico, un po' di maniera, e mi avventurerei a dire “fatto su misura per l'uomo bianco industrializzato”.
Il che non sarebbe neppure un male assoluto, soprattutto se fosse visto dall'utente calcistico medio che probabilmente ignora la maggior parte dei problemi presentati (e che non gli fa più effetto di un film tratto da un racconto di Dickens) se non fosse che le persone che tendono ad osannare questo film sono le stesse che hanno magari deprecato "Slumdog Millionaire" di Boyle per aver privilegiato la storia rispetto alle condizioni sociali dell'India.
Il film, in definitiva, può anche risultare gradevole o educativo, soprattutto se lo si riferisce al target dei giovanissimi, a cui personalmente penso che sia indirizzato, senza trasformarlo in una pellicola di denuncia sociale o uno specchio esaustivo delle condizioni del Sud Africa.

                                                                     T.

 

P.s. Il film è in SudAfricano con sottotitoli.

 
 
 

ILLUSIONE DI POTERE di Phillip K. Dick

Post n°172 pubblicato il 25 Maggio 2010 da toughenough
 

In questo libro di Phillip K. Dick ci sono tutti gli elementi che lo hanno reso famoso: simulacri, viaggi spaziali, viaggi temporali e droghe. Il tutto sapientemente mescolato con una scioltezza imbevuta di autobiografia, che ci rende quasi tattile la figura femminile di Kathy, moglie del Dottor Eric Sweetscent, specialista in trapianti.
Il dottore, alle dipendenze di un multimiliardario stravagante e ancorato alla sua infanzia di ben 130 anni prima, si ritrova catapultato, con il classico arrancare quasi da personaggio Noir, in eventi più grandi di lui, che coivolgeranno i Terrestri, gli insettoidi  mostruosi Reeg e i Lilistariani, nostri alleati, del tutto simili a noi (almeno esteriormente).
Il romanzo richiama le atmosfere incerte di Ubik (altro romanzo di Dick), proponendoci anelli del continuum, paradossi temporali (degni di Ritorno al Futuro:) e teorizzazioni del multiverso, che soprattutto in quegli anni (1966) non erano bagaglio comune di tutti gli autori.

Con tutti i romanzi o racconti tradotti in pellicola di Dick, che sono tantissimi, tra cui alcuni fedeli e riusciti (Screamers, Blade Runner ecc.), altri stravolti e fallimentari (su tutti, Next...) e altri scopiazzati alla bene e meglio senza pagare i diritti d'autore, o carpendone solo il concept (prendete ad esempio "Tempo Fuori Luogo" e guardatevi la prima parte di "the Truman Show"), non si capisce come mai nessuno abbia mai pensato di rovinare questa splendida storia facendone un film. Più di altri questo romanzo, modernissimo, audace, brillante, si presterebbe alla trasposizione sul grande schermo, conservando in sè tutti gli elementi per una ottima riuscita. Il romanzo di quasi 300 pagine scorre via alla velocità della luce trascinandoci con sè in un ideale primo e secondo tempo, facendoci conoscere personaggi controversi, complessi, accattivanti, come l'ambizioso Gino Molinari, grande stratega politico, grande manipolatore, che però si strugge per il destino della Terra patendo le pene dell'inferno, o  Mary Reineke, che affronta il suo destino da bambina adulta con la spregiudicatezza della sua giovane età.

L'unica nota stonata di questo romanzo edito da Fanucci è la copertina del libro. Non si dovrebbe permettere ad un grafico qualsiasi di sciacallare l'immagine dei Dalek (Doctor Who) per creare una copertina che dovrebbe risultare "originale" (nel senso di nuovo prodotto). Ma temo che la battaglia con gli illustratori dei libri, sia persa in partenza. Forse basterebbe costringerli a leggere il libro che vanno ad illustrare, se lo fanno fare.

 

                                                     T.

 
 
 

LIFE ON MARS: UK vs USA.

Post n°171 pubblicato il 17 Aprile 2010 da toughenough
 

Ha senso secondo voi prendere una serie che funziona, che ha vinto numerosi premi internazionali per qualità, concept, development e quant'altro, abbruttirla, banalizzarla, “scimmiottarla”, massacrarla con attori mediocri ed inadatti?
Ecco, questo è quello che è successo a Life on Mars (UK) nella sua trasposizione a stelle e striscie; originalmente narra le gesta di Sam Tyler, solerte agente investigativo della Corona alla caccia di un serial killer, che nell'esercizio delle sue fuinzioni, nel tentativo di salvare la sua ex fidanzata e partner investigativo Maya, viene investito da un auto.

Si risveglia nel 1973.

La storia si dipana da questo punto, e il punto forte della serie, oltre ai costumi, alle auto, al periodo, è certamente la musica, che fa da sfondo eccellente alle vicende del protagonista, di fronte a metodi investigativi arcaici, discriminazione sessuale, metodologie opinabili ai margini della legge, e fiumi di alcol in servizio. Durante tutto questo, Sam Tyler, incredulo, al limite della pazzia, tenta un modo per tornare indietro, percependo messaggi “dal futuro” attraverso la televisione, i sogni, la radio, la cartellonistica, che lasciano intendere che lui è in coma in un letto di ospedale.
Nonostante queste ottime premesse, e la comunanza della lingua inglese, in america si è deciso di fare un remake. L'episodio pilota, mai andato in onda, aveva una scelta di attori opinabili mentre altri sembravano più azzeccati, come Colm Meany nei panni del burbero ispettore capo Gene Hunt. Ovviamente la produzione ha pensato bene di mantenere tra gli altri lo statuario quanto inespressivo Jason O'Mara nei panni di Sam, decisamente il meno capace. La comunque troppo bella Rachelle Lafevre che interpreta Annie (agente donna che supporterà Sam nella serie) è stata sostituita dalla bella pin up improbabile Gretchen Mol e, meraviglia delle meraviglie, hanno sostituito il bravo Meany con il basso, inadeguato, e assolutamente troppo vecchio Harvey Keitel. Questo ovviamente senza intaccare l'indiscutibile professionalità e la carriera di questo grande attore, che però risulta ridicolo per questo ruolo.Gli anni settanta americani risultano più macchiettosi, stereotipati e banali. La musica, che è stata sostituita per ovvi motivi, verte più verso il Rhythm and Blues (influenza Stones), ma ritengo la scelta dei brani poco adatti, o comunque inseriti senza la dovuta abilità nella dinamica della serie. Rispetto al Promo, sono state eliminate le tinte 70's in favore di abiti più ordinari e colorati, e purtroppo anche lo stile registico, nella serializzazione, ha perso i richiami allo stile sperimentale, a riquadri incrociati ecc. di quegli anni in favore di una certa scarsità di mestiere.
Ma la parte peggiore è nello sviluppo delle storie. Per non avere influenze, ho visto i primi quattro episodi UK, poi quelli USA, e viceversa per i successivi. La sceneggiatura degli episodi risulta estremamente banalizzata, alcune parti, sciacallate integralmente dalla serie UK, risultano non sense poiché non opportunamente preparate o spiegate, e soprattutto si perde completamente il senso di mistero, e l'alienazione di Sam Tyler è poco più di una faccia basita di O'Mara.
E pensare che, i produttori della serie, avrebbero un bagaglio enorme dove pescare, da Starsky e Hutch a Miami Vice e chi più ne ha più ne metta, e anche il dinamismo della serie, in fase di montaggio, risulta perso o, al limite, troppo meccanico.
In pratica Life on Mars USA perde su tutta la linea contro il suo socio inglese, risultando tuttalpiù patetico nel migliore dei casi. La produzione Usa ha poi ottenuto il permesso di stravolgere la trama originale, per cui nelle prossime serie potremmo veder di tutto, da alieni a entità superiori, visto il numero estremamente superiore di episodi prodotti.
UK is better!!!!!

                                                                                  T.

 

Le Immagini: La prima è Uk, la seconda è Usa, la terza è quella con gli attori del Promo.

 

 
 
 

IL PROFETA di Jaques Audiard

Post n°170 pubblicato il 10 Aprile 2010 da toughenough
 

Malik èun arabo non religioso, vissuto da sempre in un orfanotrofio e ora, maggiorenne, deve farsi sei anni di carcere. E' solo, è nuovo per il carcere che non sia quello minorile. Viene aggredito, pestato, rimane isolato, e a causa della sua scarsa appartenenza al mondo islamico non viene neppure protetto da "le barbe", gli arabi  all'interno del carcere. All'interno dell'istituto correttivo, manovrato da poteri più forti di lui, saprà comunque cavalcare il suo destino con umiltà e fermezza, riuscendo ad emergere e a fare "carriera" criminale.
Il profeta è un film molto lungo, ben girato, interessante, ma a cui manca un pochino d'anima. Le peripezie dell'intelligente carcerato Malik sono ben costruite, e quasi si potrebbe godere di quell'evoluzione da ladruncolo a novello Scarface, ma non coinvolgono. Anche il titolo, "Il Profeta", sembra più riferito ad una piccolissima parte del film nemmeno così importante. Di oltre 150 minuti non rimane poi molto allo spettatore, se non forse uno spaccato delle carceri francesi e sul loro ruolo tutt'altro che educativo o "correttivo".
Un peccato, poichè nel complesso la pellicola è gradevole.

 

                                                                      T.

 
 
 

SHUTTER ISLAND di Martin Scorsese

Post n°169 pubblicato il 20 Marzo 2010 da toughenough
 

In una isola di Boston, nell'immediato dopoguerra, in un'isola-manicomio dai trattamenti sperimentali, evade una paziente, come si fosse volatilizzata nell'aria. Un agente dell'F.B.I., con il suo nuovo compagno, vengono mandati ad indagare su questa misteriosa scomparsa. Ma l'impegno e la risolutezza dell'Agente Daniels nascondono un segreto, legato a questioni personali.
L'appeal di Shuttern Island è tutto nella valigia di credenziali che si porta dietro Scorsese, anche se alcuni tra i suoi ultimi lavori erano abbastanza di una noia mortale. Quindi nel film, tecnicamente ineccepibile (ma non memorabile) e si può apprezzare una buona fotografia, soprattutto per quel che riguarda gli interni. La sceneggiatura è buona, si srotola abbastanza bene anche se il film ne risulta inutilmente lungo, pur mantenendo un ritmo sufficiente a non perdere il filo della narrazione. La storia, l'estraniamento, il complotto, il mistero e il finale sono entro gli standard, senza infamia e senza lode. Da vedere se non avete null'altro di meglio da fare.

 

 
 
 
Il primo bicchiere, come sempre, è il migliore.

Hank
 

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HAGAKURE

Si può imparare qualcosa da un temporale.
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.

Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
 
 

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LA MORTE E IL BUSHIDO

Ho scoperto che la via del samurai è la morte.
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.
 
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