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« PER UN TIBET FEUDALE | BOICOTTARE I GIOCHI OLIM... » |
Tibet: la retorica dei valori olimpici come la retorica dell’esportazione della democrazia
Mi permetto di pubblicare un breve riassunto sulla storia del Tibet, questo paradiso del lamaismo che ha folgorato la sinistra "radical "(chic) nostrana, capitanata dal bonzo Bertinotti.
Dal 1727 – ossia ben prima che la Padania e il regno delle due Sicilie diventassero parte integrante dello Stato italiano – il Tibet è diventato, a sua volta, parte integrante della Cina, sotto forma di dipendenza autonoma. In quanto tale è sempre stato dominato (fino alla rivoluzione) da un regime teocratico autoritario, con tutto il potere concentrato nella mani del Dalai Lama, capo spirituale e temporale.
Tutta la terra era di proprietà del Gran Lama e della gerarchia teocratica buddista-lamaista, espressione di un rapporto di produzione feudale basato sulla servitù della gleba, con larghe fasce di schiavitù. L’investitura del Lama era sottoposta e ratificata alla corte imperiale di Pechino. Questa prassi è stata mantenuta anche nel periodo del Kuomintang.
La Repubblica popolare cinese ha assunto il controllo del territorio tibetano il 23 maggio 1951. Da quel momento inizia un lungo processo di trasformazione sociale che comprende l’abolizione della servitù della gleba e della schiavitù, la distribuzione dei pascoli ai contadini senza terra (non esistono a quell’altitudine altre significative coltivazioni agricole) e la costituzione di cooperative. Inizia nel contempo il programma di alfabetizzazione di massa con partenza da quota zero.
La costituzione cinese riconosce al Tibet (e non solo al Tibet) lo status di repubblica autonoma che comprende il riconoscimento della lingua, della cultura e della religione (all’incirca quello che la Costituzione italiana riconosce alle regioni autonome della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige).
Nel 1959 un tentativo insurrezionale di bande armate addestrate dalla CIA in California (archivi resi pubblici dalla stessa CIA) viene sventato dalla popolazione di Lhasa che insorge in massa e costringe il Dalai Lama alla fuga in India. Sono totalmente false le accuse di genocidio rivolte alla Cina: la popolazione è più che raddoppiata negli ultimi 40 anni e, dei 2,7 milioni di abitanti, il 90% è di origine tibetana, e solo il 10% è composto da residenti di etnie diverse. La speranza di vita è salita dai 35 anni dei primi anni cinquanta ai 69 di oggi. Credo che l’ultima persona al mondo titolata a parlare di diritti umani sia il Dalai Lama.
Tratto da Sergio Ricaldone su Contropiano
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Inviato da: cassetta2
il 13/10/2020 alle 09:42
Inviato da: Science fiction
il 01/08/2013 alle 09:22
Inviato da: puzzle bubble
il 03/05/2012 alle 15:51
Inviato da: l4g
il 30/07/2010 alle 10:19
Inviato da: npafriulivg
il 26/04/2009 alle 10:43