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Post N° 171

Post n°171 pubblicato il 15 Agosto 2007 da Moltke

"Signor Giudice, c'e' una gallina fuori del tribunale?"
"Che vuole?".
"Vorrebbe deporre.."

 
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Post N° 170

Post n°170 pubblicato il 24 Dicembre 2006 da Moltke
 

La notte di Natale 1914, nelle trincee del fronte occidentale (tra Francia e Belgio) nelle vicinanze di Ypres,  nel luogo dove, dopo la battaglia dell'Artois che aveva praticamente cancellato il corpo di spedizione inglese causando la morte di 50.000 soldati, ci fu una tregua.
Non la ordinarono i comandi supremi; la dichiararono i soldati, che sui due fronti uscirono allo scoperto, si abbracciarono, fumarono e cantarono insieme. L'episodio preoccupò enormemente gli Stati Maggiori, che si preoccuparono anche di cancellarne la memoria.
Ecco la lettera che un soldato inglese scrisse alla sorella.
«Giorno di Natale 1914.
Janet, sorella cara,
sono le due del mattino e la maggior parte degli uomini dormono nelle loro buche, ma io non posso addormentarmi se prima non ti scrivo dei meravigliosi avvenimenti della vigilia di Natale.
In verità, ciò che è avvenuto è quasi una fiaba, e se non l'avessi visto coi miei occhi non ci crederei. Prova a immaginare: mentre tu e la famiglia cantavate gli inni davanti al focolare a Londra, io ho fatto o stesso con i soldati nemici qui nei campi di battaglia di Francia!
Come ti ho già scritto, negli ultimi giorni ci sono stati pochi combattimenti gravi. Le prime battaglie hanno fatto tanti morti, che entrambe le parti si sono trincerate, in attesa dei rincalzi. Sicché per lo più siamo rimasti nelle trincee ad aspettare.
Ma che attesa tremenda! Ci aspettiamo ogni momento che un obice d'artiglieria ci cada addosso, ammazzando e mutilando uomini. E di giorno non osiamo alzare la testa fuori dalla terra, per paura del cecchino.
E poi la pioggia: cade quasi ogni giorno. Naturalmente si raccoglie proprio nelle trincee, da cui dobbiamo aggottarla con pentole e padelle. E con la pioggia è venuto il fango, profondo un piede e più. S'appiccica e sporca tutto, e ci risucchia gli scarponi. Una recluta ha avuto i piedi bloccati nel fango, e poi anche le mani quando ha cercato di liberarsi...
Con tutto questo, non potevamo fare a meno di provare curiosità per i soldati tedeschi di fronte noi. Dopo tutto affrontano gli stessi nostri pericoli, e anche loro sciaguattano nello stesso fango.
E la loro trincea è solo cinquanta metri davanti a noi. Tra noi c'è la terra di nessuno, orlata da entrambe le parti di filo spinato, ma sono così vicini che ne sentiamo le voci.
Ovviamente li odiamo quando uccidono i nostri compagni. Ma altre volte scherziamo su di loro e sentiamo di avere qualcosa in comune. E ora risulta che loro hanno gli stessi sentimenti.
Ieri mattina, la vigilia, abbiamo avuto la nostra prima gelata. Benché infreddoliti l'abbiamo salutata con gioia, perché almeno ha indurito il fango. Tutto era imbiancato dal gelo, mentre c'era un bel sole: clima perfetto per Natale.
Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso interamente. Il nostro primo silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo. Ci avevano detto che i tedeschi potevano attaccarci e coglierci di sorpresa.
Io sono andato al mio buco per riposare, e avvolto nel cappotto mi devo essere addormentato.
Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: "Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i tedeschi! Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela, ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia.
Non ho mai creduto di poter vedere una cosa più strana e più commovente.
Grappoli di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a perdita d'occhio.
Che cos'è?, ho chiesto al compagno, e John ha risposto: 'alberi di Natale!'.
Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini. E poi abbiamo sentito le loro voci che si levavano in una canzone: ' stille nacht, heilige nacht?'.
Il canto in Inghilterra non lo conosciamo, ma John lo conosce e l'ha tradotto: 'notte silente, notte santa'. Non ho mai sentito un canto più bello e più significativo in quella notte chiara e silenziosa.
Quando il canto è finito, gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito.
Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare, e ci siamo tutti uniti a lui: 'the first nowell the angel did say?'.
Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi, con le loro belle armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti, e poi ne hanno attaccato un'altra: 'o tannenbaum, o tannenbaum?'.
A cui noi abbiamo risposto: 'o come all ye faithful?'.
E questa volta si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone,
ma in latino: 'adeste fideles?'.
Inglesi e tedeschi che s'intonano in coro attraverso la terra di nessuno!
Non potevo pensare niente di più stupefacente, ma quello che è avvenuto dopo lo è stato di più.
'Inglesi, uscite fuori!', li abbiamo sentiti gridare, 'voi non spara, noi non spara!'.
Nelle trincea ci siamo guardati non sapendo che fare. Poi uno ha gridato per scherzo: 'venite fuori voi!'.
Con nostro stupore, abbiamo visto due figure levarsi dalla trincea di fronte, scavalcare il filo spinato e avanzare allo scoperto. Uno di loro ha detto: 'Manda ufficiale per parlamentare'.
Ho visto uno dei nostri con il fucile puntato, e senza dubbio anche altri l'hanno fatto - ma il capitano ha gridato 'non sparate!'. Poi s'è arrampicato fuori dalla trincea ed è andato incontro ai tedeschi a mezz strada. Li abbiamo sentiti parlare e pochi minuti dopo il capitano è tornato, con un sigaro tedesco in bocca!
Ci siamo accordati 'niente fuoco fino a mezzanotte di domani', ha annunciato.
'Ma tutte le sentinelle restino ai loro posti, e tutti gli altri stiano sul chi vive'.
Nel frattempo gruppi di due o tre uomini uscivano dalle trincee e venivano verso di noi. Alcuni di noi sono usciti anch'essi e in pochi minuti eravamo nella terra di nessuno, stringendo le mani a uomini che avevamo cercato di ammazzate poche ore prima.
Abbiamo acceso un gran falò, e noi tutti attorno, inglesi in kaki e tedeschi in grigio. Devo dire che i tedeschi erano vestiti meglio, con le divise pulite per la festa. Solo un paio di noi parlano il tedesco, ma molti tedeschi sapevano l'inglese. Ad uno di loro ho chiesto come mai.
'Molti di noi hanno lavorato in Inghilterra', ha risposto. 'Prima di questo sono stato cameriere all'Hotel Cecil. Forse ho servito alla tua tavola!'
'Forse!', ho risposto ridendo.
Mi ha raccontato che aveva la ragazza a Londra e che la guerra ha interrotto il loro progetto di matrimonio. E io gli ho detto: 'non ti preoccupare, prima di Pasqua vi avremo battuti e tu puoi tornare a sposarla'.
Si è messo a ridere, poi mi ha chiesto se potevo mandare una cartolina alla ragazza, ed io ho promesso.
Un altro tedesco è stato portabagagli alla Victoria Station. Mi ha fatto vedere le foto della sua famiglia che sta a Monaco. Sua sorella maggiore non è niente male, io gli ho detto che mi piacerebbe conoscerla. Lui raggiante mi ha detto che gli piacerebbe molto, e mi ha dato l'indirizzo.
Anche quelli che non riuscivano a parlare si scambiavano doni, i loro sigari con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e loro le salsicce. Ci siamo scambiati mostrine e bottoni, e uno dei nostri se n'è uscito con il tremendo elmetto col chiodo! Anch'io ho cambiato un coltello pieghevole con un cinturame di cuoio, un bel ricordo che ti mostrerò quando torno a casa.
Ci siamo scambiati anche dei giornali, e i tedeschi se la ridevano leggendo i nostri. Ci hanno dato per certo che la Francia è alle corde e la Russia quasi disfatta. Noi gli abbiamo ribattuto che non era vero, e loro. 'Va bene, voi credete ai vostri giornali e noi ai nostri'.
E' chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch'io mi chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità. Questi non sono i 'barbari selvaggi' di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti?
Siccome si faceva tardi abbiamo cantato insieme qualche altra canzone attorno al falò, e abbiamo finito per intonare insieme - non ti dico una bugia - 'Auld Lang Syne'. Poi ci siamo separati con la promessa di rincontraci l'indomani, e magari organizzare una partita di calcio.
Stavo tornando alla trincea quando un tedesco più anziano m'ha preso il braccio e ha detto: Dio mio, perché non possiamo fare la pace e tornare a casa?
Gli ho detto senza cattiveria: 'chiedilo al tuo imperatore'.
Lui mi ha guardato come scrutandomi: 'forse, amico. Ma dobbiamo chiederlo anche al nostro cuore'.
E insomma, sorella mia, c'è mai stata una vigilia di Natale come questa nella storia?
Per i combattimenti qui, naturalmente, significa poco purtroppo. Questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. A parte che siamo qui per fermare il loro esercito e rimandarlo a casa, e non verremo meno a questo compito.
Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Ovviamente, conflitti devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum?
Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?
Il tuo caro fratello Tom».

Molti di questi uomini si sarebbero uccisi a centinaia di migliaia nei mesi e negli anni seguenti.
Gli stati maggiori furono molto contrariati da quanto successo e, per scongiurare il ripetersi di queste tregue spontanee, ordinarono che tutti gli anni durante i giorni di Natale venissero effettuati massicci bombardamenti di artiglieria.

Anche questo è Natale.

Auguri a tutti. :)
Mol.

 
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IL TAMARRO

Post n°169 pubblicato il 23 Novembre 2006 da Moltke
 

...

Quindi, paradossalmente, uno dei mezzi di trasporto prediletti dei tamarri è il Controllore, per strano che possa sembrare. Il tamarro usa anche i motorini, è assiomatico. Nulla di nuovo direte voi. Ma se vi dicessi che invece cambia il sistema di propulsione del mezzo? Vi starete già chiedendo quali siano gli ingegnosi sistemi adottati. Motori a turbine alimentate a idrogeno? Una vela? A spinta? No, nulla di tutto ciò. E' il miglior amico dell'uomo, nella fattispecie il pitbull, il miglior amico del tamarro. Praticamente a qualsiasi ora del giorno o della notte potete vedere il tamarro, accompagnato da un suo simile, farsi trainare a bordo del motorino dallo sventurato cane. La povera bestia vorrebbe starsene a casa, a guardare la televisione (cosa che il tamarro fa in poche occasioni, è cioè quando vengono trasmessi: Il Camorrista; Milano-Palermo solo andata; La Piovra; a scelta qualsiasi altra banale fiction sulla criminalità). E invece no. Il tamarro deve mostrare agli altri la sua belva, il frutto di un costante e intenso addestramento. Il tamarro è forte, e non è solo. Con lui c'è il suo cane. E nessuno avverte la Protezione Animali, consci del fatto che difficilmente distinguerebbero la bestia (il tamarro) dall'animale (il povero pitbull). Il mezzo di trasporto più distruttivo e letale è e rimane comunque uno e uno solo: il pullman. Non il mezzo pubblico, non quello che costa sangue e dolore al tamarro.  E' un pullman speciale. Non si direbbe. A prima vista sembra un comune rudere anteguerra, un normale rottame da riciclare e che, per motivi inesplicabili, è destinato a percorrere ancora milioni e milioni di parsec prima di ricevere il giusto pensionamento. L'apparenza inganna: è il torpedone che porta al mare! Alla guida un ignaro Caronte, che scorterà i dannati nel loro piacevole inferno. Compare sulle statali che portano alle spiagge libere verso giugno, per  poi scomparire agli inizi di settembre. A bordo vi troverete la peggior feccia della terra, di fronte alla quale gli uomini in nero si sono dichiarati impotenti. L'orribile ridda si sposta compatta a bordo di questo veicolo satanico, intonando canzoni che non mi è concesso riportare onde evitare accuse di turpiloquio, mangiando durante tutto il tragitto, accompagnati da un continuo sottofondo musicale fatto di rutti e peti. I miasmi si propagano per le strade, amplificati dall'azione venefica dell'aria estiva, calda e umidiccia. Salire a boro di un tale obbrobrio significa uccidere la propria anima, abbandonare tutto ciò che è umano per avvicinarsi al peccato.

THE END

Si conclude anche l'agonia di questo blog. E' stato un piacere bloggherellare con voi, ma ormai questo blog non ha più ragione di sopravvivere. Continuerò a commentare i vostri e a messengerare, se vorrete ancora parlarmi.

Buona camicia a tutti ^_^

 
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IL TAMARRO

Post n°168 pubblicato il 12 Novembre 2006 da Moltke
 
Tag: Faceto

...

Dopo un iniziale momento di panico, il tamarro ritrova il suo proverbiale sangue freddo, anzi la sua perenne faccia di bronzo. Il controllore avanza, sino a giungere in prossimità dei due poco di buono. "Biglietti", dice. Un tamarro inizia a snocciolare la storia della vecchia madre moribonda che gli ha confidato  un ultimo desiderio: vorrebbe morire calzando delle pantofole rosa a forma di coniglietto. Il controllore, indulgente e comprensivo, estrae dalla giacca un simpatico manganello d'acciaio  temprato  rovente, circondato da acuminati chiodi avvelenati. Il tutto è percorso da elettricità a 20.000 volt.  Naturalmente, l'impugnatura è isolata dal resto. Ostentando una sicumera derivata da anni e anni di assoluta dedizione al lavoro, l'anziano controllore inizia  a sferrare colpi col suddetto manganello ad una velocità talmente elevata che risulta impossibile vederli ad occhio nudo. Gioverebbe  di molto una telecamera ad alta velocità, di quelle da 10.000 fotogrammi al secondo. Vittima della tempesta di colpi generata dal controllore è anche l'altro tamarro. L'occhio clinico dell'Entità ne ha rilevato la mancanza del biglietto. I due tamarri trovano la fuga lanciandosi all'unisono contro il vetro adibito ad uscita di emergenza, mandandolo in mille pezzi. E tutti i mille pezzi, né‚ più né meno, attutiranno la caduta dei due,  conficcandosi nelle carni abbronzate dalle lampade. I due si alzano, si sorreggono a vicenda, entrambi inconsci della figura di prodotto di scarto della digestione di cui sono vittima. La scena si è svolta in pieno centro e gli occupanti del pullman, lieti di aver abbandonato il pesante fardello, non provano commozione alcuna per i sanguinolenti sventurati. La coppia si dirige adesso verso la stazione ferroviaria. Si serviranno  del buon, vecchio treno..  Memori dell'esperienza appena vissuta, i due salgono di nuovo senza biglietti, confidando nella loro fortuna (la Dea Bendata doveva essere addirittura cieca quando i genitori dei due ne decisero il concepimento.). E infatti, subito dopo la chiusura degli sportelli, tempo una frazione di secondo, compare di nuovo l'Entità, questa volta sotto forma di un controllore delle FFSS. La domanda è la solita, diversa la risposta. Il bulbo cerebrale dei due conserva ancora memorizzati (causa la sua eccezionale lentezza) i momenti di terrore puro vissuti in seguito alla precedente risposta. Intelligentemente (se di intelligenza si può parlare.) cambiano tattica. Muti. Non si muovono. Vogliono farsi credere morti?  Vogliono essere assorbiti dal vagone ferroviario? Vogliono mimetizzarsi (sfruttando le già citate doti mimetiche)? Fatto sta che il controllore, calmo e freddo come non mai, non batte ciglio. La sudorazione dei due è invece estrema. Sul fondo del treno si depositano 40 millimetri di sudore. Il panico si sta impadronendo di loro, per la seconda volta in pochi minuti: A un certo punto, uno dei due (quello che già prima aveva avuto la brillante idea di concepire l'insulsa storiella) finalmente parla. "I biglietti? Li fa Mario Abate" (frase totalmente priva di senso, con la quale i tamarri napoletani amano rispondere, masochisticamente,  alla domanda del controllore). L'Entità è indecisa: potrebbe fracassarli subito col manganello elettrico, oppure portarli alla centrale della polizia (in modo che i gendarmi possano tranquillamente collaudare gli ultimi ritrovati nel campo della tortura) . Nella sua infinita generosità potrebbe persino permettere loro di continuare il viaggio, ad una condizione: saranno legati ad una qualsiasi delle ruote del treno. Incapace di scegliere, decide di bastonarli selvaggiamente durante il tragitto che li porterà in Pretura. Contemporaneamente si premura di avvertire i poliziotti, che potranno così  accogliere i malvagi in pompa magna.

continua...

 
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IL TAMARRO

Post n°167 pubblicato il 06 Novembre 2006 da Moltke
 
Tag: Faceto

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Il sole splende torna a splendere sulla sciagurata abitazione, il tamarro si sveglia (sono le 15 e 31 minuti), fa colazione e pranzo contemporaneamente, si veste (e come se si veste!) e scende. Nessuno al mondo saprebbe immaginare quale sia la destinazione. E così, per non deludere i suoi detrattori, il tamarro incontra gli altri della sua risma là ove tutti si aspettavano di vederlo. E' il momento fatidico: le scorte di fumo e di cartine scarseggiano, il nutrito gruppo potrebbe estinguersi prima della fine del giorno. E' giunto il momento di entrare in azione. Muniti di fondi dalla dubbia provenienza, i tamarri partono. Coloro che non possiedono un mezzo proprio (i soliti aerei a reazione travestiti da motorini), devono ripiegare sui mezzi pubblici. Il tamarro che sale sul pullman si riconosce subito, anche senza guardarlo: prima si ode una voce roca e sgraziata che chiede al conducente: Capo, ma sto pullman passa per. (sostituite i puntini con una località qualsiasi ove sia facile reperire le cosiddette "droghe leggere") . Rassicurato, il nostro blasfemo compagno di viaggio si dirige verso i posti abitualmente riservati a questa indegna specie:  i seggiolini dell'ultima fila. Per giungere al suo posto, il  tamarro attraversa il pullman in tutta la sua lunghezza, entrando sempre e comunque dalle porte con su scritto, in bella evidenza "VIETATO SALIRE". Cammina e canta, il suo cuore è gioisce al pensiero del rifornimento, il cervello (Atrofico) vorrebbe associarsi al tripudio, ma cosi facendo metterebbe in serio pericolo la vita, peraltro inutile, del tamarro. E' infatti provato che l'organo pensante non è in grado si provare sentimenti senza sospendere le funzioni primarie. Il tamarro  giunge a destinazione cantando (leggi: bofonchiando frasi senza senso). Se è solo, si schiea (trad.: si sdraia) , occupando totalmente la zona finale del mezzo, finché non sopraggiunge un suo  simile, con cuoi dividere in parti uguali il predominio dei suddetti posti. Inizia così la conversazione su scempiaggini varie. Naturalmente, nessuno dei due ha il biglietto.
Fermata. Sale il controllore.

continua...

 
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